L’opposizione antieuropea vince in Islanda

 L’opposizione antieuropea, quella che spinge le singole nazioni ad estraniarsi dall’euro e dall’Europa, ha vinto anche in Islanda. Il Vecchio Continente, a questo punto, trema per il crollo in molti stati delle sinistre che finora hanno tenuto in piedi il discorso europeista.

Investimenti a rischio nei paesi della black list

In Islanda a vincere ci ha pensato il centrodestra che dopo cinque anni di assenza, o meglio di opposizione, tornerà a governare. I seggi a disposizione nel Parlamento sono 63 e dopo le elezioni, 37 di questi seggi andranno a finire al partito dell’indipendenza di destra e al partito del Progresso di centro.

Il centrodestra islandese, per storia e natura è contrario all’Unione Europea e in fondo la popolazione ha semplicemente usato le urne per spiegare al resto d’Europa cosa pensa e cosa vuole. Le proiezioni sono state fin troppo rispettate, infatti, i verdi e i socialdemocratici non sono stati riconfermati.

Il caso dell’Islanda è emblematico?

Lo spoglio parziale aveva già decretato il Partito dell’indipendenza al 25 per cento e i centristi agrari con il 22 per cento. I due leader di partito, tra l’altro, sono molto giovani: da un lato c’è Bjarni Benediktsson di 43 anni e dall’altro David Gunnlaugsson che di candeline ne ha spente soltanto 38.

L’unico partito pro euro sono i centristi di Futuro Luminoso che hanno ottenuto soltanto 6 seggi.

Meno tasse e più crescita per Saccomanni

 Enrico Letta, il nuovo premier che piace ai mercati tanto da deprimere lo spread, ha costruito una squadra di governo che dispiace veramente a pochissime persone. In pole position, nei dicasteri chiave, sono stati lasciati o scelti dei tecnici. Uno su tutti Fabrizio Saccomanni, che fino al giuramento dell’esecutivo era il presidente di Bankitalia ed oggi è il nostro ministro dell’Economia.

Soluzioni IMU per il governo Letta

Fabrizio Saccomanni, era a Cetona quando è stato raggiunto dalla telefonata del premier che gli chiedeva di entrare a far parte della squadra di governo. Dopo aver trascorso l’ultima settimana tra Washington e New York, l’economista toscano è tornato in patria e da domani sarà al cospetto della BCE per parlare per discutere dell’unione bancaria.

Il neo ministro, però, non ha mancato di dire la sua sulla condizione del Belpaese visto che a chiamarlo in causa per l’indiscussa competenza in materia economica, è stato il presidente della Repubblica in persona. Saccomanni avrebbe già in tasca la ricetta per l’Italia. Vuole puntare sulla crescita economica e questo è a dir poco scontato.

Grillo al Bild parla della bancarotta

Ma vuole farlo coinvolgendo nel suo progetto le banche, le imprese e anche i consumatori. L’obiettivo ultimo, infatti, è fare in modo che la società e gli investitori ritrovino la fiducia. Tecnicamente si procedere con una ricomposizione della spesa, con il sostegno delle imprese e delle fasce deboli della popolazione per cui è previsto l’alleggerimento fiscale.

Quanto costano i reami europei

 E’ stato di recente portato a termine uno studio relativo al costo delle case reali europee e nonostante i fasti cui ci hanno abituato le teste coronate inglesi, non è la monarchia britannica quella più spendacciona. Il rapporto è stato curato da un docente dell’Università di Ghent.

Il documento spiega che al primo posto nella graduatoria delle case reali c’è quella del re Harald V di Norvegia che ogni anno spende circa 42 milioni e 700 mila euro. Al secondo posto si piazza l’Olanda e soltanto sul terzo gradito del podio c’è l’Inghilterra. La domanda che si è posto questo professore riguarda i costi di una monarchia che abbia i suoi sudditi.

La nuova banconota da 5 sterline

Oggi che di moda c’è l’austerity economica, ci si chiede se in Europa, anche la monarchia, non debba tirare un po’ la cinghia. A livello numerico ricordiamo che nel Vecchio Continente ci sono ancora una decina di paesi che possono vantare una regina o un re come capi dello stato.

