Continua la discesa del prezzo dell’oro

 L’oro continua a perdere terreno a dispetto di tutte le previsioni fatte alla fine dell’anno scorso. I risultati del primo trimestre del 2013 sono al quanto deludenti visto che non era stato proprio individuato il trend giusto. Il prezzo del metallo giallo, infatti, è in calo. L’oro, in tutto il 2013, fino a questo momento, ha perso esattamente il 25 per cento del suo valore ma questo non ha scoraggiato gli acquisti che restano ad un livello molto elevato.

La bolla oro ai minimi

In un anno e mezzo, dopo il boom delle quotazioni, il valore dell’oro ha subito una battuta d’arresto. Non è tutta colpa della crisi perché è cambiata proprio la considerazione di questa materia prima che sembra essere ormai fuori dall’alveo dei beni rifugio. Per mettere al sicuro i risparmi, adesso, dovranno essere sperimentate nuove strategie.

Questo non vuol dire che la domanda di oro sia in calo visto che anche nel 2013 i volumi relativi all’acquisto di oro, resteranno molto elevati, trainati dalle richieste dei paesi emergenti. Tutta questa situazione dipende dal fatto che le quotazioni dell’oro non seguono un andamento normale, ma sono contraddistinte da un’anomalia che le porta oltre la classica relazione domanda-offerta.

L’analisi di FT Alphaville sull’oro

Le ultime previsioni legate all’oro parlano comunque di una stabilizzazione del prezzo del metallo giallo, per il 2013, attorno al costo di 1250 dollari l’oncia.

L’Italia ha le tasche bucate

 Se all’estero si chiede quali sono i simboli dell’Italia ci sentiamo rispondere sempre il solito trio che è entrato nel sentire comune: pizza, pasta e mandolino. In realtà l’immagine dell’italiano all’estero è molto più ricca e di recente si è arricchita di particolari legati al comportamento finanziario del management tricolore.

Nuove notizie sull’evasione fiscale italiana

Insomma, il nuovo luogo comune da sfatare è quello dell’Italia spendacciona, con le tasche e le mani bucate. Un cliché difficile da abbattere se si considera quello che è successo per la spesa pubblica. Basta fare un’analisi dell’Italia nel contesto europeo per scoprire che è il paese con la quota maggiore di pressione fiscale. Nel 2012, il 50,7 per cento del reddito dei nostri concittadini è finito nelle tasche dell’Erario.

L’austerity blocca il PIL americano

I cittadini hanno quindi pagato le imposte e offerto tantissimi soldi allo Stato che non è stato però capace di usarli in modo efficace visto che oggi la spesa pubblica ha raggiunto quota 50,1 per cento, vale a dire 805 miliardi di euro. Nel 2001, circa 11 anni fa, la spesa pubblica ammontava a 536 miliardi di euro.

Non si può nemmeno attribuire l’incremento della spesa pubblica a quello o a quell’altro partito visto che 8 anni e mezzo di centrodestra hanno comportato una spesa di 206 miliardi di euro, 2 anni e mezzo di centrosinistra hanno comportato una spesa di oltre 60 miliardi di euro e 1 anno e mezzo di governo Monti oltre 8 miliardi di euro.

Confermata la tripla A per la Germania

 Nonostante lo scetticismo dimostrato da molti Stati membri europei sul primato della Germania, le agenzie di rating ritengono questo paese molto affidabile, anzi, affidabilissimo. La Germania, infatti, resta nel club sempre più elitario delle triple A dopo le considerazioni dell’agenzia di rating Standard&Poor’s.

Triple A nel mondo in via d’estinzione

L’agenzia in questione, recentemente, ha deciso di revisionare i giudizi di merito su tutti i paesi dell’area euro. Per il nostro paese le cose si sono messe male visto che l’Italia è stata declassata dal livello BBB+ al livello BBB con la conferma dell’outlook negativo. Questo vuol dire che tra poco i nostri titoli di stato potrebbero essere considerati titoli spazzatura.

