Le Borse di ieri

 Cos’è successo alle Borse nella giornata di ieri? Piazza Affari ha chiuso in maniera positiva ed è stata una delle poche chiusure in “attivo” del mercato europeo. Il FTSE MIB ha incrementato il suo valore con uno sprint finale ed ha chiuso al +0,64%.

Sul fronte spread che preoccupa molto anche i cittadini oltre che gli operatori finanziari, c’è stato un rialzo del differenziale tra Btp e Bund decennali con un’affermazione al livello di 330 punti base. Interessante la performance e le oscillazioni dei titoli bancari e in particolar modo delle banche popolari in seguito all’annuncio delle nuove fusioni, delle acquisizioni e dopo la firma dell’accordo sull’unione bancaria europea.

Il titolo della Banca Popolare di Milano guadagna il 4,84 per cento, e va bene anche la Bper che chiude al +4,56%. Interessante anche il +4,55% dell’Ubi Banca.

Tra tutti i titoli spicca comunque quello di Italcementi che guadagna il 15,5 per cento dopo che l’azienda ha annunciato che provvederà alla riorganizzazione dell’attività produttiva in Italia con l’obiettivo di ottenere un risparmio di 40 milioni di euro all’anno.

Il raggiungimento dell’accordo europeo che istituisce nuove regole nella sorveglianza bancaria e la decisione della FED di mantenere i tassi inalterati al fine di dare una mano alle imprese americane, erano nell’aria e quindi hanno impattato leggermente sull’andamento dei titoli.

Collocati 3,5 miliardi di Btp a 3 anni

 Nonostante l’Italia faccia paura da un punto di vista economico e finanziario, il Ministero del Tesoro del nostro paese porta a casa sempre un successo durante le aste dei Btp. Nell’ultimo appuntamento con gli investitori ha piazzato ben 3 miliardi e mezzo di euro di nuovi Btp a 3 anni con tassi che sono da considerarsi i minimi dall’ottobre del 2010. 

Il rendimento dei nostri titoli è calato e questo indica che l’Italia, almeno quanto a reputazione nei confronti degli investitori, si sta riprendendo. Se il rendimento è basso vuol dire che il paese è affidabile.

Ma se questo indice è in calo bisogno anche ricordare che la domanda sebbene elevata non è stata eccezionale rispetto ai nuovi prodotti del Tesoro. Quelli con scadenza al 1 dicembre 2015, per esempio sono stati collocati con rendimento al 2,50% in calo di 14 centesimi rispetto al mese precedente.

Il rapporto tra domanda e offerta è stato di 1,36, il più basso dallo scorso febbraio. A fronte di un’offerta pari a 3,494 miliardi di euro c’è stata una domanda pari a 4,748 miliardi di euro.

I Btp a 15 anni è stato emesso per 729,1 milioni con un rendimento del 4,75%. In questo caso la domanda è stata pari a 1,441 miliardi.

Come l’Italia anche la Spagna è riuscita a collocare molti titoli con scadenza nel 2015 e per Madrid i rendimenti sono in una fase calante.

Per la City meglio Bersani di Berlusconi

 Il terremoto politico che ha investito l’Italia ha spinto molti economisti a riflettere su cosa sia meglio, dal punto di vista finanziario, nel senso che si cerca di capire se è auspicabile un ritorno del centro destra o una vittoria del centro sinistra.

Dalla City rispondono che i mercati sono meno spaventati dall’avvento di Bersani che dal ritorno dell’ex premier del PdL.

Il fatto che Silvio Berlusconi abbia deciso di tornare in campo e l’annuncio di Monti che dichiara di lasciare le redini del Governo dopo l’approvazione della legge di Stabilità, hanno riportato lo spread sopra i livelli di guardia. Sul lungo periodo ci si chiede pero quale dei due leader sia in grado di portare avanti le riforme e i piani di austerity avviati da Mario Monti.

Secondo gli investitori, l’atteggiamento euroscettico di Berlusconi non contribuisce a riporre speranze in un altro mandato a lui conferito. Mentre è probabile che Pier Luigi Bersani con il PD riesca a restare sui binari montiani. Quindi Bersani fa meno paura di Berlusconi ai mercati che sono anche “terrorizzati” dal possibile avvento del Movimento 5 Stelle: oltre al manifesto atteggiamento antieuropeista di Grillo si prefigura un clima politico molto frammentato che paralizzerebbe l’attività politica ed economica del paese.

Google cresce in Europa

 Il titolo di Google è un po’ finito sull’ottovolante perché all’azienda di Mountain View è stato contestato questo modo un po’ losco di trasferire i profitti nei paesi che prevedono una tassazione inferiore a quella del paese di “residenza” dell’azienda.

Il contraccolpo finanziario si è sentito sul titolo in borsa ma è pur vero che Google ha immediatamente tirato fuori il coniglio dal cilindro con l’annuncio di un accordo siglato con gli editori belgi di lingua francese e con le associazioni di autori in Belgio.

