Buy su Telecom Italia: il titolo piace

 Tra ieri ed oggi sono passate all’attenzione degli investitori almeno tre titoli italiani: Enel, Mediaset e Telecom Italia. Le prime due hanno visto incrementare il valore delle azioni mantenendosi sulla scia positiva tracciata dal Ftse Mib, mentre per Telecom Italia i guadagni sono anche più consistenti.

Tutto parte dalla considerazione delle borse europee dei dati positivi giunti da Wall Street. Una scia positiva che ha visto poi divergere i risultati dei due mercati, quello americano che ha chiuso in rosso, e quello europeo che al contrario ha visto un aumento debole, ma comunque aumento, di tutti i titoli maggiori.

Passiamo quindi alla considerazione di quel che è successo a Telecom Italia. Si sono scatenati gli acquisti su questi titoli. L’avvio della giornata di contrattazioni di oggi, tutto sommato, può essere considerato debole ma in pochissimo tempo sono arrivati i guadagni.

Il titolo è giunto ai massimi livelli intraday, è aumentato dell’1,93% e si sono registrati scambi per circa 16 milioni di azioni. La tensione sul titolo Telecom Italia è tenuta alta dall’appuntamento di giovedì prossimo, giorno in cui si riunirà il Cda per discutere dello scorporo della rete.

In pratica Telecom ha in mente il lancio di nuovi servizi tutti legati alla banda larga e questa opportunità piace anche agli investitori. 

 

Dalla Spagna all’Italia, Mediaset vola

 Piazza Affari, nella giornata di ieri, si è entusiasmata con i dati che sono arrivati in riferimento al PMI cinese e alla decisione della Grecia che intende riacquistare i bond emessi per ottenere gli aiuti europei. Lo stesso “colpaccio” non è riuscito a Wall Street, affaticata dal mancato accordo sul fiscal cliff.

Nel frattempo in Europa quasi tutte le borse chiudono in positivo anche se il leggero aumento degli indici di ieri non è paragonabile alle buone performance della scorsa settimana. Piazza Affari vede scendere lo spread sotto i 300 punti e assiste anche al calo dei rendimenti dei Btp.

Gli analisti parlando di un Ftse Mib trainato dai bancari ma anche altri titoli hanno fatto sorridere di soddisfazione gli investitori. Si tratta ad esempio delle azioni Enel che grazie alla considerazione di Santander hanno guadagnato terreno.

E’ andata bene anche la giornata di Mediaset su cui è pronta a scommettere la JP Morgan, riservando uno sguardo particolare a quello che sta succedendo in Spagna. Cosa c’entra il Biscione con Madrid?

Sembra che a scatenere gli acquisti sui titoli Mediaset sia stata una notizia relativa alla controllata Mediaset Espana che dovrebbe iniziare a breve la vendita di pubblicità soltanto per internet, offrendo spazi multipli per contenuti di marca, giochi, trailers e altro ancora.

Enel guadagna il 2 per cento

 L’avvio della settimana di contrattazioni è stata molto interessante per il versante europeo dove tutti i mercati, tranne quello spagnolo, hanno chiuso in terreno positivo. Parecchie le azioni che hanno seguito la scia del Ftse Mib e sono riuscite ad ottenere buoni risultati. Tra queste c’è anche Enel.

Piazza Affari parte bene forse seguendo l’entusiasmo di Wall Street (che a fine giornata però chiuderà in negativo) e con l’incedere del Ftse Mib, spicca il volo anche il titolo Enel che aveva chiuso la scorsa settimana di contrattazioni perdendo un punto percentuale.

Ieri, invece, Enel ha recuperato terreno portandosi al +2% con azioni vendute per 2,968 euro, prezzi in rialzo dell’1,85%. Nel primo pomeriggio, dunque, Enel aveva assistito allo scambio di circa 21 milioni di sue azioni.

Enel, nel suo recupero di valore è stata aiutata molto anche dalle indicazioni della banca Santander. L’istituto di credito in question, infatti, ha migliorato la cosiddetta raccomandazione sul titolo Enel che dall’essere considerato “hold” ha finito la giornata con lo status di “buy”. Anche il cosiddetto prezzo obiettivo è aumentato passando da 2,85 a 3,85 euro.

Il cambio di giudizio di Santander si lega alla valutazione data di Endesa che si è basa sul target prince e non sui prezzi di mercato. Nel futuro prossimo Enel dovrà prender una decisione su Endesa.

Uno sguardo alle borse di ieri

 La giornata di ieri è stata molto interessante per le borse e soprattutto per Piazza Affari che ha assistito ad un incoraggiante calo dello spread sotto i 300 punti. La borsa di Milano ha poi chiuso la giornata di contrattazioni con in leggero rialzo, al +0,43% trainata dalle performance dei titoli bancari. Andiamo con ordine.

