Il nuovo presidente dello IOR

 Il Vaticano è “compromesso” con il mondo della finanza per numerosi aspetti. Sicuramente è rimasta nella mente di tutti la questione legata ai POS di Deutsche Bank che hanno determinato la fine – temporanea sia inteso – dei pagamenti con carta nello stato della Chiesa.

Questo “piccolo incidente”, adesso, viene quasi additato come premonitore, rispetto a quello che è successo a due mesi di distanza dal blocco di Bankitalia: le dimissioni di Benedetto XVI. Abbiamo già analizzato la correlazione tra elezioni, dimissioni e opzioni binarie, ma non abbiamo terminato la nostra analisi che già si torna a parlare della finanza vaticana.

In questi giorni, infatti, è stato eletto il nuovo presidente dello IOR: l’Istituto per le Opere Religiose, in pratica la banca vaticana.

La nuova nomina è caduta sulle spalle di un avvocato tedesco di 55 anni, che ha una formazione in Giurisprudenza ed Economia ed ha studiato nelle prestigiose università di Monaco e Bonn. Si tratta di Ernst von Freyberg. Nel suo curriculum il nuovo presidente dello IOR può inserire anche la presidenza della Blohm + Voss Schiffswerft und Maschinenfabrik, cioè una società che ad Amburgo si occupa di cantieristica navale, civile e militare.

La nomina di Ernst von Freyberg è stata votata all’unanimità dalla Commissione cardinalizia di vigilanza della banca, presieduta da Tarcisio Bertone. Il precedente presidente, Ettore Gotti Tedeschi, si era dimesso nel maggio 2012. Oggi un esponente dei Cavalieri di Malta ha preso il suo posto.

Morgan Stanley e gli investimenti del 2013

 Numerose banche d’affari tentano di spiegare agli investitori quali sono gli asset più remunerativi del 2013, tenendosi alla larga dalle opzioni binarie legate ai titoli di Stato. Insomma, se parliamo di Stati, meglio evitare di tirar fuori il portafoglio, visto che la situazione politica è decisamente instabile.

E’ vero che dove si corre il rischio c’è più gusto, ma investendo nelle giuste materie prime si ottiene comunque un buon risultato. Secondo Morgan Stanley il 2013 sarà l’anno delle materie prime perché la domanda, a livello internazionale, è aumentata parecchio e stanno acquisendo un ruolo decisivo anche le riserve dei paesi emergenti, prima tra tutte la Cina.

► La Germania riparte dall’oro

Attenzione però a quello che dicono i broker che tendenzialmente considerano rischioso l’investimento nelle materie prime. Morgan Stanley, invece, ha evidenziato ben otto commodities che possono dare risultati interessanti. I risparmiatori devono quindi puntare sull’oro che è da ritenersi un evergreen del settore, sulla soia, sul mais, sull’argento e sul platino.

► Tra le materie prime scegliete il rame

La domanda di oro, per esempio, resterà ancora alta, nonostante la spinta rialzista, adesso, sia più contenuta. Per effetto della correlazione che esiste tra oro e argento, anche quest’ultimo potrà risultare parecchio vantaggioso. L’inserimento del platino nel paniere è giustificato dai cali di surplus ottenuti dall’estrazione in Sud Africa. Tra le materie prime agricole spiccano la soia, il mais e il grano.

La Spagna di oggi preoccupa tutti

 Gli opzionaristi analizzano la Spagna prima della crisi, ma quel che preoccupa è soprattutto il futuro. La disoccupazione che è stata il risultato di una crisi importante del settore creditizio prima e dell’economia in generale poi, preoccupa molto il management, a corto d’idee per la risoluzione del problema.

In Spagna hanno provato a proporre un accordo tra i sindacati che risultava a danno dei lavoratori: molte aziende, infatti, proponevano di lavorare di più, mantenendo immutata la retribuzione, e volevano che questo accordo fosse rispettato per almeno tre anni. Cancellati tutti gli extra festivi, congelamento degli stipendi e 26 ore di lavoro in più in un anno: questo, ad esempio, il diktat del mondo della distribuzione.

