Fiducia ed altri elementi influenti sul mercato

 Per fare investimenti oculati nel mondo delle opzioni binarie, è importante avere a mente gli elementi che possono incrinare l’andamento lineare del mercato. Nel 2012 sicuramente gli investitori sono stati attirati ed hanno dato fiducia a Draghi.

Il presidente della BCE, adesso, dopo aver siringato di entusiasmo i mercati il 26 luglio scorso, scatenando la corsa ai rialzi di tutte le borse dell’Eurozona, deve convincere chi ha denaro da investire, che anche nel 2013 l’UE è il terreno migliore.

In effetti, a parte il pericolo Grecia, niente ha saputo spostare i capitali. Il default di Atene fa tanta paura perché equivarrebbe alla frantumazione dell’euro. Una volta disgregata la moneta unica, ci sarebbe il ritorno alle valute locali con la corrispondente affermazione dell’Europa a due velocità.

La paura è stata tanta e gli investitori, pensando al GrExit, hanno spostato i capitali sui paesi la cui “ipotetica” valuta locale sarebbe state più forte delle altre monete. L’Italia è stata abbandonata: 25 miliardi di euro di depositi esteri sono migrati altrove.

Un caso analogo è raccontato dalle banche spagnole che hanno visto evaporare 42 miliardi di euro in depositi. E dove sono andati a finire questi soldi? Nei forzieri delle banche tedesche che negli stessi mesi difficili per Italia e Spagna, hanno registrato 363 miliardi di euro di nuovi depositi.

Fiscal cliff: cosa cambia per pensionati, professionisti e coppie con figli

 Il presidente Obama è alle strette con il Congresso e sta cercando in tutti i modi di arrivare ad un accordo con i repubblicani, al fine di scongiurare il baratro fiscale. La caduta verso il basso degli americani si lega alla perdita delle agevolazioni.

I benefici, introdotti dalla precedente amministrazione, avevano finito per “privilegiare” o comunque dare una mano alle famiglie più svantaggiate. Adesso, i single, i disoccupati e tutti coloro che hanno un reddito inferiore ai 10 mila dollari, dovranno subire rincari che superano il 50 per cento.

Cosa cambia invece per i pensionati? Una coppia di pensionati che abbia un reddito compreso tra i 30 mila e i 40 mila dollari, subirà un rincaro del 42,4 per cento. In proporzione le pensioni più ricche otterranno aumenti proporzionalmente inferiori.

I professionisti con un reddito annuo compreso tra i 100 mila e i 200 mila euro avrà un aumento pari al 24,5 per cento il che vuol dire che per il pagamento delle imposte, queste persone, dovranno tirare fuori 6662 dollari in più rispetto agli anni passati.

Chi guadagna oltre i 350 mila euro, per esempio le coppie di professionisti, subirà un aumento del 20,3 per cento, più di 13 mila dollari in più di tasse. Un conto molto più pesante quello presentato alle coppie con figli che hanno un reddito superiore al milione di dollari annui. Per loro i rincari saranno del 24,2 per cento.

Alcuni aumenti compresi nel fiscal cliff

 Il presidente Barack Obama sta tentando il tutto e per tutto al fine di scongiurare il fiscal cliff. Deve trovare un salvagente per tutte quelle famiglie che una volta eliminate le agevolazioni previste dal Bush Jr, torneranno a non passarsela bene.

Ma quali aumenti sono previsti per le diverse “categorie” di americani?

I rincari più consistenti saranno quelli per i detentori di redditi bassi, per chi guadagna meno di 10 mila dollari all’anno, per i disoccupati e per i single. Per loro, tolte le agevolazioni, ci sarà un aumento delle tasse del 55,2 per cento che vuol dire circa 159 dollari all’anno. I disoccupati perderanno anche molti benefici e si vedranno ridurre il sussidio.

Gli studenti universitari, i single e coloro che guadagnano tra i 10 e 20 mila dollari all’anno subiranno un aumento delle imposte pari al 37,9 per cento, quindi questi americani dovranno sborsare circa 308 dollari in più ogni anno. Gli aumenti si legano soprattutto alla perdita di sgravi fiscali per l’istruzione.

Una coppia che invece ha un reddito tra i 20 mila e i 30 mila dollari, subirà un aumento delle imposte meno consistente in percentuale, perché si parla del +9,8 per cento, ma dovrà comunque sborsare circa 1423 dollari in più all’anno. In questo caso ha molta importanza la riduzione degli assegni famigliari e gli sconti per la dichiarazione dei redditi congiunta.

La tendenza europea sull’emissione di titoli di stato

 I titoli di stato servono ai paesi dell’Europa e non solo, per vendere quote del debito pubblico in modo da dilazionarne il pagamento negli anni. In genere gli stati che emettono titoli a breve termine in grandi quantità, hanno bisogno di liquidità.

Sognare titoli di stato di lunga durata, mettiamo anche 15 e 30 anni, vuol dire avere il coniglio nel cappello, la soluzione alla crisi, aver trovato un modo per assicurare la governabilità del paese. I titoli a 10 anni, invece sono generalmente indicati per capire il sentiment di uno stato e pesare l’influenza della situazione politica su quella finanziaria ed economica.