Partiamo dalla borsa di Wall Street che ha chiuso in negativo e non è riuscita ad approfittare dei dati sul PMI cinese e della decisione di Atene di avviare il buy-back sui titoli. Il Dow Jones, dunque, dopo aver aperto in rialzo ha iniziato la sua caduta che lo ho portato a fine giornata in territorio negativo con il -0,46%.

Il fatto che Wall Street abbia comunque aperto la seduca in modo entusiasmante, ha infuso una buona dose di coraggio alle borse europee che – con la sola eccezione di Madrid – hanno chiuso tutte in positivo. I dati sulla lenta ripresa cinese fanno piacere agli indici ma sono controbilanciati dalla preoccupazione per l’America che nel Congresso non è riuscita ancora a trovare un accordo sul fiscal cliff. 

Interessante anche l’effetto ottenuto da Angela Merkel con la sua dichiarazione riguardo la possibilità di estinguere in futuro il debito greco. 

A Piazza Affari vanno molto bene le azioni di Mediaset, Mediobanca e va bene anche Telecom Italia anche se il margine di guadagno è contenuto.

Francia: Londra non è una “piazza” UE

 Il mercato azionario non è al riparo dalla politica e questo sembra scontato visto che le decisioni prese dai Governi e dai Parlamenti, in genere, incidono sulla politica monetaria e sulle scelte economiche di un paese, con riflessi sulle quotazioni azionarie.

Il mercato, però, non sembra al riparo nemmeno dalle polemiche che generalmente sono racchiuse nella cornice della politica. Stavolta il fattore scatenante è stata una dichiarazione del governatore della Banca di Francia, Christian Noyer che è anche membro del direttivo della BCE.

Noyer ha chiesto che la Gran Bretagna rinunci allo status di “prima piazza finanziaria europea”, non tanto per il fatto che non ha meriti in questo senso, ma perché la Gran Bretagna non fa parte della zona Euro. Questo vuol dire che deve esserci una corrispondenza, secondo Noyer, tra Europa ed Eurozona.

Noyer, nello spiegare la questione al Financial Times, ha spiegato che il grosso degli affari della zona euro, sono fatti in euro quindi non è logico inglobare la City in questo meccanismo. Tutti i traffici, poi, sono monitorati dalla BCE quindi Noyer parla con cognizione di causa.

Oggi, a livello statistico, si rileva che il 40 per cento degli affari finanziari europei si concentra a Londra. In tutti gli altri paesi dell’area euro, presi insieme, non si raggiunge la stessa quota. Questo particolare marginalizza il monitoraggio e la supervisione della BCE.

La ripresa del settore immobiliare americano

 L’America si sta riprendendo o comunque sta facendo tutti gli sforzi necessari per evitare il fiscal cliff e per mettersi nelle condizioni di uscire dalla crisi. Se fossero sufficienti i dati del settore immobiliare per avere un quadro sulla situazione a stelle e strisce, allora potremmo dire che tutto va per il meglio.

Nell’ultimo rapporto Re/Max, infatti, l’immobiliare americano risulta in ripresa. Il rapporto prende in esame 52 aree metropolitane e per tutte ha verificato sia l’aumento dei prezzi, sia l’aumento delle transazionali. Una tendenza che ha preso corpo dal secondo trimestre dell’anno.

Entriamo nel dettaglio. Le vendite di immobili ed edifici sono cresciute del 17,8 per cento ad ottobre, rispetto allo stesso mese del 2011 e i prezzi medi della spesa si sono cristallizzati attorno ai 158 mila dollari che rappresentano un dato in crescita del 2,1 per cento rispetto all’anno scorso, anche se poi si parla di calo dei prezzi, del 3,7% se si confrontano i dati di ottobre 2012 con i dati di settembre dello stesso anno.

Il trend non riduce la preoccupazione degli operatori del settore immobiliare che devono assecondare le esigenze degli aspiranti padroni di casa che hanno sempre più difficoltà ad ottenere un credito dalle banche e che non hanno ancora smesso di subire gli effetti della crisi degli anni scorsi.

All’Europa questa situazione interessa nella misura in cui una ripresa del settore immobiliare americano è in grado di rassicurare i mercati omologhi nel Vecchio Continente.

Il taglio dei tassi australiano

 Anche la Reserve Bank of Australia, la Rba, si è decisa per il taglio dei tassi d’interesse. Oggi dovrebbe arrivare la decisione definitiva cui sottosta sicuramente anche una politica monetaria di riferimento per il paese. Come investire su questo evento? Se lo chiedono gli analisti e soprattutto coloro che si occupano di opzioni binarie.

Il comunicato dell’Rba sul taglio dei tassi è stato cruciale perché ha orientato la domanda di valuta australiana. L’effetto sui prezzi è sempre immediato. Non si tratta comunque di un annuncio spiazzante visto che la Reserve Bank of Australia, ogni anno, per 11 volte, annuncia le decisioni sui tassi. L’appuntamento con i media e con gli investitori è il primo martedì del mese.