Quanto costa il funerale della Thatcher

Per esempio, è stato da pochissimo scelto in Belgio un nuovo sovrano che ha preso il nome di Guglielmo. Il principe in questione ha ereditato lo scettro che era stato della regina Beatrice, sua madre. Da considerare, come si spiega nel rapporto che esistono anche forme di finanziamento pubblico rivolte alle teste coronate.

Come farà a sopravvivere Apple

 Dalla morte di Steve Jobs in poi, il declino dell’azienda di Cupertino è stato praticamente “totale”. Adesso il nuovo management è costretto per la prima volta a fare i conti con un titolo che in borsa tende a non crescere. Per questo non sorprende che si cerchi affannosamente una soluzione. Nel tardo pomeriggio del 23 aprile, quindi appena qualche giorno fa, la Apple ha pubblicato i dati relativi al secondo trimestre fiscale ed ha annunciato di aver ricavi per 43,6 miliardi di dollari.

Apple pronta per le ultime novità

Questo risultato è stato al di sopra delle migliori attese degli analisti, però anche se può sembrare grandioso in un momento di crisi economica, in realtà copre la riduzione dell’utile netto che ha subito una flessione del 18 per cento. In pratica per la prima volta in 10 anni l’utile ha subito un calo sensibile e non è andato oltre i 9,5 miliardi di dollari.

Apple chiede aiuto agli executive

Lo scorso anno, tanto per fare un confronto, l’utile netto della Apple era di 11,6 miliari di dollari. I dati in questione, però, non hanno impensierito gli investitori e nemmeno gli azionisti perché finora le vendite dei dispositivi continuano a restare al di sopra della soglia di sicurezza.

In più per quanto riguarda l’ultimo trimestre, l’azienda di Cupertino annuncia di aver venduto 37,4 milioni di nuovi iPhone che sono 2,3 milioni in più rispetto al 2012. Lo smartphone della Mela morsicata continua a piacere.

1 italiano su 10 investe all’estero

 La crisi non scoraggia coloro che hanno un gruzzoletto da parte e vogliono investire nel mattone che ancora una volta si conferma tra i desideri maggiori degli italiani. Le statistiche dicono che chi ha da parte dei soldi, o accende un mutuo, o va a comprare una casa all’estero.

Non ci sarà la bolla immobiliare

A dirlo sono i dati dell’Osservatorio WIRE sui mercati immobiliari internazionali, che vengono aggiornati ogni due mesi. Per il primo bimestre del 2013 si racconta che per ogni 10 italiani che acquistano una casa in Italia ce n’è uno che compra una casa all’estero e questa tendenza è cresciuta del 10 per cento nel 2012.

Obama vuole 5 miliardi di dollari

Il bello è che non sembra essere prevista un’inversione di tendenza degna di nota, mentre è da tenere in considerazione che mentre all’estero si compra bene, nel nostro paese è sempre più complicato ottenere un mutuo e i prestiti bancari stessi sono in calo del 30 per cento nell’arco di un anno.

Adesso scatta la domanda di rito: verso quali nazioni si votano gli italiani? Sembra che la città più gettonata sia Londra ma molti sono interessati anche alle case disponibili a New York. Molto interessante anche Parigi ma il fatto che ci siano poche case disponibili, fa sì che i prezzi restino troppo elevati anche per chi è desideroso di avere una “casa fuori porta”.

Arredare bene prima di vendere e affittare

 Per vendere una casa o per affittarla con maggiore facilità è fondamentale che sia arredata in modo essenziale e con gusto. Per questo ci sono numerose soluzioni, ma molto spesso non si hanno i soldi per portare a termine l’opera e non si hanno nemmeno le garanzie necessarie per chiedere un prestito. Che alternativa c’è a questa soluzione?

