Quando l’investimento è per i figli

 Molti adulti che hanno dei figli, in genere, pensano a come investire il loro denaro affinché un domani siano proprio i ragazzi a ritrovarsi ad approfittare di un piccolo gruzzoletto. Ma quali sono gli investimenti più adatti per i figli? con l’aiuto della recensione di Supermoney abbiamo selezionato le offerte più interessanti.

Scrigno Protetto di Pramerica

Una delle soluzioni maggiormente richieste dai genitori è quella relativa ai buoni del tesoro pluriennali vale a dire i famosi BTP che sono emessi periodicamente dal ministero del Tesoro italiano. I BTP si acquistano al momento dell’asta e l’operazione viene svolta tramite l’intermediazione della banca o di un altro intermediario.

Genialloyd: tutela dei terzi

Il rendimento maggiore è assicurato dai buoni che sono di durata compresa tra 10 e 15 anni che riescono a garantire il 5% d’interessi all’anno.

In alternativa ai buoni del Tesoro, un’altra soluzione molto quotata è l’istituzione di un piano d’accumulo che consente di mettere da parte periodicamente una certa quota di risparmi che poi sono indicizzati con azioni e obbligazioni. La somma da investire è scelta dall’interessato e non ci sono rischi legati alle oscillazioni del mercato. In genere per 1000 euro investiti si ottiene sempre il 5 per cento di rendimento annuo.

Per la Grecia si parla di successo

 La Cina, nella giornata di oggi ha portato scompiglio sui mercati determinando una flessione incredibile della borsa giapponese che ha avuto ripercussioni anche sui mercati europei. Questo però, non vuol dire che non resti un territorio d’investimento appetibile.

Lo sa bene la Grecia che tramite il suo primo ministro, da tempo, corteggia gli investitori cinesi spiegando che il suo paese, sebbene sia stato in bailout con la necessità di aiuti esterni, è comunque un paese che avrà successo. Stava per morire nel 2012, appena un anno fa, poi ha perseguito la strada della stabilizzazione e della crescita.

Cosa sta succedendo in Asia?

In questo modo gli investimenti in Grecia sono diventati vantaggiosi perché tutti hanno scommesso sulla crescita futura che in effetti c’è stata. Ma è davvero così che vanno le cose oppure è l’ennesima storia greca? Tutti i ministri delle finanze hanno espresso un ottimismo fuori dal comune adducendo sei motivi per pensare al successo greco.

La Grecia torna sul mercato dei bond

In primo luogo è stato indicato il crollo dei rendimenti dei titoli di stato dal 30 all’8 per cento, poi si è parlato anche della contrazione dell’economia, di molto rallentata. La Grecia, in questa situazione è tornata ad essere competitiva anche per via della diminuzione drastica dei salari.

Come quarto motivo per pensare al successo è stato indicato l’operato del governo che aumentando le tasse e riducendo la spesa pubblica, hanno dato nuovo slancio all’economia. La stessa borsa di Atene (ecco il quinto elemento) ha raddoppiato il suo valore in pochi mesi e le banche sono state messe nelle condizioni di consolidare il loro status.

 

Cosa sta succedendo in Asia?

 I mercati asiatici, a metà del pomeriggio, si sono svegliati malamente dal torpore dei rialzi delle ultime settimane per scoprire che i dati che arrivano dalla Cina non sono affatto positivi e che c’è molta tensione sui titoli di stato, nonostante le banche centrali continuino ad iniettare liquidità sui mercati.

La Cina zavorra la borsa giapponese

Ma cosa sta succedendo veramente? Scoprirlo è importante per diversificare gli investimenti. Prima di tutto bisogna fissare tre punti chiave: i rendimenti dei titoli di stato giapponesi sono in calo, l’economia cinese dà segnali di debolezza e lo yen è più forte del previsto. I mercati azionari giapponesi sono quindi stati travolti dal cosiddetto sell-off che ha determinato un effetto a catena su tutti gli altri mercati mondiali.

