Le previsioni sullo spread italiano

 E’ facile che in questo periodo dell’anno molti investitori vadano alla ricerca dell’affare, del trend da anticipare, dell’analisi che interpreta in modo corretto l’avvio dell’anno finanziario.

Nel 2013 la ripresa non ci sarà dal punto di vista economico, al massimo, a partire dal secondo semestre, dicono gli esperti, inizierà una fase di miglioramento degli indici. Adesso, in questo senso è bene scoprire che fine faranno lo spread e gli altri indici sintetici.

Il 2012 si chiuderà con due aste, quella dei Bot e dei CTZ e poi quella del BTP a 5 e 10 anni. L’anno che si sta per concludere doveva essere addirittura pessimo e si pensava che il nostro Ministero del Tesoro non fosse in grado di coprire con le aste i debiti accumulati e rifinanziare il debito in scadenza.

Si pensi soltanto al fatto che nell’ultima asta del 2011, furono piazzati 2,5 miliardi di BTp a tre anni ad un rendimento record del 7,89 per cento. Oggi che il debito italiano è salito fino a 2 mila miliardi di euro e  ci sono circa 1680 miliardi di titoli italiani in circolazione, non si pensa che il governo centrale non sia in grado di rimborsare il debito.

Riguardo allo spread si pensa che dal 2013 scenderà sotto la quota dei 250 punti.

 

USA in recessione. Uno scenario possibile?

 L’America è sull’orlo del precipizio fiscale che potrebbe far crollare gli States nel burrone della recessione. Il 31 dicembre, se non sarà trovato un accordo con il Congresso, si potrà dire addio alla ripresa economica, visto che scatteranno dei tagli automatici alla spesa e sarà segnata la fine di moltissime agevolazioni.

Tanto per avere un’idea dell’impatto del mancato accordo sul fiscal cliff, possiamo annunciare che sulle famiglie la perdita delle agevolazioni peserà per circa 2000 euro all’anno. Questo fa pensare che l’America ha davvero pochissime ore per decidere che fare della propria economia.

Entro il 31 dicembre, tra l’altro si raggiungerà il tetto massimo del debito fissato nel 2011 che equivale a 16400 miliardi di dollari. Queste cifre sono molto importanti per chi investe in opzioni binarie ed ha bisogno di indicazioni plausibili.

Il problema del fiscal cliff è che da un lato prevede l’impennata delle aliquote salariali del 2 per cento circa, ma dall’altro deprime il Prodotto interno lordo nazionale facendo entrare l’America nel recinto della recessione.

Una contrazione del reddito degli americani, unito alla minore disponibilità di spesa degli States e alla contrazione del PIL, fa intravedere nitidamente il rischio default. Le agenzie di rating, per il momento, non sembrano essere influenzate da quanto sta accadendo in America ma di certo è soltanto un modo di manifestare fiducia all’indirizzo del presidente.

Elezioni 2013: l’ipotesi Monti

 Il Presidente del Consiglio dimissionario, Mario Monti, è ancora indeciso sulla sua candidatura o meglio sta creando un po’ di mistero in relazione alla scelta di scendere in campo o meno, anche perché non è molto chiara la sua compagine politica di riferimento.

Lo spread non sembra essere molto influenzato da questa indecisione in materia politica, ma tenere d’occhio le scelte di Mario Monti potrebbe essere importante per determinare una serie di direttrici evolutive della politica economica del nostro paese. Chi investe in opzioni binarie, quindi, non può trascurare questi “particolari elettorali”.

Monti, inizialmente, non aveva intenzione di proseguire con l’esperienza politica e dopo una conferenza stampa in cui ha rigettato l’ipotesi della candidatura, è intervenuto su Twitter ribadendo la necessità di “salire in campo”, di rinnovare anche il modo di fare politica.

E con chi si schiera Mario Monti? Per il momento ha intenzione di essere extra partes ma è chiaro che il suo orientamento è centrista tanto che la lista “Verso la Terza Repubblica” potrebbe presto trasformarsi in “Lista Monti”. Insieme a lui Monti potrebbe vedere candidati anche Luca Cordero di Montezemolo e lo stesso Casini che non si è mai allontanato dal centro moderato.

Il PD di Bersani apre a Monti ribadendo però che nel programma dei democratici ci sono più equità, più lavoro e più diritti. Il PdL si è messo in una posizione diametralmente opposta contrastando Monti su tutti i fronti e muovendo le critiche più acerbe alle tasse finora introdotte.

2013: niente ripresa e tanti rincari

 Il 2013 non sarà l’anno che segna l’uscita dell’Italia dalla crisi economica, anzi sarà caratterizzato da un percorso molto complesso fatto di rincari per i cittadini. A dirlo è l’Osservatorio Nazionale di Federconsumatori che prevede, per l’anno prossimo, una spesa di 1490 euro in più per ogni famiglia.

Partiamo da una considerazione semplice: l’aumento dell’IVA. L’incremento di un punto percentuale dell’imposta sul valore aggiunto, determina un aumento dei prezzi dei prodotti, anche dei beni di prima necessità, quelli di cui gli italiani, difficilmente, possono fare a meno.

