ENEL pronta per il piano di dismissioni

I governi rilanciano il mercato immobiliare è questo l’imperativo che arriva dall’economia internazionale. In tempo di crisi si cerca l’appoggio della politica, chiamata a prendere per mano il settore immobiliare per guidarlo all’uscita della crisi.

La disoccupazione, l’inflazione e il credit crunch sono comuni a tutto il mondo, ma è solo operando sul contesto nazionale e tenendo conto delle specificità di ogni paese, che si può uscire davvero dalla crisi. Se poi ci allontaniamo dalle considerazioni generali per zoomare sulla realtà italiana, ci accorgiamo che nel nostro paese gli acquirenti stanno vivendo un momento d’oro con il mercato immobiliare sovraffollato.

► Inversione di tendenza per l’Euribor

E’ notizia di qualche giorno fa, la volontà di ENEL, di piazzare sul mercato una serie di immobili di sua proprietà. L’azienda che si occupa soprattutto di energia, ha all’attivo ben 625 abitazioni, più una serie di uffici, i laboratori e dei terreni. Dalla fine di marzo, tutto questo patrimonio, potrebbe essere al centro di un piano di dismissioni che prende il largo nel momento stesso in cui il CdA ha votato l’aumento di capitale di 5,9 miliardi di euro.

Le proprietà ENEL si trovano soprattutto in Piemonte e in Veneto, ma anche in Toscana, Lombardia, Lazio e Liguria. Pochissimi cespiti sono infine localizzati in Sardegna e Basilicata. Ci sarà un call center dedicato all’operazione e una promozione online lanciata entro la fine di marzo.

I governi rilanciano il mercato immobiliare

Inversione di tendenza per l’Euribor è una notizia dell’ultima ora che introduce l’apprensione registrata tra i mutuatari che negli anni passati hanno acceso un mutuo a tasso variabile ed ora, nel 2013 o anche nel 2014, potrebbero trovarsi a pagare rate più consistenti.

Questa eventualità spaventa anche chi, un mutuo, finora non l’ha ancora acceso. Il mercato immobiliare, da questo punto di vista, non stimola certo gli acquirenti che oggi si trovano davanti ad un gran numero di vendite, ma a prezzi ancora troppo elevati rispetto alla loro condizione economica.

Europa e USA siano diversi anche nell’immobiliare, tuttavia bisogna arrendersi all’evidenza: la recessione, la disoccupazione alle stelle e le famiglie sempre più indebitate sono elementi che accomunano tutti i cittadini, ovunque nel mondo.

Ecco allora che tra le previsioni contrastanti sul settore immobiliare si fa strada l’ipotesi di un intervento massiccio dei governi. E’ la politica, infatti, a farsi carico della situazione e a risollevare il mercato immobiliare, in modo da attirare nuovi investimenti senza che si sentano troppo gli effetti delle varie bolle immobiliari.

Ogni governo studia le misure più appropriate per il contesto nazionale. Per esempio la Gran Bretagna parte dall’iniezione di liquidità nel mercato, mentre la Francia vuole insistere sugli incentivi fiscali e la Spagna si affida al “buon cuore” degli acquirenti stranieri.

Inversione di tendenza per l’Euribor

 Il mercato immobiliare si fa più ristretto e non navigano in buone acque, nell’ultimo periodo, coloro che hanno approfittato dei tassi variabili molto vantaggiosi dei mesi addietro. A livello statistico, infatti, è stata segnalata l’inversione di tendenza dell’Euribor.

► Le piccole variazioni dell’Euribor fondamentali per gli investimenti

Quando diciamo che non navigano in buone acque, vuol dire che sono in apprensione e temono un rialzo repentino della rata anche se i cambiamenti, finora, hanno riguardato soprattutto, o meglio soltanto, l’Euribor a 1 anno. Gli analisti hanno rilevato un leggero rialzo dell’indice, quasi impercettibile.

