Il FMI sulla crescita cinese

 Ci si chiede da diverso tempo se la Cina con il suo rallentamento non influisca sull’economia globale e in effetti, dopo la diramazione dei dati sull’economia asiatica in questione, c’è stato un nuovo incremento delle preoccupazioni.

Ad appesantire l’aria ci ha poi pensato il Fondo Monetario Internazionale che ha abbassato le stime di crescita del PIL della Cina per l’anno in corso e poi anche per l’anno prossimo. Un biennio al ribasso che potrebbe condizionare la ripresa economica anche in molti altri stati e continenti.

Tagliato ancora il PIL tricolore

Nel 2013, tanto per essere più precisi, ci sarà una riduzione del prodotto interno lordo cinese dall’8 per cento al 7,75 per cento. Una flessione che in termini percentuali sembra irrisoria ma che invece è davvero preoccupante. Il Fondo monetario internazionale spiega che il 2014 sarà identico a quest’anno ma è anche vero che la precedente previsione era di un PIL cinese all’8,2 per cento.

Cosa sta succedendo in Asia?

La borsa di Shanghai, dopo la diffusione dei dati, ha chiuso la giornata di contrattazioni con un rialzo lievissimo dello 0,3 per cento. La borsa di Tokyo, invece, ha fatto registrare un progresso più consistente soprattutto in considerazione dei risultati della settimana passata, quando i listini giapponesi hanno perso il 10 per cento.

L’indice Nikkey è quindi dato in crescita di 0,1 punti percentuali.

La valuta debole del mese è l’Aussie

 Aussie è il secondo nome del dollaro australiano che in questi mesi sta affrontando delle oscillazioni impreviste. Il fatto è che sull’Australia se ne sono dette di tutti i colori. In primo luogo si è pensato che questo continente fosse uno dei pochi a sopravvivere alla crisi. Poi però si è capito che anche l’Australia stava cedendo il passo alla recessione e in effetti l’andamento dell’Aussie lo dimostra.

Il crollo del dollaro australiano continua

Il dollaro australiano ha sfiorato i livelli minimi da ottobre 2011 ed ha perso ancora molti punti contro il dollaro americano che si conferma come la valuta più significativa del settore Forex. A determinare questa situazione ci ha pensato un report dedicato ai dati economici sugli Stati Uniti che hanno avuto una lettura superiore a quella attesa dagli analisti. Il risultato è stato un rialzo del dollaro contro il resto delle valute presenti sul mercato.

L’Australia in crisi finora aveva resistito

Gli analisti dicono che il dollaro australiano, dall’essere molto amato e acquistato dagli investitori, ha subito una forte vendita dopo il cambio del sentiment dei trader che si sono interrogati sul ribasso dell’Aussie chiedendosi fino dove potesse arrivare a svalutarsi questa moneta.

Oggi, i dati parlano di un Dollaro australiano calato di 0,9579 punti rispetto al dollaro americano con una perdita dell’8% del suo valore in un solo mese.

 

Tagliato ancora il PIL tricolore

 Se gli investitori che hanno scommesso sulla ripresa dell’Italia avessero come punto di riferimento soltanto l’OCSE, in questo momento sarebbero impegnati a portare i capitali altrove visto che l’organizzazione internazionale citata ha tagliato ancora il PIL 2013 della Penisola di un “buon” 1,8 per cento.

Secondo l’Economist il peggio non è passato

L’anno in corso non sarà quindi da ricordare come l’anno della ripresa economica, anzi, sarebbe arrivato il momento di accorgersi che qualcosa non va e che la luce alla fine del tunnel è ancora troppo lontana. Infatti per tutto il resto dell’anno gli italiani dovranno confrontarsi con il risanamento dei conti pubblici e con le condizioni di credito per privati ed aziende, sempre più restrittive. Una situazione, quella vaticinata e descritta che fa pensare ad un prolungamento ulteriore della recessione.

