Manager over50 a spasso

 Il problema occupazionale, ormai, in uno scenario di crisi, non interessa soltanto i giovani e sempre più studi, infatti, illustrano come siano anche i manager che hanno superato i 50 anni ad avere difficoltà nella ricerca di un nuovo impiego.

A parlarne di recente ci ha pensato l’Agenzia del lavoro che ha messo a disposizione delle aziende che offrono un contratto a tempo determinato, a tempo o a progetto di almeno 12 mesi, ai dirigenti che hanno per il lavoro, un bel fondo di circa 10 milioni di euro.

Gli italiani preoccupati e gli investitori?

Insomma, in questo momento i giovani figurano come coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro ma hanno un’età che consente loro di riprovare più in là, insomma hanno tempo per fare strada e per trovare un impiego, ideale o meno.

Mentre non si può dire la stessa cosa dei lavoratori o meglio dei manager over50 che hanno perso il loro impiego e necessitano di una nuova occupazione. Il fatto è che molte aziende, se proprio devono offrire un’opportunità ad un ex manager, cercano di trovargli una sistemazione adeguata alla loro esperienza.

Draghi parla della disoccupazione giovanile

I manager disoccupati, invece, si accontentano anche di lasciare le poltrone dirigenziali per essere impiegati con una qualifica diversa. A loro sfavore, inoltre, gioca anche l’età. Ecco l’importanza del finanziamento a fondo perduto di 10 milioni di euro. Le aziende devono inoltrare la domanda entro giugno.

Gli italiani preoccupati e gli investitori?

 I politici italiani oggi dimostrano di essere impegnati per risollevare le sorti del paese. Eppure il mondo degli industriali è unito nel lanciare il grido d’allarme spiegando che quello che si fa, in fondo, non è abbastanza. Adesso, nell’ala dei pessimisti sono entrati anche i cittadini consumatori.

Squinzi pessimista sull’Italia

A dirlo è l’Istat che non solo illustra la crisi dei consumi ma mette in evidenza che c’è stata una flessione della fiducia dei consumatori a maggio, dopo un lieve rialzo di aprile. L’indice è sceso nel mese in corso dagli 85,9 agli 86,3 punti base.

Questo peggioramento della fiducia si lega in modo indissolubile anche al peggioramento di tutti gli aspetti relativi al quadro economico italiano. La fiducia dei consumatori è una specie di campanello d’allarme per gli investitori alla ricerca di qualche indicazione utile per il futuro.

Draghi parla della disoccupazione giovanile

Gli italiani, dunque, sono sempre più preoccupati della situazione economica che vive l’Italia e il loro sentimento sembra essere rappresentato anche dalle parole del numero uno di Viale dell’Astronomia. Giorgio Squinzi, infatti, ha rimproverato il governo di non fare abbastanza.

I consumatori ritengono inoltre che il clima futuro stia peggiorando, in pratica non ci sono grosse attese per quel che accadrà al nostro paese nei prossimi anni. Come reagiranno alla notizia gli investitori stranieri e nostrani?

Draghi parla della disoccupazione giovanile

 Nel nostro paese le condizioni economiche non sono più rassicuranti e positive come qualche mese fa. E lo dimostra bene il calo della fiducia dei consumatori che per i prossimi mesi si aspettano soltanto un peggioramento delle condizioni.

Giorgio Squinzi, nel suo discorso durante l’assemblea degli investitori, ha lanciato l’allarme per le industrie nostrane che sono soffocate dalle tasse e dal costo eccessivo della manodopera. In più in questo momento a cercare lavoro sono sia i giovani, sia gli adulti. Il riferimento è ai manager disoccupati che hanno superato la cinquantina ed ora non riescono a trovare un impiego adatto alla loro qualifica professionale.

Squinzi pessimista sull’Italia

Per risolvere quest’ultimo problema è stato disposto un fondo di 10 milioni di euro e per chiedere l’accesso le aziende hanno tempo fino a giugno. Ma per i giovani? In queste ore è tornato a parlare del problema dell’occupazione, o meglio della disoccupazione giovanile, il presidente della BCE Mario Draghi.

La fine dell’effetto Draghi per i mercati

Il presidente italiano dell’Eurotower ha spiegato che in molti paesi del Vecchio Continente, un livello elevato del tasso di disoccupazione giovanile rappresenta una minaccia per la stabilità sociale dei paesi e per questo è necessario che ci sia più giustizia tra le generazioni sul mercato del lavoro.

La struttura di quest’ultimo, infatti, ha bisogno di essere modificata in modo che la flessibilità non sia un handicap per le nuove generazioni di lavoratori.

Squinzi pessimista sull’Italia

 Il presidente del Consiglio, in queste settimane, sta cercando di prendere le redini dell’Italia ma la situazione del nostro paese è davvero drammatica e infatti, intervenuto all’Assemblea annuale di Confindustria, dove si sono riuniti tutti gli imprenditori del Belpaese, prende atto della situazione dell’Italia industriale.