 La debolezza dell’Italia, della Spagna e dell’UE

Intanto la disoccupazione cresce e a gennaio c’erano almeno 132.055 persone in più alla ricerca di un lavoro. Il tasso di disoccupazione, in termini percentuali, è aumentato del 2,72 per cento e si è arrivati a contare 5 milioni di disoccupati.

Di fronte a questa situazione è quasi automatico che si possa parlare di impoverimento della popolazione e la Croce Rossa lo conferma. Gli spagnoli, un po’ come gli italiani, non rinunciano alla pizza fuori casa e si scopre così che anche in questo settore il calo dei “viveur” è del 15 per cento circa.

 Questioni insolute e prospettive future dell’UE

Per il futuro le prospettive sono poche visto che il governo, attualmente, deve risolvere i problemi interni legati allo scandalo Rajoy.

Gli opzionaristi analizzano la Spagna prima della crisi

 Molto spesso, per interpretare cosa succederà tra non molti mesi, è necessario fare un’analisi lucida del passato. Per organizzare le idee è meglio procedere con una nazione alla volta, magari partendo da quelle maggiormente “in bilico”, dai paesi considerati rischiosi e periferici.

Molti analisti, alla luce degli scandali del governo e del piano pluriennale di austerity, hanno pensato di concentrarsi sulle scelte della Spagna.

► La debolezza dell’Italia, della Spagna e dell’UE

Madrid sta sicuramente meglio di Lisbona e di Atene, ma non naviga nel lusso e come per l’Italia le speranze di una ripresa repentina si allontanano. Anche in Spagna, tutto è cominciato dalle banche del paese che hanno avuto problemi di liquidità dopo l’introduzione dell’euro, nel periodo del boom immobiliare.

 I paesi del nord che rischiano la bolla immobiliare

Gli economisti si sono quindi accorti che il debito accumulato dagli istituti di credito era equivalente se non superiore al debito pubblico, non c’erano più investimenti e il tessuto economico era lacerato dalla disoccupazione, dovuta anche all’eccessiva rigidità del mercato.

L’unica via di scampo sembra quindi rappresentata proprio da una riforma del mercato del lavoro e per questo i politici si sono spesi nella ricerca di accordi tra le associazioni sindacali e i rappresentanti di categoria, proponendo impopolari decurtazioni degli stipendi e corrispondenti incrementi delle ore di lavoro.

Anche Peugeot Citroën in crisi

 Il 2012 è stato un anno drammatico per l’economia e soprattutto per il settore automobilistico. A risentirne però non è stata soltanto la FIAT, perennemente al centro dell’attenzione, ma anche industrie considerate più rodate e maggiormente in forma come ad esempio la Citroën Peugeot. 

Il gruppo industriale francese, nel 2012, è riuscito ad accumulare ben 5,01 miliardi di euro di perdite e nel 2011, non c’era stata alcuna avvisaglia di questa situazione, poiché il bilancio si era concluso con un utile di 588 milioni di euro. Secondo il Wall Street Journal che ha dedicato un po’ di spazio alla notizia, tutto dipende dalla più generale perdita di competitività dell’Europa.

 Crollo mercato auto dell’Ue: si scende ai livelli del 1993

Le perdite accusate dall’azienda in questione si sono quadruplicate rispetto al 2009, un altro anno che in termini storici può essere considerato come critico. Oltre alle perdite, della Citroën Peugeot sono scesi anche i ricavi che fanno registrare circa 55,45 miliardi di euro.

 I nuovi progetti di Volkswagen

In termini produttivi, sono state immessi nel mercato 2,82 milioni di auto, meno dell’anno precedente, infatti, nel 2011, le nuove macchine messe in campo sono state 3,09 milioni. L’ad dell’azienda automobilistica ha spiegato che la situazione tornerà nei ranghi entro il 2015, visto che è stato già avviato un piano di ristrutturazione che include il taglio dei costi, ma anche una migliore attività di vendita e un taglio dei posti di lavoro.