Quando il dollaro investito frutta davvero

 Alcun investimenti fatti in dollari, sono stati capaci di fruttare tantissimo. Negli Stati Uniti, per esempio, gli investimenti nella rete elettrica, hanno generato un ricavo di 2,5 dollari per ogni dollaro investito nel settore.

Il piano monetario contro il dollaro

I fatti da cui trae origine questa deduzione sono i seguenti. Da agosto del 2009 fino a marzo del 2012 sono stati investiti circa 3 miliardi dollari, con la conseguente creazione di 47 mila posti di lavoro e un gettito fiscale di 1 miliardo di dollari.

Questi investimenti hanno riguardato l’American recovery and reinvestment act, un progetto che si è occupato dei progetti per la trasformazione della rete di distribuzione sulla base del modello offerto dalle smart grid, cioè le reti intelligenti.  Queste sono in grado di gestire i picchi e i sovraccarichi di tensione senza interrompere l’erogazione dell’elettricità, anzi rendendola più efficace.

Morgan Stanley sul mercato valutario

Con i programmi di stimolo finalizzati a questa particolare categoria socio-economica, sono stati creati dei posti di lavoro, si è creato un vero mercato di dimensioni regionali di cui hanno beneficiato un buon numero di aziende attive nel settore della componentistica wireless, del materiale elettrico, dei gruppi IT, delle società di consulenza tecnica.

Secondo un editorialista di Italia Oggi, indirettamente hanno beneficiato dell’investimento nelle smart grid anche gli imprenditori del settore immobiliare, di quello della ristorazione, dei servizi alla persona.

Alla fine dei conti i 3 miliardi investiti hanno generato un valore della produzione di 6,83 miliardi dollari. 

Un patto europeo contro la disoccupazione

 Tutti i leader europei sono concordi nel ritenere che la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, è da considerarsi il problema più urgente da risolvere in Europa e nei paesi del Sud del Vecchio Continente in particolare.

Ecco allora giustificato il patto che sarà siglato il 28 maggio dalla Francia, dalla Germania, dalla Spagna e dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI). Il loro obiettivo è quello di mettere un freno alla disoccupazione giovanile.

L’industria italiana in cattive acque

Per prima cosa sarà costituito un fondo di sei miliardi di euro che sarà usato come garanzia per ottenere fino a 60 miliardi di euro dalla BEI, da destinare alle aziende che si assumono la responsabilità e l’onere di impiegare giovani che non hanno ancora compiuto 25 anni, tra il 2014 e il 2020.

L’Italia deve iniziare con le riforme strutturali

Il fondo che abbiamo indicato , in realtà, era stato istituito nel febbraio dell’anno scorso quando era stato definito il bilancio dell’Unione Europea e anche Barroso, come molti altri commentatori, l’aveva considerato insufficiente. Certo è che l’obiettivo è sempre più evidente: determinare un effetto a catena  sulla base dei crediti a basso interesse che sono forniti alle imprese che puntano sui giovani.

La bontà del progetto è tanto evidente quanto l’assenza dell’Italia che ha un tasso di disoccupazione prossimo al 40 per cento.

L’esempio della Svezia per l’Europa

 La gestione della spesa pubblica è sempre un banco di prova per i governi, soprattutto per quelli che economicamente attraversano un momento di crisi. Se si cercasse un esempio di paese quanto a spesa pubblica, si scoprirebbe allora che fa parte della zona euro ed è la Svezia.

Investimenti a rischio nei paesi della black list

La Svezia è stata d’esempio nella gestione della spesa pubblica perché in appena 19 anni, dal 1993 al 2012, è riuscita a ridurre il rapporto tra spesa pubblica e Pil dal 70,5% al 52%. Per capire l’importanza di questo risultato è sufficiente considerare quello che nello stesso tempo ha ottenuto la Francia che in 19 anni ha ridotto la spesa pubblica soltanto di pochissimi punti, passando dal 56,6 al 53,9 per cento.

