BCE: la sfida del 2013

 Draghi porta avanti la sfida della Banca Centrale Europea accumulando su questo ente sovranazionale una serie di incarichi interessanti che fanno presagire un 2013 ricco di novità. Una prospettiva decisamente importante soprattutto per chi investe sugli indici UE.

La BCE potrebbe trovare nuova linfa grazie ai nuovi poteri di controllo del settore bancario. E’ questo che si aspetta Mario Draghi, presidente della BCE, parlando ai deputati europei. Per la moneta unica, nel 2013, questa nuova funzione di supervisione delle settore bancario e il consolidamento del fondo ESM, saranno determinanti.

Perché la supervisione va di pari passo con l’ESM? Per un semplice motivo: perché il sistema bancario sarà monitorato dalla BCE che potrà poi ricapitalizzare direttamente gli istituti tramite il fondo ESM. Questo vuol dire che il cane che si morde la cosa è stato fatto fuori e il circolo vizioso che imponeva un legame innaturale ed infinito tra banche e debiti governativi, è all’epilogo.

Prima dell’accordo erano infatti i governi a doversi fare carico dell’insolvenza degli istituti di credito, aggravando contestualmente la situazione del debito pubblico.

Secondo Draghi il 2013 sarà comunque un anno molto fragile per l’economia europea, per questo la sfida sarà sul medio e lungo termine e si giocherà sulla capacità della BCE di riequilibrare l’economia nelle diverse aree dell’Eurozona.

Come sarà la ripresa dell’Europa

 La prima cosa da chiedersi è se ci sarà il tanto agognato rimbalzo degli indici nel 2013, se effettivamente le maggiori economie europee, che ancora resistono alla crisi, affronteranno il default o voleranno verso l’isola della salvezza. Alcuni analisti hanno delle previsioni sull’Europa in generale e sull’Italia e la Spagna in particolare.

Chi investe in opzioni binarie ed ha seguito la questione europea sa che molti hanno considerato dopo la Grecia, come anelli deboli del Vecchio Continente, il nostro paese e il governo di Madrid. In realtà Spagna e Italia sono sotto la lente d’ingrandimento anche in relazione al cambio di legislatura.

Secondo gli esperti della società Jefferies International la ripresa dell’Europa ci sarà ma bisognerà attendere ancora 6 mesi prima di vedere qualche risultato. Poi si comincerà a crescere ma in modo graduale, senza incrementi rapidi degli indici. A trainare tutti sarà proprio l’Italia che insieme alla Germania si metterà alla guida dell’UE.

Alla Vanguard c’è sempre molto ottimismo rispetto all’Italia. Il nostro paese è considerato una potenza ancora in fase d’incubazione rispetto al 2013. Di certo sarà importante conoscere la strategia economica e finanziaria del nuovo governo che seguirà quello di Monti. Il rifinanziamento del debito pubblico, invece, è la prospettiva nell’orizzonte spagnolo anche se la svolta ci sarà soltanto dopo l’aprile del 2013.

L’effetto della crisi sulle banche

 Chi se la passa bene e chi invece arranca. E’ questo l’enigma da sciogliere per investire in modo oculato nel settore delle opzioni binarie. Oggi a fare le spese della crisi ci sono anche le banche che hanno dovuto cambiare le loro modalità d’intervento nella vita del paese.

Basta osservare le azioni della Banca Centrale Europea, della Federal Reserve e della Bank of England per rendersi conto che qualcosa sta cambiando e bisogna provare ad interpretare il trend.

La Federal Reserve, di recente, è intervenuta nel merito delle politica economica americana spiegando che ci sono dei livelli da raggiungere in tema di disoccupazione e crescita e per questo i tassi, almeno per un po’, dovranno restare inalterati.

La BCE ha pensato bene di iniettare ancora nuova liquidità sul mercato per sostenere il sistema bancario e la Bank of England ha iniziato a pensare che insistere sull’inflazione ha poco senso. Insomma un po’ tutta la politica monetaria è in crisi.

In realtà il superamento del sistema dell’inflation targeting è fortemente sostenuto anche dal presidente della Bank of Canada che ha spiegato la necessità di andare oltre questo principio, molto comune in Gran Bretagna, ma anche nella zona Euro, in Canada e negli Stati Uniti. Solo così si può iniziare a “difendersi” dalla aspettative economiche distorte degli investitori.

Accordo sulla supervisione bancaria: trovato!

 Chi investe in opzioni binarie, in questo periodo, avrà notato sicuramente una certa tranquillità legata al fatto che è stato raggiunto un importante accordo sulla supervisione del sistema bancario, più volte additato come origine di tutti i mali o semplicemente come causa della crisi.

Al di là delle considerazioni di merito, che lasciamo fare ai nostri lettori, sicuramente l’accordo sulla supervisione bancaria rappresenta una tappa molto importante per l’Europa: prima di tutto perché arriva dopo tanti mesi di negoziati tra gli stati membri e poi perché contribuirà a stabilizzare un sistema sempre “in bilico”.

