Gli obblighi delle aziende per le categorie protette

 Con la legge 68/99, il Governo ha posto una tutela nei confronti delle persone affette da minorazioni fisiche o psichiche riconoscendo loro il diritto al lavoro. Infatti, anche in caso di minorazione del genere, il disabile può essere lo stesso in grado di lavorare in maniera corretta ed efficiente.

Con questa legge e con il relativo collocamento mirato, il Governo ha predisposto non solo una tutela per il lavoratore, ma anche dei relativi obblighi di assunzione da parte delle imprese.

Vediamoli nello specifico.

Le aziende che hanno un numero di dipendenti superiore a 15 devono assumere personale appartenente alle categorie protette nelle seguenti proporzioni:

– un solo lavoratore nel caso che il numero dei dipendenti dell’azienda sia compreso tra 15 e 35;

– due lavoratori  se il numero dei dipendenti è compreso tra 36 e 50.

Se l’azienda ha un numero di dipendenti superiore a 50, la proporzione di assunti appartenenti alle categorie protette deve essere del 7% del numero totale dei dipendenti.

Le aziende che assumono dipendenti appartenenti alle categorie protette possono usufruire di incentivi fiscali e di supporto tecnico.

Nel caso in cui l’azienda stia usufruendo di cassa integrazione straordinaria e mobilità non ha obbligo di assunzione di lavoratori delle categorie protette.

La normativa sulle categorie protette

Cosa sono le categorie protette 

A chi si applica la legge sulle categorie protette

Gli obblighi delle aziende per le categorie protette

A chi si applica la legge sulle categorie protette?

 Per Categorie Protette si intendono le persone che affette da minorazione fisica, psichica e/o sensoriale ma che sono comunque in grado di svolgere un lavoro.

A regolamentare questa categoria e le loro possibilità di accesso al mondo del lavoro c’è la legge n.  68 del 1999 che, all’articolo 1, indica quali sono le persone che appartengono alle categorie protette.

Ecco l’elenco:

1. persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e portatori di handicap intellettivo che comporta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, accertata dalle commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile;

2. persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%, accertata dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL);

3. persone non vedenti , ossia coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi (legge 38/1970);

4. sordomuti, ossia coloro che sono colpiti da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata (legge 381/1970);

5. gli invalidi di guerra , invalidi civili di guerra, invalidi per servizio con minorazioni ascritte dalla prima alla ottava categoria del T.U. sulle pensioni di guerra;

6. vittime del terrorismo e della criminalità organizzata ed i loro familiari (legge n.407/ 23.11.98).

La normativa sulle categorie protette

Cosa sono le categorie protette 

A chi si applica la legge sulle categorie protette

Gli obblighi delle aziende per le categorie protette

Cosa sono le categorie protette?

 In molti annunci di lavoro vicino alla posizione aperta proposta dall’azienda si trova scritto ‘appartenenti alle Categorie Protette’, il che vuol dire che il lavoro proposto è ad appannaggio di persone che sono iscritte a questa lista.

Le Categorie Protette sono stata create con la legge 68/99 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili” che ha lo scopo di dare a chi ha delle disabilità fisiche le stesse opportunità di lavoro delle persone che non ne hanno, grazie ad apposite tutele e strumenti messi a disposizione dell’azienda e del disabile.

Si tratta di collocamento mirato, ossia di regole che sono state create allo scopo di tutelare le persone disabili da possibili discriminazioni. Il presupposto dal quale è nata la legge n. 68/1999, infatti, è che se anche una persona presenta una minorazione fisica, psichica e/o sensoriale non vuol dire che non sia in grado di svolgere correttamente ed efficientemente un lavoro.

Grazie a questa legge sono stati predisposti degli specifici strumenti che permettono di fare una valutazione precisa delle competenze, delle capacità e delle inclinazioni professionali del disabile in modo da poterlo inserire nel posto di lavoro a lui più adatto.

La normativa sulle categorie protette

Cosa sono le categorie protette 

A chi si applica la legge sulle categorie protette

Gli obblighi delle aziende per le categorie protette

E’ arrivato il terzo decreto esodati

 Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 123 del 28 maggio 2013 del decreto interministeriale 22 aprile 2013 che disciplina le modalità di attuazione dell’art. 1, co. 231 e 233, della L. 24  dicembre  2012,  n. 228 (cd. Legge di stabilità 2013), sono state individuate da parte del governo le modalità e i tempi di salvaguardia per la terza tranche di esodati.

► Sono 62 mila i primi esodati “salvaguardati”

Il decreto individua il limite massimo di lavoratori e la ripartizione dei soggetti interessati alla concessione dei benefici.

