La crisi di MPS spiegata in quattro punti

Cosa pensa la politica dell’affare MPS. Adesso non resta che provare a dare una spiegazione della crisi di questo importante istituto di credito.

La prima causa del crollo del titolo è sicuramente legata ai contratti derivati che sono stati celati a Bankitalia. Il potenziale speculativo di questi titoli è molto elevato ma può determinare la crisi del sistema Monte dei Paschi e del sistema finanziario nazionale.

La seconda causa dei problemi del Monte dei Paschi è sicuramente l’entità delle perdite che arrivano a pensare per 6,2 miliardi di euro. Una cifra esorbitante che è stata “accumulata” dal 2011 in poi.

La terza causa dei problemi del Monte dei Paschi, secondo molti, è da rintracciare nel legame che il management della banca ha con i vertici della politica nostrana. Basta pensare al fatto che i dirigenti MPS sono di nomina politica.

Il quarto ed ultimo elemento che può spiegare la crisi dell’istituto di credito senese è l’entità della fusione con la banca Antonveneta, acquistata per 9 miliardi di euro, contro i 6 miliardi di euro pagati dal Banco Santander.

5 indicazioni sul debito americano

 Il problema del debito americano sta saturando i discorsi relativi al panorama finanziario a stelle e strisce ma sta interessando tanti investitori che a livello mondiale vogliono trovare la rotta del guadagno.

 Posticipato il raggiungimento del tetto del debito

Le ultime osservazioni molto importanti sono state elaborate da James D. Hamilton, un economista che dal suo blog Econbroweer ha indicato le carenze strutturali del sistema americano.

Sicuramente deve far riflettere gli investitori il peso del debito federale che in trent’anni è cresciuto in modo esponenziale diventando una percentuale importante del PIL americano. Il secondo aspetto da valutare riguarda la relazione che intercorre, in America come nel resto del mondo tra il Prodotto Interno Lordo, le spese sempre in aumento e la pressione fiscale fissa ad un livello molto esiguo.

 Warren Buffet rilancia il suo appoggio alla politica di Obama

Le spese sono aumentate rispetto al PIL – e così arriviamo al terzo punto, perché i trasferimenti sono cresciuti molti e sono in una percentuale molto consistente le spese per la Difesa che hanno raggiunto i livelli degli anni Ottanta.

Rispetto ai trasferimenti c’è da constatare che sono aumentati quelli che riguardano i programmi di Medicare e di Medicaid.

L’ultima considerazione riguarda le tasse, perché fino a questo momento sono state in vigore delle agevolazioni e sembra che l’intenzione del Congresso sia quella di mantenere basse le aliquote fiscali.

Anche per le pensioni esiste uno spread consistente

 Anche in quanto a pensioni esiste un vero e proprio spread tra il nostro paese e i paesi più avanzati del centro Europa. E se parliamo di spread è ovvio che il paragone è fatto tra il sistema previdenziale italiano e quello tedesco.

Nel nostro paese, infatti, si parla di crisi dell’impianto pensionistico e si studiano i sistemi per aumentare le aliquote base richieste ai lavoratori. In Germania, invece, l’ultima notizia è che il sistema previdenziale nazionale ha accumulato riserve per 30 miliardi di dollari. Tutto merito dell’incremento dell’occupazione nel paese che ha consentito anche di ridurre i contributi obbligatori.

 Record pensioni Germania 2012

 

La direzione indicata dalla Germania dovrebbe essere comune a tutti i paesi dell’UE visto che il welfare, come anche le pensioni e il sistema previdenziale in generale, sono alla base della crescita dell’Europa.

Al momento esiste uno spread tra i sistemi pensionistici claudicanti del sud dell’Europa, l’Italia, per esempio, o la Francia stessa e i sistemi pensionistici evoluti della potenze economica tedesca. I paesi più lungimiranti sono quelli che si occupano di dare ai cittadini qualche certezza riguardo al futuro.

Andare a lavorare e versare i contributi, in Germania, dà sicuramente diritto alla pensione. Una sicurezza del genere, nel nostro paese, non sembra assolutamente ipotizzabile.

La fortuna di Ikea non ha eredi

 Il fondatore di Ikea è stato un genio nella scelta della linea di prodotti vincenti, nella scelta del modello che ha convinto numerosi consumatori in tutto il mondo. L’azienda, partita nel 1943 è oggi leader mondiale nel settore dell’arredamento e le prospettive per il futuro sono senza precedenti. Eppure, in tutta questa storia c’è un neo: the king of Ikea non ha successori.

Ingvar Kamprad ha tre figli e 86 anni. Non è certo un giovanotto ma finora le redini dell’azienda restano nelle sue mani.

C’è stato soltanto un passaggio di consegne, con la definizione del ruolo di amministratore delegato e presidente a Mikael Ohlson. Kamprad ha conservato per sé il ruolo di consigliere e guida delle varie fondazioni create a corredo dell’attività aziendale.