L’aumento dell’IVA scatta a luglio ma ci sono delle tasse che incideranno anche nella prima parte dell’anno. Possiamo citarne due a titolo esemplificativo: il canone RAI che cresce di 1,5 euro e la nuova tariffa dei rifiuti che dovrà assorbire anche le spese per il territorio.

Parlando di rincari è chiaro che non si possono escludere tutti gli aumenti legati al mondo dei mutui e a quello delle assicurazioni. I tassi, mediamente, sono al 4,88 per cento e rispetto alla media europea sono maggiorati di 139 punti percentuali. Il costo dei finanziamenti è dunque superiore per gli italiani rispetto ai colleghi dell’UE. I nostri connazionali pagano circa 72 euro in più al mese che si traducono in un rincaro di 864 euro annui.

Un discorso analogo può essere fatto per l’assicurazione auto che incide molto sui bilanci famigliari, assorbendo il 5 per cento del reddito totale di 30 mila euro.

Obama dopo le ferie: non si parla solo di fiscal cliff

 Le vacanze del Presidente degli Stati Uniti sono state brevi e tormentate visto che con un volo notturno, già il 26 dicembre, Barack Obama ha pensato di tornare a Whasington. Per Obama si annuncia una settimana molto difficile in cui dovranno essere approfonditi i colloqui con i repubblicani del Congresso.

Il problema dell’America, infatti, il più sentito dalla maggioranza della popolazione, è il fiscal cliff nel quale potrebbe sprofondare l’America dopo l’abolizione delle agevolazioni volute dal predecessore di Obama. Gli analisti sono però concorsi sul fatto che non sono stati fatti passi avanti nella trattativa.

I repubblicani, in teoria, restano aperti alle proposte di Obama ma vogliono affrontare non solo gli aspetti fiscali della riforma che potrebbe incrementare il peso delle imposte sui cittadini, ma anche quelli legati alla spesa pubblica americana.

Peccato che il sentimento prevalente in questo momento in America, sia lo scetticismo in relazione al raggiungimento di un accordo. Alla fine dei giochi soltanto un americano su due ritiene che sarà siglata un’intesa. Fino a qualche giorno fa, la percentuale dei fiduciosi era di 7 punti percentuali più elevata.

Obama, per superare l’impasse ha provato con la proposta di una mini intesa sugli argomenti più scottanti, in modo da evitare il salasso alle famiglie. I repubblicani hanno subito ribadito di essere contrari ad un accordo per step.

L’America cresce ma il futuro è incerto

 Il fiscal cliff ha messo sotto la lente d’ingrandimento un’America molto diversa da quella che abbiamo sempre associato al cosiddetto sogno americano. Oggi il Paese, alla guida del quale che è stato confermato Barack Obama per un secondo mandato, cresce ma le prospettive future sono molto incerte.

L’economia a stelle e strisce ha fatto registrare un incremento del business del 3 per cento nel terzo trimestre, mentre gli analisti prevedevano che non si sarebbe andati oltre il +2,7 per cento. Il ritmo di crescita lievemente aumentato è stato trainato verso l’alto dall’aumento delle esportazioni e della spesa pubblica.

Un po’ quello che vorrebbero fare molti paesi in Europa. Una crescita, quella americana, che nasconde sotto il tappeto ogni incertezza finanziaria legata al mancato accordo sul fiscal cliff. Il piano B legato al nome del senatore repubblicano Boehner, non vedrà la luce nel giro di poche settimane.

Vuol dire che dal 3 gennaio ci sarà un aumento di tutte le aliquote riferite sia ai redditi personali, sia ai redditi d’impresa e poi sarà operato un taglio alla  spesa pubblica di circa 600 miliardi dollari. Se così fosse, il fiscal cliff non sarebbe risolto e per l’anno prossimo ci sarebbe una crescita negativa dell’America, al -0,5 per cento.

Il PIL nel 2013: ancora un anno non florido

 Le previsioni sull’incremento del PIL nel 2013, adesso, sono molto più caute che alla fine dell’estate quando gli analisti, spinti dall’entusiasmo dei mercati, avevano parlato di ripresa già a partire dal prossimo anno. Oggi è stato spostato il limite temporale dell’inversione di tendenza e poi si è passati a parlare di stallo piuttosto che di crescita.

Questo vuol dire che la ripresa tanto agognata non ci sarà nel 2013 ma occorrerà attendere il 2014 per tornare a sorridere. Speculazione? Non proprio. La base dati su cui sono costruite queste intuizioni, è quella del rapporto AFO 2012 2014, lo stesso che ha preso in esame il perdurare della sofferenza delle banche.

Secondo l’ABI, il 2012 si concluderà con una contrazione del PIL pari al 2,1 per cento e nel 2013, l’anno prossimo, si avrà ancora una flessione dello 0,6 confermata dai dati del primo semestre cui ne seguirà un altro in lieve rialzo.

