Apple pronta per le ultime novità

 I tempi della crisi non sono finiti, anzi, gli Stati si stanno attrezzando per “sostenere” la debolezza economica sul lungo periodo. Gli stati come le aziende che cercano escamotage per non perdere competitività con i loro prodotti e per fare in modo che siano appetibili sul lungo periodo ad un gruppo di consumatori con sempre minore potere d’acquisto.

Apple chiede aiuto agli executive

La Apple ha intenzione di non lasciare nemmeno un punto percentuale di crescita sul terreno e da diversi mesi non fa che annunciare un iPhone economico. In realtà l’azienda di Cupertino non ha svelato le carte ma molti siti esperti delle strategie di Cupertino, parlano di “coincidenze” importanti.

Apple cede nel giorno in cui cresce Wall Street

Per esempio, il sito giapponese Macotakara ha ripreso il discorso sull’iPhone low cost, spendendo numerosi post sulle particolarità del prodotto: avrebbe uno chassis in policarbonato, sarebbe venduto ad un prezzo inferiore rispetto ai modelli ora in circolazione e potrebbe determinare uno slittamento nella presentazione dell’iPhone 5S.

Low cost, tanto per intenderci, vuol dire che il prodotto in questione sarà venduto a circa 330 dollari e avrà come obiettivo, quello di scardinare la concorrenza rappresentata dai prodotti che sfruttano il sistema operativo Android oppure Windows Phone.

I margini lordi dell’azienda dovrebbero così tenere il passo, senza sprofondare nella crisi, con un interessante tenuta del titolo di Cupertino che da poco ha provato a sensibilizzare i suoi manager sulla gestione finanziaria dell’azienda.

La Cina sarà il maggiore importatore di oro nero

 E’ successo a dicembre: la Cina ha superato gli Stati Uniti nell’importazione del petrolio e questa evenienza sembra dovuta all’incremento della produzione economica del paese e all’aumento dei consumi della classe media cinese.

Nel 2012 gli Stati Uniti avevano annunciato con sicurezza che in futuro sarebbero diventati i maggiori produttori di petrolio del mondo, i primi in assoluto, superando anche l’Arabia Saudita e cercando d’incentivare la soddisfazione della domanda interna del paese.

Non si è accennato al fatto che il 2013, dal punto di vista della produzione del petrolio, sarebbe invece stato all’insegna della Cina che pur avendo rallentato nella crescita economica, occupa ancora un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale.

I dati ufficiali devono ancora essere diffusi ma sembra che il sorpasso ci sia stato e a documentarlo sono i report del Financial Times che, riguardo all’America parlano di un calo delle importazioni pari a 5,98 milioni di barili al giorno. Un livello che non si registrava dal lontano 1992. Le importazioni cinesi, invece, sono cresciute fino a 6,12 milioni di barili al giorno.

Il sorpasso è stato possibile in virtù della crescita economica della Cina che ha comportato una richiesta importante di materie prime. Il calo delle importazioni negli Usa, invece, si lega al fatto che il paese ha puntato molto sulle rinnovabili ed ha cercato di soddisfare autonomamente la richiesta di petrolio.

 

Marchionne minaccia l’Italia

 L’Italia, alla fine delle elezioni, ha dimostrato che la popolazione è ampiamente scontenta di come vanno le cose e il voto al Movimento 5 Stelle, non è un voto di protesta, come si affrettano a dire in tanti, ma un voto contro l’austerity e un voto contro una serie di imposizioni economiche e fiscali inefficaci a garantire la ripresa.

Confermata la crisi del settore auto UE

Si è tornati così a parlare di una possibile uscita dell’Italia dall’euro. Ma a chi farebbe bene questo abbandono della moneta unica? Non di certo agli investitori, stando a quanto dichiarato da Sergio Marchionne. L’amministratore delegato della FIAT, infatti, durante il Salone dell’Auto di Ginevra, ha addirittura minacciato il nostro paese spiegando che se non si mette un freno all’instabilità politica, non ci saranno più investimenti della FIAT in Italia. Marchionne minaccia di abbandonare lo Stivale anche nel caso si decida di lasciare l’euro.

Continua la crisi dell’auto

Una dichiarazione che molti analisti hanno interpretato come il punto di vista di un imprenditore attualmente in difficoltà, alla guida di una delle aziende che maggiormente stanno perdendo terreno in Europa. Il settore delle automotive, in generale, è in crisi e in Europa sono diminuite le vendite. A crescere restano soltanto le imprese asiatiche.

Marchionne, poi, ha approfondito il tema degli investimenti, spiegando che ci si è concentrati molto sui titoli Chrysler.

