Bilancio UE un’occasione per discutere

 Il summit europeo che si sta svolgendo in questi giorni ha tra gli obiettivi anche quello di arrivare alla definizione di un  bilancio UE per il periodo che va dal 2014 al 2020, un settennio che per l’Europa ancora con le mani nella pasta del debito, potrebbe essere cruciale.

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In questo momento, infatti, molti paesi dell’Eurozona stanno studiando delle misure di austerità che oltre al malcontento sociale, rischiano di non portare beneficio ai conti dei vari paesi. Su tutto, infine, pesa molto l’incertezza politica, il fatto che non si sappia mai se su questioni importanti come questa del bilancio UE, si riesca a trovare un “comune accordo”.

 La fiducia dei consumatori ai minimi

Ad instillare il dubbio, tra l’altro, ci pensano i partecipanti stessi al meeting, basta rileggere le dichiarazioni della Cancelliera tedesca. Angela Merkel ha detto di non essere sicura che si arriverà ad un accordo, visto che i paesi dell’UE hanno posizioni molto diverse tra loro. In un momento d’incertezza economica, con la disoccupazione alle stelle, la pianificazione dovrebbe essere fatta in modo oculato e repentino, ma non c’è solidarietà tra i paesi contributori e quelli riceventi.

Una dichiarazione nel complesso molto dura che illustra una serie di antipatie, non positive per la situazione finanziaria del Vecchio Continente. Con tutto che a mettere il carico è arrivato anche Cameron. Il leader inglese ha ribadito che le proposte sono troppo alte e così non si arriverà all’accordo, mentre Hollande spinge su agricoltura e coesione.

L’UE vuole tassare il calciomercato

 Il rating dell’Europa potrebbe crescere se le intenzioni, sul fronte fiscale, fossero effettivamente rispettate. L’UE, infatti, proprio nel momento in cui si conclude il mercato di riparazione per i team calcistici, ha deciso di affrontare il tema del calcio mercato.

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Introdurre una tassa di questo tipo potrebbe avere due effetti: uno positivo sulla credibilità del Vecchio Continente e uno negativo sulle finanze delle diverse squadre che, qualora fossero anche quotate in borsa, potrebbero vedere il loro titolo perdere quota.

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In sostanza sono stati i consulenti coinvolti nella Commissione europea a proporre una tassa che rimetta in equilibrio i rapporti finanziari tra i diversi club in Europa. Un sistema che richiama alla memoria il funzionamento dell’NBA ma che, in fin dei conti, ha più di un obiettivo.

► Anche in crisi il mercato del calcio frutta alle squadre

Per esempio un goal non marginale è quello della valorizzazione dei vivai delle squadre. Come funzionerebbe infatti la tassazione? Il passaggio di un giocatore da una squadra all’altra vale milioni di euro. Su questo scambio è introdotta l’imposta e il ricavato viene redistribuito tra le squadre.

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Il meccanismo non è stato definito nei dettagli alla stampa ma è tutto spiegato in un documento che sta completando la società di consulenza Kea European Affairs. Di certo c’è che questo business muove più di 3 miliardi di euro l’anno.

La ripresa c’è ma solo in Germania

 Gli analisti internazionali sono concentrati sulla situazione europea perché dall’equilibrio del Vecchio Continente, in un’epoca in cui tutti i mercati sono intimamente legati, dipende anche la stabilità degli Stati Uniti e del settore asiatico.

La crisi nella zona Euro non è finita, ce lo sentiamo ripetere da più fronti, ma nessuno smette di cercare gli indizi che dimostrino qualche barlume di ripresa. Così, nel blog Free Exchange del The Economist, apprendiamo che nel Vecchio Continente la ripresa è iniziata, ma è visibile soltanto in Germania, mentre dobbiamo restare in allerta per quel che sta succedendo in Francia.

Il rallentamento della Germania è finito

In pratica in tutta l’Europa continua la contrazione del PIL ma ad un ritmo inferiore al previsto e l’attività in Germania, al contrario, ha trovato modo di espandersi nel primo mese dell’anno. L’altro pezzo forte dell’UE è la Francia, dove il presidente neoeletto ha trovato coraggio di dire la sua all’Europa. La proposta anti-crisi di Hollande, però, ha fatto un po’ irritare la Germania che ha cercato di mettere sotto il tappeto il problema dei suoi vicini.

In pratica i tassi sui titoli francesi salgono quando i mercati vanno verso la soglia risk-on e siccome questo accade per la Francia, ma non per la Germania, il primo dei due paese è automaticamente relegato nella posizione di “paese periferico”.