Squinzi pessimista sull’Italia

Le azioni giapponesi, in generale, hanno ceduto il 7 per cento e dopo Fukushima si tratta del crollo più consistente. Il Nikkey ha chiuso quindi la seduta di oggi con una flession del 7,3 per cento. Secondo un analista della società IG Markets, tale Stan Shamu, si sta procedendo verso la correzione del mercato e gli investitori hanno intenzione di fissare i loro guadagni. Fino a questo momento, gli stessi investitori che chiamiamo in causa, hanno iniettato nel mercato giapponese circa 60 miliardi di dollari da gennaio fino alla fine di aprile.

Tagliato il rating di Telecom

 Le imprese italiane e tutto il settore industriale nostrano, in questo momento, attraversa una crisi che in numerosi report è descritta come allarmante. Nel mese di aprile, per esempio, c’è stato un calo delle importazioni e delle esportazioni.

In più il presidente di Confindustria ha ribadito al premier Letta che il nord del paese è in un momento drammatico per via della fiscalità troppo rigida, del costo del lavoro troppo alto e via discorrendo. La crisi del nord Italia potrebbe portare presto nel baratro l’intero paese.

Squinzi pessimista sull’Italia

Per il momento dobbiamo prendere atto di una condizione: gli italiani non consumano più come un tempo. A marzo, per esempio i consumi alimentari sono cresciuti lievemente per via della Pasqua ma i consumi non alimentari sono letteralmente crollati.

Moody’s taglia il rating di Telecom Italia

C’è qualcuno che si salva in questa baraonda? Sicuramente sì, ma non bisogna riporre troppa fiducia nelle grandi aziende, per esempio Telecom Italia che sta discutendo dell’acquisizione di Tre Italia ma nello stesso tempo ha un debito troppo elevato e si muove goffamente in un mercato sempre più difficile.

Sono queste le considerazioni che hanno portato l’agenzia di rating Standard&Poor’s a tagliare il rating dell’azienda tricolore i cui titoli sono passati da BBB al livello BBB-. Appena un gradino il livello “non investment grade”.

Importazioni in calo per effetto della crisi

 La crisi inizia a sentirsi in modo molto forte nel nostro paese e più si va avanti e più uscire dal baratro è difficile, infatti arrivano delle richieste sempre più insistenti anche dall’unione degli industriali.

Squinzi pessimista sull’Italia

Nell’ultima assemblea di Confindustria, per esempio, Giorgio Squinzi, il numero uno di viale dell’Astronomia, parlando dopo il neopremier Enrico Letta, ha bacchettato il Governo spiegando che il nord del paese, in questo momento, sta affrontando una crisi importante e potrebbe presto trascinare nel baratro tutta l’Italia.

Le lamentele di Squinzi sono andate di pari passo con la pubblicazione da parte dell’Istat, dei dati sulle vendite al dettaglio nel mese di marzo. Si è scoperto infatti che nel mese in questione, soltanto per effetto delle festività pasquali, c’è stato un incremento delle vendite alimentari pari al 2 per cento, ma per i prodotti non alimentari si parla di crollo, nonostante la tenuta dei beni tecnologici ed informatici.

Grazie alla Pasqua la ripresa dei consumi

In linea con queste analisi e con l’allarme lanciato di Confindustria, ci sono anche i dati sulle importazioni che sono state tagliata dalla crisi. Gli ultimi report, in questo caso, si riferiscono ad aprile. Nel quarto mese dell’anno, i flussi commerciali dell’Italia con i paesi che non appartengono all’Unione Europea hanno registrato un calo dello 0,3 per cento per le importazioni e dello 0,7 per cento per le esportazioni.

Grazie alla Pasqua la ripresa dei consumi

 Sono finalmente disponibili i dati relativi ai consumi degli italiani a marzo e si scopre che le festività pasquali hanno dato una mano alla statistica. Tra i pranzi e le cene che la tradizione prescrive per il periodo pasquale, c’è stata una ripresa del settore alimentare nel mese di marzo.

