Stop al potere del rating

 Dall’Europa è arrivato l’argine per le agenzie di rating che nell’ultimo anno, con i loro giudizi, hanno influenzato in modo più o meno pesante l’andamento dei mercati europei e mondiali in generale. Sotto osservazione, naturalmente, le note diffuse da Standard&Poor’s, da Moody’s e da Fitch.

Nuove regole Agenzie Rating

L’Europarlamento, in questo momento, ha pensato di imporre un calendario ai giudizi delle agenzie così che anche le oscillazioni del mercato possano essere “previste”. Ottime notizie per gli investitori che potranno monitorare più facilmente quel che accade a livello tendenziale.

Un’informazione importante è relativa ai giudizi sulle ri-cartolarizzazioni: ogni 4 anni si dovranno cambiare le agenzie. Ora, la decisione dell’Europarlamento deve essere passato al vaglio del Consiglio UE, affinché, in 20 giorni, avvenga la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

► Borse in calo ma Fitch dice che l’Italia si stabilizzi

In generale, comunque, si possono evidenziare ben 4 novità: in primo luogo il debito sovrano potrà essere valutato soltanto 3 volte l’anno. Si potrà superare questa soglia soltanto su esplicita richiesta dello Stato interessato. La seconda novità riguarda il tempo che avranno imprese e Stati per studiare il rating: un giorno intero invece delle 12 ore previste fino a questo momento.

Il paletto relativo alle ricartolarizzazioni l’abbiamo già visto, non resta che considerare le note, le quali non potranno più contenere raccomandazioni sulla politica economica per i governi.

L’interesse della Francia per le energie rinnovabili

 Non è stato sotto i riflettori nonostante i risultati e le dichiarazioni, ma il vertice mondiale sulle energie rinnovabili, sviluppatori ad Abu Dhabi, può dare numerose indicazioni sulla politica energetica globale. A partecipare all’evento sono state ben 150 delegazioni, arrivate da tutto il mondo.

Rinnovabili: il mercato è in crisi

 

Un episodio di questo tipo, per portata e risonanza, non si avrà di nuovo fino al 2015, anno in cui è in programma la conferenza sul clima, probabilmente in Francia. A candidarsi per la location, per accogliere questo evento “storico”, è stato proprio il presidente Hollande che ha proposto la Francia come sede della prossima conferenza ONU.

Non tanto la location, quanto i temi trattati, risultano di cruciale importanza. Si cercherà infatti di affrontare il tema dell’approvvigionamento energetico nel momento in cui finiranno le risorse petrolifere. Sarà tra l’altro necessario non dilungarsi in elucubrazioni teoriche ma trovare degli obiettivi realistici da raggiungere nel più breve tempo possibile.

Intanto si prende atto dell’incremento dell’uso delle energie rinnovabili a livello globale. Entro il 2030, infatti, si arriverà al 30 per cento d’uso nel mondo. Il motore dell’incremento, in questi anni, dovrebbe essere la sostenibilità di queste fonti energetiche.

L’economia è la prima sfida di Obama

Hollande, da parte sua, candida la Francia come capofila in questa piccola rivoluzione ed apre uno spiraglio anche per l’adesione del gigante cinese all’Agenzia internazionale per le rinnovabili.

Le evoluzioni del mercato dell’auto

 Il mercato automobilistico, nel 2012, ha subito un crollo molto drastico, soprattutto sul versante europeo dove, quanto a produzione automobilistica, l’Italia è subito diventata il fanalino di coda. Cosa ha zavorrato le industrie dell’Eurozona.

► Da cosa può dipendere la crisi dell’auto

Secondo gli analisti è tutta colpa delle misure di austerity in qualche modo richieste dai governi per fronteggiare la crisi che, al contrario, ha fatto diminuire in modo vertiginoso le immatricolazioni. Il calo più vistoso è stato evidenziato proprio nello Stivale.

► Crollo mercato auto dell’Ue: si scende ai livelli del 1993

A pubblicare i report ci ha pensato l’Acea che ha analizzato in modo dettagliato la situazione europea del 2012, spiegando che le nuove immatricolazioni sono state soltanto poco più di 12 milioni. Una soglia che porta il settore automobilistico ai livelli del 1993. In generale, in tutta Europa, si parla di un calo dell’8,2%.

L’unico stato ad andare molto bene è stato il Regno Unito dove le immatricolazioni sono cresciute del 5,3%. I cali, invece, si sono registrati in Italia (-19,9%), ma anche in Francia, Spagna e Germania dove le diminuzioni percentuali sono state rispettivamente del 13,9, del 13,4 e del 22,5 per cento.

Tutti i maggiori marchi automobilistici hanno subito una flessione, da GM Group a Fiat, da Toyota a Ford, ma ci sono state anche industrie che invece hanno concluso l’anno in positivo: Jeep, Jaguar Land Rover e Land Rover. La svolta cinese della FIAT non arriva a caso.

Con Abe cambia il Giappone e il suo futuro

Le prospettive economiche del Giappone siano in linea con i risultati economici e finanziari del paese.

