ForEX: cambiamenti per EUR, JPY, AUD, USD

 Il mercato ForEX, alla fine dell’anno, ha sempre riservato un buon numero di sorprese, di cui hanno saputo approfittare soltanto gli investitori più scaltri ed attenti. Nelle “puntate” precedenti abbiamo visto come cambia il rapporto tra euro e dollaro e quali sono i market mover del 27 dicembre per sterlina e dollaro.

Adesso passiamo in rassegna altre coppie valutarie, cercando di prevedere come muterà il cambio.

USD/JPY. Gli analisti parlano della possibilità di sfruttare il cosiddetto trading intraday spostandosi su time frame più bassi per la coppia valutaria in questione. Attualmente il livello tenuto d’occhio dagli investitori è quello cristallizzato a 84,25. Al di sotto di questo libello ci sono ordini tali che potrebbero spingere la coppia verso gli 83,90. Lo scenario attuale è comunque rialzista anche se le oscillazioni non dovrebbero superare i 25 punti.

EUR/JPY. In questa coppia che mette in relazione l’euro con lo yen giapponese, sembra che i livelli da seguire siano il 110,60 e il 111,45. Nel momento in cui questi livelli saranno superati potrebbe esserci una rivalutazione dei punti enunciati. Attualmente si prevedono dei trend decrescenti ma non è da escludere il cosiddetto andamento laterale.

AUD/USD. Rispetto al dollaro americano, infine, tenta la risalita anche il dollaro australiano per il quale potrebbero esserci a breve delle opportunità di vendita di aussie, tenuto conto del superamento delle resistenze.

Il cambio Euro/Dollaro nel 2013: una previsione

 Il tasso di cambio tra euro e dollaro è uno dei più discussi e osservati dagli analisti che, prendendo spunto dalla crisi del debito e dalle conseguenze del fiscal cliff, provano ad immaginare come evolveranno i rapporti della coppia EUR/USD in questo scorcio finale del 2012 e nel 2013.

In virtù del fatto che il mercato ForEX è uno dei più semplici da interpretare, abbiamo già dato qualche indicazione agli investitori, spiegando i market mover di giornata in relazione a dollaro e sterlina. Adesso passiamo ad analizzare il rapporto tra euro e dollaro.

Il tasso di cambio euro/dollaro si chiuderà nel 2012 sopra quella che è considerata una soglia psicologica: l’1,30. Entro la fine dell’anno, infatti, ci dovrebbe essere una quotazione del cambio prossima ai 1,3180. La variazione registrata in questa coppia di valute, dall’inizio dell’anno, è stata dell’1,85%.

L’oscillazione non è stata però costante durante l’anno visto che, per esempio, dal 13 novembre 2012, c’è stata una variazione del 4,1 per cento a partire dalla quotazione dell’1,2661. Nel 2012 la quotazione più bassa è stata raggiunta il 24 luglio. Dopodiché il cambio tra euro e dollaro ha subito un’oscillazione del 10,5 per cento variando in un range compreso tra 1,3486 e 1,2042.

Il trend rialzista dell’ultimo periodo dovrebbe essere confermato anche nel 2013, quando, dall’inizio dell’anno, la quotazione della coppia potrebbe arrivare fino a 1,35.

Merket mover del 27 dicembre per sterlina e dollaro

 La settimana di Natale è sempre stata particolare per i mercati e quest’anno, almeno per l’Italia, è contraddistinta dall’interruzione della settimana di contrattazioni. Ecco perché si considerano con molta attenzione i market mover alla riapertura dei mercati.

Il 27 dicembre occorre fare molta attenzione a quel che accade sul fronte della sterlina e su quello del dollaro americano.

Per quanto riguarda la sterlina, potrebbe incidere in modo importante la pubblicazione dell’indice Nationwide. Entro il 30 dicembre 2012, quindi, sarà determinante per la sterlina conoscere come cambierà il prezzo degli immobili nel Regno Unito.