L’Italia ha archiviato di recente le ultime due aste dell’anno e sogna di poterne fare di  nuove dedicandosi ai BTp di lungo periodo, ma in Europa la pensano tutti allo stesso modo? Praticamente sì. Soltanto l’Italia si era concentrata sui titoli più brevi ed ora pensa a ridurre lo stock di quest’ultimi lasciando spazio ai titoli a medio e lungo termine.

Anche per Spagna e Francia, si può fare un discorso analogo. Madrid ha ridotto i titoli di stato in asta con scadenza oltre i 10 anni. Oggi i Bonos a 2 e 3 anni sono il 46 per cento del totale. Gli OaT francesi con scadenze superiori ai 10 anni sono stati ridotti nelle aste del 2012 passando dal 15 all’11 per cento del totale.

Soltanto la Germania, nel periodo 2008-2011 ha visto aumentare i titoli di stato di medio e lungo termine.

BTp di lungo periodo se le condizioni migliorano

 L’ultima asta dei BTp italiani ha dato la possibilità al governo, agli italiani e agli investitori di riflettere sulla situazione politica dei paesi dell’Eurozona. Molti titoli, per esempio i BTp decennali, sono molto sensibili rispetto alla politica dei paesi.

Basta pensare ai BTp decennali italiani che hanno ingolosito sicuramente gli investitori dimostrando almeno due cose: che l’Italia è più affidabile rispetto a due anni fa, tanto che l’interesse su questi strumenti d’investimento è maggiore; che è giusto usare i titoli decennali per il calcolo dello spread.

Ma non basta. L’interesse rinnovato per i BTp con scadenza più lunga, ha fatto riflettere il Tesoro italiano sull’opportunità di mettere nel calendario delle aste dell’anno prossimo dei BTp ancora più lunghi, per esempio a 15 o addirittura con scadenza a 30 anni.

La situazione dell’Eurozona, confermandosi positiva, consolidata dalle prossime elezioni politiche che potrebbero allontanare il concetto di ingovernabilità, potrebbe giustificare investimenti di lungo periodo. Questo vuol dire che si prevede una nuova crescita del PIL, una situazione economica e finanziaria sicuramente migliore.

Resta soltanto un piccolo problema: se l’Italia continua ad emettere titoli, anche di lungo periodo, con 410 miliardi di euro all’asta sotto forma di BTp di diverso taglio, si conferma al primo posto tra i paesi che emettono titoli del debito pubblico nell’Eurozona. Sotto il profilo della gestione del bilancio non si tratta di una buona notizia.

Il bilancio ragionato dell’ultima asta BTp

 Si è conclusa anche l’ultima asta dell’anno per i titoli di stato italiani e con piacere si conferma che il tanto atteso rialzo dei tassi non c’è stato. Sembrava quasi che si fosse tornati indietro nel tempo fino al 2010, tanto era stata positiva la discesa dei rendimenti dei nostri BTp.

Nel dettaglio sono stati collocati 5,88 miliardi di euro di titoli di stato ripartiti in BTp a 5 anni per 2,871 miliardi di euro. Il loro rendimento è di 3,26%, ma nella precedente asta si era poco al di sotto di questa soglia visto che i rendimenti erano al 3,23 per cento.

La domanda di BTp a 5 anni è stata di 1,29 volte superiore all’importo offerto.

Torna all’asta anche il BTp a 10 anni, il titolo usato per calcolare lo spread, considerato il titolo più sensibile rispetto ai cambiamenti della politica nazionale e sovranazionale. Sono stati collocati circa 3 miliardi di euro in BTp decennali per un rendimento del 4,48%. Anche in questo caso c’è stato un lieve rialzo dal 4,45% dell’asta precedente.

La domanda di BTp decennali è stata di 1,47 volte superiore all’importo offerto. La chiusura è dunque sui livelli minimi dell’anno e si deve dire grazie soprattutto all’intervento della BCE che ha “giurato” di salvare l’euro e l’Italia stessa. Da luglio i rendimenti sono scesi di circa 2 punti percentuali.

Tre elementi per valutare il 2012

 Per fare previsioni più o meno accurate sull’andamento dei mercati azionari del 2012, occorre, adesso, fare una panoramica più realistica possibile del 2012. Ci si rende immediatamente conto che “se non è poi così brutto com’era stato previsto”, è anche perché il pessimismo nelle previsioni aveva abbassato il livello delle aspettative.

Di fatto, interpretare i dati del 2012, vuol dire prendere in esame tre dati importanti e cercare di capire come queste situazioni si evolveranno l’anno prossimo.

Il primo elemento è senza dubbio l’intervento delle banche centrali che hanno lavorato molto al consolidamento dell’euro. Basterebbe citare soltanto il lavoro della BCE che è riuscita ad evitare il default della Grecia, ha evitato che Atene uscisse dall’euro con il conseguente ritorno in Europa alle monete locali.

