Il debutto di Italia Independent

 Il più giovane della famiglia Agnelli, il tanto chiacchierato Lapo Elkann ha finalmente raggiunto il suo traguardo finanziario: quotare l’azienda costituita nel 2007 alla borsa di Milano. Il titolo è stato valutato al pari di una start up tanto che il valore della quotazione ha superato quello del fatturato.

Il debutto “lussuoso” di Moleskine

Chi sa rischiare, in fondo, viene premiato. Se si volesse riassumere in qualche modo la benedizione di John Elkann al fratello, potremmo sintetizzarla così. La valutazione del titolo Italian Indipendent è stata di 19,2 volte il guadagno dell’azienda esclusi i costi sostenuti.

Ci si è dati addirittura un obiettivo che è quello di raccogliere fino alla fine dell’anno circa 13,6 milioni di euro al fine di reinvestire tutto nella crescita della nuova realtà industriale. In realtà, i soldi messi da parte con il lancio in borsa dovranno essere usati anche per mettersi al riparo dal rischio liquidità.

Moleskine pronta al ballo finanziario delle debuttanti

Un atteggiamento lungimirante che parte dalla considerazione delle potenzialità di Italian Indipendent, un’azienda che produce occhiali made in Italy e che più che vendere gli accessori in questione, punta a creare uno stile di vista, ad appassionare il popolo tricolore e non solo.

In fondo, l’intuizione di Lapo Elkann non è del tutto campata in aria visto che in un periodo di crisi le uniche aziende a sopravvivere sono state quelle del lusso.

Draghi pronto a partire

 Le borse crescono grazie a Draghi che ha dichiarato la disponibilità della Banca centrale europea ad intervenire sul mercato per mettere in ordine nel dissesto finanziario del Vecchio Continente. Ma cosa ha detto di preciso Draghi da riuscire ad entusiasmare gli investitori?

Il governatore ha spiegato che i conti pubblici si devono risanare senza opprimere i consumatori e quindi senza insistere sull’aumento delle tasse. Il reddito a disposizione dei cittadini, infatti, è il parametro che deve assolutamente crescere.

Mario Draghi ha ribadito che la BCE è stata sempre presente in Europa per tamponare la crisi, per rispondere alle esigenze crescenti della popolazione e degli Stati membri. Il suo obiettivo costante è stata la difesa della stabilità politica ed economica, nonché dell’unione monetaria.

BCE critica sull’atteggiamento tedesco

Evidentemente la crisi è più profonda di quanto si pensasse e gli interventi studiati non sono del tutto efficaci. Infatti Draghi ha ribadito di essere ancora pronto ad intervenire, qualora fosse necessario.

Il prerequisito per il ritorno sul canale della crescita, però, è la collaborazione dei governi che devono riformare il mercato del lavoro e correggere il tiro sulla fiscalità. Le parole di Draghi sono tanto più importanti se si considerano sviluppate dopo il congresso del CDU tedesco che tanto ha fatto pressione sulla Banca centrale europea.

Le borse crescono grazie a Draghi

 Mario Draghi, pur essendo “soltanto” il governatore della Banca Centrale Europea, ha dato una grossa mano con le sue dichiarazioni, all’andamento delle borse principali del Vecchio Continente. Ma cosa è successo ai listini di tutto il mondo?

Il primo dato di cui tenere conto è sicuramente il timore per la scarsità di liquidità della banca centrale cinese. La notizia, circolata già nei giorni scorsi, ha oppresso in modo pesante la borsa di Tokyo che infatti ha chiuso le contrattazioni in terreno negativo.

BCE critica sull’atteggiamento tedesco

In Europa, invece, l’effetto Draghi, la rassicurazione arrivata dall’Eurotower, è stato provvidenziale. Il governatore della BCE infatti, si è detto pronto ad intervenire sul mercato e questa dichiarazione d’intenti ha immediatamente alleggerito la pressione sul debito italiano legata al problema “derivati”.