La questione ereditaria si è fatta più urgente non tanto per le condizioni di salute del fondatore, ma per il fatto che tra le mani del fortunato vincitore dell’eredità Ikea ci finisce davvero un pozzo senza fondo di ricchezze.

Basta considerare quello che Ikea ha saputo fare in un anno considerato di crisi, il 2012: le vendite sono cresciute del 9,5 per cento fino a raggiungere un volume di 27 miliardi di euro e l’obiettivo per il 2020 è di raddoppiarle completamente.

Otto motivi per investire nelle azioni Tod’s

 Parlando dell’andamento generale della borsa italiana, abbiamo menzionato alcuni casi di eccellenza come Tod’s rimarcando il ruolo di primo piano che hanno le aziende tricolore del lusso nel parterre finanziario nazionale.

 Il lusso tira anche con i super yatch

Adesso un report stilato dal settore investimenti di Citigroup ha addirittura enucleato 8 buoni motivi per investire nelle azioni Tod’s, attualmente cresciute al di sopra della quota di 100 euro. Le buone sensazioni di Citigroup si sono immediatamente trasformate in un incremento del target price delle azioni da 105 a 116 euro.

 Ferragamo e Tod’s trascinano in alto le borse

Il primo buon motivo per investire in Tod’s è sicuramente legato alla tenuta del titolo in Asia e negli Stati Uniti, territori in cui è raccolto il 40% dei ricavi dell’azienda. Al secondo posto c’è tutta la crescita del retail, a seguire la razionalizzazione del sistema di distribuzione e vendita italiano. Il quarto buon motivo per dare credito a Della Valle è nella sua visione strategica del mercato. Da aggiungere che l’azienda ha un fortissimo potenziale ed è a posto con il fisco.

Infine resta da considerare che ci sono dei buoni precursori sul mercato. Per esempio Tod’s è considerato un target di acquisizione come tanti anni fa lo era stato Bulgari, benché le dichiarazioni di indipendenza siano maggiori in Tod’s. visto che espressioni del genere alimentano l’idea che ci sia ancora qualcosa da nascondere nei bilanci del Belpaese e questa convinzione, sui mercati internazionali, non fa certo guadagnare terreno al nostro paese.

Il ministro dell’economia Vittorio Grilli, invece, per sedare gli animi di chi ci vuole vedere chiaro fino in fondo, ha detto di essere pronto a riferire in Parlamento.

Cosa pensa la politica dell’affare MPS

 Il buco che Mussari ha creato nel bilancio del Monte dei Paschi in maniera opaca e il suo evitare, una volta a capo dell’ABI, che si andasse a frugare tra i conti dell’istituto senese, ha sbilanciato molto la campagna elettorale.

Cosa succede adesso ai mutui e prestiti MPS

L’affare Monte dei Paschi, infatti, è un affare tutto italiano. Basta pensare che il governo aveva pensato di emanare dei bond per finanziare la ristrutturazione della banca. Stiamo parlando dei famosi Monti-bond, ma che ne pensano i politici di tutta questa storia dei derivati?

► Quanti soldi in fumo per il Monte dei Paschi

Il dibattito è molto acceso tra il PD e i centristi. Monti, ad esempio, partecipando ad una conferenza stampa a Davos, ha avuto la possibilità di chiedere ai suoi avversari di non tirare l’argomento Monte dei Paschi dentro i temi della campagna elettorale. In particolare Mario Monti si è rivolto a Pierluigi Bersani dicendo al leader del PD di non parlare di “polvere sotto il tappeto” visto che espressioni del genere alimentano l’idea che ci sia ancora qualcosa da nascondere nei bilanci del Belpaese e questa convinzione, sui mercati internazionali, non fa certo guadagnare terreno al nostro paese.

► MPS zavorrata dalla questione derivati

Il ministro dell’economia Vittorio Grilli, invece, per sedare gli animi di chi ci vuole vedere chiaro fino in fondo, ha detto di essere pronto a riferire in Parlamento.

Italia e Francia unite dalla produttività e divise dallo spread

 L’anomalia dello spread è una questione tutta italiana ma è anche vero che c’è qualcosa che non va nella definizione del differenziale. La stranezza emerge da una comparazione tra la situazione dello Stivale e la situazione della Francia.

I nostri vicini hanno un rapporto deficit/PIL fissato al 5,7% e un rapporto debito/PIL, sempre in aumento, vicino a quota 90%. Il 2013, poi, non è iniziato nel migliore dei modi e infatti tutta la bilancia francese risulta fuori dal baricentro definito dai parametri di Maastricht.

 Anche i prestiti sono in calo come i mutui

Hollande ha già definito i suoi obiettivi: portare il deficit all’1 per cento entro il 2015. Nonostante la situazione non proprio rosea, la Francia ha uno spread di 60 punti circa.

Il nostro paese, invece, viaggia intorno ad uno spread di 260 punti base, con una riforma strutturale del mondo del lavoro e delle pensioni già a buon punto.

