La politica è il vero pericolo per l’Italia

 Tutti si preoccupano dello spread ma adesso che i rendimenti dei BTp non fanno più paura e la tensione sui mercati periferici si è allentata, gli analisti sono abbastanza lucidi per sostenere la tesi che il pericolo più grande per l’Italia arriva dalla politica.

► Il bilancio ragionato dell’ultima asta BTp

La versione ufficiale e dettagliata di questa tesi l’ha redatta Morgan Stanley che in riferimento all’economia tricolore cita il cosiddetto political cliff parafrasando quel che accade in America dove è stata trovata una soluzione al default USA. Quel che l’agenzia vede in atto nel nostro paese non è certo una politica finalizzata a salvare l’Italia dal tracollo finanziario, quanto piuttosto una battaglia per il potere.

Usa, allarme per il debito e per il Fiscal Cliff

Siamo in prossimità delle elezioni, e bisogna farei conti con un aumento in media di 24 punti base degli interessi, legato al crollo dell’ultimo governo, e con un calo del 5 per cento dei mercati azionari.

Secondo gli analisti, in questo momento, l’Italia è un campo minato in cui si possono concludere affari eccellenti a prezzo di correre un grosso rischio. Tutti sono in attesa di conoscere il responso delle urne che potrebbe incidere sull’equilibrio dell’Europa intera.

Il problema non è tanto in un partito piuttosto che in un altro ma nel programma di austerity che sarà studiato per i cittadini che potrebbero vedere aumentare in modo esponenziale il loro malcontento, arrivando fino alla protesta in grado di paralizzare l’attività politica.

Air France smentisce la trattativa

 Qualche tempo fa, per opera del quotidiano Il Messaggero, si era sparsa la voce che Alitalia e Air France fossero di nuovo in trattativa e molti analisti immaginarono la possibile ripartizione delle quote per un’eventuale acquisizione o fusione. Era forse un piano Alitalia per evitare la bancarotta?

Può darsi ma a distanza di poche settimane, Air France smentisce l’esistenza dei negoziati con i soci italiani della compagnia aerea italiana e spiega di non avere assolutamente programmato un piano per acquisire Alitalia, almeno nel breve periodo.

La voce sparsa dal Messaggero sembrava molto plausibile, alla luce del fatto che già nel 2008 Air France aveva investito un miliardo di euro rilevando Alitalia. Il quotidiano romano era convinto che ci fosse nelle mire dell’azienda francese l’acquisto delle quote Alitalia cui sarebbe stato aggiunto un premio del 20%. In cambio Alitalia avrebbe ottenuto un posto d’onore ai tavoli francesi.

D’altronde i tempi sono maturi visto che il 12 gennaio è vicino. In quel giorno scadrà il periodo cosiddetto di lock up, quello in cui i soci italiani non possono cedere i loro titoli. Forse Air France sta solo temporeggiando e aspetta di svelare le carte il 13 dicembre quando sarà rilanciata la fase di acquisti sul titolo Alitalia.

Tutte queste dicerie, intanto, hanno dato una scossa ai titoli legati ad Alitalia e la stessa Immsi di Colaninno ha guadagnato il 18,2%. A parte rari casi, comunque, il mercato aereo stenta a ripartire.

► Assunzioni alla British Airway

La situazione dell’Italia nel terzo trimestre

 Per investire in un Paese occorre crederci almeno un po’, magari provando ad anticipare i trend del mercato, oppure provando a capire come si evolverà il tessuto economico del paese. E’ questo il lavoro dei broker e di tutti i trader che “scommetto” sulle opzioni binarie.

E’ per loro che riportiamo degli interessanti dati relativi all’Italia e concernenti soprattutto i conti pubblici, il rapporto deficit/Pil che sembra calato sotto il 3,7% e le entrate tributaria, cui ha dato una grossa mano la reintroduzione dell’IMU voluta dal governo Monti.

► L’IMU diventa municipale

Il primo dato positivo è il miglioramento del deficit pubblico italiano che è sceso al 3,7 per cento nei primi 9 mesi del 2012. Rispetto all’anno precedente c’è stato un miglioramento dei 0,50 punti percentuali. Nel terzo trimestre poi, ultimo periodo d’analisi, il rapporto deficit/PIL è stato dell’1,8%, praticamente 0,7 punti in meno rispetto al 2011.

 L’OCSE sul deficit italiano

Non ci sono buone notizie, invece, per i comuni cittadini che hanno assistito all’aumento della pressione fiscale e al contestuale calo del potere d’acquisto.

Dal punto di vista fiscale per l’Italia ci sono solo dati positivi e tutti legati all’IMU che ha rimpinguato le casse degli enti locali facendo crescere le entrate totali del paese del 2,7%. Si sorride un po’ meno valutando che diminuisce il potere d’acquisto delle famiglie nei primi 9 mesi dell’anno è stato del 4,1%.

 

Telecom vola a Piazza Affari

 Piazza Affari è un mercato molto sensibile alle notizie diffuse sul mercato che interessano la politica, l’economia, o il destino di una singola società, molto importante per il tessuto economico del paese.