Gli italiani preoccupati e gli investitori?

Un periodo, quello marzolino, in cui, complessivamente, le vendite al dettaglio sono calate del 3 per cento su base annua. Questo vuol dire che gli italiani non si sono affatto dedicati allo shopping, hanno sì onorato la tradizione ma non l’hanno fatto comprando abiti nuovi.

Crescita italiana e nuove tasse

Il settore dell’abbigliamento, infatti, ha registrato il calo maggiore delle vendite, mentre sembra abbiano resistito bene i beni tecnologici e quelli informatici. A rilevare la situazione del Belpaese appena descritta, ci ha pensato l’Istat che addita il crollo dei consumi non alimentari, diminuiti del 6,1 per cento e parla bene dei consumi alimentari che al contrario sono cresciuti del 2 per cento per merito della Pasqua.

L’indice delle vendite al dettaglio, complessivamente, ha registrato una flessione rispetto al mese di febbraio, pari allo 0,3 per cento. Se poi si considerato i dati trimestrali, allo si scopre che le vendite al dettaglio sono calate dello 0,8 per cento rispetto all’ultimo trimestre del 2012.

 

La Cina zavorra la borsa giapponese

 Sono state riposte molte speranze nella Cina, forse anche troppe e infatti è tutta colpa della Cina se adesso si parla di crollo della borsa di Tokyo. La notizia è arrivata alla quattro del pomeriggio: la borsa giapponese è crollata portandosi dietro tutti i mercati del Vecchio Continente.

Ben Bernanke aveva in qualche modo fatto un piacere agli indici europei  ma poi le pubblicazioni dei verbali del FOMC hanno determinato un passo indietro e quando parla il braccio operativo della banca centrale americana, non c’è molto da esser felici.

Integrazione e fallimento dell’euro per Saxo Bank

L’indice Nikkey, nel dettaglio, ha perso il 7,32 per cento e quello registrato oggi è il calo peggiore dopo il terremoto di Fukushima nel 2011. Quello che ha zavorrato la borsa giapponese sono i dati che arrivano dalla Cina. Sembra infatti che persistano delle tensioni sui titoli di stato ma, nello stesso tempo, la banca centrale ha messo sul mercato 2 mila miliardi di yen.

Il Nikkey, dopo tante settimane di andamento positivo, si è ritrovato impreparato davanti al crollo dell’indice che segue quello degli scambi, ormai pari soltanto a 7,65 miliardi di azioni. Mai, dalla nascita della borsa di Tokyo, erano stati registrati questi dati.

L’Europa contro la Cina per i pannelli solari

Piazza Affari, tanto per restare nel nostro terreno, ha perso il 2,6 per cento del suo valore.

Abbandonate le monete di piccolo taglio

 Le monete di grosso taglio sono uno strumento privilegiato per chi si occupa di riciclaggio di denaro sporco, mentre le monete di piccolo taglio, poco usabili negli scambi quotidiani portano molti commercianti ad arrotondare i prezzi per difetto o per eccesso pur di non mettere in circolazione quelle fastidiose monetine.

Ecco perché è stata depositata a Bruxelles una proposta per l’eliminazione anche delle monetine. Questo passo che sembra essere davvero rivoluzionario, è già stato fatto localmente da alcune nazioni, per esempio la Finlandia e l’Olanda.

A livello monetario saranno eliminati i 500 euro

La considerazione generale che si può fare prendendo in esame le monetine da uno e due centesimi è che queste monete costano più di quello che valgono, almeno tenendo conto dei soldi impiegati per costruirle.