 Spread ai minimi

Nella battaglia tra i numeri si scopre che la Francia ha un costo del lavoro pari a 116,4, una produttività dell’85,3 e una spesa pubblica del 50%. L’Italia è messa bene in fondo con un indice di produttività all’85,2 e una spesa pubblica al 45%.
Gli analisti spiegano la situazione dicendo che l’Europa, a livello finanziario è maggiormente dipendente dai buoni rapporti tra la Francia e la Germania piuttosto che dal rapporto Italia/Germania.

Anche in crisi il mercato del calcio frutta alle squadre

 Deloitte ha pubblicato la sedicesima edizione del report “Football Money League” per capire in che condizioni versa il mercato calcistico in un periodo di crisi per i maggiori comparti produttivi nazionali e internazionali.

Diminuiscono aziende in perdita

Il primo dato interessante è che i ricavi delle 20 migliori squadre d’Europa, nella stagione 2011/2012, sono cresciuti del 10 per cento ed oggi si parla di un giro d’affari di 4,8 miliardi di euro. Praticamente cifre da capogiro.

Il secondo dato, sempre riferito alla Top20, indica che in questi 20 club si concentrano il 20% dei ricavi dell’industria europea del calcio, ecco perchè c’è tanta attenzione sulle varie selezioni.

 Calciatori meno tassati in Italia

La squadra migliore, in termini di ricavi e quindi di gestione del denaro e dei profitti, resta il Real Madrid che ha superato i 500 milioni di euro di ricavi in un anno.

 L’IRAP milionaria sul calciomercato

Mentre, tra le altre squadre, spicca la performance del Manchester City. La squadra inglese, entra per la prima volta nella Top10 grazie ad un boom del 68%. Se poi si volge lo sguardo al campionato italiano, si apprende con soddisfazione che nella Top10 è rientrata la Juventus ma ancora più soddisfacente è il miglioramento del Napoli salito dalla ventesima alla quindicesima posizione.

Anche il mago dei panini rallenta la sua corsa

 McDonald’s, fin dall’inizio della carriera aziendale, è stato associato ad un’idea di capitalismo imperante, ma adesso anche il mago dei panini, colui che ha saputo rendere celebre l’europeissimo hamburger, è costretto a fare i conti con la crisi.

Nei periodi d’oro del mercato, McDonald’s non contava nemmeno più i pasti distribuiti, mentre oggi si torna a fare qualche calcolo, scoprendo che il tetto dei 300 miliardi di pasti distribuiti fino al 2013, altro non è se non l’emblema del rallentamento dell’industria.

 Arrivano le prime assunzioni Mc Donald’s

McDonald’s, come chiosco ambulante per la distribuzione dei panini, è attivo dal lontano 1937, quando l’inventore del panino che sarà poi famoso in tutto il mondo, faceva fortuna in California vendendo hot dog.

 Sindacati contro McDonald’s

Il periodo d’oro dell’azienda è stato alla metà degli anni Novanta quando del successo della strategie di McDonald’s parlò anche il Wall Street Journal. Le statistiche parlano di 247 miliardi di pasti distribuiti nel 2010 che sarebbero dovuti arrivare a 300 miliardi entro il 2013. Una cifra emblematica che non aveva fatto i conti con la crisi. Oggi anche McDonald’s deve sfidare il calo delle vendite.

Un pensiero in più per chi guida l’azienda, ma la preoccupazione non è condivida dagli investitori che hanno ancora fiducia nel titolo. Così le azioni McDonald’s, restano invariate a quota 1,33 dollari ciascuna.

► Vola McDonald’s all’inizio della settimana

Monte dei Paschi crolla ma non trascina Piazza Affari

 Dopo le dimissioni di Mussari è iniziato il dibattito sulla situazione del sistema creditizio italiano, visto che nel nostro paese ci sono i commissari del Fondo monetario internazionale per sottoporre le banche tricolore ad un vero stress test.

 MPS zavorrata dalla questione derivati

Il buco aperto dal presidente dimissionario dell’ABI nelle casse dell’istituto di credito senese, potrebbe inaugurare una nuova stretta creditizia nostrana ma l’eventualità non sconvolge più di tanto Piazza Affari.

Nel giorno in cui Wall Street è debole con il Dow Jones al +0,4%, il Nasdaq al -0,74% e lo S&P 500 al +0,1%, e nel giorno del tonfo di Apple con una perdita del 12,36% del valore delle azioni, Milano fa registrare un ottimo +1,01%.

 Cosa succede adesso ai mutui e prestiti MPS

La Borsa di Milano brilla anche rispetto alle consorelle europee dove la migliore performance se l’aggiudica Londra con una crescita dell’1,09%, seguita da Parigi, (+0,70%), Madrid (+0,61%) e Francoforte (+0,53%).

 Quanti soldi in fumo per il Monte dei Paschi

Il rally dei titoli bancari non mette a soqquadro la borsa italiana dove perde sicuramente terreno il titolo MPS che, sospeso per eccesso di ribasso, a fine giornata ha letteralmente polverizzato 267 milioni di euro. La borsa italiana – in generale – non soffre più di tanto le novità del panorama finanziario.