Il miracolo del Sassuolo dipende da Squinzi

Le parole di Giorgio Squinzi sono inequivocabili: la situazione italiana è drammatica e l’attacco è rivolto direttamente al neopremier:

“Ciò che manca è il tempo, bruciato nelle parole spese vanamente, perchè il Nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro di mezzo secolo, escludendolo dal contesto europeo che conta. E’ questo quello che vogliamo?”

Stavolta, dunque, non è colpa del profondo Sud se l’Italia non va avanti. Le radici di questa crisi sono da attribuire al sistema fiscale considerato eccessivamente punitivo, oppure all’edilizia che non accenna a risollevarsi e anche al costo del lavoro che per le imprese è diventato proibitivo.

Squinzi pone le priorità per la crescita

Squinzi non è assolutamente tenero con il governo che ha trovato in modo quanto meno anomalo la copertura finanziaria per gli ammortizzatori sociali. Si parla di anomalia perché si è pensato di togliere liquidità al fondo per lo Sviluppo, per spostarlo verso la cassa integrazione in deroga, con il rischio che si crei nuova disoccupazione.

Per la BBC la Germania è popolarissima

 Visto che le condizioni dell’economia europea non migliorano ci si chiede se non sia davvero tutta colpa della Germania di quello che sta succedendo nel Vecchio Continente. Eppure la più grande economia d’Europa è anche la più popolare nel mondo. A svelare questo “rating” estraneo ai meccanismi delle omonime agenzie ci ha pensato la BBC.

L’indagine in questione è riuscita a coinvolgere un campione di 26 mila persone distribuite in 25 paesi di tutto il mondo. Gli intervistati hanno dovuto dare un voto riferito a 16 paesi e poi anche un voto riferito all’Unione Europea nella sua interezza.

Un patto europeo contro la disoccupazione

In pratica hanno dovuto dichiarare quanto l’influenza di questi paesi fosse positiva o negativa sul mondo. In testa alla classifica elaborata in calce al sondaggio, si è posizionata la Germania che ha racimolato il 59 per cento delle preferenze positive.

La crescita dell’Italia passa per lo spread a 100

Vuol dire che 59 intervistati su 100 hanno offerto una valutazione positiva della Germania che è cresciuta di tre punti percentuali rispetto alla precedente posizione. Il Giappone, invece, è “precipitato” raccogliendo soltanto un rating del 51 per cento, ben 7 punti percentuali più in basso del risultato dello scorso anno. In questo modo ha perso la testa della classifica ed ora occupa la quarta postazione.

Il paese che ha raccolto il maggior numero di preferenze negative è stato l’Iran che unisce soltanto  il 15% dei “consensi”.

La FED non abbandona il QE

 Tutte le speranze dell’America e anche dei paesi che dipendono nel loro business dall’andamento del mercato a stelle e strisce, sono riposte nelle decisioni della FED che come tutte le altre banche centrali deve decidere se stimolare ancora l’economia con una svalutazione del dollaro.

Cala Wall Street dopo i dati macroeconomici USA

Ben Bernanke ha tenuto con il fiato sospeso i mercati che si sono trovati davanti alla decisione forse più ovvia, soltanto dopo le 16, quando il presidente della FED ha tenuto la sua audizione davanti al senato americano. Una mezz’ora d’interazione in cui gli investitori internazionali hanno avuto idea della direzione del mercato.

Il piano monetario contro il dollaro

Il numero uno della FED, dall’aver escluso a priori la possibilità di continuare con il QE, è tornato sui suoi passi e invece di annunciare l’abbandono progressivo del programma ha confermato la volontà dell’istituto che guida a proseguire con il programma d’acquisto dei bond. Si parla di un’iniezione di liquidità di circa 85 miliardi di dollari al mese. Il quantitative easing resta allora invariato.

Bernanke ha spiegato con chiarezza che in questo momento la stretta sulla politica monetaria sarebbe un passo troppo azzardato perché di riflesso ci sarebbe un rialzo dei tassi d’interesse e un rallentamento nella crescita dell’economia.

Le borse americane, preso atto delle decisioni della FED sono rimaste in territorio positivo ed hanno raggiunto i livelli massimi del periodo.

Il cambiamento dei prezzi delle case in 40 anni

 I prezzi delle case, nonostante la crisi, sembrano scendere meno del previsto perché da un lato ci sono i potenziali acquirenti che hanno difficoltà nell’accensione del mutuo e non possono accettare l’acquisto di una casa a prezzi superiori alla loro capacità di spesa, dall’altra ci sono i proprietari che vogliono aspettare il momento propizio per vendere e massimizzare gli introiti.

► Crolla l’immobiliare ma sui prezzi è battaglia

Quando si parla di compravendita degli immobili, sembra sempre di essere di fronte ad una bolla immobiliare, ma per capire cosa sta succedendo è utile ricostruire il panorama degli ultimi 40 anni. Lo ha fatto l’Economist rilevando la variazioni del prezzo delle case al netto dell’inflazione.

