Spread stabile e borse positive in Europa

 Cosa succede a Piazza Affari e cosa succede alle borse europee? In questi giorni sembra che nel Vecchio Continente si stia allentando la pressione sul debito sovrano dei paesi maggiormente in difficoltà e soprattutto si è aperta in modo positivo la stagione delle trimestrali.

Il debutto “lussuoso” di Moleskine

Ad aprire questo periodo di verifica delle attività delle grandi industrie, ci ha pensato Alcoa che nei primi tre mesi del 2013 ha fatto segnare un utile netto di 149 milioni di dollari, in aumento del 59 per cento rispetto al 2012. Il suo risultato è nettamente in controtendenza rispetto alle stime degli analisti che si aspettavamo invece per gli S&P 500 dei trimestrali in calo su base annua.

Commissario per la Parmalat legato all’affare Lactalis

Il debutto positivo di Alcoa potrebbe o inaugurare o una stagione positiva per l’S&P 500, oppure far ricredere gli investitori.

Per quanto riguarda in generale lo spread tra Btp e bund, il differenziale è stabile intorno ai 310 punti con i titoli italiani che adesso hanno un rendimento del 4,53 per cento, che cambierà ancora fino a giovedì prossimo, giorno dell’ulteriore asta da 3-4 miliardi di euro.

Se poii volessimo fare uno zoom su Piazza Affari si scoprirebbe che la borsa italiana è in aumento dello 0,9 per cento e sale più di Londra (+0,5%), di Francoforte (invariata) e di Parigi (+0,3%).

La Spagna non centra gli obiettivi nel 2013

 Secondo Munchau l’Italia sta peggio di tutti. L’editorialista del Financial Times ritiene che tra tutti gli stati membri d’Europa, il nostro paese è quello che sta messo peggio di tutti visto che sia le imprese che le famiglie stanno affrontando con grande difficoltà la crisi.

La crisi nella zona Euro non è finita

In Italia le piccole e medie imprese devono fare i conti con una crisi del debito da un lato e quindi con l’impossibilità di accedere a prestiti e mutui nelle banche di riferimento, e dall’altro con l’austerity fiscale che ha alleggerito ancora di più il loro portafoglio. Non va meglio per le famiglie che oltre a chiedere meno mutui hanno iniziato anche a ridurre i consumi, compresi quelli alimentari.

Eppure le agenzie di rating che da tempo tengono nel mirino l’Italia, si stanno accorgendo anche delle criticità della Spagna. In particolare sulla situazione iberica è intervenuta Moody’s. Questa agenzia di rating spiega che Madrid sta facendo degli sforzi enormi ed è riuscita a riequilibrare i conti pubblici.

Eppure le sfide che la Spagna ha intrapreso prevedono un cammino lungo e per questo l’outlook sul debito sovrano del paese resta in territorio negativo. Il tutto fa pensare a ragione che gli obiettivi sul deficit per il 2013, il raggiungimento del 4,5 per cento del PIL, non saranno raggiunti.

La borsa madrilena, però, spera ancora e l’Ibex35 sale allo 0,4 per cento.

Secondo Munchau l’Italia sta peggio di tutti

 L’Eurozona non soltanto è in crisi ma è piombata nella recessione economica e secondo quanto detto dal presidente della BCE, la situazione non cambierà fino all’anno prossimo. Insomma, prima della ripresa occorrerà aspettare almeno il 2014.

Nessun calo della disoccupazione per i prossimi mesi

A dirlo è un giornalista del Financial Times molto quotato, Wolfang Munchau che cerca d’individuare anche il paese che in Europa sta peggio di tutti. In generale il Vecchio Continente è stato sbaragliato dall’aumento della disoccupazione che ha raggiunto la quota record del 12 per cento e non riesce a fare una previsione accurata sul futuro, quindi non riesce a sapere se effettivamente il parco dei “non lavoratori” aumenterà.

Scende la disoccupazione ma l’Italia non convince

L’interrogativo, a questo punto, sembra scontato: perché la BCE non ha deciso di tagliare i tassi d’interesse per sostenere ancora con più forza la ripresa dell’Europa. E poi, tra tutti qual è il paese che se la passa peggio.

Mentre è delicato affrontare il tema della politica monetaria comune, è più semplice individuare il neo d’Europa: l’Italia. Secondo Munchau nessuno sta peggio di noi, visto che le piccole e medie imprese dello stivale sono state colpite dalla crisi del credito e dall’austerity fiscale, praticamente nello stesso momento.

Le famiglie non stanno certo meglio e lo dimostra la crisi dei consumi e il decremento delle richieste di mutuo.

Una legge per salvare la Miss Sixty

 Monti, durante il suo anno di governo, ha varato una nuova legge fallimentare che ha avuto, come effetto, quello di far aumentare in modo esagerato le richieste di concordato da parte della aziende. Tra le realtà in crisi ci sarebbero anche grandi imprese, tra cui ad esempio Miss Sixty o Seat Pagine Gialle. La prima è stata già salvata, adesso tocca alla seconda.