Di che si discute tra BCE e Germania

Lo spread tra Bund e BTP si è mantenuto al di sotto della soglia dei 300 punti e il rendimento dei titoli a sei anni è salito fino ai livelli massimi registrati da febbraio ad oggi. Piazza Affari si muove comunque in rialzo de 2 per cento e a tenere testa, stavolta, sono i titoli bancari.

Importante per i listini, soprattutto per quelli Oltreoceano, i dati riferiti al PIL americano che, nonostante l’ottimismo dei mesi scorsi, appare molto ridimensionato. Gli Stati Uniti, infatti, cresceranno solo dell’1,8 per cento.

 

Per le tasse crolla la domanda di energia

 Nella relazione annuale dedicata alla richiesta di energia, il presidente dell’Aeeg ha rendicontato alla Camera un calo vertiginoso delle richieste nel periodo che va dal 1998 ad oggi. La richiesta, oggi che è sceso anche il divario nel costo del gas rispetto agli altri paesi europei, è quella d’investire nella gestione dell’acqua.

Scatta dal 1° aprile la diminuzione delle bollette

Il calo delle richieste energetiche si lega in questo momento all’aumento in bolletta delle tasse. L’autorità per l’energia, infatti, ha visto che per una famiglia tipo residente nel nostro paese, un terzo della quota della bolletta dell’energia elettrica è fatta di oneri e tasse. E questi componenti sono aumentati in quattro anni, del 10 per cento.

Più esteso lo sconto IRPEF per l’energia solare

Il presidente dell’Autorità, Guido Bortoni, ha mostrato preoccupazione per la situazione energetica del nostro paese, spiegando anche che oltre alle tasse, il 50 per cento del costo dell’energia è regolato in base all’andamento del bene richiesto sul mercato. Soltanto la restante quota è effettivamente relativa al servizio erogato, al trasporto e ai consumi.

Sempre più urgente, dunque, fare in modo che le bollette dei diversi operatori siano trasparenti, che siano chiari gli incentivi usati per alleggerire i costi a carico delle famiglie. L’ideale sarebbe incentivare l’uso delle fonti di energia rinnovabili ma il programma deve essere studiato attentamente a livello governativo.

BCE critica sull’atteggiamento tedesco

 Il fatto che l’euro non vada per niente bene sul mercato valutario non impensierisce soltanto i paesi che stanno affrontando delle difficoltà enormi a livello politico e finanziario, ma incide parecchio anche su quel che succede in Germania. Per via dell’euro, infatti, al baluardo della Merkel è stato assegnato un ruolo sempre più importante nello scacchiere UE.

I problemi monetari partono dalla BCE

Ora, se è vero che l’abbandono dell’euro da parte di uno solo dei paesi membri dell’Eurozona, può scatenare un effetto a catena disastroso, il discorso vale anche per la Germania che nelle ultime settimane ha messo a dura prova la BCE criticandola per l’atteggiamento accomodante verso i paesi in crisi.

Non si è fatta attendere poi molto la replica di Mario Draghi che dall’Eurotower ha cercato d’inviare un messaggio diretto alla Germania. Il numero uno della BCE ha spiegato che restare nell’euro non è una questione meramente economica o valutaria ma si tratta di un atto di responsabilità.

Bibow affronta il rapporto tra euro e Germania

In questo momento, infatti, il Vecchio Continente sta attraversando una fase di stabilizzazione e l’incertezza iniettata sui mercati dalle continue frecciatine di sfiducia, non fa certo bene all’Europa nel suo intero. Danneggiare l’euro vuol dire infatti danneggiare l’economia europea e il mercato interno del lavoro.

Anche l’economia USA pronta al rallentamento

 Wall Street teme la stretta cineseDopo l’annuncio di un rallentamento dell’economia asiatica, adesso, si cerca di capire quanto questa situazione contingente e grave possa influire sulle altre economie mondiali. Saxo Bank, in questo momento, teme soprattutto per quel che sta succedendo negli USA.

A Krugman non piace l’atteggiamento della FED perché secondo il premio Nobel americano, in questo momento, l’economia americana non è affatto sul viale della ripresa. E la pensa così anche Saxo Bank che prova a fornire una visione più ampia sulla condizione statunitense.

