Lo spread italiano torna sopra la soglia Monti

 La prima giornata della settimana, a livello finanziario, per la borsa di Milano non è stata affatto positiva, visto che ieri si sono concluse le contrattazioni in terreno negativo. A trascinare verso il basso gli indici sintetici, ci hanno pensato i titoli industriali e quelli bancari.

Piazza Affari, quindi, ha chiuso con una perdita di 2,75 punti percentuali del Ftse Mib che si è ritrovato a quota 16.842 punti. Un tonfo che è stato ancora più amaro considerando i titoli che hanno determinato la decrescita degli scambi. In prima fila i titoli della FIAT e di Finmeccanica che hanno perso entrambi il 5 per cento.

Una perdita che ha accomunato queste aziende al destino di Unicredit, in flessione del 5%. Con queste performance, indicative del trend degli asset bancari, Milano si è allontanata dai ritmi di crescita che avevano scandito gli ultimi 20 giorni.

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Alcuni analisti, astraendosi dai dati del mercato, attribuiscono questa flessione anche al rinnovato clima d’incertezza pre-elettorale: su Piazza Affari pesa la politica! Non sono poi trascurabili le faccende del Monte dei Paschi di Siena, cui è seguito il tonfo dell’azienda SAIPEM legata al gruppo ENI.

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Lo spread, in tutto questo marasma, è risalito al di sopra della soglia Monti assestandosi intorno ai 280 punti base con un rendimento del titolo decennale che è cresciuto fino al 4,46%.

Le banche ripartono dalla tutela dei risparmiatori

 Le banche sono la struttura  portante di tutte le economie e in effetti, una banca in crisi, nella più parte dei casi, indica che lo stato intero ad essere ad un passo dal default.

La crisi del debito europea ha evidenziato l’importanza della salute del sistema finanziario e le politiche di allentamento monetario decise dalla BCE e della FED, non hanno fatto altro che tendere la mano agli istituti di credito maggiormente in difficoltà sotto il profilo della ricapitalizzazione.

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Adesso, partendo dalle banche londinesi, il sistema bancario prova a risorgere e lo fa incrementando la difesa dei risparmiatori. George Osborne, il Cancelliere britannico ha annunciato che è stato avviato l’iter parlamentare per la legge che provvederà alla divisione delle attività bancarie d’investimento dalle attività bancarie di retail.

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In questo modo, il Tesoro inglese, avrà gli strumenti appropriati per monitorare le attività d’investimento ad alto rischio e più in generale tutelerà i risparmiatori. Le banche, al primo impatto con la proposta di Osborne, non hanno reagito bene perchè la divisione tra banche commerciali e banche d’investimento potrebbe anche determinare la fine di questo secondo insieme che, essendo meno a contatto con i risparmiatori, potrebbe essere lasciato al suo destino in caso di fallimento.

L’iter di separazione è comunque iniziato.

La crisi nella zona Euro non è finita

 Sono in molti a credere che in questo momento l’UE sta soltanto tirando un sospiro di sollievo per il fatto di aver sbrogliato alcuni nodi rimasti troppo tempo da parte, ma sono pochi quelli pronti a credere che la crisi sia davvero finita.

Se si dovesse scegliere un “capo banda”, in questi giorni, si farebbe sicuramente il nome di Wolfgang Münchau, un editorialista del Financial Times che spiega come tutti i buoni propositi contenuti nel progetto di unità bancaria, oggi, siano molto indeboliti.

Di sicuro, adesso, gli investitori che hanno assistito alla firma del trattato di Basilea III sono convinti che l’Europa ce la può fare e i governi hanno allentato la pressione sull’economia affidandosi alle capacità di gestione della BCE, ma questo non vuol dire che la crisi sia alle spalle. Anzi.

► Banche in crescita dopo Basilea III

Nella realtà gli stati membri dell’Unione Europea hanno semplicemente approvato una legislazione unilaterale sulla regolamentazione bancaria ma poco è stato fatto, a livello comunitario, riguardo le transazioni finanziarie. Così, nella pratica, sia la Francia che la Germania continuano a proteggere le attività di trading delle loro banche senza interesse ad agire in questo settore a livello comunitario.

► Un rinnovato ottimismo percorre le borse europee

L’Italia, dal punto di vista della carenza dell’attività di vigilanza bancaria, è emblematica, visti gli sviluppi dell’affare Monte dei Paschi.

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Il traino dei paesi emergenti funziona

 Le economie mature sembrano più smaliziate riguardo la ripresa economica e nonostante le stime si susseguano per dire che tutto ripartirà nel secondo semestre del 2013, piuttosto che all’inizio del 2014, loro, le grandi economie, si deprimono al solo pensiero della situazione.

Ecco allora che, a livello statistico, si prende nota del calo della fiducia delle imprese nei paesi industrializzati. Circa 3200 manager sono stati intervistati da Grant Thornton, per la compilazione dell’International Business Report, in 44 paesi sparsi nel globo.

► Brusca frenata dell’economia americana

La preoccupazione principale resta il fiscal cliff americano, ma gli investimenti sono fortemente condizionati anche dal pensiero della situazione dell’Eurozona che la sua crisi del debito non l’ha proprio superata.