► Scandalo tassi Euribor ora tocca alle banche tedesche

Più della percentuale d’incremento, il dato è considerato nel suo essere “avvisaglia” di un’inversione di tendenza. Dopo 14 mesi di ribassi si riprende la corsa in salita. La variazione, però, è stata percepita nell’indice Euribor a 12 mesi, il che vuol dire che, adesso, non ci sarà alcuna conseguenza sulle rate del mutuo.

► La nuova vita dell’Euribor

L’invito resta ed è quello a tenere sotto controllo le rate dei mutui per capire se anche gli altri indici Euribor di riferimento seguiranno “il padre” di tutte le variazioni. Si sbizzarriscono intanto le previsioni per il 2013, anno in cui l’Europa non uscirà dalla crisi e questo vuol dire che ancora per qualche mese, chi ha acceso un mutuo a tasso variabile, pagherà una quota d’interessi al di sotto dell’inflazione.

Il traino dei paesi emergenti funziona

 Le economie mature sembrano più smaliziate riguardo la ripresa economica e nonostante le stime si susseguano per dire che tutto ripartirà nel secondo semestre del 2013, piuttosto che all’inizio del 2014, loro, le grandi economie, si deprimono al solo pensiero della situazione.

Ecco allora che, a livello statistico, si prende nota del calo della fiducia delle imprese nei paesi industrializzati. Circa 3200 manager sono stati intervistati da Grant Thornton, per la compilazione dell’International Business Report, in 44 paesi sparsi nel globo.

► Brusca frenata dell’economia americana

La preoccupazione principale resta il fiscal cliff americano, ma gli investimenti sono fortemente condizionati anche dal pensiero della situazione dell’Eurozona che la sua crisi del debito non l’ha proprio superata.

► Krugman sulla contrazione americana

Quello che le imprese temono è che non ci sia alcuna ripresa nemmeno nell’anno in corso. In tutti i paesi “industrializzati”, nelle cosiddette economie mature, la sensazione espressa è questa, unita alla consapevolezza del fatto che gli interventi della Banca Centrale Europea non sono sufficienti a riequilibrare la bilancia.

Investire, allora, è considerata un’operazione  molto rischiosa per le aziende che, così depresse, assistono ad un calo di fiducia generalizzato nell’economia mondiale. Gli investitori, per trovare un po’ di ottimismo, devono volgere lo sguardo verso i paesi emergenti che possono essere un rischio, ma sono senz’altro più positivi.

L’ottimismo nei paesi emergenti dell’America Latina è cresciuto del 69 per cento nel quarto trimestre del 2012 ed è cresciuto fino al 28 per cento nei paesi del Bric della Regione asiatica.

► FMI e Argentina ai ferri corti

FMI e Argentina ai ferri corti

 L’Argentina minacciata da Fitch rischia di nuovo il default, è ancora sull’orlo del precipizio, ma tempo fa ha annunciato di non voler pagare il debito contratto negli anni. La tensione è aumentata al punto che adesso il governo sudamericano e il Fondo Monetario Internazionale, sono praticamente arrivati allo scontro.

Il FMI ha approvato una dichiarazione di censura all’indirizzo dell’Argentina ed è la prima volta nelle storia del Fondo che si arriva a questo genere di “comunicazione. La situazione del paese sudamericano è abbastanza grave visto che l’inflazione è volata al di sopra del 25 per cento che è molto di più del 10,8 che era stato annunciato dall’istituto di statistica del paese.

► L’Argentina avrà più tempo per pagare i suoi Bond

Non ha perso tempo il presidente argentino, Cristina Fernandez de Kirchner che ha replicato alla Lagarde direttamente su Twitter accusando il Fondo Monetario Internazionale di aver fatto fortuna rovinando il resto dei paesi del mondo.