L’analisi dell’OCSE, in pratica, prevede la riduzione del PIL tricolore dell’1,8 per cento nel 2013. In precedenza si pensava che il prodotto interno lordo italiano dovesse decrescere soltanto di un punto percentuale (previsioni di novembre 2012) o al massimo dell’1,5% (previsione di inizio maggio 2013).

Italia in pole per il consolidamento dei conti pubblici

Per la tanto agognata fase di crescita, quindi, si dovrà attendere fino al 2014, anno in cui le stime di crescita sono state riviste al ribasso. Si pensava ad un incremento dello 0,6% ma ci si dovrà accontentare del +0,4%. E’ sufficiente per restare in Italia?

Come evitare il rischio nei mercati volatili

 Il mondo Forex è sicuramente un terreno molto interessante per chi si occupa d’investimenti ma non può essere considerato privo di rischi, soprattutto in un periodo di crisi che rendere molto volatili i mercati. Gli investitori, in questo panorama, sono molto preoccupati perché devono rivedere la loro strategia d’investimento.

 2013 consacrato anno del Forex

In primo luogo devono capire se la volatilità del mercato è qualcosa di contingente, se si può arginare o se si può evitare. In più è necessario che capiscano se l’oscillazione di indici e valute sia da considerarsi esaurita nel breve termine e, in quel breve lasso di tempo, che tipo di movimenti avranno di fronte.

Come si può superare in modo brillante questa fase di analisi? Prima di tutto bisogna capire cosa s’intende per volatilità. La volatilità dei mercati è data dalla tendenza del mercato ad aumentare e diminuire di valore in un lasso di tempo ridotto. La cosiddetta fluttuazione dei prezzi dipende spesso dall’atteggiamento degli investitori che si affrettano a vendere o comprare una certa moneta, ma si lega anche alle informazioni disponibili sul mercato. 

 Una panoramica sull’andamento dell’euro

Per uscire da questa logica, una soluzione è l’investimento in asset che sono in grado di fruttare sul lungo periodo. In questo modo, nonostante l’impegno profuso, si evitano le fluttuazioni momentanee.

L’Italia promossa dall’Europa

 L’Italia ha ottenuto il placet dell’Europa e questo potrebbe influenzare positivamente anche gli investitori. A far cambiare idea al management europeo ci ha pensato, in fin dei conti, Mario Monti che, tanto per usare un gioco di parole, ha messo a posto i conti pubblici facendo decadere la procedura d’infrazione.

La crescita dell’Italia passa per lo spread a 100

Enrico Letta ha colto la palla al balzo per dire che si tratta di una notizia molto positiva per il nostro paese, anche se poi, il premier ha incassato la dura critica degli industriali che si sentono soffocare dalle decisione in materia di economia e fisco, prese dal governo. Il documento stilato dalla Commissione Europea ha offerto anche sei consigli all’Italia e agli stati membri, per evitare nuovi avvisi dall’UE.

L’Eurostat sui conti italiani

Dalle parole ai fatti, adesso: Olli Rehn, entro metà settimana, dovrà proporre la chiusura della procedura di deficit a carico dell’Italia che dal governo Berlusconi in poi, quindi dal 2009, è da considerarsi sotto lo scatto di una vertenza europea.

Questo tipo d’intervento, a livello politico, premia il partito di Monti che quand’era al governo, anche se solo per un anno, ha contribuito decisamente al risanamento dell’Italia. Sotto il profilo economico, in qualche modo, si può dedurre anche un plauso rivolto all’austerity.

Secondo l’Economist il peggio non è passato

 L’Economist, che offre sempre una fotografia lucida della situazione europea, ha spiegato che il peggio non è passato nel senso che i leader europei, oggi, sbagliano a dire che la crisi è definitivamente alle spalle. All’argomento è dedicato addirittura l’ultimo articolo di copertina della rivista economica.