L’indice Nationwide si dice abbia un’incidenza medio/bassa sulle quotazioni. Leggermente più interessante è la pubblicazione dei dati sul numero di mutui ipotecari concessi a novembre dalla BBA che ha in carico il 65% del totale dei mutui.

Per quanto riguarda i market mover relativi al dollaro americano, c’è da considerare l’importanza della pubblicazione dei dati sulle richieste di sussidi di disoccupazione. Il dato rilevato in precedenza era di 361 mila unità e dovrebbe essere in aumento fino a quota 365 mila. Questa variazione è comunque considerata positiva dagli analisti visto che si pone al di sotto delle aspettative degli analisti.

Sarà interessante vedere anche l’incidenza sul mercato valutario della pubblicazione dell’indice di fiducia dei consumatori e dei dati sulla vendita degli immobili di recente costruzione.

Ferragamo e Tod’s trascinano in alto le borse

Il lusso non conosce crisi tanto che tra i migliori titoli dell’anno si confermano molte aziende, tra cui quelle di cui parleremo approfonditamente: Salvatore Ferragamo e Tod’s. Molto buoni anche i rialzi siglati da Luxottica.

Nel dettaglio Salvatore Ferragamo, dall’inizio dell’anno alla “fine del mondo”, cioè fino al 21 dicembre 2012, ha guadagnato il 65,52 per cento del suo valore. Tod’s invece, ha fatto un salto molto importante, anche se meno consistente ed ha incrementato il suo valore del 52,6 per cento.

Infine dobbiamo registrare la performance del titolo Luxottica che è cresciuto del 44,47 per cento ma non è tra le blue chip di Piazza Affari.

Per quanto riguarda Ferragamo e Tod’s non è sorprendente la sua performance, visto che in questi mesi si è preso atto dell’aumento dei ricavi che sono sati per il primo di 832,6 milioni di euro con un incremento dell’utile dell’8,1 per cento. Tod’s, invece, ha aumentato del 7,3 per cento il suo business, facendo salire fino a 199,5 milioni di euro l’ebitda.

Tutto il settore del lusso è comunque in positivo. I tecnici, infatti, dicono che si tratta di un settore anticiclico che non subisce la crisi. In più Ferragamo e Tod’s ci hanno messo del loro, spingendo molto sull’internazionalizzazione della loro attività.

Piazza Affari: fine anno e si parla di rally

 È arrivato il momento di tirare le somme e fare l’elenco delle azioni che dall’inizio dell’anno ad oggi hanno ottenuto i maggiori ricavi, le cosiddette blue chip e poi le azioni che al contrario hanno fatto registrare il record negativo di performance.

C’è molto interesse nella scoperta delle azioni che hanno ottenuto il maggior numero di rincari dall’inizio dell’anno ad oggi. Il bello è che le blue chip appartengono a settori molto diversi tra loro, per esempio quello biomedicale, l’immancabile hi-tech, il cemento e la difesa. Stiamo chiaramente parlando di Diasorin , Prysmian, Buzzi Unicem e Finmeccanica.

Il bello è che tra i titoli migliori ci sono anche due titoli del mondo del credito che sono la Banca Popolare di Milano e Azimut. Non manca certo l’incremento del valore dei titoli di Lottomatica ma a trainare la Borsa di Milano sono soprattutto i titoli del lusso.

Il mercato in questione, infatti, non subisce crisi. Spiccano in tal senso le performance di Salvatore Ferragamo e Tod’s.

Sul versante che possiamo chiamare “negativo”, invece, si deve ricordare che alle peggiori azioni, quelle di Mediaset e di A2A, seguono quelle delle banche più grandi del nostro paese. Tutti i titoli, comunque, si sono ripresi molto dopo il discorso di Draghi il 26 luglio.