► Krugman sulla contrazione americana

Quello che le imprese temono è che non ci sia alcuna ripresa nemmeno nell’anno in corso. In tutti i paesi “industrializzati”, nelle cosiddette economie mature, la sensazione espressa è questa, unita alla consapevolezza del fatto che gli interventi della Banca Centrale Europea non sono sufficienti a riequilibrare la bilancia.

Investire, allora, è considerata un’operazione  molto rischiosa per le aziende che, così depresse, assistono ad un calo di fiducia generalizzato nell’economia mondiale. Gli investitori, per trovare un po’ di ottimismo, devono volgere lo sguardo verso i paesi emergenti che possono essere un rischio, ma sono senz’altro più positivi.

L’ottimismo nei paesi emergenti dell’America Latina è cresciuto del 69 per cento nel quarto trimestre del 2012 ed è cresciuto fino al 28 per cento nei paesi del Bric della Regione asiatica.

► FMI e Argentina ai ferri corti

FMI e Argentina ai ferri corti

 L’Argentina minacciata da Fitch rischia di nuovo il default, è ancora sull’orlo del precipizio, ma tempo fa ha annunciato di non voler pagare il debito contratto negli anni. La tensione è aumentata al punto che adesso il governo sudamericano e il Fondo Monetario Internazionale, sono praticamente arrivati allo scontro.

Il FMI ha approvato una dichiarazione di censura all’indirizzo dell’Argentina ed è la prima volta nelle storia del Fondo che si arriva a questo genere di “comunicazione. La situazione del paese sudamericano è abbastanza grave visto che l’inflazione è volata al di sopra del 25 per cento che è molto di più del 10,8 che era stato annunciato dall’istituto di statistica del paese.

► L’Argentina avrà più tempo per pagare i suoi Bond

Non ha perso tempo il presidente argentino, Cristina Fernandez de Kirchner che ha replicato alla Lagarde direttamente su Twitter accusando il Fondo Monetario Internazionale di aver fatto fortuna rovinando il resto dei paesi del mondo.

► L’Argentina nel mirino degli investitori

I toni della discussione sono dunque saliti molto, ma alla base c’è sempre il dato statistico, infatti, la censura disposta dal FMI nasce dall’inesattezza dei dati ufficiali della autorità di Buenos Aires che adesso dovrà correggere le pubblicazioni entro la fine del 2013. Dura la risposta dell’Argentina che, a questo punto, minaccia addirittura di uscire dal Fondo. In questo modo non si avrebbe più controllo sui dati argentini, compreso quello del PIL-

 

Krugman sulla contrazione americana

 Che l’America fosse in un momento di crisi economica lo si era capito benissimo alla vigilia di Natale. La neoeletta amministrazione di Barack Obama, al secondo mandato come presidente degli Stati Uniti aveva ricevuto la patata bollente del fiscal cliff.

La risoluzione dei problemi, arrivata proprio nell’ultimo secondo possibile, ha fatto tirare un sospiro di sollievo all’America e alle economie maggiormente legate al Nuovo Mondo. Peccato che sia stato solo un “posticipare” la trattazione del problema perché comunque c’è stata una brusca frenata dell’economia americana.

► Posticipato il raggiungimento del tetto del debito

Così, l’avvio del 2013 ha visto l’entusiasmo nelle borse e la consapevolezza che nel quarto trimestre dell’anno il PIL, a sorpresa, non ha retto a tanto sconquasso ed è andato in leggera flessione. Sicuramente hanno determinato questa situazione una serie di fattori “una tantum”, quali la riduzione delle risorse o il calo delle spese destinate alla difesa.

Allo stesso tempo si è notato che l’acquisto di beni e servizi da parte del governo è cruciale nello sviluppo del paese e qui l’interpretazione dei dati ha lanciato l’ipotesi Krugman: più che di contrazione dell’economia, bisognerebbe parlare di contrazione del governo.

► Krugman sul fiscal cliff

La riduzione del PIL americano è legata alla minore incidenza del governo nelle spese “importanti” tanto che oltre ad un rallentamento dell’economia, si è arrivati a parlare addirittura di contrazione. Per evitare di nuovo il precipizio sarà necessario intervenire su disoccupazione e fisco.

Sempre minore l’import europeo dagli USA

 L’Europa è in crisi e se non arriva la metà del 2013 è molto difficile che siano evidenti i segnali di ripresa dai settori più svariati, quello immobiliare in primis.

► Per l’immobiliare ripresa dal 2014

Un recente report relativo ai traffici in entrata e in uscita dal Vecchio Continente, ha evidenziato che continua a scendere l’esportazione di legname di latifoglia dagli Stati Uniti verso l’UE. I dati sono chiaramente riferiti al 2012, ai primi nove mesi dell’anno scorso, quando c’è stata una diminuzione delle importazioni pari al 12 per cento. Se volessimo tradurre questa percentuali in dollari, diremmo che c’è stato un calo del valore del commercio di legname pari a 193,4 milioni di dollari.