Da oggi le nuove banconote da 5 euro

La Commissione Europea ha quindi accettato con molto interesse la proposta della Germania che, tramite il presidente della Bundesbank, ha introdotto questa ventata di cambiamento. La stima fatta dal Nein tedesco è che ci sono in circolazione ben 46 miliardi di monete da 1 e 2 centesimi, coniate a partire dal 2002. Ipoteticamente ogni europeo dovrebbe avere in tasca o in casa 137 monetine.

La loro circolazione è però compromessa dal fatto che le monete così piccole sono considerate di scarso valore e responsabili anche dell’inflazione. I cosiddetti ramini sono stati aboliti con soddisfazione da Olanda e Finlandia.

Le Google elusioni e il capitalismo responsabile

 Google è senz’altro l’azienda in cui si lavora meglio nel mondo ma questo non vuol dire che siano impeccabili nella gestione dei conti e da qualche tempo continuano a piovere sull’azienda di Mountain View delle accuse di elusione fiscale.

Il problema dell’elusione fiscale che comporta lo spostamento di rami di business dell’azienda nei cosiddetti paradisi fiscali, accomuna diverse importanti aziende. Come Google anche Apple si è dovuta difendere da accuse del genere.

Lavorare per Google

Del problema s’è parlato anche nell’evento annuale organizzato da Google nel Regno Unito nel Hertfordshire ed è intervenuto per l’occasione anche il segretario del partito laburista britannico Ed Miliband. Questo politico inglese ha approfittato per parlare dell’elusione fiscale e del capitalismo responsabile.

L’elusione fiscale è considerato un metodo legale per non pagare le tasse sui ricavi che si ottengono in paesi diversi da quello d’origine dove ha sede l’azienda. Cosa c’è allora di strano? Secondo Miliband è necessario operare una scelta e decidere: non essere cattivi, oppure, approfittare delle condizioni del mercato.

Google ci riprova con la rete delle vendite

Il sito di Europa ha riportato integralmente il discorso di Miliband, ve ne proponiamo un paragrafo, quello che ci sembra più indicativo per gli investitori che devono scegliere se insistere sui titoli Google.

Vi dico come la penso io: fuori posto è mio padre [nelle 4 foto presentate all’inizio del discorso]. Lui è l’unico tra questi ad aver pensato che la strada verso una società giusta non passasse per il capitalismo, ma attraverso un socialismo fondato sulla proprietà pubblica dei mezzi di produzione. Non era il solo a pensarla così, ovviamente. Fino al 1995 questa idea andava insieme con la tessera del partito che ora guido. Tony Blair la cancellò, e fece bene, perché nazionalizzare la grande industria non è la strada giusta verso una società più equa.

L’utile delle Ferrovie dello Stato

 I treni non sono più quelli di una volta. Lo dicono tutti e in effetti oltre al servizio tecnicamente migliorato, c’è stato un incremento dei costi molto pesante. L’unica cosa che sembra rimasta uguale sono i ritardi. Considerazioni personali ed opinioni a parte, le Ferrovie dello stato, hanno anticipato tramite l’amministratore delegato Mauro Marchetti, gli utili riferiti al 2012.

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Sembra infatti che ci sia stata una crescita da 285 milioni di euro fino a 380 milioni che sono l’utile dell’anno scorso. I conti devono ancora essere approvati dal consiglio di amministrazione dell’azienda che si terrà a breve. Ferrovie dello Stato deve affrontare inoltre il quesito sull’emissione di bond da 1,5 miliardi di euro che dovrebbero servire a tamponare i mancati pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni.

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L’utile del 2012, dunque, è pari a 380 milioni di euro e a dirlo è lo stesso Moretti intervenuto ad un congresso dell’Adiconsum. L’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, già all’inizio di quest’anno, aveva annunciato che la sua azienda avrebbe avuto profitti superiori ai 300 milioni di euro e un margine operativo lordo di circa 2 miliardi.

I dati non si sono allontanati troppo dal pronostico e saremmo di fronte al quinto anno consecutivo con l’utile in crescita. Forse si può dire conclusa con successo la fase di risanamento aziendale.