Il secondo elemento è proprio il pessimismo delle previsioni che ha determinato aspettative più basse così che l’anno è stato perfino archiviato come positivo. La crisi, al contrario, è nel suo momento clou ma lascia spazio alle manovre di bilancio dei paesi.

Se poi vogliamo analizzare la situazione italiana e compararla con quella europea, arriviamo al terzo elemento: la chiusura in positivo di Piazza Affari resta lontana comunque dalle performance delle borse dell’Eurozona . Tra i paesi più grandi, riesce ad avere una performance peggiore di quella italiana, soltanto la Spagna.

Piazza Affari chiude il 2012 positivamente

 Il 2012 sarà archiviato in modo molto positivo da Piazza Affari e non soltanto perché si prevede un miglioramento delle condizioni economiche dell’Italia per il 2013, con il conseguente calo dello spread sotto i 250 punti. Piazza Affari, dopo due anni di flessione che hanno messo in ginocchio la finanza tricolore, archivia il 2012 con un bilancio davvero positivo.

Borsa Italiana ha aggiornato i dati al 21 dicembre ed ha mostrato che il FTSE MIB storico ha subito un rincaro del 9,79% dall’anno scorso ad oggi con un massimo di quotazione toccato il 19 marzo scorso. In rialzo anche l’indice All Share che è salito dell’8,74 per cento e lo Star che è cresciuto del 15,80 per cento.

Per capire l’importanza di questi incrementi sarà sufficiente ricordare che il FTSE MIB, nel dicembre del 2011 aveva registrato una flessione del 25,28% rispetto all’anno precedente.

Per quanto riguarda i titoli nel dettaglio, quello che ha vissuto l’anno da protagonista, la cosiddetta regina degli scambi, è stata assolutamente Unicredit che ha archiviato questo 2012 con un business di 89,9 miliardi di euro. I contratti registrati sul titolo sono stati 6,7 milioni. Gli scambi di azioni Unicredit nel 2012 sono stati in media di 2 miliardi di euro.

Il numero delle società quotate in borsa nel 2012 sono state 323, in calo rispetto all’anno passato quando erano 328.

Le previsioni sullo spread italiano

 E’ facile che in questo periodo dell’anno molti investitori vadano alla ricerca dell’affare, del trend da anticipare, dell’analisi che interpreta in modo corretto l’avvio dell’anno finanziario.

Nel 2013 la ripresa non ci sarà dal punto di vista economico, al massimo, a partire dal secondo semestre, dicono gli esperti, inizierà una fase di miglioramento degli indici. Adesso, in questo senso è bene scoprire che fine faranno lo spread e gli altri indici sintetici.

Il 2012 si chiuderà con due aste, quella dei Bot e dei CTZ e poi quella del BTP a 5 e 10 anni. L’anno che si sta per concludere doveva essere addirittura pessimo e si pensava che il nostro Ministero del Tesoro non fosse in grado di coprire con le aste i debiti accumulati e rifinanziare il debito in scadenza.

Si pensi soltanto al fatto che nell’ultima asta del 2011, furono piazzati 2,5 miliardi di BTp a tre anni ad un rendimento record del 7,89 per cento. Oggi che il debito italiano è salito fino a 2 mila miliardi di euro e  ci sono circa 1680 miliardi di titoli italiani in circolazione, non si pensa che il governo centrale non sia in grado di rimborsare il debito.

Riguardo allo spread si pensa che dal 2013 scenderà sotto la quota dei 250 punti.

 

Oro: in vista il sell-off di fine anno

 Il mercato dell’oro è uno dei più accattivanti per chi investe in opzioni binarie. In genere il terreno più redditizio è quello valutario ma “scommettere” sulle materie prime può essere altrettanto interessante. Ecco perché dobbiamo sempre dare uno sguardo a quel che succede alle quotazioni dell’oro, soprattutto nei momenti di passaggio come quello che stiamo vivendo.

Nel 2013, a livello borsistico, sono state riposte moltissime speranze. Molti analisti hanno annunciato la ripresa dell’economia europea e sono pochi quelli che sono rimasti cauti sull’andamento del metallo giallo che in genere è considerato bene rifugio e quindi illustra la permanenza della crisi.

E’ vero che nel 2012 c’è stata un rincorsa all’oro da parte della Cina e dell’India e di recente anche la banca del Brasile ha dimostrato interesse per l’ampliamento delle risorse auree. L’oro avrebbe dovuto acquisire molto valore ed avvicinarsi di nuovo ai livelli massimi, mentre sembra si avvicini il sell-off di fine anno.

Ogni volta che parliamo di Sell, siamo in presenza di un’azione di vendita sul mercato borsistico. Quando parliamo di sell-off ci riferiamo alla vendita dei beni d’investimento in un momento di ribasso delle quotazioni, al fine di evitare perdite consistenti in conto capitale.

Il 20 dicembre, intanto i prezzi dell’oro sono crollati fino a quota 1.635 dollari l’oncia.