► L’Argentina nel mirino degli investitori

I toni della discussione sono dunque saliti molto, ma alla base c’è sempre il dato statistico, infatti, la censura disposta dal FMI nasce dall’inesattezza dei dati ufficiali della autorità di Buenos Aires che adesso dovrà correggere le pubblicazioni entro la fine del 2013. Dura la risposta dell’Argentina che, a questo punto, minaccia addirittura di uscire dal Fondo. In questo modo non si avrebbe più controllo sui dati argentini, compreso quello del PIL-

 

Atteso il tonfo in borsa dell’AS Roma

 L’AS Roma, in campionato, ha dovuto incassare una sonora batosta. L’ultima partita in casa, giocata con il Cagliari, è stata persa per 4 a 2. Il goal del capitano ha infiammato l’Olimpico, poi è calato il sipario e a niente è riuscito a risollevare le sorti di una squadra che è “casualmente” anche quotata in borsa.

► La crisi non influenza il calcio

La sconfitta ha convinto il management giallo rosso ad esonerare il tecnico boemo. Zeman lascia così la panchina della Roma e al suo posto, a Trigoria, ci sarà Aurelio Andreazzoli, promosso a capo dello staff tecnico. Una scelta che secondo tanti fan della squadra capitolina è molto discutibile e questo potrebbe determinare il tracollo della Roma anche in borsa.

► Anche in crisi il mercato del calcio frutta alle squadre

La sconfitta contro il Cagliari è avvenuta a borse ormai chiuse, quindi sarà necessario attendere l’apertura di oggi per avere la conferma del fatto che Zeman ha sempre portato fortuna al titolo dell’AS Roma. Andando a ritroso nel percorso altalenante della Roma in borsa, si è visto che le azioni della squadra hanno raggiunto e tenuto il valore di circa 20 euro da novembre in poi.

► Calciatori meno tassati in Italia

In generale, però, è stato l’arrivo di Zeman a Roma a riportare a galla un titolo che, l’anno scorso, era finito sull’ottovolante, influenzato dalle performance poco costanti della squadra. Staremo a vedere.

Krugman sulla contrazione americana

 Che l’America fosse in un momento di crisi economica lo si era capito benissimo alla vigilia di Natale. La neoeletta amministrazione di Barack Obama, al secondo mandato come presidente degli Stati Uniti aveva ricevuto la patata bollente del fiscal cliff.

La risoluzione dei problemi, arrivata proprio nell’ultimo secondo possibile, ha fatto tirare un sospiro di sollievo all’America e alle economie maggiormente legate al Nuovo Mondo. Peccato che sia stato solo un “posticipare” la trattazione del problema perché comunque c’è stata una brusca frenata dell’economia americana.

► Posticipato il raggiungimento del tetto del debito

Così, l’avvio del 2013 ha visto l’entusiasmo nelle borse e la consapevolezza che nel quarto trimestre dell’anno il PIL, a sorpresa, non ha retto a tanto sconquasso ed è andato in leggera flessione. Sicuramente hanno determinato questa situazione una serie di fattori “una tantum”, quali la riduzione delle risorse o il calo delle spese destinate alla difesa.

Allo stesso tempo si è notato che l’acquisto di beni e servizi da parte del governo è cruciale nello sviluppo del paese e qui l’interpretazione dei dati ha lanciato l’ipotesi Krugman: più che di contrazione dell’economia, bisognerebbe parlare di contrazione del governo.

► Krugman sul fiscal cliff

La riduzione del PIL americano è legata alla minore incidenza del governo nelle spese “importanti” tanto che oltre ad un rallentamento dell’economia, si è arrivati a parlare addirittura di contrazione. Per evitare di nuovo il precipizio sarà necessario intervenire su disoccupazione e fisco.

Gli orari del ForEX per investire meglio

 Il mercato valutario si accavalla all’attività delle principali borse mondiali, per questo, il buon investitore è quello che conosce accuratamente non solo l’andamento delle valute, ma anche gli orari giusti in cui mettere a segno il proprio investimento.

