Il successo del fisco italiano in Vaticano

 Il fisco italiano sta mettendo a segno un altro successo molto importante: introdursi nel Vaticano. Quanti, per anni, hanno pensato all’inaccessibilità del soglio pontificio, adesso, devono ricredersi. Molto di questo successo è chiaramente dovuto al nuovo Pontefice, Papa Francesco.

Milano chiude male la settimana segnata dal Papa

Come è stato sottolineato in molti giornali, Papa Francesco, di giorno in giorno, somiglia sempre di più al papa delle “prime volte”. Il fatto che sia il primo gesuita a diventare pontefice non è cosa da poco, ma è anche il primo successore di Pietro sudamericano. Tutto il suo atteggiamento ispira novità e il messaggio sembra di giorno in giorno più chiaro: toglietemi ogni cosa ma non toglietemi i miei fedeli.

La Chiesa al centro del dibattito e del mercato

È nel loro rispetto, quindi, che il fisco potrà entrare in Vaticano. A controllare cosa? Sicuramente il rispetto dei Patti Lateranensi che, per esempio, hanno definito del tutto esentasse i redditi dei dipendenti laici della Città Stato. Chi lavora in Vaticano è considerato un frontaliere speciale e non è tenuto a pagare le Irpef ed altri addizionali. Si tratta di un popolo di circa 3000 persone.

Quello che più insospettisce in tutta la storia, è la volontà di Papa Francesco: che voglia riformare le finanze del Vaticano? Lo Stato già nel 2011 ha chiuso con un rosso di 14,8 milioni di euro e questo vuol dire che le sue finanze vanno risanate. E l’IMU? Forse si giungerà ad una conclusione anche su questo.

Per Basilea III mancano i fondi

 Il settore bancario inizia a preoccuparsi perché in Europa ci sono diversi elementi che fanno pensare che la strada della crisi che doveva già essere stata abbandonata da un pezzo, persiste ancora ed è anche in salita.

Cipro contro l’Europa e contro la Germania

Basta pensare al caso di Cipro, della proposta di effettuare un prelievo forzoso sui conti deposito, che ha mandato in cortocircuito il sistema. Non solo per il fatto che tanti risparmiatori potrebbero veder rimpicciolito il loro gruzzoletto ma anche perché a Cipro si erano rifugiate anche molte banche straniere.

Il punto sul salvataggio di Cipro

Qualcuno insinua che l’entità del prelievo forzoso cipriota corrisponda esattamente all’esposizione delle banche tedesche nell’isola, mentre, per quanto riguarda l’Italia, sembra assodato che l’esposizione è talmente bassa che non ci saranno pericoli e grandi scossoni.

Fuori da Cipro, però, i problemi restano perché alle banche europee sembrano mancare i soldi necessari per sostenere il progetto del Basilea III. E non parliamo di poche centinaia di milioni di euro ma di ben 112 miliardi.

L’Autorità europea di controllo del sistema bancario, in questo momento, ha pensato di mettere in chiaro cosa succederà dall’entrata in vigore del nuovo sistema di requisiti di capitale. In pratica le banche dovranno rafforzare i loro mezzi. Alcuni gruppi bancari, come ad esempio Intesa Sanpaolo e Unicredit, si sono portati avanti con il lavoro ma non basta.

 

La produzione industriale si riprende ma la crisi continua

 Una buona notizia, almeno una, sul fronte finanziario, ci deve essere. L’Istat ha deciso di esserne il megafono annunciando che la produzione industriale è pronta al rimbalzo nel nostro paese, anzi il rimbalzo è già iniziato.

Chiude in rosso Milano ma non si parla di contagio

L’Istat prende in mano i dati riferiti a gennaio 2013 e spiega che rispetto a dicembre c’è stato un incremento della produzione industriale dello 0,8 per cento. Un aumento molto lieve, forse trainato dall’entusiasmo per il nuovo anno, che non ha lasciato indifferenti i mercati.