I paesi del nord che rischiano la bolla immobiliare

Quello che contraddistingue la Svezia è la determinazione nella ricerca del risultato. Infatti Stoccolma, nel 1993, era in una situazione molto critica e aveva un deficit prossimo all’11,2 per cento del prodotto interno lordo, con una serie di problemi importanti legati al sistema bancario.

Il governo ha deciso dunque di adottare delle riforme in grado di stimolare la crescita e ridurre il tasso di disoccupazione, con un incremento del numero di lavoratori rispetto agli inattivi. È stato inoltre rivisto il sistema pensionistico e ridotto il sussidio di disoccupazione che è ancora più difficile da ottenere.

Il miracolo del Sassuolo dipende da Squinzi

 Giorgio Squinzi è passato alla cronaca soprattutto come il presidente di Confindustria, colui che è riuscito a battere anche la concorrenza più strenua dei vari Sergio Marchionne, Luca Cordero di Montezemolo e via dicendo.

Quello che però pochi ricordano è l’amore di Squinzi per lo sport. Da presidente di Confindustria aveva dimostrato di avere ottimi contatti con il settore industriale e con i rappresentanti istituzionali e politici. Poi, il suo impegno nel ciclismo prima e nel calcio poi, hanno dimostrato la volontà di fare business.

La Francia ci prova con la supertassa per i calciatori

Il suo nome è legato in primo luogo alla Mapei, che aveva sponsorizzato un team ciclistico per moltissimi anni, quando però il suo patron si accorse che alcuni dei suoi ciclisti si dopavano, decise allora di abbandonare il mondo del ciclismo facendo perdere a questo sport uno dei maggiori sponsor del momento.

Shopping londinese per gli emiri

Orfano del ciclismo, Squinzi fu convito dai suoi clienti ceramisti ad entrare nel mondo del calcio diventando presidente del Sassuolo che qualche anno fa militava in serie C. Il suo debutto nel mondo del calcio è stato ottimo, anzi miracoloso, visto che la squadra, nel giro di un anno, anche grazie ai soldi del presidente usati per la campagna acquisti, è approdata in serie B.

Adesso ad un giorno dalla conclusione del campionato, si scopre che il Sassuolo giocherà l’anno prossimo nella massima divisione. Quello operato da Squinzi è un miracolo sportivo ed economico. Adesso, il futuro, è nell’acquisto di uno stadio.

La crescita dell’Italia passa per lo spread a 100

 Un’interessante analisi sulla situazione economica e finanziaria italiana è stata proposta da Edoardo Narduzzi su Italia Oggi. L’editorialista sostiene che la crescita e la ripartenza del nostro paese, passano dalla diminuzione dello spread.

Fino a quanto il differenziale resta a quota 250 punti, è molto complicato per una nazione come la nostra, riuscire a sviluppare un business di successo. L’Italia, infatti, per sua natura, è attiva prevalentemente nel settore manifatturiero, ha un’incredibile vocazione all’export e soffre del tasso di cambio sopravvalutato rispetto alla produttività del paese e all’inflazione calcolata su base annua.

La BCE e i tassi d’interesse sui mutui

Con queste premesse l’aggiustamento economico tricolore diventa oltremodo complesso e si rischia molto anche sul fronte della competitività, oltre che del lavoro. A questo punto è sempre più evidente che soltanto lavorando sul differenziale e portandolo intorno a quota 100 punti, l’industria italiana potrà vivere una stagione di crescita.

Meno tasse e più crescita per Saccomanni

Enrico Letta, una volta incassata la fiducia delle Camere è andato in Europa per chiedere di allentare la pressione sul paese, ma il ministro dell’Economia, a distanza di qualche giorno, ha ribadito che l’Italia rispetterà il vincolo del deficit al 3 per cento in modo da uscire dalla procedura di deficit. Peccato che Letta e molti altri, ritengano che ogni vincolo sia responsabile della recessione del paese.