Il declassamento dell’Italia

L’agenzia americana, però, ha deciso di lasciare allo stesso tempo invariato il rating della Germania così che il gap tra la prima della classe e i paesi che stanno soffrendo di più la crisi si è allargato parecchio. La Germania si conferma dunque la prima potenza economica del Vecchio Continente.

Tutto dipende dal fatto che l’economia tedesca appare diversificata e competitiva, in grado di assorbire i colpi assestati dalla crisi economica e finanziaria. La ripresa, se poi si va a cercare il pelo nell’uovo, è cominciata soltanto in Germania. Il ritmo è molto lento, ma il PIL tedesco fa comunque segnare un confortante +0,4 per cento.

I derivati e il caso particolare del Piemonte

 I derivati sono degli strumenti finanziari studiati per fare soldi ma in questo momento sono al centro del dibattito economico perché potrebbero far aprire un altro capitolo della crisi molto importante. Nello specifico, in questa settimana, si è parlato del caso dei derivati in Piemonte.

Nuovo accordo USA – Europa sui derivati

In Tribunale di Londra, infatti, deve decidere della validità di un accordo, che mette sul piatto parecchi milioni di euro, e che coinvolge la Regione Piemonte. Un funzionario della regione italiana, tra l’altro, ha dichiarato all’agenzia di stampa Bloomberg che al momento della firma del contratto, nel 2007, chi ha siglato l’accordo non parlava bene italiano e per questo non ha capito la profondità e la complessità dell’intesa. 

Le borse crescono grazie a Draghi

Riepiloghiamo brevemente l’accordo che è al centro delle considerazioni. Tutto parte dal 2007 quando Mercedes Bresso, presidente della Regione per il PD, ha emesso un’obbligazione del valore di 1,8 miliardi di euro. Al fine di non perdere troppo denaro la Regione Piemonte ha deciso anche di sottoscrivere qualche contratto derivato, che fungesse da assicurazione sulle oscillazioni dei tassi d’interesse, con Merryl Lynch, Dexia e con Intesa Sanpaolo.

Dall’anno scorso però, la Regione ha smesso di pagare gli interessi sull’obbligazione ed ha smesso anche di corrispondere le cedole alle tre banche coinvolte nell’affare, accusandole di truffa. Il TAR, chiamato in prima battuta a pronunciarsi sull’argomento, ha detto di non essere competente in materia finanziaria ed ora è tutto nelle mani dei porporati londinesi.

L’accordo commerciale tra USA e UE

 Sono iniziate in questa settimana le trattative per la definizione di un accordo a 360 gradi tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Si definisce questo accordo come il più grande punto d’incontro commerciale che sia stato sistematizzato finora. Il fatto è questa intesa riguarderà sa gli OGM, sia i film francesi, in pratica qualsiasi “materia” di scambio. La trattativa andrà sicuramente per le lunghe.

Il cartello Apple sugli eBook

L’accordo è stato accompagnato da una serie di polemiche dopo che il Der Spiegel e il Guardian hanno pubblicato una serie di documenti, dove si specifica che la NSA ha spiato alcuni enti diplomatici europei. Un motivo per mandare all’aria uno degli accordi commerciali più grandi di sempre.

Olli Rehn tiene duro sulla questione deficit

Eppure gli Stati Uniti e l’Unione Europea non sembrano voler rinunciare all’accordo sul libero scambio commerciale tra America ed Europa. Certo è che con queste premesse si andrà avanti molto a lungo con i negoziati. Il nome dell’accordo, dato quasi per “ufficiale” dovrebbe essere Transatlantic Trade and Investment Partnership. Non ci sono degli accordi commerciali specifici già definiti che interessano l’America e l’Europa e l’obiettivo dell’intesa dovrebbe essere quello di abolire una serie di tariffe che intralciano gli scambi ed hanno un valore di 7 miliardi e mezzo di euro.