L’indice CFNAI, che sta per Chicago Fed National Activity Index, soltanto nel mese di maggio ha registrato una flessione di 0,30 punti mentre nel mese precedente c’era stata una flessione dello 0,52 per cento. Ad ogni modo, analizzando l’andamento trimestrale dell’indice si scopre che l’economia USA non crescerà come previsto, anzi resterà al di sotto delle aspettative.

Il fatto che l’indice CFNAI sia salito è sicuramente un segnale positivo ma questo non vuol dire che sia riuscito a soddisfare le aspettative degli analisti e degli investitori che invece si aspettavano una decrescita pari soltanto a 0,10 punti. Il miglioramento è reale ma in prospettiva la tendenza alla crescita dell’economia americana è molto ridotta.

Anche l’occupazione cresce sotto le attese, mandando nel panico le borse. Si preannuncia una settimana molto contrastata.

Wall Street teme la stretta cinese

 A rallentare non è più soltanto la Cina ma anche i paesi emergenti tra cui spicca il Brasile. Questo paese del Sudamerica, oggi teatro della Confederations Cup ha accolto la protesta della popolazione contro la scelte del governo che spenderà moltissimi soldi per finanziare la competizione sportiva in corso e poi anche i mondiali di calcio del prossimo anno.

A Krugman non piace l’atteggiamento della FED

Eppure le economie globali non dipendono tanto dai paesi emergenti quanto piuttosto dalla Cina che con il suo rallentamento annunciato ormai dieci giorni fa, sta tenendo con il fiato sospeso le maggiori borse su scala planetaria.

Wall Street è l’esempio lampante dell’interdipendenza delle borse mondiali dall’andamento di quella cinese. Ieri, infatti, le contrattazioni americane si sono chiuse in terreno negativo. L’indice azionario di riferimento, lo S&P 500 ha chiuso la giornata con una flessione dell’1,2 per cento sfiorando i 1.573,09 punti che sono il punto più basso mai toccato da due mesi a questa parte.

La Cina condiziona gli scambi

In flessione anche il Dow Jones che ha perso ben lo 0,94 per cento ed è arrivato fino a 14.659 punti. Non può mancare certo un riferimento al Nasdaq100 che è arrivato a 2.848,20 punti perdendo l’1,03 per cento. Sicuramente ha influito su questi cali anche la decisione della FED sul Quantitative Easing.

Decontribuzione e riforma della Legge Fornero

 L’Italia ha intenzione di recuperare terreno e credibilità a livello internazionale per questo, dopo aver scelto un premier, esponente della compagine di centro sinistra, si appresta a fare le riforme strutturali necessarie al paese. E non parliamo certo della sospensione del pagamento della prima rata dell’IMU perché, in effetti, pur avendo fatto tirare un sospiro di sollievo alle famiglie, non ha contribuito alla rimessa in ordine dei conti dello Stato.

I giovani credono nel lavoro in Italia

Il pacchetto lavoro, quello sì che è da considerare il grimaldello della ripresa. Abbiamo già visto Cosa ha pensato Letta per i giovani disoccupatiper coloro che non hanno ancora compiuto 30 anni ma se volessimo riassumere in due parole la proposta del governo dovremmo parlare di decontribuzione e di riforma della Legge Fornero. 

Per quanto riguarda la decontribuzione si fa riferimento agli sgravi previsti per le aziende che assumono giovani. In via sperimentale e nel documento in bozza, è previsto un aiuto di 650 euro per ogni lavoratore impiegato dall’azienda. Ci saranno però dei soldi anche per rifinanziare la social card, per aumentare i tirocini al Sud e per iniziare un’attività di stampo imprenditoriale.

Se invece si parla della riforma Fornero, sembra che si voglia tornare al limite di 10 giorni d’intervallo tra un contratto a termine un altro, al potenziamento della formazione tramite l’apprendistato e alla modifica dei contratti a chiamata.