E’ evidente che in questo momento, il colosso asiatico di cui stiamo parlando, attraversa un momento di forte stress e ci fa immaginare anche il futuro dell’Italia visto che, almeno a livello tendenziale, parliamo di due realtà molto simili: bassa natalità e sostrato economico da ricostruire e consolidare.

I giapponesi, per indole, sono stati sempre restii all’accettazione degli aiuti esterni ed hanno preferito sempre le dimamiche protezioniste dell’economica. Il nuovo premier, Shinzo Abe, è un campione dell’austerità e in questo periodo ha fatto un discorso molto chiaro alla nazione spiegando che il suo desiderio è quello di pompare l’economia con più denaro, rilanciare la domanda interna e poi sostenere ogni intervento attraverso il supporto della banca nazionale.

Sul sostegno della banca nazionale, Shnizo Abe ci crede parecchio perché il suo desiderio è che tornino in Giappone molte linee d’investimento e per farlo è necessario tenere lo Yen sotto un certo livello.

► Dollaro/Yen: una settimana complessa

 

Borse in calo ma Fitch dice che l’Italia si stabilizzi

 Le principali borse europee hanno chiuso in territorio negativo la giornata di contrattazioni di ieri. Reduce di una seduta positiva soltanto Piazza Affari che si è confermata maglia rosa d’Europa, imprimendo nella mente degli investitori un +0,44% del FTSE Mib.

► Fitch conferma rating italiano: “A-”

Scendono tutti gli altri indici: il CAC 40 di Parigi ha perso lo 0,29%, il Dax di Francoforte lo 0,69% e anche la borsa di Madrid arretra un po’ dello 0,36%. Negativa perfino Wall Street, tanto cara agli investitori italiani. Leggermente in recupero, ma non si può certo parlare di ripresa, la borsa di Londra che recupera lo 0,15%.

► Fitch taglia le stime di crescita dell’economia mondiale

Su tutte le borse ha avuto un impatto negativo la nota dell’agenzia di rating Fitch che ha giudicato la situazione americana dicendo che sarà rivisto il rating americano nel caso in cui l’amministrazione Obama non provveda all’incremento del tetto del debito. In più, in questo panorama deprimente, si aggiungono i brutti dati sul PIL tedesco che è in rialzo dello 0,7% ma è comunque al di sotto delle aspettative generali.

A Milano, considerando soltanto la situazione italiana, si nota una performance positiva per i titoli bancari ed energetici mentre arrancano quelli legati all’industria. Perciò non stupisce il crollo di un punto percentuale circa de titolo FIAT.

Con la crisi generale rallenta anche la Germania

 La crisi economica che ha interessato da vicino il nostro paese nel 2012, non sembra allentare la presa in questo avvio d’anno. Eppure per il 2013 le prospettive sono ottimiste sia all’indirizzo dell’Italia che in relazione all’Europa in generale.

► Paesi in crescita nel 2013

Eppure il fatto che siamo lontani dal tunnel, secondo molti, si evidenzia dalla condizione della Germania che è stata interessata dalla crisi, per contagio, proprio sul finire dell’anno scorso. Adesso il governo Merkel tira le somme e si scopre che il PIL è sceso dello 0,5% nell’ultimo trimestre del 2012. Tutto è peggio di come se lo aspettavano analisti e investitori.

Se il paese che è considerato il pilastro dell’UE, si ferma, tutti pensano che presto ci sarà un nuovo ciclo di “perdite” anche per gli altri paesi membri dell’Eurozona, soprattutto per quelli periferici, tra i quali c’è anche l’Italia.

► Oro, petrolio e cereali: le previsioni Saxo Bank

In Germania, per quanto riguarda il flusso inport/export, si nota che all’aumentare delle esportazioni, cresciute del 4,1%, non è seguito un aumento analogo delle importazioni che si sono fermate invece al +2,3%.

Quel che comunque è da tenere d’occhio è il rallentamento degli investimenti nell’impiantistica e nei macchinari, perché vuol dire che nonostante le condizioni vantaggiose dei finanziamenti siano vantaggiose, nonostante l’indice di disoccupazione resti al di sotto della media,la crisi del debito inizia a farsi sentire. La Germania, tra l’altro, da sola accumula il 28% del PIL dell’Eurozona.

L’allarme dell’UE sulla povertà

 Bruxelles chiama a rapporto tutti i paesi dell’Eurozona per dire loro che la povertà è un rischio che stiamo correndo con troppa leggerezza. L’analisi, infatti, dimostra che 1 europeo su 4 sono in situazioni di difficoltà e vivono poco al di sopra della famosa soglia di povertà.

► Le assicurazioni sono più care in Italia

Tutto è stato messo nero su bianco nel Rapporto UE 2012 su Occupazione e Sviluppi Sociali che propone uno scenario futuro attraverso la presentazione dei rischi di esclusione sociale di lungo periodo. Le parole usate dall’Europa sono state molto dure ed hanno evidenziato grossi rischi per il nostro paese.