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Miss Sixty era un’azienda che andava a gonfie vele fino a quando non è stata toccata dalla crisi, i suoi debiti sono saliti alle stelle e la situazione è stata aggravata dalla morte del fondatore, Wicky Hassan. Quello che l’azienda ha potuto fare è stato pensare al fallimento.

Record di aziende chiuse nel primo trimestre del 2013

Il fatto che producesse abbigliamento l’ha esposta subito alle mire dei colossi asiatici della produzione di jeans e abbigliamento di una certa qualità. Per evitare di “svendersi”, Miss Sixty ha raggiunto un accordo con i sindacati: ha deciso di salvare 350 posti di lavoro aderendo alla nuova legge fallimentare del governo Monti.

Seat Pagine Gialle si è trovata in una condizione analoga con tanti debiti accumulati, tali da rendere necessaria la ristrutturazione del devito. Per evitare la débacle l’azienda ha pensato di aderire alla nuova procedura fallimentare.

Nel vino non c’è la verità ma il lavoro

 L’economia italiana arranca, come d’altronde anche quella europea ma ci sono alcuni settori che continuano a proliferare e a crescere. Uno di questi è il settore del vino italiano che, per quanto riguarda le esportazioni è cresciuto del 6,5 per cento.

Oggi, quando si parla di esportazioni del vino, si fa riferimento ad un business di 4,7 miliardi di euro cui devono aggiungere altri 4,2 miliardi che derivano dalla vendita del vino sul mercato internto, anche questa in aumento del 2 per cento.

Firmato il decreto per incentivare l’occupazione femminile

Dalle aziende vitinvinicole, dunque, parte la rinascita e sembra che siano pronte nuove opportunità di lavoro, il 3 per cento in più rispetto al passato. A dirlo sono i risultati del settore presentati all’apertura di Vinitaly dalla Coldiretti. Si parla di record del fatturato, in crescita del 5 per cento con il raggiungimento della soglia di 8,9 miliardi toccata nel 2012. Questo successo è da legare alle capacità imprenditoriali degli operatori del settore che hanno usato l’innovazione tecnologica per restare sul mercato.

Martedì 16 il terzo decreto per gli esodati

Innovazione tecnologica che ha portato anche alla presenza sul mercato di nuovi prodotti, per esempio lo spumante dietetico, oppure il vino che è invecchiato in fondo al mare, quello che è messo ad invecchiare nei giacciai, oppure ancora il vino d’orchestra.

Si tratta di sperimentazioni che hanno già ottenuto un discreto successo e potrebbero essere un trampolino di lancio anche per la riscoperta di altre tradizioni locali. Che l’Italia abbia trovato la chiave della ripartenza?

Il protezionismo sta uccidendo l’export UE

 Alcuni esperti nominati dalla Commissione Europea, hanno deciso di redigere un “Rapporto 2013 sulle barriere al commercio e agli investimenti” per capire quello che non va nel Vecchio Continente.

Bilancia commerciale italiana in fase di miglioramento

Il risultato è che si sono intensificate negli anni le politiche protezionistiche e questo ha portato alla riduzione del volume dell’export con una perdita stimata tra i 90 e i 130 miliardi di euro. Un conto che è pagato salato da tutti 27 paesi dell’Unione Europea.

Il protezionismo, fattivamente, si traduce in dazi doganali troppo alti, nell’incoraggiamento eccessivo della produzione interna, negli ostacoli all’ingresso delle merci e nelle assicurazioni obbligatorie che alla fine sembrano piuttosto dei divieti.

L’accordo europeo sui bilanci degli stati membri

Se anche ci fosse un settore fiorente dell’economia europea, quindi, non avrebbe modo di espandersi. Se invece ci fosse una maggiore promozione dell’export, allora si potrebbe avere nel giro di poco tempo un aumento del PIL del 2 per cento che in termini “euro” corrisponde a ben 250 miliardi.

La strada è sicuramente in salita ma una via d’uscita potrebbe essere nella stipula dei contratti bilaterali. In tal senso le negoziazioni con l’India, da chiudere in pochi mesi, quelle con il Canada, con gli Stati Uniti e con il Giappone, ripartite da poco, potrebbero essere provvidenziali.

La BCE criticata per la sua assenza

 La crisi europea è ancora nella sua fase clou e quelli che pensavano di essersi lasciati alle spalle i momenti peggiori, saranno costretti a ricredersi. In questo momento, infatti, quel che si può affermare con certezza è che la crisi non è finita ma anzi, la spirale negativa sembra viva più che mai.

La Banca Centrale Europea, in tutta questa tarantella, ha deciso di far restare invariato il costo del lavoro ma più in generale si potrebbe dire che non ha scelto di fare alcunché. Questo immobilismo, attaccato su più fronti, fa presagire un divorzio tra l’Europa e la moneta unica.

Goldman Sachs e la strategia sui titoli di stato

Il tutto aggravato dalla situazione economica attuale dove l’economia della zona euro è in recessione da circa due anni, la disoccupazione ha raggiunto livello record, l’inflazione annuale sta scendendo ma quella mensile ristagna, la recessione presente nel primo trimestre è stata soltanto intensificata a marzo.