L’export statunitense è calato per via della crisi dell’Europa, molto forte in alcuni paesi cruciali per il commercio del legname come lo sono l’Italia e la Spagna che stanno ancora sciogliendo alcuni nodi cruciali per l’economia.

► Nel 2013 si potrà investire tranquillamente sulle commodities

In generale gli acquisti di american hardwoods, nei primi 9 mesi del 2012, sono scesi del 33,6 per cento. L’Italia resta il primo tra i paesi acquirenti – in termini di volumi – di legname americano, ma se il riferimento sono i valori in dollari, l’Italia è stata superata dal Regno Unito.

Il mercato è comunque condizionato, in questo momento, dall’incertezza per le sorti future del Vecchio Continente.

L’Italia del futuro di Monti

 Siamo quasi in dirittura d’arrivo rispetto alle elezioni politiche italiane e il dibattito sui mezzi di comunicazione si fa più insistente. Adesso sono il fisco e le pensioni ad incollare i cittadini al dibattito dei pretendenti alla poltrona di PalazzoChigi. Uno dei discorsi più quotati è quello del premier uscente Mario Monti.

La sua vision è molto utile soprattutto a chi investe in opzioni binarie perché, qualora fosse eletto, tenere a mente alcuni discorsi aiuterebbe nell’anticipazione dei trend.

Per prima cosa c’è da ripetere il mantra che ha accompagnato e giustificato alcune scelte molto contrastate dall’opinione pubblica, fatte dal gabinetto dei tecnici guidati da Monti: lo staff montiano ha solo reso attive le tasse lasciate in bozza dal governo uscente e se anche ne ha introdotte di nuove, lo ha fatto per salvare il paese.

 Monti e il diverbio con il Financial Times

Ora Monti, forse per strizzare l’occhio ad una platea più vasta di cittadini, sta ripetendo che il lavoro svolto fino a questo momento è stato talmente meticoloso che ci si può permettere di ridurre le tasse. Finora gli sforzi dei cittadini hanno contribuito a salvare il paese e dimezzare lo spread, ma è anche arrivato il momento d’insistere sulla spesa pubblica e sulla diminuzione delle tasse.

 La risposta di Monti al Financial Times

Una soddisfazione maggiore dei consumatori e la risalita della loro fiducia, potrebbe traghettare il paese lontano dalla crisi.

A gennaio il PIL USA cala dello 0,1 per cento

 Chi ha creduto che l’America si fosse davvero svegliata dal torpore in cui era piombata dopo lo scampato baratro fiscale, si è dovuto ricredere adesso che è stato finalmente pubblicato il dato sul PIL a stelle e strisce. L’economia degli Stati Uniti, infatti, ha subito una battuta d’arresto, un calo “inaspettato” dello 0,1 per cento in relazione al quarto trimestre dell’anno.

Brusca frenata dell’economia americana

Gli analisti si aspettavano una crescita molto rallentata, ma credevano anche con gli opportuni stimoli da parte della Federal Reserve, si potesse pian piano riprendere il volo. La verifica della contrazione dell’economia nel periodo che intercorre tra ottobre e dicembre, è stata una doccia fredda, soprattutto se si considera che per gli americani la recessione è finita.

Il rallentamento non è lieve come sarebbe potuto esserlo la crescita del paese, è considerato invece molto profondo. Adesso ci si chiede se l’America abbia davvero gli strumenti e le competenze per gestire la riforma fiscale, quindi per decidere un bel taglio alla spesa pubblica con il relativo aumento delle tasse.

 Dati Ilo su occupazione mondiale

Ma perché c’è stata la contrazione? Questa è la domanda che si pongono soprattutto gli investitori in opzioni binarie che stanno tracciando il trend del futuro. Probabilmente si tratta di una catena di concause, dai tagli alla spesa all’aumento delle imposte alla mancanza di una riforma del lavoro adeguata a creare nuovi posti di lavoro.

Fitch ha promosso l’Italia e le sue banche

 Per chi investe in opzioni binarie, la promozione del sistema bancario tricolore e dell’Italia in generale, da parte di Fitch, è importante per indirizzare gli investimenti. Tutto però, è avvenuto all’ombra dello scandalo sui derivati che sta sconquassando il Monte dei Paschi di Siena.

Per la questione Antonveneta si sospettano le tangenti.

Eppure il sistema bancario italiano è stato promosso dall’agenzia di rating Fitch che andando alla radice del sistema creditizio tricolore ha detto di averlo trovato in buona salute. Il problema resta per il futuro, visto che non ci sono aspettative positive. 

Fitch ha confermato le valutazioni esistenti assegnando di nuovo il valore A- ad Intesa e Unicredit, il valore Bbb+ e Bbb per Ubi Banca e Banco Popolare. Un risultato assolutamente interessante che però è da considerarsi tale anche in relazione all’esclusione dalle valutazioni del caso Monte dei Paschi di Siena. Fitch, infatti, ha deciso di lasciare fuori l’istituto di credito.

L’unico neo del rapporto è la nota negativa sul PIL italiano e sulle prospettive di crescita del paese.