In particolare la povertà è stata paragonata ad un enorme trappola, nella quale possono finire tutti i paesi, ritrovandosi poi in un tunnel dal quale è difficile uscire. La situazione è particolarmente drammatica in Italia, in Grecia, in Spagna, a Malta e nelle repubbliche baltiche.

► Nella crescita del paese ci crede soltanto il 16% degli italiani

In tutta Europa c’è stato un aumento del numero di famiglie che vivono in situazioni di difficoltà economica, con un incremento dell’indice di stress che in Italia è arrivato anche al 13%. Il peggioramento percepito e rilevato in Italia, non è altrettanto valido se si considerano Lettonia, Lituania e Romania dove le difficoltà economiche delle famiglie sono addirittura in calo.

La paura del debito americano influenza le borse mondiali

 L’economia americana sta vivendo dei mesi da incubo: dopo il fiscal cliff, il Congresso si trova a decidere se innalzare o meno il tetto del debito e di nuovo, la contrapposizione tra Repubblicani e Democratici, rischia di paralizzare la politica a stelle e strisce.

► Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

I mercati stanno reagendo male a questa situazione d’incertezza. La giornata di contrattazioni di ieri, da questo punto di vista è stata assolutamente emblematica. Le borse, infatti, sulla scia dei ribassi di Wall Street, hanno aperto molto contrastate e soltanto Milano ha trovato un grimaldello per invertire la tendenza generale e posizionarsi in territorio positivo.

► Individuate le cause del deficit americano

Nel caso dell’Italia è stata provvidenziale la promozione ottenuta dall’agenzia di rating Fitch che ha promosso il nostro paese in virtù degli sforzi e del lavoro compiuto sui conti pubblici durante l’ultimo anno. L’Italia, secondo Fitch, si è portata molto vicino alla stabilizzazione del debito, lo stesso che adesso minaccia l’equilibrio USA.

In America è stata determinante la pubblicazione dei dati sui prezzi alla produzione e sull’attività manifatturiera: i primi sono scesi per la terza volta consecutiva, mentre l’attività manifatturiera ha dimostrato di avere ancora molte difficoltà a decollare. L’indice Empire State è così inchiodato in territorio negativo.

Agli investitori dispiace molto anche la decisione di Obama e Bernanke di non alzare il tetto del debito, sono molti infatti quelli che cercano già altri territori d’investimento.

► Bernanke interviene su tetto del debito americano

Il peso del discorso di Monti a Porta a Porta

test elezioni per Piazza Affari, ma i titoli tricolore potrebbero essere influenzati anche dalla campagna elettorale.

Il confronto politico, spesso gestito attraverso le arene televisive, cerca di sbilanciare il consenso elettorale attraverso la presentazione di proposte legate alle tasse e alle prospettive economiche del paese.

Mario Monti, il premier uscente, ha deciso di correre per la poltrona di Palazzo Chigi e durante la trasmissione televisiva Porta a Porta ha deciso di sferrare un attacco deciso ai suoi concorrenti parlando dei tre temi che in questo momento sono nell’agenda degli italiani: il redditometro, l’IMU e la riduzione dell’IRPEF.

► Strategie di riduzione della tasse

Da sempre Mario Monti è stato associato alla lotta all’evasione fiscale di cui il redditometro, nell’ultima versione, sembra essere il braccio destro. Invece, ospite di Bruno Vespa, il premier uscente spiega che il redditometro ha posto dei vincoli eccessivi all’attività di governo, è stata una decisione di chi ha preceduto Monti e dovrebbe esserne valutata l’abolizione.

I conti dell’IMU, considerata un’imposta figlia dei governi precedenti al suo, Monti spiega che è utile per ridurre il disavanzo pubblico ma si può lavorare per la riduzione del suo peso, senza però estrometterla dalla tassazione.

Molto più concreta e a portata di mano sembra essere la riduzione di un punto percentuale dell’IRPEF, ma serve in tal senso la collaborazione di tutti i partiti.

Individuate le cause del deficit americano

Ci sono ormai un buon numero di elementi per considerare l’andamento dell’economia americana anche se non si può affermare con certezza che gli USA si siano affrancati dal fiscal cliff.

Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

soluzione al default USA un po’ bizzarra: il famoso dollaro di platino.

America: scontro sul tesso al debito

Adesso gli analisti, con maggiore lucidità, pensano ad individuare le cause del debito americano e ne hanno individuate ben quattro. La prima è sicuramente la recessione economica che ha depresso le entrate fiscali dello Stato.

Al secondo posto troviamo gli sgravi fiscali introdotti da Bush molto tempo addietro, circa 10 anni fa, ma pesano sul bilancio – e arriviamo alla terza causa del deficit – anche le spese sostenute per le imprese militari, visto che l’America è ancora impegnata su più fronti, per esempio in Afghanistan e in Iraq. 

L’ultimo elemento tirato in ballo sono le spese sociali, per esempio il medicare e la social security che si preoccupano delle cure per anziani e persone con particolari patologie, oppure delle indennità di disoccupazione, vecchiaia e malattia.