Il ministro delle finanze tedesco ha spiegato a tutti i paesi membri che la ratifica dell’autorità di vigilanza dovrà essere fatta entro il 28 febbraio 2013 per far sì che sia in vigore già a marzo. La supervisione finale del sistema bancario spetta alla Banca Centrale Europea e finiranno nel mirino dei controlli soprattutto gli istituti di credito che hanno nei loro forzieri più di 30 miliardi di titoli e investimenti.

Il che vuol dire che almeno tre banche per ogni stato membro saranno radiografate dagli analisti della BCE, tutte le altre continueranno ad essere supervisionate dalle autorità locali. Alla Banca Centrale Europea spetta il difficile compito di chiudere le banche che non rispettano i vincoli europei.

A Londra non piace la Tobin Tax

 L’Europa in queste settimane è al centro della cronaca finanziaria visto che l’UE ha raggiunto importanti traguardi per la sua vita politica e finanziaria. Per esempio è stato siglato l’accordo, dopo mesi di dibattito, sulla supervisione del sistema bancario europeo. Si occuperà di questo compito molto delicato la Banca Centrale Europea.

Non c’è accordo, anzi ci si preoccupa, invece, della Tobin Tax, l’imposta sulle transazioni finanziarie che sarebbe stata pensata per allargare il prelievo fiscale “ai danni” dei più ricchi. Per capirci qualcosa di più proviamo a riassumere le opinioni di Xavier Rolet, CEO di London stock exchange Group, intervistato dal Sole 24 Ore.

Secondo Rolet, la Tobin Tax finirà soltanto per bruciare posti di lavoro e il suo effetto non sarà affatto benefico per la società, anzi si potrebbe dire che l’imposta sulle transazioni finanziare potrà avere un esito cattivo, molto cattivo o pessimo sulle economie nazionali.

Le imposte, per essere efficaci dovrebbero o proporre aliquote più alte sui redditi maggiormente elevati, oppure applicare una tassazione più soft ma sostanzialmente a tutti i cittadini.

Secondo Rolet un altro grande equivoco legato alla Tobin Tax, sta nel credere che sia un’imposta che esprime la responsabilità politica di una classe dirigente visto che le spese di questa “manovra” la fanno soprattutto i cittadini e le imprese.

L’Euro è salvo: bilancio del 2012

 Si è riunito il vertice europeo dei capi di stato e di governo e si dovevano stabilire delle linee comuni per il futuro dell’Unione Europea. Invece ci si è trovati a fare i conti o meglio a tirare le somme del 2012. Dalle prospettive future allo sguardo al passato.

Hollande ha riconosciuto che nel 2012 è stato fatto un buon lavoro tanto che quello che si pensava dell’Europa non è più valido. Il Vecchio Continente era considerato un gigante in crisi, molto frammentato sotto il profilo economico e finanziario.

Anche il nostro premier Monti è soddisfatto di come ha reagito l’Italia e di come ha reagito l’Europa alle difficoltà dell’anno che sta per concludersi. Tutti gli sforzi fatti hanno consentito di accumulare una maggiore serenità e una più cospicua tranquillità nell’affrontare il 2013.

Soltanto Angela Merkel è un po’ controcorrente ma il suo discorso potrebbe essere letto alla luce del periodo che si trova ad affrontare la Germania. La Cancelliera tedesca, infatti, ha ribadito che L’Europa adesso deve avviare le riforme nonostante l’anno iniziato maluccio si sia concluso meglio del previsto.

Una premessa e una comunione d’intenti che si sperava fosse accompagnata da una trasposizione delle idee in un’agenda di lavori. Invece è tutto rimandato e se ne parlerà soltanto a giugno del 2013.

Fiscal cliff, operazione Twist e proiezioni FOMC

 Dall’America arrivano in questi giorni le notizie più interessanti in termini di prospettive del mercato azionario e valutario. Benché ci si aspettasse la mossa della FEDtanto da non impattare in modo importante sulle Borse Europee, le proiezioni economiche del FOMC, i timori del fiscal cliff e l’operazione Twist sono stati oggetto di dibattito e approfondimenti.

Proiezioni economiche FOMC. Il tasso di disoccupazione americano ha raggiunto il 7,7 per cento e quindi la FED manterrà ancora per un po’ i tassi allo stesso livello definito in passato. La Commissione per il Mercato (FOMC) ha riportato un solo voto contrario rispetto alle decisioni poi approfondite da Bernanke. In più si prevede una crescita tra il 2,3 e il 3 per cento per il PIL a stelle e strisce.

Il fiscal cliff. C’è ancora da temere per il mancato accordo in proposito tra repubblicani e democratici. Obama ha proposto di aumentare le tasse dei ricchi e tagliere le spese ma non tutti, come Bernanke sono sicuri che questa soluzione sia la medicina giusta per la riduzione dei costi dell’economia americana e per il rilancio della crescita. Ecco perché il fiscal cliff dall’essere una questione su cui riflettere è diventato un tema di cui preoccuparsi.