L’accordo Basilea III recentemente siglato ha messo il turbo ai titoli bancari e a guadagnarci, almeno in Italia, sono state soprattutto le azioni del Monte dei Paschi e di Unicredit. Ma delle banche in crescita dopo Basilea III, abbiamo già parlato.

► MPS vola dopo il calo dei rendimenti BTp

Adesso si tratta di approfondire un altro exploit, quello del titolo Telecom. Si è diffusa infatti la notizia riguardante la volontà di costruzione una rete telefonica paneuropea e questo particolare ha entusiasmato gli investitori che hanno immaginato un ruolo importante per la nostra compagnia telefonica di bandiera.

Il titolo Telecom Italia è quindi cresciuto del 7 per cento e si è candidato come miglior titolo di giornata. A dare conferma della volontà di unificare la rete telefonica sotto il vessillo UE, ci ha pensato il Financial Times parlando di un incontro riservato cui hanno partecipato Deutsche Telekom, France Telecom, Telecom Italia e Telefonica, insime al commissario UE per la concorrenza, Joaquin Almunia.

In quella sede si è parlato di consolidare l’unità del settore telefonico andando oltre la fragmentazione delle reti nazionali, in modo da competere ad armi pari con Cina e Stati Uniti.

Il rendimento dei BTp sotto la soglia del 4,3%

 I buoni del tesoro decennali sono quelli su cui si calcola il tanto famoso spread che misura le differenza tra i BTp a 10 anni e i Bund dello stesso periodo. Nelle ultime settimane il rendimento dei BTp a 10 anni è sceso molto andando a finire sotto la soglia del 4,3 per cento. Tutto dipende dal fatto che le tensioni attorno alla condizione dei paesi periferici dell’Europa, si è di molto alleggerita.

► Spread ai minimi

Chi ci guadagna in tutta questa storia? Coloro che hanno provato a scommettere sulla buona sorte del nostro paese nel momento di crisi maggiore, che coincide con la fine di novembre del 2011. Questi investitori, oggi, fanno i conti con un guadagno a doppia cifra.

► Cala lo spread: che guadagno?

E’ chiaro che il discorso cambia per chi soltanto adesso può permettersi d’investire i risparmi in qualche titolo del debito visto che con i BTp i guadagni non sono più gli stessi quindi è meglio volgere lo sguardo verso terreni più redditizi quali possono esserlo i titoli azionari che distribuiscono dividendi medio alti.

In genere si tratta delle azioni legate ad aziende e realtà industriali molto solide dal punto di vista patrimoniale. Gli analisti, quindi, spingono molto verso le azioni che nel 2013 possono regalare soddisfazioni maggiori rispetto ai BTp.

► BTp di lungo periodo se le condizioni migliorano

Nessun allarme ma l’Australia è in deficit

 La crisi, è brutto dirlo, accomuna molti paesi in Europa e negli altri continenti. In questi giorni giunge voce di un nuovo possibile deficit, quello dell’Australia, in conseguenza della pubblicazione dei dati PMI e della bilancia commerciale a cavallo del nuovo anno. Gli analisti sono però concordi nel ritenere che ci sono almeno tre buoni motivi per non allarmarsi.

 Il taglio dei tassi australiano

Il report sulla bilancia commerciale australiana ha fotografato un’altra situazione di deficit nel mondo e si tratta della situazione più critica raggiunta dall’Australia dal marzo del 2008. Sembra infatti che le importazioni di beni e servizi, anche a novembre, hanno superano le esportazioni di ben 2,46 miliardi di dollari australiani.

► Soluzione al default USA

Il deficit, confermato a 2,21 miliardi, ha così raggiunto il picco massimo mai visto negli anni passati. Perché non occorre preoccuparsi? Prima di tutto perché se anche le importazioni sono in aumento sulle esportazioni vuol dire che i consumatori australiani stanno ancora spendendo e questo è sicuramente un dato positivo.

In più questo report – ecco il secondo motivo per non preoccuparsi – non tiene conto di quel che sta succedendo nel settore dei materiali del ferro, quindi non tiene in considerazione la ripresa trainata dall’aumento della domanda cinese.

In più o meglio infine, c’è da considerare l’intervento della RBA che ha tagliato i tassi d’interesse quattro volte nel 2012 ed intende sostenere con le stesse azioni l’economia locale.

Hollande pronto a riformare il mercato del lavoro

 La Francia potrebbe guadagnare terreno nel settore dei titoli di stato se Hollande riuscisse a portare a termine il grande progetto di riforma del mercato del lavoro. In che direzione si stanno muovendo i nostri vicini di casa? Analizzare quel che accade in Francia è utile sia agli opzionaristi sia a chi s’interessa di politica nel nostro paese.

Il 2013 è davvero scintillante, almeno in questo avvio d’anno visto che il presidente Hollande ha subito lanciato una sfida pazzesca ai suoi concittadini, dicendo che vuole portare a termine la riforma del mercato del lavoro che è stata inserita come priorità nell’agenda delle associazioni imprenditoriali ma anche dei sindacati.

La riforma nasce dal bisogno di trovare una soluzione alla rigidità che accompagna la firma dei contratti dei dipendenti da un lato e all’aumento delle occupazioni precarie dall’altro.