L’UE teme le elezioni del Belpaese

 E’ tempo di Carnevale, ma soprattutto, per l’Italia, è tempo di votare. Nelle prossime due settimane, la campagna elettorale entrerà nel vivo e ci sarà la possibilità di scoprire se la tanto agognata stabilità per il paese è in dirittura d’arrivo. L’Europa sembra molto preoccupata dell’esito delle urne e la volatilità dei mercati restituisce questa preoccupazione.

 Su Piazza Affari pesa la politica

Tra meno di venti giorni si vota e le elezioni sembrano aver messo la palla al piede di Piazza Affari che, da sola, era già stata appesantita dall’affare Monte dei Paschi di Siena. La politica, quindi, rappresenta “soltanto” un ulteriore carico per i listini.

 A sorpresa il rimbalzo di MPS a piazza Affari

Il timore più grande si lega al nome di Silvio Berlusconi, ritenuto a livello europeo un ostacolo allo sviluppo delle politiche di austerità e alle riforme strutturali che sono necessarie per oltrepassare la crisi del debito. Intanto, in America, la politica non riesce a tenere lontani i cattivi pensieri delle agenzie di rating.

Obama vuole 5 miliardi di dollari da Standard&Poor’s, mentre un’altra agenzia, Fitch, minaccia Wall Street di tagliare il rating USA se non verranno messi a posto i conti pubblici. L’unica borsa che quindi resta in territorio positivo è quella asiatica dove sorprende il balzo in avanti del mercato di Tokyo che guadagna il 3,8 per cento.

Obama vuole 5 miliardi di dollari

 Gli Stati Uniti stanno attraversando un momento finanziario molto particolare, perché hanno rimandato tutte le decisioni importanti sul fiscal cliff e se ne riparlerà a marzo. Le attività del Congresso, tuttavia, non proseguono con serenità, visto che l’amministrazione Obama ha deciso di passare ai ferri corti con le agenzie di rating.

► Usa fanno causa a Standard & Poor’s

Il ministero della giustizia degli Stati Uniti, in pratica, ha deciso di fare causa contro Standard & Poor’s che in passato ha ignorato i suoi standard di valutazione per proporre una valutazione “nuova” e “scorretta” delle obbligazioni ipotecarie. In questo modo l’agenzia di rating avrebbe dato inizio ad un domino che ha portato alla cosiddetta crisi dei mutui subprime con il conseguente collasso del settore immobiliare statunitense.

► Fitch pronta a lasciare l’Italia

Gli Stati Uniti, stavolta, fanno sul serio e sembra che ci siano tanti altri procuratori statali pronti ad unirsi al ministero della giustizia con delle cause collegate. In fondo, è questo il momento giusto per agire, dopo che le agenzie di rating hanno dimostrato di usare spesso le loro note per manipolare il mercato.

Accuse che sono arrivate, ad esempio, anche dall’Italia, dove, al momento è aperta un’indagine sulle agenzie di rating, curata dalla procura di Trani. Obama e i suoi hanno anche deciso di chiedere un risarcimento che è di 5 miliardi di dollari.

La piena occupazione USA è una chimera

 Ci sono notevoli indizi del fatto che anche se l’economia è in ripresa, al ritmo di crescita lento che ha in questo momento, non si potranno vedere vantaggi reali di qui a 7-8 anni. Almeno per quello che riguarda l’America.

► Brusca frenata dell’economia americana

Gli ultimi dati disponibili sull’economia del paese che a fatica ha superato, o meglio rimandato, l’incubo del fiscal cliff, parlano di una media di 181.000 posti di lavoro al mese per tutto il 2012. Quindi, benché si parli di crisi, l’economia e il mercato del lavoro in particolar modo, sono risultati più vivaci l’anno scorso che nel 2011 e nel 1010.

► Individuate le cause del deficit americano

L’economia, tuttavia, cresce ad un ritmo molto lento e deve fare i conti con una serie di falle aperte nei bilanci a stelle e strisce. L’obiettivo di molti è arrivare alla piena allocazione delle risorse, un mito economico che rincorre l’America dai tempi di Keynes. In realtà, se anche l’economia dovesse procedere al ritmo adottato nel 2012, non si arriverebbe alla condizione ottimale se non tra 9 anni e 3 mesi. La piena occupazione è lontana e questa sensazione è suffragata dal calcolatore di posti di lavoro del Progetto Hamilton.

Un’alternativa alla condizione attuale, quindi la soluzione per arrivare prima del previsto all’obiettivo, secondo le ipotesi Hamilton è nel pensionamento a ritmi più veloci della popolazione anziana e nella parallela crescita più lenta della popolazione.