Berlino: sì agli aiuti alla Grecia

 La Camera bassa del parlamento tedesco ha finalmente sciolto le riserve sulla questione greca e con grande soddisfazione da parte dei mercati che ora tirano un sospiro di sollievo, i deputati del Bundestag hanno approvato gli aiuti europei da inviare ad Atene per salvare la Grecia dal default.

I deputati tedeschi non erano stati convinti dalla liceità della terza tranche di aiuti alla Grecia perché avrebbe comportato un ulteriore sforzo economico anche per la Germania che risulta sull’orlo della recessione. Invece, quando si aspettava soltanto il sì della coalizione di governo formata da Cdu-Csu e Fdp, la situazione si è sbloccata con un’approvazione ad ampia maggioranza sostenuta anche da Verdi e Spd.

Il sì di Berlino, come spiega bene il ministro delle finanze Schaeuble, arriva dalla presa di coscienza che il fallimento di Atene porterebbe alle estreme conseguenze la crisi del debito nell’Eurozona. Ecco le sue parole:

I potenziali effetti di un default greco in altri stati potrebbe essere grave, anzi a dire la verità potrebbe aver conseguenze imprevedibili.

La similitudine usata dal ministro tedesco è quella della Grecia come i paesi dell’Europa dell’Est dopo la fine dell’URSS, ma adesso è allo studio un programma con le misure utili a risolvere in tre anni la crisi del debito dell’Eurozona. Tutto in linea con quanto fatto anche da Angela Merkel in questi mesi

La crisi dell’immobiliare e i pannelli solari

 La crisi economica ha determinato un rallentamento di tutti i settori produttivi del nostro paese e dell’Eurozona. Sicuramente ormai siamo vaccinati rispetto alle notizie che parlano del rallentamento dell’economia e del settore edilizio in particolare.

Molti si sono concentrati sulla quantità di case invendute in Italia e sulle richieste sempre attive da parte dei costruttori per l’acquisto e la concessione a costruire su nuovi terreni. Non tutti, invece, hanno pensato quali altri settori sono toccati a cascata dalla crisi del mercato edilizio. In un recente articolo del Sole 24 Ore si fa il caso del mercato dei pannelli solari.

Il settore edilizio. Rallenta l’economia e si registra un calo degli investimenti nelle costruzioni pari al 6 per cento che è ancora di più di quanto sia stato registrato nel 2011 quando la flessione era del 5,3 per cento o rispetto a quanto previsto dagli analisti (-3,8%).

Di riflesso si trova in cattive acque il mercato dei pannelli solari Medium density fibreboard, che a questo punto risulta penalizzato dallo stop produttivo che ha interessato la Nuova Rivart, ma anche dalla bassa produzione degli altri operatori.

La situazione descritta riguarda l’Italia ma anche l’Europa che in generale attraversa un momento di sofferenza cui si aggiunge la concorrenza con le materie prime delle centrali a biomasse e i ritardi dei pagamenti che attanagliano il settore.

Bpm: avanti con i licenziamenti

 I titoli bancari possono essere un ottimo strumento d’investimento se l’istituto di credito riesce a mantenere una certa linearità nei conti. Il sistema bancario, in generale, quest’anno è stato molto sotto stress a causa della crisi economica e finanziaria. Si è dimostrato il primo a cadere davanti alle difficoltà del mercato.

E’ chiaro che alcuni strumenti nelle mani dei bancari facilitano il percorso degli istituti di credito. La politica dei tassi della BCE è stata provvidenziale, ma in alcuni casi non basta, quindi gli investitori devono sempre tenere le orecchie tese per anticipare le inversioni del trend.

Rientra in questo giro la Banca Popolare di Milano che non ha trovato un accordo con i sindacati. Un accordo del valore di 35 milioni di euro che dovrebbero essere usati dall’istituto di credito lombardo per la riduzione del costo del lavoro.

Nell’ultimo incontro tra le parti sociali e il management della banca, non è stato raggiunto l’accordo. Originariamente l’accordo prevedeva un capitale di 70 milioni di euro. Le trattative vanno avanti da 4 mesi ma sono in calendario nuovi incontri. Il prossimo sarà tra una settimana e tutti sembrano intenzionati a trovare una soluzione.

La banca, intanto, ha annunciato che vorrebbe ottenere una soluzione che preveda anche il licenziamento o comunque l’uscita di 700 dipendenti entro l’inizio del 2013.

La tassazione sulle opzioni binarie

 Un interessante articolo di FiscoOggi enuclea le caratteristiche e la storia delle opzioni binarie introdotte ufficialmente nel mondo della finanza soltanto nel 2008. Oggi si è ritenuto necessario comprendere più a fondo come tassare le rendite che arrivano da questi strumenti d’investimento.

Piccola storia delle opzioni binarie. Le opzioni binarie sono state introdotte nel mondo finanziario nel 2008 all’interno della Chicago board options exchange. I nuovi strumenti sono apparsi subito molto all’avanguardia nella cornice del trading, oltre che facili da usare e ad alto rendimento.

