Derivati ancora senza regolamentazione

 Sono tutti d’accordo ma alla fine non si fa assolutamente niente per mettere un freno alla speculazione sui prodotti finanziari derivati.

Bisogna regolamentare l’attività degli istituti di credito sui derivati, praticamente ce lo sentiamo dire da quando le banche hanno assunto un atteggiamento molto più aggressivo per incrementare la liquidità nei loro forzieri. Che siano necessarie delle regole lo sanno tutti, le banche centrali, gli economisti, i politici, e sono tutti d’accordo in Europa e in America.

Dopo la crisi Lehman Brothers, la questione si è fatta più urgente ma i buoni propositi di tutti non si sono ancora trasformati in attività decise.

Basta pensare a due eventi che hanno caratterizzato la cronaca finanziaria nelle ultime settimane: la Deutsche Bank  è stata accusata di aver registrato perdite fino a 12 miliardi di euro. Il j’accuse arriva da un ex analista della banca tedesca che fa riferimento ai traffici finanziari tra il 2007 e il 2010.

Tenuto conto dei tempi non si esclude che molte attività sui derivati siano ancora in essere. In effetti, anche più che in passato, le attività delle banche europee sui contratti derivati, sono corpose e non diminuiscono, anzi, hanno raggiunto livelli pre-Lehman.

I rischi di queste attività sono stati scandagliati di recente nel rapporto R&S Mediobanca.

Vola McDonald’s all’inizio della settimana

 Il fiscal cliff, ormai da troppo tempo, sta rallentando gli scambi di Wall Street. Questa settimana, però, è iniziata all’insegna dell’ottimismo visto che si spera di mettere un punto al negoziato che oppone le due diverse fazioni del Congresso.

L’entusiasmo di Wall Street nasce anche dalla considerazione della nuova manovra della Federal Reserve che intende sostenere lo sviluppo del mercato proseguendo con le sue azioni di stimolo. In più la borsa americana è riuscita a resistere al trambusto europeo.

Le notizie sulla condizione italiana non sono certo piacevoli per gli indici valutari, ma tengono bene il Dow Jones che guadagna lo 0,11 per cento, lo Standard & Poor’s 500 che guadagna lo 0,03 per cento e anche il Nasdaq che cresce dello 0,3%.

Intanto Obama ci mette del suo spiegando che intende portare in campo qualsiasi iniziativa in grado di evitare l’aumento delle tasse automatico e i tagli alla spesa e chiede che nei prossimi documenti siano invece inserite le imposte sui redditi più elevati.

Sotto il profilo azionario cresce molto il titolo McDonald’s sulla base delle vendite positive registrate a livello globale nel mese di novembre. Le azioni del colosso dei fast food hanno guadagnato l’1 per cento. La ripresa del titolo va di pari passi con le risposte positive del comparto tecnologico che nell’ultimo periodo era stato un po’ stressato.

Al London Metal Exchange volano rame e zinco

 Il mercato dei metalli di Londra, la scorsa settimana, ha aperto in aumento grazie al picco di valutazioni per il rame e per lo zinco. Tutto nasce da sentimenti positivi all’indirizzo della Cina. Ma cosa c’entra la Cina con i metalli?

Il London Metal Exchange ha vissuto un nuovo momento positivo, una specie di fiammata, legata al sentiment nei confronti della Cina che quest’anno deve arrendersi, dicono gli esperti, ad un rallentamento nella crescita. Eppure, come la rielezione di Obama in America, anche in Cina influisce molto la decisione del leader del partito Xi Jinping, il quale ha annunciato che non modificherà le politiche macroeconomiche.

Questo vuol dire che la Cina si avvia verso una nuova fase di espansione attraverso la programmazione di interventi decisi che stimolino la crescita del paese. Per esempio pare si voglia forzare il processo di urbanizzazione del paese e si vogliano stimolare gli investimenti eteri in Cina.

Chi deve portare soldi a questo paese ci crede, anche se i numeri vanno nella direzione opposta a quella delle sensazioni. Fatto sta che il mercato londinese dei metalli reagisce positivamente alle notizie che arrivano dalla Cina e della situazione approfittano le quotazioni di zinco e rame. Lo zinco raggiunge i livelli massimi da due mesi a questa parte e a niente serve sapere che le giacenze nei magazzini hanno raggiunto 1,231 milioni di tonnellate.

Oro in frenata secondo Goldman Sachs

 Anche un investitore disattento si sarebbe accorto di questo particolare: nonostante si vociferi da tempo della corsa all’oro delle nazioni e degli investitori e nonostante si giustifichi con la crisi il rialzo delle valutazioni del metallo giallo, il prezzo di questa materia prima resta pressoché stabile con lievissime oscillazioni.

Ecco allora che il sentimento espresso da Goldman Sachs sembra nelle corde di tale percezione. La banca d’affari americana, infatti, ha iniziato ad abbassare le previsioni sul prezzo futuro dell’oro. Mediamente ci saranno dei piccoli rialzi ma l’ascesa non sarà vertiginosa come si pensava un po’ di mesi fa.