► Torna la fiducia nella casa

Il primo dato che si evince è quello relativo al periodo in cui c’era la lira e l’Italia è stata interessata da alcuni momenti di iper inflazione. In pochissimi anni, il valore nominale della valuta locale, è stato modificato sensibilmente.

Se poi si considera il periodo che va dal 1975 ad oggi, si scopre che l’aumento reale dei prezzi è stato del 44,5 per cento che, in termini assoluti è un incremento elevato, ma poi, in termini relativi, non ha comportato chissà cosa.

Adesso lo yen è troppo debole?

 I giapponesi, in questo momento, stanno riservando delle incredibili sorprese al mercato valutario. In un primo momento hanno “scatenato il panico” dicendo di voler insistere sulla svalutazione dello yen per far recuperare valore alla moneta locale. Poi, accusati di aver scatenato una guerra tra valute, hanno risposto dicendo che avrebbero insistito con la svalutazione per rilanciare l’economia giapponese, ribadendo il ruolo assegnato da sempre alle banche centrali.

Il mercato forex è ancora favorevole al dollaro

Peccato che alla lunga, dopo qualche mese a dire il vero, questa svalutazione sia sembrata eccessiva a molti analisti, tanto che anche in Giappone si pensa a fare un piccolo passo indietro. 

Per questo, all’inizio della settimana di scambi, il ministro dell’Economia Akira Amari, ha detto che la forza dello yen, così svalutato, sta diventando un problema per l’economia giapponese. Il tasso della coppia USD/JPY, infatti, è arrivato ai massimi livelli da quattro anni a questa parte.

Quale yen aiuta Toyota

La preoccupazione del ministro giapponese dell’economia nasce dal fatto che mentre ci sono delle aziende che sono avvantaggiate dalla svalutazione dello yen, per esempio la Toyota, ci sono poi settori che da questa situazione non traggono benefici, per esempio quelli che sono orientati all’importazione dei materiali. Si vadano i produttori di acciaio.

Crescita italiana e nuove tasse

 L’Italia deve ripartire e per farlo deve tornare a crescere. Peccato che nelle condizioni attuali del paese, questa eventualità è molto remota, soprattutto se si considera l’emergenza fiscale che interessa gli italiani. Non è soltanto una questione di IMU. C’è invece da considerare anche la baraonda legata all’IVA e alla TARES.

Difendersi dai cambi in corsa sull’IMU

Per l’IMU, infatti, sappiamo che se il Governo non farà le riforme necessarie entro 100 giorni, quindi entro il 31 agosto 2013, a settembre dovremo pagare la prima rata dell’imposta sugli immobili, senza sconti e senza revisioni.

Considerando IMU, IVA e TARES, quindi, si parla in toto di stangata e molti analisti dicono addio alla crescita. L’aumento dell’IVA è da considerare molto “pericoloso per i consumi” visto che va ad incidere sul 70 per cento dei consumi totali. Costerà annualmente, per il 2013, circa 2,1 miliardi di euro. Questa la stima fatta dalla CGIA di Mestre. Ogni famiglia, dunque, dovrà pagare molto più dei 135 euro di rincari previsti e il crollo dei consumi non è più così lontano.

L’aumento IVA ci sarà o no?

Ad ogni modo, considerando anche la maggiorazione della TARES a dicembre, le famiglie italiane dovrebbero spendere annualmente circa 734 euro in più: 45 euro di aumento per la tariffa sui rifiuti, 207 euro per l’aumento dell’IVA e poi 480 euro per l’aumento dell’IMU. La stima è sempre fornita da Federconsumatori.

Il segreto bancario svizzero in pericolo

 In Europa la situazione degli istituti di credito sta cambiando parecchio e fino a che il sistema svizzero è rimasto intatto, non si è approfondito il tema. Invece, oggi, la Svizzera ha deciso di dare una mano alla lotta contro l’evasione fiscale, scalfendo il segreto bancario. Molti temono il passaggio a questo status di maggiore limpidezza.

Niente più segreto bancario per San Marino

La strada intrapresa dalla Svizzera, per ora soltanto a parole, sembra mettere la Confederazione prima e l’Europa poi, davanti ad un cambiamento epocale. La Svizzera, infatti, sembra voler accendere i riflettori sui conti bancari detenuti nel suo paese.

Anche l’Austria abbandonerà il segreto bancario

Sicuramente, in termini teorici, abbandonare il segreto bancario come hanno fatto l’Austria e San Marino, sarebbe più semplice ma non sembra essere nello stile svizzero. La Confederazione pensa piuttosto ad un modo per offrire i nomi degli evasori ma in cambio di altre informazioni importanti per gli istituti di credito del paese.

La soluzione, che secondo un quotidiano svizzero, è già in fase di discussione nel Consiglio Federale, dovrebbe interessare in primo luogo il rapporto tra la Svizzera e gli Stati Uniti e poi essere esteso agli altri paesi che hanno delle relazioni finanziarie con la Confederazione.