La finanza scossa dallo scandalo Bloomberg

 Il New York Post, da sempre, si occupa di scandali di tutti i tipi, anche inerenti il mondo della finanza. Peccato che goda della fama di quotidiano scandalistico e poco affidabile. Qualche mese fa, nel mirino dei suoi giornalisti, è finita la società Bloomberg che fornisce servizi e informazioni finanziarie agli abbonati della Goldman Sachs.

Le quotazioni dell’oro secondo Goldman Sachs

I giornalisti di Bloomberg sarebbero stati accusati di usare delle informazioni riservate, di proprietà della banca, per scrivere i loro articoli. Queste informazioni sarebbero state reperite con il monitoraggio dei Bloomberg Terminal, cioè i computer che sono forniti ai clienti dell’azienda per la gestione dei loro servizi finanziari, compresi compravendite di titoli e operazioni di altra natura.

Goldman Sachs contro Beppe Grillo

Questo sistema fraudolento era stato messo a nudo dalla Goldman Sachs stessa. O meglio, la banca d’affari aveva evidenziato che un giornalista di Bloomberg aveva chiesto delle informazioni troppo particolari alla banca, si era informato cioè su un partner della società che sembrava aver abbandonato gli affari, visto che non c’erano login recenti al suo terminale.

Un’ingenuità che ha comportato una semiconfessione della Bloomberg. L’agenzia si è scusata per il comportamento del giornalista ma ha dovuto anche indagare se la pratica incriminata fosse opera di un singolo dipendente o se al contrario fosse perpetrata da tutti gli altri.

 

Il governo Letta fa i conti per il paese

 Il governo Letta, in ritiro “spirituale” in Toscana, ha già annunciato che i prossimi provvedimenti in programma riguarderanno l’IMU e l’IVA, ma con che soldi si possono attuare queste riforme?

Per chi sarà l’acconto IMU

Il neo premier sa che il suo obiettivo è quello di fare le riforme necessarie al paese. In primo luogo bisogna affrontare la legge elettorale ma dovranno essere messe in campo anche delle riforme istituzionali. Sulle riforme di natura economica, invece, c’è ancora un po’ di maretta, nel senso che soltanto l’IMU si sa che dovrà essere modificata.

L’IMU potrebbe essere addirittura abolita, ma più che andare a mettere le mani sulla prima casa, molti politici vorrebbero rilanciare l’economia e quindi usare un buon quantitativo di risorse per diminuire l’IRAP, l’imposta sulle attività produttive. L’aumento dell’IVA, invece, è fuori discussione: dal primo luglio passerà dal 21 al 22 per cento, così com’è stato programmato dal governo Monti l’autunno scorso.

L’aumento IVA ci sarà o no?

Facendo un discorso meramente finanziario si scopre allora che se il governo Letta decidesse di abolire l’IMU e restituire una parte dell’imposta comunale sugli immobili, già pagata nel 2012, dovrebbe andare alla ricerca di ben 8 miliardi di euro. Soltanto la sospensione della rata di giugno dell’IMU vale 2 miliardi di euro. L’aumento dell’IVA, da luglio per i primi sei mesi, quindi fino al dicembre 2013, dovrebbe portare nelle casse dello stato circa 2,1 miliardi di euro che a regime, nel 2014, dovrebbero diventare 4,2 miliardi in un anno.

L’Economist spiega il mondo del lavoro in India

 In un recente rapporto, il quotidiano Economist ha provato a spiegare in modo lucido perché l’India, pur avendo un enorme potenziale demografico, lo sta sprecando senza cogliere le opportunità espresse dal mondo del lavoro.

Sembra quasi un paradosso quello del Subcontinente indiano che ha una concentrazione enorme di risorse umane, che si adopera per l’acquisto di oro mettendo al sicuro i suoi conti e allo stesso tempo non riesce a sfruttare a pieno le richieste del mercato. Ma in che senso? Lo spiega l’Economist.

Quali nazioni soffrono della svalutazione aurea

Da qui al 2024, in dieci anni circa, la popolazione indiana che è in età lavorativa, quindi uomini e donne che hanno un’età compresa tra 15 e 64 anni, crescerà ancora di 125 milioni di unità. Poi, nel decennio successivo, la popolazione in età lavorativa crescerà ancora di 103 milioni di unità. Questo vuol dire che la forza lavoro indiana potrebbe presto superare quella cinese. Peccato che l’economia del Subcontinente non sia preparata.

Il protezionismo sta uccidendo l’export UE

La bomba demografica, in realtà, è stata un problema importante negli anni Settanta, quando la classe dirigente avviò una campagna di sterilizzazioni forzate. Questa scelta si è rivelata fallimentare perché con la crescita economica e il calo del numero dei figli per famiglia, l’India non è stata in grado di supportare lo sviluppo del paese.

Adesso la situazione si ripresenta ma vista la scarsa lungimiranza della sterilizzazione il management indiano deve impegnarsi nella creazione di 100 milioni di posti di lavoro in dieci anni.