Anzi, chi sta cercando di capire quel che succederà l’anno prossimo, deve tener conto del fatto che nel 2013 il trend rialzista del metallo finirà e nel 2014 il prezzo medio dell’oro si assesterà sui 1750 dollari l’oncia.

Goldman Sachs è sostenuta nella sua idea sull’oro anche dalle considerazioni di altre banche, per esempio il gruppo BNP Paribas che dal 2014 si aspetta che ci sia un calo dei prezzi come non si vedeva da 14 anni a questa parte.

Sull’altro fronte, di quelli che sperano e credono nei rialzi del prezzo dell’oro, ci sono l’Union Bancaire Privée e la Mps Capital Service. Entrambe vedono l’oro raggiungere il picco massimo di 2000 dollari l’oncia nel giro di due o tre anni.

FMI sull’economia mondiale del 2013

 La fine dell’anno si avvicina e tutti gli enti si apprestano a tirare le somme del 2012 per capire come andrà a finire la crisi nel prossimo anno. Il 2013 è sicuramente un anno di svolta a livello globale ma in positivo oppure in negativo. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha detto la sua.

Quello che gli investitori vogliono sapere, è ovvio, è se il peggio deve ancora arrivare oppure se nel 2011 e nel 2012 abbiamo visto praticamente tutto. Il FMI ha messo in relazione le stime di crescita del PIL fatte dal Financial Times ed ha notato che da 18 mesi a questa parte tutte  le previsioni, che erano state fatte per il 2012, sono state corrette al ribasso.

La stessa cosa è successa alle prospettive del 2013: nel giro di due anni c’è stata una correzione degli indici in negativo del 2 per cento circa. Non è del tutto sorprendente il fatto che i tagli maggiori riguardino alcune zone del mondo, quelle più periferiche dell’Europa, il Regno Unito e la Cina. Soltanto gli Stati Uniti, oggi in crisi, non hanno mai corretto le stime di crescita e decrescita del PIL.

In tutta questa storia e sul futuro incideranno molto le scelte delle banche centrali che hanno provato ad allontanare i rischi di speculazione. Ad ogni modo dal primo trimestre del 2013 dovrebbe esserci una lenta ripresa.

Cosa andrà bene sul mercato

 Non solo chi investe nelle opzioni binarie, anche chi vuole speculare sul mercato azionario, in questo scorcio di fine anno ha intenzione di conoscere le intenzioni del mercato, i possibili trend, le azioni che sicuramente avranno una vita migliore dei titoli sempre in rosso.

A parlare, in un’intervista al Sole 24 Ore è il gestore del fondo Oyster Italian Opportunities che spiega come nel 2012 abbia avuto molto successo il mercato obbligazionario, ma nel 2013 potrebbero tornare ad essere molto vantaggiosi gli investimenti in borsa.

E quali sono i titoli che “nascondono” un buon rendimento? In sostanza, verso quali lidi bisogna navigare? Sicuramente sarà molto vantaggioso restare in Italia o al massimo spostarsi in Spagna per una questione di prezzi, ma è da tenere in considerazione anche l’investimento sui titoli legati al mercato americano.

Gli USA, infatti, sono alle prese con una crisi senza precedenti ma hanno già trovato un modo per uscirne vivi, scacco matto che non è riuscito a tutte le economie industrializzate.

Se invece l’obiettivo degli investitori è conoscere i settori aziendali che maggiormente cresceranno nel prossimo anno, allora occorre dare uno sguardo ai titoli legati al mondo del lusso, alle banche e alle assicurazioni. Per esempio un buon investimento potrebbe essere la Novartis.

Piazza Affari e il dopo Monti che spaventa

 Il fine settimana della politica italiana è stato segnato dall’annuncio del premier Monti: dopo la palese sfiducia dimostratagli da Alfano in aula, il Professore alla guida del gabinetto tecnico incaricato di traghettarci fuori dalla crisi, ha deciso di gettare la spugna.

Monti, applaudito da molti cittadini, dice di dimettersi dopo l’approvazione della Legge di Stabilità. Il documento è ancora in fase di discussione e approvazione ma si preannuncia una tornata elettorale per la fine di febbraio o nella prima settimana di marzo.

Il fatto che Monti abbia deciso di andare via non piace affatto alle borse che temono il peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie del Belpaese. Il Ftse Mib risente molto della crisi di governo e chiude al -2,2% dopo una giornata molto altalenante in cui l’indice ha perso anche il 3,8 per cento.

In rialzo il Dax di Francoforte che cresce lievemente e va bene anche il Cac 40 di Parigi. Resta invece molto esposta al debito la Spagna che quindi perde terreno, registrando il -0,56%.

L’unico titolo che a Piazza Affari si tiene a galla è quello Mediaset che guadagna il 2 per cento e sembra che l’entusiasmo legato alla nuova discesa in campo di Berlusconi. Male, poi, tutti i bancari che perdono oltre cinque punti.