Ikea Business ha pensato di proporre la sua insieme all’Associazione italiana Home Stager StageHomes un seminario gratuito per aiutare i proprietari di una casa ad arredare i loro appartamenti. Non è molto difficile immaginare che la soluzione sia molto in linea con la modularità espressa da Ikea. Si adotteranno i prodotti dell’azienda perché il principio fondamentale è che devono essere trovate delle soluzioni smart, delle soluzioni che piacciano ma siano anche economiche o meglio, esprimano un ottimo rapporto qualità/prezzo.

Le banche concedono ancora pochi mutui

L’Associazione Italiana Home Stager sarà quindi il 9 maggio presso il negozio di IKEA a Roma in zona Anagnina, dalle ore 16,30 alle ore 18 per tenere un seminario dal titolo “la filosofia dell’home staging incontro Ikea Business”.

Non ci sarà la bolla immobiliare

La notizia è rimbalzata su molte riviste che si occupano del mercato immobiliare che hanno sottolineato come questo seminario, se messo in pratica dagli astanti, sarà in grado di accelerare i tempi di vendita e di affitto.

L’Italia non investe nella cultura

 I dati parlano chiaro: l’Italia non investe nella cultura e nell’istruzione e questo “piccolo” particolare relativo alla distribuzione degli investimenti, fa pensare che il paese non ha assolutamente voglia di cambiare strada. L’Eurostat, di recente, ha pubblicato i risultati relativi ad uno studio in cui si confrontano la spesa pubblica dei singoli stati, nel suo complesso e la quota destinata alla cultura e all’istruzione.

La crisi della Bulgaria fa discutere

Rispetto al nostro paese i dati non sono assolutamente di conforto. Gli investimenti italiani nel settore, infatti, rasentano lo zero e se si stila una classifica soltanto dei paesi che fanno parte del Vecchio Continente, si scopre che l’Italia è all’ultimo posto. Il dato di riferimento è la percentuale di spesa pubblica dedicata alla cultura.

Mediamente, in Europa, s’investe nel settore culturale, il 2,2 per cento della spesa pubblica, mentre per l’Italia questa percentuale scende all’1,1 per cento. Soltanto la Grecia segue l’Italia. Se invece si fa riferimento ai soldi che sono usati per l’istruzione, a fronte di una media europea del 10,9 per cento d’investimenti, l’Italia dedica alle scuole solo l’8,5 per cento.

Debito pubblico italiano cresce ancora e tocca quota record

Questa notizia, purtroppo, non è stata riportata ampiamente dai giornali perché in questi giorni, la composizione del Governo è un argomento troppo più  importante. In ogni caso, come riflettono molti analisti, esiste una corrispondenza diretta tra l’investimento in cultura  e istruzione e la crescita del paese. 

Record di disoccupati in Spagna

 La Spagna il 25 aprile non festeggia la Liberazione come in Italia, anzi, questo 25 aprile, per i nostri vicini, è stato un giorno tutt’altro che festaiolo visto che sono stati diffusi i nuovi dati sulla disoccupazione. Qualche investitore più malizioso, allora, ha parlato di giorno della disperazione, più che di giorno della liberazione.

Tutti i pareri sull’austerità

I dati diffusi relativi alla disoccupazione, parlando di un nuovo record al quale la popolazione non ha reagito bene, tanto che il parlamento è stato di nuovo assediato. I dati sono riferiti al primo trimestre dell’anno. Il tasso di disoccupazione, in questo ultimo periodo, è passato dal 26,5 al 27,2 per cento.

La Spagna non centra gli obiettivi nel 2013

I dati sono stati raccolti dall’istituto nazionale di statistica del paese. Sembra dunque che più di 6 milioni di spagnoli, oggi, siano alla ricerca di un’occupazione. Quello che sta succedendo in Spagna, è già successo in Grecia e il fatto che si tratti di scenari simili, preoccupa gli investitori e i cittadini, tanto che in molti hanno assediato il parlamento madrileno.

Il problema, infatti, non è soltanto nell’aggravarsi della situazione, ma nelle prospettive che questo paese riesce a dare ai cittadini. Fino alla fine di marzo i dati raccolti sono addirittura sconcertanti. Il governo, tuttavia, si dichiara pronto ad affrontare la situazione, senza sosta.