Qualcosa sull’uscita della GB dall’Europa

 La Gran Bretagna, come molti sanno, è un paese che adotta una moneta propria, la sterlina. Una valuta, questa, che negli ultimi mesi ha dato prova di grande forza. Nonostante la crisi, infatti, ha saputo sopportare le oscillazioni delle quotazioni e degli scambi.

I cittadini europei sono sempre più scettici

Non si può dire lo stesso dell’establishment politico inglese visto che nelle ultime consultazioni elettorali locali ha vinto un partito che da anni promuove l’uscita dall’Europa. Il Regno Unito, secondo molti analisi, è in una fase di profonda crisi economica ed è proprio la criticità contingente ad incoraggiare l’abbandono “formale” del Vecchio Continente.

Alle elezioni locali in Gran Bretagna, ha vinto il partito Ukip che è guidato da Nigel Farage. Molti accomunano questo leader al nostrano Beppe Grillo e il suo partito al Movimento 5 Stelle. In realtà è soltanto il sentimento antieuropeo ad accomunarli.

E se la Gran Bretagna uscisse dall’Europa?

L’Ukip ha ottenuto il 26 per cento dei voti, mentre nel 2009 le preferenze erano inchiodate al 12 per cento. Il suo obiettivo,adesso, è lavorare in vista delle elezioni europee e politiche che ti terranno rispettivamente nel 2014 e nel 2015, per portare il paese fuori dall’Europa. Una scelta che in prima battuta potrebbe penalizzare il paese ma che sul lungo periodo, a livello economico, potrebbe risultare vincente.

Il Canada è un’economia che funziona

 L’economia canadese, in questo momento, può essere considerata una delle poche economie funzionanti del mondo. Questo assunto si spiega e si giustifica considerando la quantità di posti di lavoro che sono stati creati dal governo canadese che è riuscito a ridurre al minimo il tasso di disoccupazione, con una promozione ed agevolazione degli investimenti.

Australia, Regno Unito, Canada e il mondo ForEX

Il Canada, per creare posti di lavoro, ha deciso anche di facilitare l’apertura  delle aziende, garantendo agli “imprenditori” in erba dei costi più bassi di quelli necessari nel nostro paese. In pratica ha dato una mano alle start up canadesi, ai ragazzi che avevano un’idea in testa ma avrebbero fatto a meno dei costi iniziali. In questo modo non solo hanno creato dei posti di lavoro ma hanno anche creato un modello d’impresa.

L’effetto della crisi sulle banche

La normativa semplificata per l’apertura delle imprese e per l’approvazione dei progetti, è stata accompagnata da un sistema fiscale molto solido e dall’attenzione delle istituzioni all’innovazione e alla ricerca.

E quali sono i settori in cui il Canada ha investito maggiormente? Sicuramente bisogna citare il settore agricolo, ma per l’economia e per il rilancio del paese è stata fondamentale l’apertura agli investimenti stranieri attraverso una politica di dazi doganali sulle importazioni.

La BCE considerata responsabile unica della crisi

 La crisi economica europea è importante soprattutto nei paesi che stanno a sud del paese. Ma chi ha causato questa situazione? Sembra che tutta la colpa oggi si possa attribuire alla BCE. A sostenere questa tesi è in primo luogo Paul De Grauwe che pensa che a rendere meno nervosi i mercati non sia stata l’austerity ma piuttosto il backstop di liquidità imposto dalla Banca Centrale.

La salvezza dell’Italia dalla BCE

Se si analizza nel dettaglio quello che è successo all’Italia e alla Spagna si può ottenere una spiegazione approfondita delle cause della crisi. In molti paesi, infatti, le politiche economiche applicate, pur con le differenze relative allo spread che è diverso per ogni nazione, hanno ottenuto praticamente lo stesso risultato. Com’è possibile? Si è verificata questa omogeneità dei risultati a causa dei cambiamenti voluti dalla BCE e validi per tutti.