► Australia, Regno Unito, Canada e il mondo ForEX

In generale, il mercato ForEX è aperto dalle ore 23 della domenica fino alle ore 23 del venerdì successivo (ora italiana). In realtà si può operare a qualsiasi ora, aiutati da un buon broker che definisce insieme all’investitore i cosiddetti ordini pendenti, quelli che diventano attivi ad una determinata ora, oppure quando sono raggiunti degli obiettivi prefissati.

Per esempio si può scegliere di comprare una determinata opzione soltanto quando la valuta ha raggiunto un certo prezzo, in modo da massimizzare il profitto. In tal senso tutto avviene in modo automatico. Ecco perché si può investire comodamente senza dover abbandonare necessariamente il proprio lavoro.

► Tutto il ForEX concentrato sulla zona Euro

 

Ed arriviamo quindi agli orari che maggiormente interessano gli investitori. Il mercato ForEX si apre con le sessioni del Pacifico e con la sessione Asiatica che lavorano dalle ore 23 alle ore 9 del giorno successivo. Le borse di riferimento erano quelle di Sidney e Tokyo. Poi è la volta delle sessione Europea, attiva dalle ore 9 alle ore 18 con Londra come riferimento. Infine la borsa di New York e il Forex ad essa collegata che si sviluppa dalle ore 14 alle ore 23.

Le borse di Milano ed Madrid sono dei gamberi

 Gennaio è stato un mese incredibile per le borse, condito da diversi colpi di scena che hanno creato oscillazioni interessanti degli indici, fino a far considerare l’arretramento dei panieri di Milano e di Atene. Per Piazza Affari, basta considerare quel che è successo con il Monte dei Paschi di Siena e con SAIPEM.

a Milano affonda SAIPEM e la borsa va in panne. Sono le due notizie che vanno per la maggiore dalla metà di gennaio ad oggi. A questi particolari trend di alcuni titoli, si sono aggiunte le stime relative all’economia americana. 

Tutti speravano che l’America fosse ormai lontana dalla crisi ma negli ultimi 3 mesi del 2012, sembra che gli USA abbiano compiuto un passo indietro e infatti è stata registrata una contrazione del PIL dello 0,1 per cento. Gli investitori, a questo punto, hanno pensato bene di vendere i titoli dei paesi maggiormente rischiosi per salvaguardare i profitti del portafoglio d’investimenti. 

Si sono allora scatenate le vendite dei titoli italiani e spagnoli. La borsa di Milano e quella di Madrid sono arretrate rispettivamente del 2,3 e del 5,6 per cento. Hanno reagito con freddezza Francoforte, Parigi e Londra che hanno perso poco o, in alcuni casi, guadagnato leggermente.

Profitti in crescita per Exxon e Chevron

Apple lascia lo scettro ad Exxon sancendo da un lato la decrescita dei profitti delle aziende tecnologiche e dall’altra l’incremento delle aziende che si occupano di petrolio.

In effetti, stando alle numerose previsioni in circolazione, gli Stati Uniti verso l’autonomia petrolifera sono già in cammino. E così non stupisce la crescita dei profitti di Exxon, che arriva proprio nel momento in cui in Europa, le raffinerie, chiudono una dopo l’altra perché i margini di guadagno sono sempre più sottili e perché la domanda stessa di carburanti è diminuita.

In questo periodo in cui sono pubblicati i dati trimestrali delle corporate e stelle e strisce, si apprende che vanno molto bene i risultati ottenuti da ExxonMobil e Chevron che, grazie alla lavorazione del petrolio grezzo sono riuscite ad andare oltre le previsioni degli analisti.

I bilanci di queste aziende fanno tirare un sospiro di sollievo all’America, ancora in tensione per il baratro fiscale, infatti, anche l’Agenzia internazionale per l’energia ritiene che una crescita USA nel settore petrolifero, potrebbe consentire all’America di superare l’Arabia Saudita nella produzione del petrolio nel mondo.

Le aziende in questione, rispetto ad estrazione, produzione e distribuzione dell’oro nero, si sono mosse in modo eccellente.