La Slovenia si può salvare con questo piano

 La Slovenia deve essere assidua nel rispetto delle regole stabilite nel piano di salvataggio per fare in modo che si eviti il ricorso ai prestiti dell’Europa. Il piano di salvataggio, all’indirizzo del quale è stato manifestato molto scetticismo, comporta l’aumento dell’IVA e l’avvio di una fase importante di privatizzazioni.

La Slovenia ristruttura le banche

Il primo ministro sloveno, Alenka Bratusek, giovedì scorso ha annunciato le misure economiche che intende mettere in atto per evitare di rivolgersi all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale. Le misure indicate sono anche inserite in un’agenda molto serrata.

I titoli sloveni sono considerati tossici

Entro il primo luglio ci sarà un aumento di due punti percentuali dell’IVA che dovrà passare dal 20 al 22 per cento. Poi si passerà alla privatizzazione di ben 15 imprese pubbliche, tra cui anche la seconda banca del paese, vale a dire la Nova KBM, la compagnia aerea nazionale e l’operatore di telecomunicazioni più importante del paese. Insomma, dal settore creditizio a quello tecnologico, sono tutti impegnati nel salvataggio della Slovenia.

Il paese in questione, infatti, nel 2012, ha chiuso i conti con un rapporto tra deficit e PIL pari al 3,7 per cento. Secondo le stime, il 2013 si chiuderà con un deficit tra il 5 e il 7 per cento.

Record del debito pubblico italiano

 Lo Stato si è indebitato raggiungendo dei livelli mai sfiorati in precedenza. Le entrate tributarie del primo trimestre dell’anno sono cresciute rispetto al 2012 fino a quota 84 miliardi di euro. Non si tratta di numeri dati a caso ma di elementi contenuti nel bollettino di Bankitalia.

L’industria italiana in cattive acque

Nel documento si spiega che il debito pubblico tricolore, a marzo, è salito fino a 2.034,725 miliardi di euro, sfiorando un nuovo record storico e sfondando la precedente soglia dei 2.022,7 miliardi di euro raggiunti a gennaio del 2013. Soltanto nel secondo mese dell’anno in corso il debito pubblico era sceso fino a 2017,6 miliardi.

L’austerity criticata dal basso

Il debito è aumentato nuovamente a marzo rispetto al mese precedente e questo incremento su base mensile, dice via Nazionale, dipende dal fabbisogno del mese di marzo che, per fattori stagionali, è aumentato, pur essendo controbilanciato dalla diminuzione di 3,8 miliardi di euro delle disponibilità liquide del Tesoro.

Se poi si fa un’analisi dei vari sottosettori dell’economia, si nota che da febbraio a marzo è cresciuto di 16,8 miliardi di euro il debito delle Amministrazioni centrali, così come è cresciuto di 0,2 miliardi di euro il debito delle Amministrazioni locali, mentre è rimasto invariato il debito degli Enti di previdenza.

Negli USA torna la fiducia dei consumatori

 Gli USA, nell’ultimo report sulle vendite al dettaglio, sono andati meglio del previsto e questo ha fatto immediatamente pensare che l’economia americana sia in una fase di slancio, nel pieno della ripresa.

I market mover del 14 maggio

Le vendite al dettaglio negli USA sono cresciute dello 0,1 per cento a dispetto degli economisti che si aspettavano un calo di 0,3 punti percentuali. Intanto la versione core del report, quella che esclude dal computo delle vendite il comparto automobilistico, si assesta sul -0,1 per cento. Nonostante la negatività degli indici, bisogna comunque riconoscere un miglioramento rispetto ai mesi precedenti.

In Italia a soffrire sono soprattutto i consumi

Le vendite al dettaglio, con segno positivo, come abbiamo indicato in apertura, arrivano nel momento migliore. In questo periodo, infatti, è stato scelto che l’imposta sui salari fosse usata per finanziare l’assicurazione sanitaria, di recente portata al 6,2% per i cittadini con un reddito superiore ai 113.700 dollari annui. Precedentemente la spesa per l’assicurazione sanitaria era stata ridotta al 4,2 per cento per sostenere l’economia.

In tutto questo quadro: si può effettivamente parlare di ripresa economico-finanziaria? Sicuramente siamo in una fase crescente e i consumatori possono tornare a spendere qualcosa in più, i prezzi del petrolio sono in costante diminuzione e il mercato del lavoro è in recupero.

E se la Gran Bretagna uscisse dall’Europa?

  La Gran Bretagna è un paese che teoricamente fa parte dello spazio europeo ma non è inserita nell’area euro, basta pensare al fatto che adotta la sterlina. Eppure molti economisti, in primis Wolgang Munchau, si chiedono se sia possibile per la Gran Bretagna, uscire dall’euro.

Riprendono le assunzioni alla City di Londra

Nella discussione che adesso è comune in molti stati, si prendono in considerazione i pro e i contro dell’uscita dei paesi dall’Unione Europea. Nel caso del Regno Unito il nodo principale è la negoziabilità dei termini. In pratica si cerca di capire se le conseguenze economiche dell’uscita dall’euro dipendono dai termini stabiliti per l’uscita. Secondo Lord Lawson che in passato è stato Cancellieri della Gran Bretagna, i costi del mercato unico per il Regno Unito sono superiori ai costi dell’uscita dall’UE. Quindi, Lawson si dice favorevole a questa soluzione.