Dopo l’annuncio, il mercato è in attesa di conoscere il taglio effettivo dei tassi. S’ipotizza un taglio dello 0,25% con il conseguente passaggio del cash care al 3 per cento, un livello che è il più basso dal 2009 ad oggi.

L’obiettivo della politica australiana è quello di salvaguardare la propria economia e dare un nuovo impulso alla crescita visto che al di fuori dell’industria mineraria, gli altri settori produttivi non hanno restituito report entusiasmanti.

L’espansione sembra rallentata e questo particolare scoraggia gli investitori decisi a trovare terreni sicuri d’approdo.

Cosa ha fatto scendere lo spread

 Nella giornata di ieri gli analisti e soprattutto chi fa investimenti mirati con le opzioni binarie su tempi ridotti, si è accorto del crollo dello spread. Il differenziale è calato sotto i 300 punti, un risultato che non si otteneva da diversi mesi. La stessa cosa è successa anche al rendimento dei Btp decennali che hanno raggiunto i livelli minimi da due anni a questa parte.

Le borse si sono entusiasmate dunque e lo spread è sceso sotto i 300 punti oscillando tra i 295 e i 292 punti base. Il rendimento dei Btp a 10 anni, invece, è scivolato al 4,38 per cento. Questa situazione è stata determinata soprattutto dalle notizie arrivate dalla Cina e dalla Grecia.

In Cina, a novembre, l’attività manifatturiera è stata caratterizzata da una leggerissima espansione. Niente di ragguardevole ma un segnale del genere non si percepiva ormai da 13 mesi. Con i dati raccolti la Cina è finalmente passata dal recinto dei paesi classificati in recessione a quello dei paesi che possono dirsi avviati verso una nuova fase espansiva.

La Grecia ha risollevato i mercati, invece, annunciato una nuova operazione di buy-back, vale a dire che ha deciso di ricomprare i bond in circolazione per avere più garanzie nella richiesta di aiuti all’Europa.

A cosa servono le riserve valutarie

 In queste settimane sono sotto monitoraggio le scelte della Cina in merito all’ampliamento delle riserve valutarie. Questo zoom sulla realtà asiatica è spesso usato dagli analisti per capire quanto siamo prossimi alla recessione o ad una nuova fase espansiva di portata mondiale.

Ma a che serve comprare monete e soprattutto “chi compra cosa”? E’ questo un interrogativo cruciale per la determinazione delle monete più ambite, per la comprensione delle strategie dei paesi riguardo il settore monetario.

Le riserve di valuta straniera, in genere, sono definite dalle banche centrali dei diversi paesi che fanno una scorta di dollari, di euro, di yen (sono esempi), per proteggere con maggiore determinazione la moneta locale. Le oscillazione nel ForEX sono così tamponate e nei momenti di maggiore volatilità si pone un rimedio alla speculazione, stabilizzando il tasso di cambio.

La moneta più desiderata è il dollaro americano che rappresenta oltre il 60 per cento delle riserve valutarie accumulate dalle banche centrali. Al secondo posto si piazza la moneta unica del Vecchio Continente con il 25 per cento circa delle scorte. Il terzo posto è conteso invece dalla sterlina e dallo yen che non vanno il 4 per cento delle richieste.

Per quanto riguarda i compratori, invece, sono per lo più otto paesi capitanati proprio dalla Cina che già l’anno scorso ha dichiarato di aver fatto una scorta di dollari americani.

Cina: dalle riserve alla valutazione del mercato

 L’economia mondiale deve ripartire, ormai ce lo sentiamo ripetere come un imperativo ma il momento in cui sarà effettuato il passaggio da uno scenario di recessione ad una prospettiva di ripresa non è ancora noto. Tutti danno per sicuro il riavvio del sistema finanziario a partire dal 2013.

Ma è proprio così? Non per gli analisti che si affidano all’interpretazione del mercato valutario e stanno monitorando attentamente le scelte della Cina. Perché proprio la Cina e cosa si osserva in particolare?

La Cina, negli anni, ha sempre accumulato riserve valutarie in prossimità di una ripresa o comunque di un’espansione finanziaria. Oggi le riserve valutarie della Cina sono prossime allo zero e quando ciò accade siamo sull’orlo di una nuova recessione.

Questo legame tra le risorse valutarie cinesi e lo sviluppo del mercato mondiale è supportato da una retrospettiva che va dagli anni Novanta ai giorni nostri.

Alla fine degli anni Novanta, per esempio, il mercato aveva assistito ad una crescita rallentata delle riserve valutarie cinesi, preludio alla bolla hi-tech che ha determinato la recessione dei mercati azionari. La ripresa della corsa alla valute, ha invece accompagnato il boom economico degli anni successivi. Adesso, dal 2007 in poi, le riserve sono tornate a decrescere.