L’Unione Europea, dal punto di vista economico, è da considerare sorvegliata speciale, sia sotto il profilo economico dove non è ancora chiara la linea di lungo periodo che gli stati membri hanno deciso di seguire, sia sotto il profilo politico dove a prevalere è l’indecisione dei leader.

La fine dell’effetto Draghi per i mercati

La copertina dell’Economist arriva subito dopo il Consiglio Europeo che si è tenuto a Bruxelles il 22 maggio e che ha messo in primo piano la discussione su temi come l’energia, la politica fiscale comune e gli strumenti per contrastare l’evasione fiscale.

La Francia vuole un governo dell’Eurozona

Secondo l’Economist, dunque, il peggio non è passato, non ci siamo ancora lasciati alle spalle i momenti più duri, anzi, pensare di essere sulla strada della ripresa è illusorio. Che le cose non vadano bene è evidente da alcuni elementi: in primo luogo c’è stato il sesto trimestre consecutivo di calo del PIL e poi la crisi ha coinvolto paesi che sembrano immuni al declino economico. In questo caso, il riferimento, è alla Finlandia e all’Olanda.

L’economia egiziana e la primavera nera

 L’Egitto, dalla primavera araba in poi, ha goduto di grossa considerazione all’estero visto che si pensava che un movimento di liberalizzazione politica, potesse in qualche modo essere di stimolo anche allo sdoganamento dell’economia.

Invece a distanza di pochissimi mesi da quella che è passata alla storia come primavera araba, il paese di Mubarak è arrivato al declino. La crisi politica seguita alla cacciata del dittatore, si è trasformata in una crisi economica senza precedenti. Hanno influito sul declino il turismo e un sistema politico che vuole soltanto mantenere in vita la classe dirigente già al governo.

Il crollo della sterlina egiziana

A descrivere per filo e per segno la situazione egiziana ci ha pensato l’ultimo rapporto del World Economic Forum che ha spiegato come l’Egitto sia uno dei paesi maggiormente pericolosi su scala globale per i turisti. Il paese è giunto ad un livello di pericolosità che è superiore a quello generato da Pakistan, Colombia e Yemen.

Lavorare nel turismo con Veratour

A livelli temporale, il declino dell’Egitto è iniziato nel 2010, anno in cui il paese ha iniziato a perdere turisti, un’emorragia di circa 4 milioni di persone su 14 milioni di turisti conteggiati ogni anni nel paese. A resistere alla crisi ci sono comunque i luoghi caldi: le strutture turistiche localizzate nel Mar Rosso, il Cairo e Luxor.

 

Per vendere basta abbassare i prezzi

 Vendere una casa, oggi, è sempre più complicato e molto dipende dal fatto che i proprietari di un appartamento, di una villa o di una qualsiasi unità immobiliare, non sono disposti a svendere la loro casa. E’ anche per questo che i prezzi degli immobili restano molto elevati.

Se le case non si vendono, però, va in crisi anche il settore dei mutui e come si sa, dall’immobiliare dipende molta dell’economia nazionale. Molti analisti dicono che se le banche proponessero mutui più accessibili, anche attraverso una modifica delle garanzie, la compravendita immobiliare sarebbe molto più semplice.

Il cambiamento dei prezzi delle case in 40 anni

Al contrario, un ex giornalista del Sole 24 Ore, oggi impegnato in una scuola dedicata a chi vuole imparare l’arte dell’investimento, spiega che tutto sarebbe più semplice se si riducessero i costi delle case del 30 per cento circa.

Crolla l’immobiliare ma sui prezzi è battaglia

Il problema, infatti, è nell’incontro tra la domanda e l’offerta. I potenziali acquirenti di una casa, prima ancora di rivolgersi al proprio istituto di credito, sanno già il loro budget e sanno di non poter comprare una casa al prezzo proposto dalle agenzie e dal mercato quando il prezzo è eccessivamente gonfiato.

Il consiglio è quello di vendere oggi ad un prezzo anche più basso al fine di non vedere il proprio immobile svalutato nel giro di due o tre anni.