Operation Twist. Questo strumento sarà sostituito da un Quantitative Easing rinforzato e servirà all’America per vendere bond quasi a maturazione al fine di comprarne altri con durata più lunga. Tale pratica assicura anche alla Fed le riserve bancarie necessarie a fare nuovi acquisti.

Economist e Telegraph sulla situazione italiana

 L’incertezza sulla situazione politica italiana e la sensibilità dimostrata dal mercato alla possibile candidatura di Mario Monti, fanno del nostro paese un terreno ideale per gli investitori che dedicano una parte dei risparmi alle opzioni binarie.

A far luce su quel che sta accadendo in Italia ci hanno provato in tanti. Diamo uno sguardo alle opinioni veicolate dalla pagine del Telegraph e dell’Economist. I conservatori legati alla prima delle due riviste vogliono che l’Italia esca dall’euro. All’Economist, invece, sono più preoccupati per un possibile ritorno di Berlusconi e per la mancata crescita del PIL.  

The Telegraph. Secondo questa rivista il problema dell’Italia è tutto economico e soltanto programmando un’uscita dalla moneta unica, il paese si può salvare. Sembra di sentire l’ex premier Berlusconi, in realtà questa posizione affonda le radici in ragioni squisitamente finanziarie: in un momento in cui il debito pubblico e privato combinato italiano è al 265% del PIL, bisogna tentare un’altra strada rispetto a quella provata finora, bisogna dare nuova linfa alle esportazioni e trarne vantaggio usando la moneta locale, mettiamo caso sia la lira, negli scambi.

The Economist. I giornalisti, in questa rivista, approfondiscono il tema del declino economico dei paesi e quello dell’Italia nel 2012 è davvero molto evidente. Il nostro paese è all’ultimo posto nella classifica delle 14 maggiori economie italiane. Il nostro paese è chiamato a raccogliere le sfide che arrivano dall’Europa e dall’estero per rilanciare la crescita.

La doppia valuta resiste tra le opzioni

 Chi investe nel mercato delle opzioni binarie, in questi giorni cerca di capire il trend di fine anno e quel che succederà l’anno prossimo. Di sicuro, è condiviso da tutti, un sentimento di vaga “sfiducia” nei confronti del Vecchio Continente. Si è certi che uscirà dalla crisi ma non si sa bene quando e come.

L’incertezza sul momento in cui tutti i paesi dell’Eurozona troveranno un momento di sollievo porta molti economisti a rilanciare l’idea della doppia valuta. L’ultima proposta in ordine cronologico che cavalca il tema appena descritto, è stata fatta dalla società di consulenza Strategic Decisions Group.

La doppia valuta comporta che al fianco dell’euro siano usate localmente anche le valute nazionali, in un modo intelligente che scoraggi la corsa agli sportelli e rilanci il settore finanziario. Nella proposta dello Strategic Decisions Group ci sono le monete nazionali da usare per il pagamento degli stipendi e delle pensioni pubblici e per le transazioni nazionali. La moneta unica, invece, continua ad essere usata per gli asset dominanti: conti deposito bancari e via dicendo.

Un sistema che a prima vista appare leggermente macchinoso ma che potrebbe garantire una sopravvivenza nel tempo del Vecchio Continente.

In Grecia è stato già proposto un tipo di baratto mentre molti si affrettano a parlare di dollarizzazione inversa per il fatto che tutto funziona perché i consumatori non si fidano della moneta locale.

 

Obiettivi e vantaggi del buyback greco

 La Grecia, per ottenere un’altra tranche di aiuti dalla Troika, deve andare avanti con l’operazione di buyback che per il momento non ha avuto intoppi e in fin dei conti sta bene a tutti. La spiegazione è semplice e descrivere lo scenario futuro può aiutare chi investe in opzioni binarie.

Alle 17 di venerdì scorso, 18 ore italiana, è scaduto il termine per la presentazione delle adesioni al piano di buyback greco. Il governo di Atene ambiva a piazzare 30 miliardi di euro di titoli e questo obiettivo sia stato raggiunto anche se devono ancora arrivare i dati definitivi dell’operazione.

Il successo dell’iniziativa. Atene ha offerto a coloro che detengono titoli del debito greco di ricomprarli al 30-40 per cento del valore di facciata. In generale non sembra un grande affare pagare un “titolo” 10 euro e venderlo a 3-4 euro prima della sua scadenza.

Il fatto è che non si sa se la Grecia, alla scadenza naturale delle obbligazioni, riuscirà a pagarle tutte, soprattutto se sarà in default. In quel caso sarebbero soldi investiti e persi. Quindi, quel 30-40 per cento è sempre meglio di niente. L’alternativa potrebbe essere trasformare i titoli del debito greco in liquidità ma sul mercato sono pagati il 25% del valore di facciata. Alla fine, quindi, la proposta di Atene conviene e in più contribuisce alla riduzione del debito del paese, con un esborso minore per tutti i paesi dell’UE.