Una definizione più tecnica. Le opzioni binarie sono dunque strumenti d’investimento ma a livello fiscale, anche per la definizione della tassazione delle rendite, come devono considerarsi? Il trading binary è uno strumento finanziario derivato che si basa sull’andamento di una certa variabile (che siano quotazioni, tassi di cambio, prezzi delle merci e via dicendo) ma non la influenzano direttamente.

La tassazione. La Commissione Europea ha specificato nel 2010 che siccome le opzioni binarie sono strumenti derivati corrisposti in capitale, possono essere considerate strumenti finanziari e devono essere trattati come tali anche per quanto riguarda l’imposta da applicare.

Se la Consob in Italia non autorizzerà i broker ad intervenire nel nostro paese, i trader dovranno accontentarsi di usare broker esteri per cui l’unico regime fiscale applicabile è quello dichiarativo e deve essere corrisposta un’imposta pari al 20 per cento sulle plusvalenze. 

Italia pronta per una nuova manovra

 Se siete alla ricerca di qualche rapporto, documento o spunto d’investimento e non avete voglia di andare a ficcare il naso negli affari degli stati extraeuropei come l’Argentina, allora potete divertirvi con le soffiate sulla condizione italiana e sui prossimi passi del Governo Monti. 

L’Italia deve lanciarsi in una nuova manovra economica oppure le rassicurazioni sui conti che ci propinano da mesi, sono effettivamente stabili? Gli economisti non sono granché ottimisti e pensano che sarà necessaria un’altra manovra economica da 20 miliardi di dollari.

Questa speculazione ha lasciato tanti analisti finanziari nel dubbio, fino a quando l’Ocse ha provato a vederci chiaro sui conti tricolore e non ha esitato a lanciare l’allarme. Il nostro Paese, infatti, non vedrà la luce nemmeno nel 2013.

Insomma, l’anno prossimo ci sarà un’altra flessione del Pil che i più generosi limitano ad un calo dell’1 per cento. Le previsioni parlavano di un -0,4 per cento ma visto quel che è accaduto nel 2012, con previsioni di -1,7 del PIL e calo reale del Prodotto Interno Lordo al -2,2 per cento, si teme il peggio.

L’Organizzazione parigina stessa ha spiegato che l’Italia arriverà entro il 2014 all’elaborazione e all’applicazione di una nuova manovra fiscale finalizzata alla riduzione del debito e all’incremento del PIL. I realisti parlano di un piano d’austerity, ma non è la nomenclatura a fare la differenza sulla situazione italiana.

Argentina minacciata da Fitch

 Non abbiamo ancora dimenticato le scene di disperazione degli investitori italiani che avevano creduto nei titoli argentini e che all’epoca della prima grande crisi del paese, si sono trovati con un pugno di mosche tra le mani.

Oggi questo rischio sembra di nuovo alle porte dopo la decisione del dell’agenzia di rating Fitch, di effettuare il downgrade dei titoli argentini, facendoli passare dalla categoria B alla categoria CC.

Secondo molti analisti si tratta di un altro passo verso il default dei pagamenti del paese. Le avvisaglie sulla condizione critica del paese si erano già avuti in questi mesi. Il governo della Kirchner, rinnovata al secondo mandato, si è concentrato molto sul consolidamento del consenso.

Un’eterna campagna elettorale che ha insistito molto sulla spesa e sulle opere pubbliche. I conti argentini, però, non sono stati messi in ordine e dietro una ripresa di facciata, si è celato il default. Ecco perché tanti economisti non ritenevano che l’Argentina fosse un esempio per l’Europa in crisi.

L’accelerazione della situazione del paese latinoamericano si è avuta con la decisione di un giudice della corte federale di Manhattan di condannare l’Argentina al pagamento di 1,33 miliardi di dollari a coloro che possiedono titoli del debito del paese e avevano rifiutato nel 2001 lo scambio dei ditoli. 

Agenzia: scade il mandato, si paga lo stesso

 Sempre più persone si rivolgono agli intermediari e quindi alle agenzie immobiliari per concludere un contratto d’acquisto per un immobile. L’intermediario, infatti, riesce a mediare tra gli interessi del venditore e le esigenze dell’acquirente.

Se questa attività d’intermediazione è portata a buon fine entro la scadenza dell’incarico, il pagamento è più che naturale ma negli anni sono sorti dei problemi in relazione alla scadenza dei mandati. Soltanto in questi mesi si è presa di petto la situazione per migliorare il rapporto tra compratori, venditori ed agenzie. 

Il caso è quello di un venditore che abbia incaricato un’agenzia di vendere l’immobile e che poi, concluda le trattative necessarie per arrivare al rogito, dopo la scadenza del mandato. Che fare? Il mediatore va pagato lo stesso per diversi motivi.