Petrolio, acciaio e caffè: i trend di fine anno

 Il mercato delle materie prime, in questo scorcio di fine anno è attraversato da modifiche profonde. La prima di cui abbiamo fornito un resoconto è quella dei semi di soia il cui prezzo è calato vertiginosamente dopo l’annullamento di importanti ordini provenienti dalla Cina.

Adesso prendiamo brevemente in esame quello che sta succedendo al petrolio, all’acciaio e al caffè.

Petrolio. Petrochina, che è la divisione della Cnpc (China National Petroleum Corp) ha deciso di avviare le trattative per rilevare la quota di Exxon Mobil in Iraq, presso lo giacimento di West Qurna-1. Questo giacimento è stato messo in vendita dall’azienda  a stelle e strisce che ha deciso di concentrare i traffici sul Kurdistan. Si prevede quindi che la Cina diventi per l’Iraq il partner privilegiato.

Acciaio. La produzione di acciaio, anche a novembre, è cresciuta del 5,1 per cento portandosi a 122 milioni di tonnellate. Tutto anche in questo caso si lega all’accelerazione della produzione sul versante asiatico dove in Cina, ad esempio, l’output è aumentato del 13,7 per cento. La produzione d’acciaio è invece rallentata sia negli Stati Uniti, sia in Europa.

Caffè. In Brasile il raccolto di caffè è stato di 50,8 milioni di sacchi da 60 chili. Si può parlare di record.

 

Soia: la Cina cancella un ordine molto grande

 Se la Cina decide di annullare un grande ordine di soia, il mercato delle materie prima va in fibrillazione e vuol dire che sta succedendo qualcosa all’economia cinese, oppure è in atto una manovra di cui vediamo soltanto i primi passi.

Il fatto che riportiamo è molto semplice. Gli acquirenti cinesi, alla fine della settimana scorsa, hanno deciso di annullare un ordine di semi di soia dagli Stati Uniti per 540 mila tonnellate.

A memoria, nel mercato finanziario, non è mai successo che fosse annullato un ordine così corposo in un solo giorno. In più molti analisti ritengono che arrivasse sempre da Pechino l’annullamento di un altro ordine di 120 mila tonnellate, registrato sempre all’inizio della settimana scorsa ed attribuito ad “acquirenti sconosciuti”.  La Cina, in più aveva annullato anche un altro ordine in settimana per 300 mila tonnellate di soia.

Tutti questi annullamenti hanno scatenato le vendite sul prodotto tanto che il prezzo dei semi di soia è stato spinto al ribasso e si è verificato un calo del 2 per cento ai mini da un mese a questa parte.

Il calo del prezzo ha interessato anche frumento e mais ma, in questi casi, la riduzione del valore deve essere attribuita rispettivamente alle nevicate delle Grandi Pianure USA e alle esportazioni inferiori al previsto.

Se tutti gli italiani restituissero i soldi degli interessi percepiti avrebbero la possibilità di pagare meno tasse. Tutto in teoria, per il momento.

I Btp zero di Assoetica

 Lo Stato emette periodicamente i BTp e sono addirittura stati istituiti dei BTp Day, dei giorni dedicati all’acquisto di questi buoni che servono a rimpinguare le casse dello Stato con denaro da usare per pagare scuole, ospedali, strade e servizi.

In borsa, la presentazione di questi strumenti, tende a far prevalere l’aspetto speculativo e per chi deve comprare BTp è importante che lo Stato che li emette sia poco “raccomandabile” in modo che il rendimento dei buoni resti elevato.

Il rendimento dei BTp rappresenta l’interesse che lo Stato dovrà corrispondere alla scadenza del titolo ai suoi creditori. La finalità della “raccolta fondi” effettuata tramite BTp, giustifica l’iniziativa di Assoetica “BTp zero”.