Riguardo allo spread c’è da registrare il ritorno del differenziale sopra la quota limite di 350 punti.

Obiettivi e vantaggi del buyback greco

 La Grecia, per ottenere un’altra tranche di aiuti dalla Troika, deve andare avanti con l’operazione di buyback che per il momento non ha avuto intoppi e in fin dei conti sta bene a tutti. La spiegazione è semplice e descrivere lo scenario futuro può aiutare chi investe in opzioni binarie.

Alle 17 di venerdì scorso, 18 ore italiana, è scaduto il termine per la presentazione delle adesioni al piano di buyback greco. Il governo di Atene ambiva a piazzare 30 miliardi di euro di titoli e questo obiettivo sia stato raggiunto anche se devono ancora arrivare i dati definitivi dell’operazione.

Il successo dell’iniziativa. Atene ha offerto a coloro che detengono titoli del debito greco di ricomprarli al 30-40 per cento del valore di facciata. In generale non sembra un grande affare pagare un “titolo” 10 euro e venderlo a 3-4 euro prima della sua scadenza.

Il fatto è che non si sa se la Grecia, alla scadenza naturale delle obbligazioni, riuscirà a pagarle tutte, soprattutto se sarà in default. In quel caso sarebbero soldi investiti e persi. Quindi, quel 30-40 per cento è sempre meglio di niente. L’alternativa potrebbe essere trasformare i titoli del debito greco in liquidità ma sul mercato sono pagati il 25% del valore di facciata. Alla fine, quindi, la proposta di Atene conviene e in più contribuisce alla riduzione del debito del paese, con un esborso minore per tutti i paesi dell’UE.

Il Regno Unito pensa di uscire dall’Europa

 Chi investe in opzioni binarie deve provare ad immaginare degli scenari futuri plausibili, definire dei trend possibili e poi operare in tal senso. In questi giorni, soprattutto dopo la pubblicazione dell’articolo dell’Economist, si pensa al Regno Unito.

In questo paese, infatti, ormai è solo questione di tempo: tutti i politici discutono se sia necessario uscire dall’Europa e vogliono fare una consultazione popolare. Secondo la rivista economica, invece, abbandonare il mercato europeo proprio adesso, potrebbe essere disastroso.

La situazione nel Regno Unito. I conservatori spingono per un allontanamento dall’UE ed ora sembra siano sostenuti anche dai laburisti che vedono nell’uscita dall’Europa un modo per risparmiare e ricostruire un nuovo sostrato finanziario. E’ per questo motivo che il Regno Unito ha votato contro il fiscal compact di Bruxelles.

Il riferimento. L’ideale sarebbe raggiungere una posizione analoga a quella della Svizzera che beneficia di numerose concessioni da parte dell’UE, pur restando estranea a tutta la logica europea.

La posizione dell’Economist. Gli analisti economici non guardano di buon occhio l’euroscetticismo diffuso nel Regno Unito (e non solo) per il fatto che la Gran Bretagna, uscendo dalla Comunità Europea avrebbe dei vantaggi apparenti ed immediati, ma non sostenibili sul lungo periodo. Per esempio, risparmierebbe i 10 miliardi di euro di contributi al budget europeo, vedrebbe calare i prezzi e potrebbe liberalizzare il mercato del lavoro e ridonare vitalità alla Citi, ma allo stesso tempo abbandonerebbe un area di libero scambio in cui conclude la metà del suo business e sarebbe abbandonata da molte società che avevano stabilità la residenza proprio nei suoi confini.

Le azioni aumentano il valore dell’investimento

 Secondo alcuni analisti, per il 2013, avere un portafogli ricco di azioni è l’unica soluzione per garantirsi un reddito di una qualche entità. Tommaso Federici, per esempio, che è il Responsabile Gestioni di Banca Ifigest, intervistato dal Sole 24 Ore dice:

Nel 2013 aumenterà la volatilità dei portafogli, ma l’unico modo per avere un reddito interessante sarà puntare sull’azionario.

In base alla soluzione scelta, aggressiva, bilanciata o prudente, deve variare il contributo del pacchetto azionario. L’ideale è raggiungere il 18% per i portafogli prudenti, il 27% per quelli bilanciati e anche l’84% per i portafogli più aggressivi.

La percentuale annunciata comprende sia le azioni, sia i fondi, sia gli Etf. Per quanto riguarda il terreno “fisico” dell’investimento, ancora una volta torna il ritornello per cui l’Eurozona sarà più redditizia e che l’Italia, addirittura, potrebbe essere il paese maggiormente esplosivo, in grado di trainare tutti gli altri.

La situazione finanziaria, infatti, sta cambiando: la stretta creditizia è giunta alla sua fase finale e sono ricominciati gli investimenti. Molte aziende riprenderanno a funzionare e questo farà sì che la spesa aumenti.

E per chi del Vecchio Continente non si fida, non resta che sperare nell’America dove potrebbe essere risolta la questione del fiscal cliff entro l’anno, oppure sarà necessario puntare tutto sul miglioramento delle condizioni in Cina e in Brasile.