L’indice di forza relativa nel ForEX

 Il ForEX è un terreno d’investimento molto interessante ma è anche sottoposto a numerose variazioni. Per quanto non sia possibile avere la certezza del trend, è anche vero che con una serie d’indicatori, chi investe nelle opzioni binarie ha una vita p semplice. Uno di questi strumenti è sicuramente l’indice di forza relativa che fa parte degli indicatori oscillatori.

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L’indice di forza relativa, in inglese Relative Strenght Index (RSI), è un oscillatore molto comune tra i traders che seguono in modo molto interessante l’indice creato da John Welles Wilder. Siamo nel 1978 e in un momento di forte oscillazione del mercato valutario, Wilder vuole fare delle previsioni, quindi osserva e concepisce che esiste un indice per calcolare la velocità e la grandezza dei movimenti dei prezzi in un trend.

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L’RSI quindi calcola la velocità di salita o di discesa del prezzo di una valuta e lo fa mettendo in relazione le chiusure alte e quelle basse in un range definito. Se una valuta ha avuto molti cambiamenti positivi in un periodo determinato di osservazione, avrà anche un RSI alto e viceversa le monete che hanno avuto cambiamenti negativi, avranno un RSI basso.

Secondo molto investitori questo indicatore è utile per la determinazione del sentiment degli investitori nei confronti di una coppia di valute.

Banche in crisi si torna a parlare di esuberi

 Se una banca sta bene, con i conti e con i prodotti erogati, insomma ha i suoi clienti e quasi tutti sono buoni debitori, non può certo parlare di esuberi, perché di forze fresche ne ha bisogno. Invece, come sappiano, anche le banche più forti, oggi, vacillano sotto il peso di una crisi prolungata. Gli aiuti che alle banche sono stati forniti prima dalla BCE e poi dallo Stato, sembrano quasi insufficienti.

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Da cui a quattro anni, fino al 2017, il mondo delle banche dovrà stare dietro ai licenziamenti. Complessivamente sono stati messi in lista ben 43 mila esuberi. Di questi, 23 mila sono già stati portati a compimenti nel triennio che va dal 2008 al 2011. Che le banche abbiano degli esuberi e che si proceda con i licenziamenti, vuol dire che ci saranno presto le chiusure degli sportelli, gli esodati e coloro che “si salveranno” usando uno scivolo.

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Il presidente della Federazione Autonoma Bancari fa sapere però che soltanto il 10 per cento dell’incremento delle sofferenze bancarie può essere attribuito alla crisi, il restante 7 per cento si deve alla cattiva gestione. C’è poi la burocrazia che ci mette lo zampino ritardando la ripresa. Le dieci banche che adesso saranno colpite maggiormente dagli esuberi potrebbero conoscere la flessione del titolo in borsa per questo le riportiamo di seguito sperando di dare una mano agli investitori. Si tratta di Monte dei Paschi di Siena, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Gruppo UBI, BNL, Cariparma, Banco Popolare, BPM, Gruppo Delta e Banca delle Marche.

Gli immobili di lusso ci sono ma non si comprano

 Gli immobili di lusso, nel nostro paese, sono parecchi e per anni sono stati l’oggetto dell’investimento immobiliare di tanti magnati arabi. Adesso invece la crisi ha colpito anche questo settore così che si arriva a dire che le residenze di lusso, pur rappresentando una parte importante del patrimonio italiano, sono difficili da piazzare sul mercato.

La lunga vendita delle abitazioni di lusso

Chi vuole un’abitazione di questo tipo, chiaramente, non ha certo un problema economica ma è anche vero che i prezzi degli immobili di un certo calibro sono rimasti troppo alti e così piazzarli sul mercato è sempre più difficile. Le statistiche dicono anche che si sono allungati i tempi di vendita: mentre nel primo semestre dell’anno scorso per vendere un’abitazione di lusso dovevano passare almeno 13,9 mesi, adesso, invece, è necessario aspettare anche 16,5 mesi.

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Il problema sembra essere nella qualità architettonica degli immobili di lusso che lascia a desiderare gli acquirenti. Un quadro approfondito della situazione, l’ha fatto l’Osservatorio di Tirelli & Partners che si occupa principalmente di edifici di lusso.

Da un lato, in questo periodo, ci sarebbe la carenza di richieste da parte degli acquirenti e dall’altra l’insoddisfacente stato degli immobili di lusso. Negli ultimi anni, poi, è cresciuto anche il gap tra il prezzo effettivo di vendita e il prezzo richiesto in prima battuta dal venditore.