Londra contro il tetto ai superstipendi

 Le ultime dichiarazioni che arrivano dalla City di Londra creano un neo difficilmente eludibile per gli investitori che ripongono speranza nella reputazione e nell’andamento dell’economia del Regno Unito. Tra l’altro, negli ultimi mesi, il Regno Unito aveva dimostrato di non navigare in buone acque.

 Sui tetti ai superstipendi parla l’SPD

Le dichiarazioni riguardano i superbonus dei manager delle banche. Gli avvocati degli istituti di credito inglesi, da ieri, hanno ottenuto un mandato per avviare una causa contro l’Unione Europea che ha raggiunto un accordo sugli stipendi dei banker.

In pratica, la parte variabile della remunerazione di un banker può essere elevata fino a raddoppiare lo stipendio fisso, oppure può essere triplicato ma in questo ultimo caso l’aumento deve essere approvato con la maggioranza qualificata dall’assemblea dei soci della banca. Sotto accusa ci sarebbe quindi una decisione presa dalla Commissione e dal Parlamento UE e dal Consiglio europeo.

 Gli stipendi italiani tra i più bassi d’Europa

I legali inglesi, che hanno già fatto una loro ipotesi, si sono rivolti al Financial Times per le dichiarazioni, spiegando che la disposizione europea viola le costituzioni in alcuni stati membri, come possono esserlo l’Austria, la Germania e la Polonia.

Peccato che questa decisione sia stata ratificata a gran voce in Svizzera e subito dopo anche la Germania ha seguito l’esempio della Confederazione e i legali inglesi, adesso, potrebbero trovarsi davanti ad una misura molto popolare e difficilmente espugnabile.

Scende lo spred e vanno bene le banche

 Le difficoltà economiche che interessano l’Italia, sono condivise con il resto dell’Eurozona ma oggi la cronaca finanziaria non sembra essere interessata alla decrescita del PIL, quanto piuttosto alle decisioni delle diverse banche centrali che stanno cercando di convogliare gli sforzi per sostenere le economie dei diversi paesi.

L’Istat manda a picco Piazza Affari

Il fatto che tutti siano concentrati sulle banche centrali, si evince anche dalla chiusura delle borse di Wall Street ieri sera e di Tokyo stamattina. La borsa americana è cresciuta poco ma è in ascesa dello 0,27%, resistendo alle cattive performance di un titolo importante come Apple. Tokyo, invece, ha chiuso ugualmente in positivo trainando verso l’alto le piazze europee, Milano, per esempio, ma anche Parigi, Londra e Francoforte.

In discesa il cambio tra euro e dollaro americano

Mentre per l’Italia scende lo spread, è in corso l’Ecofin, dove, per il nostro paese, partecipa il ministro uscente dell’economia, Vittorio Grilli. All’ordine del giorno ci sono il superbonus per la banca e il sistema bancario Basilea 3 che, inizialmente hanno messo d’accordo tutta l’Europa.

Le borse di tutto il mondo, comunque, sono in rialzo dopo le dichiarazioni del vice presidente della Fed e del governatore in pectore della Bank of Japan, riguardo la necessità di continuare nel caso dell’America con il programma di acquisto mensile dei bond e nel caso del Giappone con l’acquisto dei titoli di stato a lunga scadenza.

In aumento le imprese straniere in Italia

 In Italia non solo l’indice di natalità è in mano alla popolazione straniera residente nel nostro paese ma gli immigrati abbiano anche le redini dell’economia tricolore. Gli stranieri, extracomunitari e non, arrivano in Italia e non per fare soltanto gli operai, o lavori poco qualificati. In  moltissimi casi diventano imprenditori di qualità. Una recente ricerca di Unioncamere conferma questa fotografia.

 I motivi del boom delle partite Iva under35

Nel 2012, spiega l’unione delle Camere del Commercio italiane, le imprese straniere in Italia sono cresciute del 5,8 per cento, soprattutto grazie all’intraprendenza di marocchini e cinesi, ma sembra che l’imprenditoria non abbia più segreti nemmeno per i cittadini del Bangladesh. Nella maggior parte dei casi questi cittadini stranieri lavorano nel settore delle costruzioni o nel settore del commercio.

Nel 2012 è stato boom di donne imprenditrici

In tutto, le imprese in Italia capitanate da cittadini stranieri, sono 480 mila e sono circa 24 mila più dell’anno scorso. Gli imprenditori più attivi sono i marocchini, titolari di 58555 attività, a seguire ci sono i cinesi con 42703 attività e gli albanesi con 30475 attività. Quello che sorprende è l’aumento delle imprese dei cittadini che arrivano dal Bangladesh, che in aumento sono aumentate di 3180 unità.