Si tratta tra l’altro del rialzo mensile più consistente dall’agosto del 2011. Su base annua, però, l’indice della produzione industriale non si muove nella stessa direzione dell’indice mensile e infatti si parla di un calo del 3,6 per cento, il diciassettesimo ribasso consecutivo.

Segni di rialzo della produzioni industriale italiana

L’Istat spiega che rispetto al gennaio del 2012 ci sono comunque dei settori in cui la crescita è assolutamente importante. Per esempio il settore delle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco che è cresciuto del 4,8 per cento. Allo stesso modo è in aumento del 3,7 per cento anche il settore industriale che si dedica alla fabbricazione dei computer, dei prodotti dell’elettronica, degli strumenti ottici, degli apparecchi elettromedicali e di quelli di misurazione degli orologi. In rialzo del 3,5 per cento anche le industrie tessili, l’abbigliamento, le pelli e gli accessori.

Marchionne e lo stipendio nel periodo di crisi

 La Fiat, la prima grande industria automobilistica del paese, da mesi e da anni arranca perché le aziende per risparmiare hanno deciso di delocalizzare la produzione o di fondersi con altre aziende per rilanciarsi sul mercato.

Quanto la Fiat era in crisi nera, si è pensato che la soluzione fosse nell’affidare la gestione dell’azienda ad un uomo esperto del settore delle automotive, Sergio Marchionne, legato a doppio filo con l’America, da dove è arrivata subito la prima proposta per la Fiat: la fusione con Chrysler.

Fiat vola in borsa dopo l’accordo sindacale

Tutte queste manovre non sono state “provvidenziali” per l’azienda italiana, soprattutto perché il settore automobilistico sta affrontando un calo strutturale delle vendite e delle immatricolazioni in tutta Europa. Si vende meno e si continua a produrre tanto.

Ma non è l’unica cosa che non va. Si apprende in fatti che in un momento di crisi Sergio Marchionne non ha comunque rinunciato al suo super stipendio, anzi, ha deciso di aumentarselo. Una notizia che ha fatto il giro di tutti i giornali e potrebbe influire anche sull’andamento del titolo in borsa.

Marchionne minaccia l’Italia

Anche con l’impatto positivo della Chrysler, la Fiat, nel 2012, ha chiuso con un buco di 1 miliardo di euro, speculari al miliardo di euro di profitti accumulati nel 2011. Eppure il salario di Marchionne è passato dai 5 milioni di euro del 2011 ai 7,4 milioni di euro del 2012 con un incremento del 47,7 per cento.

Cipro contro l’Europa e contro la Germania

 In queste ore l’isola di Cipro è al centro di un forte scossone politico ed economico perché per la prima volta nella storia d’Europa gli aiuti forniti al paese per evitare il default, sono stati vincolati ad una riforma fiscale considerata discutibile.

Che poi non si può certo parlare di riforma fiscale, quanto piuttosto di applicazione di un’imposta: il famoso prelievo forzoso sui conti deposito che scontenta i cittadini ma ha lasciato a bocca aperta anche il governo. La tensione è tale da estendersi in tutta Europa.

Commerzbank e il prelievo forzoso in Italia

I cittadini ciprioti, però, non ce l’hanno mica con tutta l’UE che alla fine l’aiuto di 10 miliardi di euro ha anche deciso di darlo, ma ce l’hanno con la Germania e con la sua Cancelliera, per una serie di fatti che cominciano già ad additare come “strane coincidenze”.

Il ragionamento è semplice: l’Europa vuole dare 10 miliardi di euro a Cipro ma Cipro deve promettere di fare un prelievo forzoso sui conti deposito che vale 5,8 miliardi di euro. Questa cifra rappresenta esattamente il valore dell’esposizione finanziaria delle banche tedesche nei confronti di Cipro.

Chi c’è dopo Cipro?

L’idea di sostituire gli interventi strutturali nel paese con questo prelievo, dunque, insospettisce molti. Ma le coincidenze non si fermano qui: per esempio è stato scelta la misura sui risparmi proprio quando la settimana cominciava con una festa e proprio nell’anno in cui l’isola torna al voto.