L’accordo tra Google e il Belgio francofono è stato siglato per ampliare il volume dell’utenza dei prodotti dell’azienda americana in lingua francese e per incrementare così anche i ricavi delle pubblicazioni sul web.

Il precedente sta in una vertenza giudiziaria che si trascina nelle aule di tribunale dal 2006. Adesso, secondo il modello d’intesa definito da Bruxelles, ci saranno diverse opportunità di collaborazione in internet. Gli editori, per esempio, cercheranno di migliorare l’uso di AdSense così da avere inserzioni pubblicitarie maggiormente remunerative.

Il giro d’affari della pubblicità di AdSense è di circa 7 miliardi di dollari per le case editrici. In futuro per incrementare il legame tra contenuti ed inserzioni potrebbe essere adottata anche la piattaforma pubblicitaria AdExchange ma si partirà dall’uso più intensivo anche di un altro strumento targato Google: AdWords.

Economist e Telegraph sulla situazione italiana

 L’incertezza sulla situazione politica italiana e la sensibilità dimostrata dal mercato alla possibile candidatura di Mario Monti, fanno del nostro paese un terreno ideale per gli investitori che dedicano una parte dei risparmi alle opzioni binarie.

A far luce su quel che sta accadendo in Italia ci hanno provato in tanti. Diamo uno sguardo alle opinioni veicolate dalla pagine del Telegraph e dell’Economist. I conservatori legati alla prima delle due riviste vogliono che l’Italia esca dall’euro. All’Economist, invece, sono più preoccupati per un possibile ritorno di Berlusconi e per la mancata crescita del PIL.  

The Telegraph. Secondo questa rivista il problema dell’Italia è tutto economico e soltanto programmando un’uscita dalla moneta unica, il paese si può salvare. Sembra di sentire l’ex premier Berlusconi, in realtà questa posizione affonda le radici in ragioni squisitamente finanziarie: in un momento in cui il debito pubblico e privato combinato italiano è al 265% del PIL, bisogna tentare un’altra strada rispetto a quella provata finora, bisogna dare nuova linfa alle esportazioni e trarne vantaggio usando la moneta locale, mettiamo caso sia la lira, negli scambi.

The Economist. I giornalisti, in questa rivista, approfondiscono il tema del declino economico dei paesi e quello dell’Italia nel 2012 è davvero molto evidente. Il nostro paese è all’ultimo posto nella classifica delle 14 maggiori economie italiane. Il nostro paese è chiamato a raccogliere le sfide che arrivano dall’Europa e dall’estero per rilanciare la crescita.

Gbp, Aud e Xau e il loro rapporto con il dollaro

 Se c’è un evento finanziario che ha mandato in visibilio le borse, questo è stato il rapporto della FED con tanto di discorso da parte di Bernanke che ha ribadito il suo scetticismo riguardo la risoluzione semplice e veloce del fiscal cliff.

Il risultato della visione di Bernanke è stato un rafforzamento dell’euro, una sostanziale tranquillità del dollaro che ci si aspettava molto più sensibile alla politica monetaria della Federal Reserve e una debolezza più acuita per lo yen. E il dollaro, rispetto alle altre valute?

GBP/USD. Il rapporto tra la sterlina e il dollaro si è avvicinato più volte al punto di rottura rialzista fissato a 1,6175, poi però si è riportato ai livelli medi attestandosi ad 1,6130. Gli analisti vedono in questi ritorni continui verso la soglia di resistenza, la generalizzazione di un clima di risk on.

AUS/USD. Il dollaro australiano ha iniziato a cedere per via della possibile scelta della banca centrale di riferimento di tagliare i tassi nel 2013 fino al 2 per cento. Anche in questo caso, il fatto che più di una volta sia stato superato il limite definito, i 1,0630, fa pensare ad un futuro trend rialzista.

XAU/USD. Relativamente al rapporto tra il dollaro e l’oro si può parlare di un falso breakout che invece apre la strada ad un trend ribassista che potrebbe riportare le valutazione auree fino a 1685.

Eur/Usd ed Usd/Jpy dopo il discorso FED

 Bernanke si è di recente pronunciato sulla volontà della Fed di mantenere invariati i tassi, prossimi allo zero, in modo da dare una mano alle aziende in crisi. I tassi che oscillano tra lo 0 e lo 0,25, tra l’altro, si adattano bene agli attuali livelli di occupazione ed inflazione.

Il presidente della FED si è detto preoccupato per il fiscal cliff e si è dimostrato anche poco convinto del fatto che presto sarà raggiunto l’accordo. Il dollaro ha reagito rafforzandosi ma senza cadere nel turbine della volatilità. Nella coppia EUR/USD, che è la prima che prendiamo in considerazione, si può notare la forza dell’euro che supera gli indici fondamentali.

La moneta del Vecchio Continente ha superato la soglia di resistenza statica raggiungendo i 1,3075. Nel momento in cui si supererà anche la soglia psicologica dell’1,31 e quindi con un breakout rialzista, si potrebbe verificare il cosiddetto doppio massimo che inverte la tendenza della coppia valutaria.