Secondo il presidente di Unioncamere, queste imprese straniere sono anche in grado di offrire opportunità di lavoro ad altri cittadini in cerca di occupazione, stranieri e non e questo fa ben sperare per le dinamiche occupazionali del nostro paese.

Continua la crisi dell’auto

 La crisi del mercato dell’auto continua e se c’è un settore in cui non conviene proprio investire, è quello delle automotive. Almeno in Europa dove le varie nazioni devono fare i conti con un calo della produzione, con aziende che vanno avanti sempre a fatica. In Francia, ad esempio le vendite sono calate del 12 per cento in un anno.

Volkswagen ambasciatrice Made in Italy

Sperare nelle esportazioni è abbastanza utopico visto che una situazione simile a quella francese la sta vivendo anche il Giappone. A far registrare utili sotto la media ci sono molte aziende, per esempio la Ford che ha registrato un vero crollo, a differenza delle altre “consorelle” che procedono a singhiozzo. L’unica azienda che sembra tenere nel panorama europeo è la Volkwagen. In crescita, invece, le aziende asiatiche.

Anche Peugeot Citroën in crisi

Il marchio Fiat, tanto per fare uno zoom sulla realtà nostrana, registra crolli molto simili alle altre aziende automobilistiche europee. Il Lingotto, nell’ultimo anno, fa così segnare una flessione dell’11,8 per cento.

Il 2013 non sembra comunque migliore, dato che il secondo mese dell’anno ha fatto segnare tantissimi ribassi nel mercato dell’auto, soprattutto in Francia, in Spagna e in Giappone. Diminuiscono le nuove immatricolazioni, anche del 12 per cento. Particolarmente penalizzate le macchine di Psa-Peugeot-Citroen e Renault. Va un po’ meglio ma non è in crescita il marchio Dacia.

Dall’America l’idea del sequester

 Dagli Stati Uniti è arrivato un termine che ha ossessionato la cronaca economica della fine dell’anno scorso fino alla fine di gennaio: il fiscal cliff. Il pericolo del baratro fiscale ha tenuto con il fiato sospeso milioni di americani che hanno infatti rischiato di perdere numerose agevolazioni emanate dall’amministrazione Bush.

► Scattato il sequester degli Usa con tagli per 85 miliardi

Adesso il neo-rieletto presidente Barack Obama sta per lanciare un nuovo termine economico: sequester. E’ facile immaginare che la presidenza americana ha intenzione di restringere il volume delle spese e Obama ha già firmato una legge che impone 85 miliardi di euro di tagli. Il Presidente, in un discorso abbastanza allarmato, ha spiegato che se il Congresso non trova l’accordo sulla proposta dei tagli, la ripresa economica dell’America sarà molto complicata. Gli Stati Uniti dovranno fare i conti con 750 mila posti di lavoro persi.

Negli Usa scatta la sequestration

La legge, per la perentorietà della proposta, è stata soprannominata “sequester”. Si temeva da tempo un’evoluzione simile dei bilanci del paese, ma adesso i tagli alla spesa pubblica americana sono legge. Il primo marzo c’è stato il primo voto in Congresso e non è stato raggiunto l’accordo. I tagli proposti, tra l’altro, valgono per due trimestri fino a settembre ma per risanare le finanze, dicono gli esperti collaboratori di Obama, è necessario operare 1200 miliardi di tagli in 10 anni.

Apple chiede aiuto agli executive

 La gestione finanziaria di un’azienda è tanto importante quanto la gestione del ciclo di produzione, per questo Apple ha deciso di sensibilizzare il management pubblicando delle linee guida. In sostanza si chiede ai manager di tenere un tot di azioni Apple, commisurato allo stipendio percepito e per un minimo di 5 anni.

Apple pronta per le ultime novità

Le linee guida per il management sono entrate in vigore il 6 febbraio scorso e prevedono nel dettaglio che gli executive conservino per cinque anni le azioni di Cupertino per un valore pari a 3 volte il loro stipendio di base. L’unica eccezione possibile si fa per l’amministratore delegato, Tim Cook.

Apple cede nel giorno in cui cresce Wall Street

A lui è chiesto di tenere azioni per 10 volte il valore del suo stipendio di base, aumentato del 50% fino a 1,36 milioni di dollari, e per un numero di anni non inferiore a 10. Queste linee guida hanno il chiaro obiettivo di sensibilizzare il management di Cupertino riguardo la parte finanziaria dell’azienda, la gestione del patrimonio azionario e via dicendo.

La proposta era già stata fatta durante il meeting annuale degli azionisti, ma in prima battuta la proposta era stata bocciata. A far passare  le linee guida ci hanno poi pensato gli investitori istituzionali.

In pratica, preoccupati dell’andamento del titolo Apple, investitori come il Calpers, avevano promosso le linee guida protettive del titolo della Mela morsicata.