Dall’Euro potrebbe sempre uscire la Germania

 La Germania, che rappresenta il cuore pulsante dell’economia europea, potrebbe decidere presto di uscire dall’euro. Attenzione, stiamo facendo soltanto un’ipotesi che per quanto strampalata ci abitua ad un’analisi degli scenari molto accurata.

Commerzbank e il prelievo forzoso in Italia

Il fatto è che il sentimento antieuro e antieuropeista è al centro di moltissimi discorsi  nel nostro paese e nell’UE, perché adesso, in questo momento di grande fragilità del Vecchio Continente, anche la perdita di un solo paese nello scacchiere europeo, sarebbe fatale.

Tutti si sono messi sul piede d’allerta sentendo dell’ascesa del Movimento 5 Stelle in Italia, un voto che per quanto possa essere di protesta, accoglie in sé il malcontento per la situazione economica del paese. Ma questo non vuol dire che siamo gli unici ad essere interessati dalla crisi dell’Euro.

La Germania contro l’antieuropeismo italiano

Anche la Germania, per esempio, cova le serpi al suo interno e il partito anti-euro “Alternativa per la Germania” sta prendendo piede nel paese. Se il governo tedesco decidesse allora di uscire dall’euro tornando al marco, cosa ci si può aspettare che accada?

Il marco potrebbe apprezzarsi nei confronti dell’euro e delle altre valute, anche del 40 per cento e questo potrebbe determinare la definitiva perdita di competitività del paese. Gli investimenti non sarebbero più così appetibili e quindi è probabile che la considerazione della Germania tra gli investitori, sarebbe in discesa. Infine i rimborsi dei crediti verso l’estero che sarebbero restituiti con sempre maggiore difficoltà.

Morgan Stanley e la nuova visione sull’oro

 In un momento di alta tensione valutaria, come quello che stiamo vivendo in Europa, gli investitori presenti nel Vecchio Continente si chiedono se ci sia qualcosa di meno speculativo e al tempo stesso meno rischioso dell’euro.

Nuove stime sull’oro

La risposta è chiaramente nelle materie prime e si chiama oro. Eppure, in questi anni, l’oro ha messo a segno dei rialzi in discussi ma adesso la tendenza sembra completamente opposta. Già alla fine dell’anno mentre la maggior parte delle banche d’affari pensava all’oro oltre i 1900 dollari l’oncia, qualcuno illustrava i sintomi di un cambiamento del trend.

Qualche giorno fa, anche Barclays ha rivisto la sua visione del mercato aurifero spiegano che l’oro non crescerà come previsto. Anzi, la discesa del metallo, già iniziata da qualche settimana, dovrebbe proseguire fino all’ultimo trimestre del 2013.

Oro in discesa anche per Société Générale

Oggi, invece, prendiamo in esame quello che dice Morgan Stanley che sul mercato dell’oro ha una visione contraria a quella dominante. Infatti, mentre tutti sono impegnati a tagliare le stime di crescita del metallo giallo, Morgan Stanley resta convinta del fatto che il prezzo dell’oro tornerà presto a crescere.

 Barclays suggerisce le commodities per il 2013

La banca americana ne è convinta, visto che in previsione ci sarebbe un ritorno agli acquisti che da gennaio sono calati del 5 per cento. L’oro dovrebbe quindi arrivare a 1773 dollari l’oncia entro la fine del 2013 e poi portarsi a 1845 dollari l’oncia entro il 2014.

 

Commerzbank e il prelievo forzoso in Italia

 Tutti i paesi, da Cipro in poi, se vogliono essere aiutati dall’Europa e dal Fondo Monetario, dovranno accettare di mettere in campo alcune riforme. Quella legata al fisco e alle tasse su rendite e risparmi, sembra la più semplice da fare, anche se poi sorgono i problemi nell’accettazione della proposta.

Secondo alcuni analisti, quello che è successo a Cipro, presto succederà anche ad altri paesi. Per il momento, però, Nicosia sembra respingere gli aiuti e pensa all’uscita dall’euro, come unica soluzione al passaggio verso una situazione economica più sostenibile.