L’Italia combatte contro la crisi

Un grafico proposto da Paul Krugman dimostra che tutte le teorie promosse in questi anni di sviluppo della crisi, a sostegno delle politiche economiche di austerità, che avrebbero dovuto far abbassare i tassi d’interesse e stimolare la crescita, sono fasulle.

La BCE, con i suoi continui ribassi dei tassi, è da considerarsi l’unica responsabile della crisi. Il grafico dimostra che tutte le modifiche dei trend e dei tassi, in Spagna e in Italia, sono legate agli interventi della banca centrale.

Si pensa all’abolizione delle monete di piccolissimo taglio

 Le monete in circolazione sono emblematiche della situazione finanziaria di un paese e di un continente e i provvedimenti presi a riguardo, che si tratti di politiche espansive o di tutela dalle frodi, indicano che qualcosa sta cambiando.

È recente la notizia relativa alle monete da 500 euro che saranno presto abolite nel Vecchio Continente, così come saranno escluse dalla circolazione mondiale, le monete di taglio più grande. Queste, infatti, non sono usate dai cittadini per pagare beni e servizi, ma sono appannaggio della criminalità organizzata.

Le banconote da 500 euro saranno ritirate dalla BCE

Adesso si scopre che in Europa c’è l’intenzione di stoppare anche la circolazione delle monete da 1 e 2 centesimi, quindi i tagli più piccoli. I cittadini dell’Unione Europea, secondo un sondaggio fatto da Bruxelles, non vedono l’ora di liberarsi di queste monetine che accumulano durante tutto il giorno e che poi si perdono nei meandri delle borse.

Da oggi le nuove banconote da 5 euro

Le monete da 1 e 2 centesimi sono considerate di poco valore, si pensa che non valgano niente e dire la verità. L’opinione espressa dai cittadini è stata condivisa anche dalla Commissione europea che, sollecitata dal Parlamento e dal Consiglio europeo, ha iniziato a chiedersi se non valga la pena abolire queste monete.

Il commissario agli affari monetari, il celeberrimo Olli Rehn ha già affrontato il problema ed ha reso una dichiarazione scritta sull’argomento spiegando che si procederà con il ritiro integrale delle monete, con la loro scomparsa graduale, oppure con l’emissione a costi ridotti.

I cittadini europei sono sempre più scettici

 Un recente studio di Pew Research Center ha dimostrato che l’Unione Europea è il nuovo “stato malato” dell’Europa, del Vecchio Continente. Una frase che sembrerebbe senza senso ma che in realtà ha soltanto come obiettivo quello di evidenziare che il progetto europeo non gode più della stima di un tempo.

Negli USA torna la fiducia dei consumatori

Questa situazione dipende molto anche dalla crisi economica che ha interessato l’Europa e l’euro e che ha coinvolto in primo luogo le economie del sud del Vecchio Continente. La situazione, adesso, sembra in leggero miglioramento, ma il malcontento persiste.

L’idea dell’Unione Europea, infatti, non convince più i cittadini e la crisi dell’euro, la fiducia nella moneta unica è senz’altro sfumata. Lo dice la ricerca che è stata condotta in otto paesi: Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia, Spagna, Grecia, Polonia e Repubblica Ceca.

L’Italia combatte contro la crisi

Sotto accusa ci sono i costi dell’integrazione, sempre più elevati e sempre meno sopportabili dagli stati membri. I cittadini europei si riscoprono oggi, sempre più nazionalisti e si dicono contrari al trasferimento di potere alle istituzioni europee. Un’Europa più unita dal punto di vista politico ed economico, è l’unico presupposto possibile per una ripresa finanziaria del Vecchio Continente.

Soltanto con questo ipotetico ed auspicabile nuovo trend, si possono neutralizzare le forze centrifughe presenti in Europa.