In pratica Assoetica restituirà allo Stato italiano gli interessi percepiti attraverso i titoli di stato, sotto forma di un bonifico intestato alla Presidenza del consiglio. La pubblicità dell’iniziativa punta a rendere “virale” questo procedimento in modo che aumenti il budget a disposizione della società.

Assoetica ne approfitta per ricordare che lo Stato emette dei BTp per finanziare la costruzione o la manutenzione di ospedali, scuole e strade e per finanziare la progettazione e l’erogazione di un certo numero di servizi. Poi lo Stato usa il prelievo fiscale per pagare i tassi d’interesse dovuti sui BTp.

Se tutti gli italiani restituissero i soldi degli interessi percepiti avrebbero la possibilità di pagare meno tasse. Tutto in teoria, per il momento.

onista. Opel deve  rimborsare 2,5 miliardi di euro entro la fine del 2014.

Con Intesa Sanpaolo si vola in Messico

 Non è l’ultima trovata pubblicitaria di una banca che ha deciso d’investire nel settore aeroportuale, anzi, Intesa Sanpaolo si dedica ai prodotti finanziari e non intende tornare sui suoi passi.

Di fatto però i prodotti finanziari venduti possono ampliare l’orizzonte dei clienti e così si scopre che la banca in questione fa da sponda alle piccole e medie imprese italiane che decidono d’investire nel mercato emergente messicano.

Illustrare il funzionamento di questo “passaggio” è sufficiente per capire le prospettive di crescita del titolo azionario.

Intesa Sanpaolo, insieme ad altre banche ha sostenuto la realizzazione del progetto Etileno XXI portato avanti dalla Braskem Idesa, una join venture brasiliano-messicana. L’obiettivo del progetto Etileno XXI è quello di trasformare lo stato di Veracruz in un impianto petrolchimico di riferimento per tutto il continente.

In quest’opera, grazie alla presenza di Intesa Sanpaolo, sono state coinvolte anche 25 aziende italiane che hanno ottenuto ben 40 contratti finalizzati all’esportazione per lavori di progettazione e per la fornitura dei macchinari.

Nell’impianto petrolchimico di Veracruz ci sarà un cracker per la trasformazione di etano in etilene ed è prevista la realizzazione di un secondo polo con tre unità dedicate alla produzione di polietilene. In termini di denaro l’investimento previsto supera i 13 miliardi di dollari. L’impianto inizierà a funzionare nel 2015.

edere sei filiali europee alla GM al fine di ripagare un mutuo al proprio azionista. Opel deve  rimborsare 2,5 miliardi di euro entro la fine del 2014.

Opel e Deutsche Bank: l’emblema della crisi tedesca

 Anche la Germania sta attraversando un periodo di forte crisi al punto che anche colossi del settore industriale e finanziario come Opel e Deutsche Bank, sono stati colpiti dalla sorte avversa. Certo non è un caso ma una situazione che si è prodotta negli anni.

Partiamo dal caso Deutsche Bank che è il più semplice da illustrare visto che nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di parlare della condanna dell’istituto di credito nel processo sui derivati stipulati dal Comune di Milano.

Questo imbarazzo giudiziario arriva al termine di alcuni anni di turbolenze il cui teatro è stato proprio la Germania. Per esempio l’inchiesta sul fallimento di Leo Kirch, passato alla storia come il magnate delle tv private tedesche, oppure la frode sulle emissioni di CO2.

In questo secondo caso pare che la banca abbia ottenuto indebitamente dei rimborsi pubblici, soldi che il governo tedesco assegna ai soggetti privati che inquinano meno. Nonostante su questa inchiesta non sia ancora stato messo il punto, la banca è comunque sotto pressione.

Per quanto riguarda Opel si apprende che il marchio automobilistico tedesco, controllato ormai dalla General Motors americana, ha dovuto cedere sei filiali europee alla GM al fine di ripagare un mutuo al proprio azionista. Opel deve  rimborsare 2,5 miliardi di euro entro la fine del 2014.