Il primo è che la sua è un’attività di mediazione che non prevede rapporti di dipendenza, collaborazione o rappresentanza con una delle parti coinvolte (sia esso il venditore o l’acquirente) e quindi la deve portare a termine l’incarico nell’interesse di tutti gli attori coinvolti.

Il mediatore, dunque, deve permettere la conclusione dell’affare e se la sua azione è determinante, allora, vista la chiarezza dell’intervento, gli deve essere riconosciuto il merito, anche finanziario dell’operazione. Quindi, indipendentemente dalla scadenza dell’incarico, la provvigione gli è dovuta.

Le nuove regole del condominio

 Il mercato immobiliare, in questo periodo, deve fare i conti con il nuovo regolamento di condominio, le norme che devono snellire la convivenza tra gli inquilini di uno stesso stabile. Si tratta soltanto di 31 articoli che vanno ad arricchire i regolamenti già approvati.

Una piccola grande rivoluzione se si pensa che l’ultimo “nuovo” testo risaliva al 1942. I 31 articoli sono già stati approvati dalla commissione di Giustizia del Senato ed intervengono su argomenti molto importanti quali l’eliminazione delle barriere architettoniche, gli animali domestici e l’autonomia energetica degli appartamenti.   Si stabiliscono inoltre i nuovi requisiti che deve detenere un amministratore di condominio.

Prima di comprare casa in un condominio, quindi, si consiglia di controllare che tutto sia in regola. Per esempio, il suggerimento essenziale è: andate a conoscere l’amministratore. Questo dovrà essere sicuramente diplomato, non essere mai stato protestato e non aver riportato condanne per reati contro il patrimonio, ma la vera novità è che dovrà aver frequentato un corso di formazione specializzato.

Secondo la nuova normativa tutti i condomini potranno disporre di un sito web che consenta agli inquilini d’informarsi sui documenti comuni, ad esempio quelli contabili, oppure prendere visione del rendiconto finanziario del condominio stesso.

Interessante il fatto che ogni amministratore che compia azioni irregolari possa essere sollevato dall’incarico e licenziato dall’assemblea condominiale.

JPY, USD ed EUR: in che rapporti sono?

 Qual è la moneta più forte tra lo yen giapponese, l’euro del Vecchio Continente e il dollaro americano? Per rispondere a questa domanda possiamo dare un’occhiata alla giornata di scambi, nel settore Forex, che c’è stata ieri.

Tutto depone a favore dello yen.

La moneta giapponese sale nei confronti del dollaro che perde circa lo 0,5 per cento contro lo yen e sale anche dello 0,8% rispetto all’euro. Il cambio USD/JPY si assesta sugli 87.70 e quello EUR/JPY è scambiato a 105.60. Tutta la situazione sembra sia da attribuire alla paura del fiscal cliff che influisce sulle sensazioni degli investitori, oppure alla decisione europea di rimandare l’incontro FOMC.

Lo yen, quindi, si è configurato come un porto franco in questo momento particolare per gli investitori che non vogliono prendere rischi durante la configurazione degli affari.

Se lo yen sale, perde quota invece il dollaro che avrebbe dovuto essere spinto dai dati sul settore immobiliare che in genere danno conto della ripresa economica del paese. Invece questi dati si sono mantenuti molto al di sotto delle aspettative.

Basta pensare che nei riguardi del dollaro hanno guadagnato terreno anche il dollaro australiano e quello canadese.

L’euro, infine, delude molto le aspettative e perde quota rispetto a tutte le valute “maggiori”. Sembra che l’accordo sulla Grecia sia stato tradotto in tanto entusiasmo tutto insieme ma gli investitori hanno bisogno di maggiori rassicurazioni.

Gli USA contro la CINA sul mercato ForEX

 Per una questione diplomatica che non dobbiamo nemmeno spiegare, gli Stati Uniti non muoveranno un’accusa ufficiale all’indirizzo della Cina, ma sembra che siano convinti comunque del fatto che il governo cinese manipoli la sua valuta per avvantaggiarsene a livello commerciale.

In questo modo la Cina ottiene maggiori profitti a discapito dei suoi interlocutori, per esempio gli Stati Uniti, ma anche tutti i paesi che per gli scambi hanno deciso di usare il dollaro americano.

Il Tesoro americano ha spiegato che lo yuan, la moneta cinese, è sempre troppo sottovalutata ma allo stesso tempo, non ci sono delle prove certe sulla manipolazione della valuta. Il governo americano ha però invitato la Cina a mettere in campo delle riforme o meglio delle politiche per apprezzare la valuta rispetto ai sui concorrenti. Un modo per non incorrere tra l’altro nelle sanzioni commerciali da parte dell’America.

Gli analisti critici all’indirizzo della Cina hanno detto che questo paese continua a mantenere la moneta al di sotto di una certa soglia per favorire le esportazioni e rendere competitive con i flussi degli altri paesi. Come? Riducendo il livello d’intervento sul mercato valutario.

Una strategia portata avanti dal terzo trimestre del 2011 al fine di ottenere un cambio flessibile.