Tanto è forte l’euro quanto è debole lo Yen che non riesce ad approfittare del momento delicato del dollaro. Il cambio è in breakout rialzista e si dovrebbe andare oltre la soglia dell’84,20.

Si può facilmente dedurre che vista la forza dell’euro e la debolezza dello yen, il rapporto EUR/JPY è in breakout rialzista con la possibilità di superare il target 110 in modo molto facile.

 

La doppia valuta resiste tra le opzioni

 Chi investe nel mercato delle opzioni binarie, in questi giorni cerca di capire il trend di fine anno e quel che succederà l’anno prossimo. Di sicuro, è condiviso da tutti, un sentimento di vaga “sfiducia” nei confronti del Vecchio Continente. Si è certi che uscirà dalla crisi ma non si sa bene quando e come.

L’incertezza sul momento in cui tutti i paesi dell’Eurozona troveranno un momento di sollievo porta molti economisti a rilanciare l’idea della doppia valuta. L’ultima proposta in ordine cronologico che cavalca il tema appena descritto, è stata fatta dalla società di consulenza Strategic Decisions Group.

La doppia valuta comporta che al fianco dell’euro siano usate localmente anche le valute nazionali, in un modo intelligente che scoraggi la corsa agli sportelli e rilanci il settore finanziario. Nella proposta dello Strategic Decisions Group ci sono le monete nazionali da usare per il pagamento degli stipendi e delle pensioni pubblici e per le transazioni nazionali. La moneta unica, invece, continua ad essere usata per gli asset dominanti: conti deposito bancari e via dicendo.

Un sistema che a prima vista appare leggermente macchinoso ma che potrebbe garantire una sopravvivenza nel tempo del Vecchio Continente.

In Grecia è stato già proposto un tipo di baratto mentre molti si affrettano a parlare di dollarizzazione inversa per il fatto che tutto funziona perché i consumatori non si fidano della moneta locale.

 

Le decisioni della FED sui tassi

 Entro la fine dell’anno si aspettava con molto fervore l’intervento della Fed in materia di tassi. La Federal Reserve americana ha ribadito di voler mantenere inalterati i tassi, ma questa decisione si accompagna con una considerazione del mercato del lavoro, del tasso di disoccupazione e dell’inflazione dilagante.

La Federal Reserve, dunque, ha lasciato i tassi invariati, confermando l’attuale livello compreso tra 0 e 0,25%. Si ritiene infatti che tale livello sia adeguato al momento: in America il tasso di disoccupazione supera il 6,5 per cento e il livello dell’inflazione è sotto il 2,5 per cento.

La Fed ha chiaramente indicato i livelli di disoccupazione ed inflazione che dovranno essere raggiunti prima che i tassi puntino l’asticella verso l’alto. La situazione si presuppone che rimarrà invariata fino al 2015. Non è una mossa a sorpresa visto che tra gli obiettivi della FED ci sono sempre il contenimento dell’inflazione, la crescita legata al mercato del lavoro.

Un’altra operazione molto importante gestita dalla FED era l’operation twist il cui obiettivo è finanziare gli investimenti, mobilitare il credito alle imprese, facendo leva soltanto sui tassi. Le imprese, tra l’altro, in questo momento secondo la FED vanno aiutate perché stanno subendo gli effetti negativi del fiscal cliff, il quale riduce il volume degli investimenti e deprime le assunzioni

 

Forex: la coppia EUR/USD vicina al pull back

 Il tasso di cambio tra l’euro e il dollaro è sicuramente influenzato dalla politica che sia in America, sia in Europa è stata molto scossa dalla mancata risoluzione del fiscal cliff al Congresso e dall’annuncio delle dimissioni di Mario Monti dopo l’approvazione della Legge di Stabilità.

Nella giornata di ieri il valore del rapporto tra la moneta del Vecchio Continente e il dollaro americano si è attestato sull’1,30, toccando poi i livelli massimi di giornata con il 1,3014. Si pensava che dopo i livelli minimi raggiunti venerdì, ci fosse un recupero ed in effetti c’è stato.

Adesso però, gli analisti si chiedono se i prezzi del cambio EUR/USD riusciranno a varcare di nuovo la soglia di resistenza e lasciarsi alle spalle il range 1,30-1,3020. In pratica ci si chiede se avverrà quello che in gergo tecnico si chiama breakout.

Riuscire a prevedere questa mossa del mercato in anticipo garantisce investimenti più solidi basati sul fatto che dopo un breakout, in genere, c’è sempre anche un pull back.

Questa seconda espressione indica il momento in cui il mercato si prende una pausa e lavora affinché siano aggiustati prezzi, indici e rapporti in modo da raggiungere i valori precedenti al breakout.

Alcuni analisti hanno provato a fare previsioni di breve periodo, sulla coppia EUR/USD, legate al periodo natalizio.