I datori di lavoro francesi vorrebbero quindi che fossero rivisti i contratti privilegiando l’adozione di una maggiore flessibilità in termini salariali che si dovrà accompagnare con una migliore gestione degli orari di lavoro e della mobilità dei dipendenti. In pratica vogliono garantire il mantenimento del posto di lavoro per tutti ma magari riducendo orari e stipendi o delocalizzando le risorse.

I sindacati non sono sulla stessa lunghezza d’onda e invece chiedono che le aziende che privilegiano contratti precari siano costrette a pagare più contributi così da scoraggiare questi contratti, garantendo al tempo stesso a tutti i lavoratori l’estensione dell’assistenza sanitaria.

Soluzione al default USA

 Il Presidente Obama, adesso che è stato approvato l’accordo sul fiscal cliff, che le borse hanno reagito con entusiasmo e che tutti si sono spesi per dire che non è comunque la soluzione definitiva, torna alla battaglia con i Repubblicani ma le alternative sono poche per evitare il default.

Il primo punto all’ordine del giorno è sicuramente quello del tetto del debito che in modo molto poco lungimirante, secondo tanti analisti, è stato introdotto nell’economia americana e non solo. In pratica questo tetto impedisce al Congresso di fare le manovre desiderate, visto che sono posti dei limiti.

Il corto circuito nasce dal fatto che il Congresso si trova nelle condizioni di approvare le imposte e le spese che determinano il deficit dei bilancio e di poter rifiutare di concedere al presidente Obama la possibilità di chiedere un prestito. Il default in questo caso è assicurato. I Repubblicani, per far pendere la bilancia dalla loro parte, sono pronti a minacciare con questo particolare la Casa Bianca.

L’alternativa legale a questa situazione, è nella politica monetaria o meglio nella coniazione di  monete di platino. Coniando anche una sola moneta da 1000 miliardi di dollari da depositare poi presso la FED, il Tesoro americano avrebbe le scorte finanziarie per attuare le riforme. Una soluzione che per quanto possa apparire bizzarra, è comunque praticabile.

L’hitech fa crescere l’Asia

 Molti smartphone e tablet sono costruiti nel versante asiatico, basta considerare la localizzazione della Foxconn che investe tutto negli stabilimenti cinesi. Considerazioni aziendali a parte, i consumi sono sostenuti proprio dagli acquisti di tablet e smartphone che, come dice una ricerca del CES, sono anche il 50 per cento del mercato.

L’elettronica di consumo potrebbe essere la chiave di volta della ripresa economica. Quindi, attenti opzionaristi, sarà necessario tenere d’occhio l’andamento del comparto tecnologico e il comportamento dei titoli tecnologici per conoscere il trend dell’economia mondiale.

In questo momento, le previsioni parlano di un incremento della spesa per telefoni, apparecchi informatici e televisori, pari al +4% in relazione al 2012. Vuol dire che nell’anno in corso saranno spesi globalmente circa 1100 miliardi di dollari per l’acquisto di tablet, smartphone e altri beni tecnologici.

Sia gli acquisti di tablet, sia gli acquisti di smartphone – dove Samsung si conferma regina della telefonia mobile – sono in crescita rispettivamente del 25 e del 22 per cento. Si tratta di un dato globale che non restituisce la situazione reale dei vari paesi. Quelli sviluppati, che l’anno scorso hanno subito una battuta d’arresto, adesso tornano a crescere positivamente.

Ma davanti a tutti ci sono i paesi emergenti e l’Asia. I mercati emergenti sanno che la spesa in elettronica salirà del 9 pr cento andando a rappresentare il 44% della spesa mondiale.

Banche in crescita dopo Basilea III

 A novembre era stato chiesto il rinvio del Basilea 3, adesso, invece, con grande fatica, è giunta notizia dell’approvazione della revisione dello standard di liquidità per le banche. Gli istituti di credito quotati in borsa hanno visto di conseguenza schizzare alle stelle i valori delle azioni.

Nel settore finanziario, ormai da due settimane, si sono scatenati gli acquisti. In un primo momento, a lanciare il trend, ci ha pensato il calo dello spread, adesso tutto è merito di un provvedimento che con il differenziale tra BTp e Bund non c’entra proprio  niente: l’accordo Basilea III che introduce requisiti patrimoniali e di liquidità.

I titoli che maggiormente sono stati oggetto della furia delle vendite sono stati quelli di Monte dei Paschi di Siena e di Unicredit che hanno guadagnato tantissimo in pochi giorni di contrattazioni. Partiamo dall’istituto senese che in due giorni ha guadagnato il 20% e poi, ieri ha portato a casa un altro +6,89%.

Sul titolo del Monte dei Paschi gli scambi hanno raggiunto il 10 per cento del capitale della banca e le azioni si sono riportate a quota 28 centesimi.

Tra gli altri bancari è stato sicuramente interessante il movimento del titolo Unicredit che ha chiuso l’ultima giornata di contrattazioni con il +2 per cento che ha consentito alla banca di tornare sui livelli di 4 euro per azione.