Il saldo sarà maggiormente benaugurante nel 2014, quando si porterà a casa un risultato interessante: il +0,8% del PIL, una crescita lieve ma comunque di crescita di parla.

Molto più pessimistico dell’ABI, il CER che prevede una flessione dell’attività produttiva italiane anche nel 2013, pari all’1 per cento con una leggerissima ripresa nel 2014 che non supererà lo 0,6 per cento.

La sofferenza delle banche in aumento

 Ci siamo abituati in questi mesi ad additare le banche come maggiori responsabili dell’attuale crisi economica. All’origine della crisi americana c’era lo scandalo Lehman Brothers, in Europa, la crisi del debito si lega alla sussistenza del settore creditizio.

Non sono le paranoie di un vecchio analista, ma i risultati di un’analisi confermata anche dall’ultimo Rapporto di previsione Afo 2012-2014 pubblicato dal’ABI dove si prende atto di una crisi strutturale del sistema bancario che non sarà risolta nel breve periodo.

Le banche italiane, partiamo da quelle che sono più vicine a noi, dovranno esporsi ancora di più. Questa esposizione comporta che le banche, come spiega l’Abi, aumentino la quota di crediti inesigibili, radice della sofferenza degli istituti di credito.

Attualmente i crediti inesigibili rappresentano il 6,05% degli impieghi delle banche ma in due anni questa quota percentuale potrebbe salire fino al 7,3 per cento. L’aggravarsi della situazione è da imputare al peggioramento della condizione economica.

La conseguenza immediata si vedrà poi sui prestiti alle famiglie. Chi investe in opzioni binarie farà bene a cercare nel mercato e nelle relazioni delle banche segnali di conferma o di diniego della situazione prevista dall’ABI.

Il settore bancario dovrebbe ancora restare in un recinto di sofferenza nonostante l’allentamento della pressione sui mercati abbia risolto molti problemi di liquidità.

Le banche condannate dal tribunale di Milano

 Nel mercato italiano ci sono delle banche straniere che potrebbero facilmente perdere credito, nei prossimi giorni e nei prossimi mesi, in conseguenza della storica sentenza del tribunale di Milano. Si tratta di quattro istituti di credito stranieri accusati di truffa ai danni dell’amministrazione lombarda.

Il periodo di riferimento dei giudici è quello che va dal 1997 al 2006, anni in cui la poltrona di sindaco è stata nelle mani di Albertini prima e della Moratti poi. Ma non c’entra molto chi sia stato il Primo cittadino, visto che la truffa architettata ha il sapore squisitamente finanziario.

Le banche coinvolte nell’affare sono Deutsche Bank, Depfa Bank, UBS e JP Morgan, tutte insieme non avrebbero informato in modo adeguato il comune, in relazione ai rischi collegati ad una serie di operazioni finanziarie portate a termine con gli strumenti cosiddetti derivati.

Il Tribunale di Milano ha quindi condannato queste quattro banche con l’accusa di truffa aggravata per le operazioni messe in atto tra il 1997 e il 2006. Adesso, secondo le disposizioni dei porporati, ci sarà la confisca di circa 90 milioni di euro che sono stati intascati da questi banche durante le operazioni finanziarie fatte con i soldi del Comune di Milano.

In più, l’accusa propone anche un risarcimento pecuniario: ognuna delle banche incriminate dovrà corrispondere un milione di euro di multa al comune milanese. Per nove manager si prospettano anche diversi mesi di carcere.ò

S&P’s promuove la Grecia: volano i titoli?

 I titoli della Grecia potrebbero subire un nuovo incremento di valore legato alla decisione di Standar&Poor’s di elavare il rating di Atene, considerati gli sforzi fatti dal governo per uscire dalla crisi ma considerata anche la tolleranza degli stati membri dell’UE.

Il successo della Grecia non è tutto nelle mani di Atene ma è molto probabile che ci sia un incremento del valore dei titoli di questo stato. L’agenzia di rating Standard&Poor’s, infatti, ha pensato bene di innalzare il rating della Grecia di ben sei notch che hanno portato Atene dal default selettivo al recinto più rassicurante B-.

A cosa si deve tanta grazia? Sicuramente agli sforzi di questo paese che ha messo in atto delle strategie importanti a livello fiscale e strutturale, nonostante a livello politico ed economico permangano grossi problemi.

Gli analisti sono concordi nell’attribuire il successo anche all’Europa intera. I paesi dell’UE, infatti, hanno sostenuto le politiche greche e hanno lavorato per evitare che la Grecia uscisse dall’Euro. Quindi l’effetto a catena, sempre tenuto in considerazione negli scenari negativi, potrebbe riprodursi anche adesso in senso “opposto”.

Quindi, come scrive il Wall Street Journal, si potrebbe scatenare una proficua vendita dei titoli greci. Il ministro delle finanze di Atene, però, invita tutti a rimanere con i piedi ben saldi al terreno visto che questo è solo il primo passo di un lungo percorso ancora da studiare nei dettagli.