Il Regno Unito in crisi lo spiega Osborne

Affinché l’uscita dall’UE sia profittevole, però, è necessario che si verifichino alcune cose. In primo luogo il Regno Unito non deve fare immediata richiesta per l’adesione all’Area Economia Europea (EEA) di cui fanno parte anche altri paesi, per esempio la Norvegia, l’Islanda e il Liechtenstein.

La seconda condizione è che anche non aderendo all’EEA, il Regno Unito abbia comunque libero accesso allo scambio con l’Unione Europea.

Krugman confronta Lettonia e Stati Uniti

 L’austerità è una teoria che in questo momento tutti stanno mettendo in discussione. In primo luogo perché l’algoritmo che aveva giustificato le teorie economiche legate all’austerity si sono rivelate matematicamente erronee. In secondo luogo perché soltanto spostando l’attenzione dai conti pubblici alle riforme è possibile lavorare sulla crescita del paese.

L’austerity criticata dal basso

Ci sono però degli studiosi, come Martin Wolf, che ancora giustificano l’austerità, trovano cioè degli esempi reali del fatto che questa rigida teoria economica funziona. Un esempio lampante, secondo Wolf, è la Lettonia. I temi presi in considerazione sono il PIL che è ancora al di sotto del periodo pre-crisi e la disoccupazione che è ancora ad un livello molto elevato nonostante il flusso migratorio sia molto possente.

La Germania deve ripensare all’austerità

Paul Krugman, però, vuole partire dalla considerazioni di Wolf per allargare la riflessione e spiega che nei paesi Baltici l’aggiustamento economico è più semplice perché siamo di fronte ad economie molto aperte che non possono essere paragonati con le realtà occidentali. Questo vuol dire che in poco tempo è automatico che crescano in modo importante le esportazioni.

Per quanto riguardo il PIL basso e la disoccupazione alta, Krugman spiega che i valori del 2006-2007 erano dettati dalla bolla speculativa e non erano dati reali, per questo è molto complicato fare dei paragoni.

Crolla l’immobiliare ma sui prezzi è battaglia

 Il mercato immobiliare italiano ha un andamento molto particolare perché nonostante si parli di crollo, nel senso di calo poderoso delle vendite, i prezzi continuano ad essere più alti del previsto. L’Istat, nel mese di marzo, ha dato alle stampe il Rapporto Immobiliare 2013 che è stato realizzato in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate e con l’Abi.

Torna la fiducia nella casa

Quello che si evidenzia è che la contrazione delle compravendite è poderosa e rispetto al 2011 è salita fino al 27,5 per cento. Tutto farebbe pensare ad uno stallo capace d’indurre una riduzione dei prezzi, invece i prezzi delle case non scendono. 

► Si abbassano gli affitti in tempi di crisi

Il Codacons si spiega la situazione in questo modo: le famiglie, oggi, sono indebitate, sull’orlo del fallimento e tassate dall’IMU. La loro intenzione è sicuramente quella di vendere casa, ma i debiti sono talmente tanti che vogliono evitare la svendita. Quindi il crollo delle compravendite è maggiore del crollo dei prezzi.

Secondo Mario Breglia di Scenari Immobiliari, invece, il mercato odierno è caratterizzato dal fatto che i prezzi possono scendere soltanto per quel che riguarda il guadagno mentre i costi di produzione non sono da considerarsi comprimibili. 

Solo l’Adiconsum dice che un piccolo calo dei prezzi c’è stato, ma è stato talmente lieve da poter essere considerato impercettibile.

La Grecia torna sul mercato dei bond

 Il primo ministro greco, Antonis Samaras, ha annunciato che la Grecia sta per tornare sul mercato internazionale dei capitali. Il suo obiettivo, adesso, è quello di emettere dei bond a partire dall’inizio del prossimo anno, del 2014.

Crollano inflazione e spese

La Grecia tornerebbe sui mercati dopo quattro anni di esclusione per via della situazione economica che ne aveva determinato la ristrutturazione forzata del debito pubblico. Le prospettive elleniche sono anche migliorate, soprattutto in considerazione di quanto detto dal ministro delle finanze greco Yannis Stournaras che aveva detto che il ritorno sul mercato sarebbe avvenuto soltanto alla fine del 2014.

L’Unione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale che insieme hanno aiutato il governo di Atene ad uscire dalla condizione di bailout, avevano dichiarato che il ritorno sul mercato della Grecia sarebbe avvenuto soltanto dopo diversi anni.

Cipro e la Grecia presto fuori dall’euro

Se si vanno poi a vedere i conti di Atene si nota che la Grecia nel 2009 ha chiuso l’anno con un deficit che era i due terzi del Prodotto Interno Lordo. A distanza di tre anni, nel 2012, i conti annuali sono stati chiusi con un deficit al 6 per cento del PIL, comunque un risultato sopra le attese.

Questa situazione di disagio per la Grecia è stata in grado di alimentare le performance degli hedge funds americani.