La versione di Saxo Bank su Cipro

Se quello che succede a Cipro oggi, succederà ad altri paesi dell’Europa domani, allora forse è il caso di prendere in considerazione le parole di Joerg Kraemer, il CEO della Commerzbank che dice:

“Anche l’Italia dovrebbe applicare un prelievo del 15 per cento sulle attività finanziarie”.

E non parliamo certo dalla Tobin Tax che fino a prova contraria parte da luglio. La Germania, così, prova a mettere sotto pressione il nostro paese tirando in ballo delle misure adottate in passato, come ad esempio il 6 per mille sui conti correnti a sostegno della lira messo a punto dal Governo Amato.

Tobin tax sulle azioni al via

E perché l’Italia dovrebbe seguire l’esempio di Cipro? Secondo il capo della Commerzbank per un motivo semplice: il debito pubblico nostrano, ormai, è ingestibile.

 

Chi c’è dopo Cipro?

 La storia del salvataggio di Cipro non ha precedenti e infatti è mal digerita sia dalla popolazione sia dal governo del paese. Per la prima volta, infatti, l’Europa ha vincolato l’erogazione dei fondi, degli aiuti, ad una riforma del comparto fiscale. 10 miliardi di euro pronti sul piatto se si procederà con il prelievo sui conti deposito.

 Il punto sul salvataggio di Cipro

Il governo, non proprio d’accordo con la misura proposta, ha deciso tentare con la differenziazione del prelievo, promettendo di andare a prendere da chi ha più risparmi. Ma la tensione, in due giorni, è aumentata molto.

 La versione di Saxo Bank su Cipro

Il prelievo forzoso sui conti deposito, se dovesse essere in qualche modo digerito, non sarà sicuramente confinato all’esperienza di Cipro. Al contrario anche l’Italia, la Grecia, la Francia, la Spagna e l’Irlanda potrebbero doversi adeguare al new deal europeo.

 Tutte le borse chiudono in rosso per colpa di Cipro

Non è un’ipotesi da prendere sottogamba, soprattutto se a parlarne è un membro autorevole del Partito Democratico di Cipro che è convinto che presto questa misura sarà allargata all’Europa dei 17. In teoria, dal prelievo fiscale così studiato, si dovrebbero recuperare 5,8 miliari di euro, non pochi, che sommati a quelli dell’Europa, riuscirebbero a mettere in sicurezza le casse dello stato.

Ma è davvero già stato deciso tutto? E come reagiranno gli altri stati a questa proposta?

Tutte le borse chiudono in rosso per colpa di Cipro

 La tensione generata dall’affare cipriota riesce a tenere con il fiato sospeso le borse di tutto il mondo. Quella americana come quella italiana, tutte coinvolte in una spirale ribassista. A perdere terreno, era da aspettarselo, sono prima di tutto le borse europee coinvolte in modo diretto nel salvataggio di Cipro.

Il punto del FT sulla crisi europea

La banca centrale di Cipro, infatti, in questo momento ha fatto sapere che devono essere ratificate le proposte di aiuto da parte dell’Europa che è disponibile ad erogare anche 10 miliardi di euro ma a fronte di un prelievo forzoso sui conti deposito detenuti nel paese. I politici ciprioti e i cittadini hanno rimandato al mittente la proposta, fin dal primo giorno, ma la banca centrale pone un aut aut: o si votano gli aiuti o si esce dall’euro.

Il punto sul salvataggio di Cipro

Madrid e Milano accusano subito il colpo con una flessione superiore all’1 per cento. Mentre in Spagna pesa l’aumento dell’insolvenza creditizia, in Italia, invece, a far perdere quota alla borsa ci pensano i titoli bancari, come Ubi, Banco Popolare, Unicredit e Mediobanca. Non vanno meglio le borse di Parigi e Francoforte che cedono rispettivamente lo 0,89% e lo 0,51%. Da questa baraonda si salva soltanto il mercato della City che viaggia sul terreno della parità.