Il Regno Unito in crisi lo spiega Osborne

La BCE, lo vedono tutti, sta percorrendo una strada molto diversa da quella scelta dalla Bank of England e dalla Federal Reserve che invece studiano dei programmi cosiddetti di asset. Per esempio la Fed ha la volontà di espandere la base monetaria e migliorare le condizioni del settore immobiliare. La Bank of England, invece, studia degli asset che dovrebbero poi favorire le imprese.

Niente entusiasmo sul fronte americano

La settimana post-pasquale di Piazza Affari

 Di rientro dalle vancanze pasquali, la Borsa ha dovuto fare i conti con i dieci saggi e con una settimana di scambi ridotta a soli 4 giorni. Al di là delle naturali oscillazioni, è interessante capire come si è concluso questo periodo.

Il debutto “lussuoso” di Moleskine

Piazza Affari ha chiuso con un rialzo molto lieve dello 0,62% e rispetto agli altri listini europei occorre dire che è andata molto bene visto che le principali borse dell’UE hanno chiuso in parità oppure in territorio negativo.

Sembra che a condizionare questo andamento dei mercati, sia stato il consueto discorso della BCE. Mario Draghi, infatti, è entrato nel merito della situazione economica del Vecchio Continente ma non ha dato indicazioni precise sulla strategia che intende perseguire la BCE per sostenere la crescita dell’Europa.

Piazza Affari non crede alla potenza dei dieci saggi

In pratica si prende atto dell’indebolimento dell’economia, dei rischi dell’Europa e del fatto che la ripresa oltre ad essere graduale è anche più lontana. L’unica certezza che Draghi dà ai mercati è che resterà invariato il costo del lavoro allo 0,75%.

Per quanto riguarda le vendite al dettaglio, invece, ci si aspetta un calo dello 0,3% rispetto al mese precedente, con un conseguente calo degli ordini industriali che salgono soltanto in Germania. Qui l’aumento degli ordini è addirittura superiore alle previsioni.

Telecom più vicina a 3 Italia

 Telecom, il gigante della telefonia tricolore non può accettare che in circolazione ci siano troppi competitors, quindi, come nel caso di 3 Italia, valuta con serietà la possibilità di inglobare le realtà che funzionano nello Stivale.

Il bello è che in questi giorni, quelle che sembrano soltanto delle indiscrezioni, sono state confermate proprio da Telecom. Adesso si deve aspettare l’11 aprile per conoscere i dettagli della proposta.

Superstipendio anche per Bernabé di Telecom

Durante il prossimo CdA, Telecom Italia dovrà discutere della fusione con 3 Italia. Il tutto mentre sono in atto delle trattative con il gruppo cinese Hutchinson Whampoa che deve per l’appunto studiare i dettagli della fusione con 3 Italia.

Al di là del risultato delle trattative è importante capire cosa ne pensa il mercato di questa fusione e tutti gli elementi raccolti finora fanno pensare che la trattativa sia ben vista. I titoli dei due attori del mondo “telefonico”, infatti, sono schizzati alle stelle.

Telecom raggiunge l’accordo con le parti sociali

Resta però da sciogliere un nodo, quello del beneplacito dell’Antitrust. Con la fusione tra Telecom Italia e 3 Italia, infatti, si creerebbe il primo operatore italiano di telecomunicazione e il Garante potrebbe non essere d’accordo con la fusione. In più ci sarebbero degli ostacoli di natura politica ed economica rappresentati dalla presenza indiretta nella trattativa di Banca Akros, Cheuvreux e Ubs.

 

I rischi italiani dell’uscita dall’euro

 La situazione economica italiana, indipendentemente dalle minacce delle società di rating, è a dir poco imbarazzante visto che il nostro paese, aggiustati i conti, si trova a far fronte a nuove emergenze economiche.

Questa situazione fa pensare che da un anno all’altro ci possa essere un nuovo capovolgimento di fronte. Insomma si crede a ragione che la situazione del nostro paese possa peggiorare e che l’Italia faccia la fine della Grecia o peggio di Cipro.

Si può tornare alla lira?

Il debito italiano, infatti, è già molto alto ma potrebbe arrivare a livelli insostenibili nel giro di due anni, toccare il tetto del 140 per cento. Una situazione che potrebbe essere difficilmente assorbita dall’Eurozona. In pratica un paese che abbia la moneta unica, non è pensabile che raggiunga certi livelli di reddito.

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

Che conseguenze ci potrebbero essere in questa situazione? In primo luogo si potrebbe avere una nuova fase d’instabilità politica e stando al Parlamento attuale, si potrebbe non raggiungere mai un punto di comunione. Il primo tentativo italiano potrebbe essere nella costituzione di un governo tecnico ma questo vorrebbe dire che anche decisioni politiche saranno prese dai tecnici.

La decisione più importante riguarderà l’adesione o il rifiuto dell’Europa. Se l’Italia fosse in procinto di dichiarare il fallimento, con un Parlamento diviso e un governo di tecnici, arriverebbe immediatamente alla decisione più drastica: l’abbandono dell’Europa.