Si chiede un prestito soprattutto per ristrutturare

 La richiesta di un prestito, generalmente, è subordinata ad una motivazione precisa. Sembra che vada per la maggiore la richiesta dei prestiti per la ristrutturazione della casa. Gli italiani, in effetti, da sempre hanno posto un’attenzione particolare, una venerazione, all’investimento nel mattone.

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Quasi tutti desiderano possedere una casa di proprietà ma dopo questo primo acquisto è necessario sostenere altre spese. Oggi, con la crisi, le persone che riescono ad accendere un mutuo, sono diminuite e questo comporta che l’acquisto della casa sia sempre più complicato.

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Forse è da questa difficoltà che nasce il boom di richieste di prestiti per ristrutturazione. A dirlo è l’osservatorio Supermoney che ha rilevato infatti che il primo motivo per cui gli italiani chiedono un prestito è la casa da ristrutturare.

I dati parlano chiaro anche se sono riferiti ai mesi di novembre e dicembre del 2012 e al mese di gennaio 2013. In questi tre mesi le richieste di prestiti online sono aumentate. Il 29 per cento delle richieste erano per la ristrutturazione dell’immobile o per l’acquisto di nuovi elementi di arredamento. Il 28 per cento delle richieste sono invece per liquidità e il 21 per cento per l’acquisto di una nuova auto.

A livello geografico le richieste di prestiti per ristrutturazione sono soprattutto arrivate dal sud Italia, in particolare dalla Calabria, dalla Sardegna e della Campania.

La Cina e la crisi del debito in arrivo

 I mercati asiatici accelerano la ripresa ma ad andar bene è soprattutto il Giappone che cresce tornando ai livelli precedenti al crack Lehman Brothers. Della Cina si dice soltanto che pur avendo rallentato la sua crescita è stata capace di moltiplicare le esportazioni.

I mercati asiatici accelerano la ripresa

La più grande economia del mondo, che per troppo tempo è stata trascurata dai mercati, adesso che è sulle prime pagine della cronaca finanziaria, rischia di finire nel mirino degli speculatori. Le prospettive sulla Cina, infatti, non sono buone. Il potenziale rallentamento fa prevedere una crisi del debito.

Sui bond giapponesi l’effetto-Kuroda

Contribuisce sicuramente a questo stato di cose anche il taglio alle spese operato dagli Stati Uniti. Gli ultimi dati disponibili per l’interpretazione della situazione, sono quelli che riguardano l’HSBC e i dati del PMI manifatturiero di febbraio.

Secondo gli analisti che hanno preso in esame il report, i risultati sono al di sotto delle aspettative. L’HSBC è sceso dal 52,3 al 50,4 mentre per l’indice della produzione manifatturiera, in un mese, è passato dal 50,4 al 50,1. Ci si aspettava invece un lieve incremento del valore.

I due elementi presentati, per analogia con gli altri paesi che hanno avuto problemi simili, dimostrano che siamo agli albori di una crisi del debito. Si tratterebbe di un vero disastro finanziario.

I mercati asiatici accelerano la ripresa

 Dopo la bancarotta della Lehman Brothers, l’Asia non era più riuscita ad ottenere tali performance. Adesso tutto fa pensare che il Giappone sia fuori dalla crisi visto che le performance del mercato di Tokyo sono andate oltre i livelli pre-crack.

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I listini europei sono rimasti sulle corde ma lo spread tra Bund e BTp, a fine giornata, si era accorciato, fermandosi sui valori di 305 punti base. I dati sull’industria tedesca e quelli sul lavoro negli USA potrebbero modificare l’andamento delle quotazioni.

 Sui bond giapponesi l’effetto-Kuroda

Gli investitori, soprattutto quelli attenti alle evoluzioni asiatiche, sono rimasti piacevolmente sorpresi da quanto visto in questi giorni e adesso sperano che non intervengano elementi critici a distogliere il Giappone dal cammino verso l’uscita dalla crisi. Il problema, in tal senso, è rappresentato dalle parole di Draghi che ha posticipato la ripresa dal secondo semestre del 2013 al primo trimestre del 2014.

 La Cina e la crisi del debito in arrivo

Il Giappone, intanto, è uscito dalla recessione. Il PIL, nel 2012, è cresciuto del 2 per cento e sembra sia stato sostenuto dai lavori di ricostruzione seguiti allo tsunami. In realtà sono aumentati considerevolmente anche i consumi della popolazione. Lo yen, parallelamente alla ripresa economica, perde valore ed ha raggiunto i livelli minimi del 2009.

Da tenere d’occhio anche la Cina, sul versante asiatico, perché è vero che è rallentata l’economia ma sembra ci sia stato il boom delle esportazioni.