Il tempo per poter far richiesta dei benefici per i lavoratoti che rientrano nei requisiti previsti c’è tempo 120 giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta (quindi entro e non oltre il 30 settembre 2013) per la presentazione dell’apposita istanza che deve essere consegnata alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio.

Ad aver diritto alla salvaguardia sono i lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilità ordinaria o in deroga a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011 che abbiano il possesso dei requisiti utili al trattamento pensionistico.

Stesse condizioni anche per i lavoratori cessati entro il 30 giugno 2012 per effetto di accordi individuali o collettivi di incentivo all’esodo stipulati entro il 31 dicembre 2011, che non siano stati assunti a tempo indeterminato e con un reddito annuo lordo non superiore a € 7.500, se in possesso dei requisiti pensionistici entro il dicembre 2014.

► Ulteriori chiarimenti per il primo e il secondo decreto esodati

Allo stesso modo si devono comportare i lavoratori che hanno cessato il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012 per effetto di accordi individuali o collettivi di incentivo all’esodo stipulati entro il 31 dicembre 2011, se non assunti poi a tempo indeterminato e con un reddito annuo lordo non superiore a € 7.500, in possesso dei requisiti per il pensionamento entro dicembre 2014.

Riconosciuta inabilità lavorativa per tecnopatia da mouse

 La tecnologia da un lato ha portato a dei grandi benefici nel lavoro, rendendolo più semplice e in molti casi meno faticoso, ma porta anche degli inconvenienti come l’insorgere di nuove malattie. Questa realtà si sta manifestando anche in Italia con una sentenza che potrà cambiare il mondo del lavoro.

Tutto nasce con una sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila del 14 febbraio scorso con la quale è stata riconosciuta ad un lavoratore di 53 anni dipendente della Caripe dal 1983 un‘inabilità lavorativa pari al 15% per overuse del mouse.

► Pregi e difetti della rivoluzione tecnologica nel mercato del lavoro

Al lavoratore,  impiegato come addetto alla «movimentazione titoli», è stata diagnosticata la «sindrome pronatoria» dell’arto superiore destro a causa del continuo utilizzo del mouse richiesto dal suo lavoro. Il lavoratore si era rivolto al Tribunale di Pescara presentando anche la perizia medica che, rifacendosi alla letteratura inglese sull’argomento, dimostrava la responsabilità dell’uso continuativo del mouse nella degenerazione dei tessuti e dei muscoli coinvolti.

Il tribunale ha riconosciuto come valida questa tesi respingendo il ricorso dell’Inail. Al lavoratore, quindi, è stata riconosciuta l’inabilità lavorativa del 15% e il pagamento, da parte dell’Inail, del corrispettivo compenso come da articolo 13 del Dlgs 38/2000, più i relativi interessi.

 

 

La nuova normativa sulle professioni non organizzate – Tipologie ed elenco delle Associazioni Professionali

 La legge 4/2013 ha previsto l’istituzione di Associazioni Professionali a scopo di tutela e di garanzia del consumatore e del professionista stesso.

Queste Associazioni, alle quali il professionista non ha obbligo di iscrizione e che possono anche rappresentare diverse tipologie di attività, sono divise in due tipologie: da un lato le Associazioni che non rilasciano l’attestato di qualità e, dall’altro, quelle che lo rilasciano, anche se va specificato che l’adesione ad una Associazione non garantisce un riconoscimento giuridico della professione da essi esercitata.

L’elenco delle Associazioni Professionali

Associazioni che non rilasciano un attestato di qualità

FEDERUFFICITECNICI Fed.ne  degli Uff. Tecnici della Pubblica. Amm.ne

I.A.T.I. International  Association Traduttori Interpreti

A.G.P. Associazione Grafologi Professionisti

U.N.A.I. Unione Nazionale Amministratori d’Immobili

A.G.I. Associazione Grafologica Italiana

A.N.A.C.I. Associazione Nazionale Amministratori Condominiali

ASSOINTERPRETI Associazione Nazionale Interpreti di Conferenza e Professionisti

A.N.AMM.I. Associazione Nazional-europea AMMinistratori d’Immobili

A.N.I.T.I. Associazione Nazionale Italiana Traduttori ed Interpreti

L.A.P.E.T. Libera Associazione Periti ed Esperti Tributari

I.N.T. Istituto Nazionale Tributaristi

A.N.C.O.T. Associazione Nazionale Consulenti Tributari

A.P.N.E.C. Associazione Professionale Nazionale Educatori Cinofili

L.A.I.T. Libera Associazione Italiana dei Consulenti Tributari

A.N.C.I.T. Associazione Nazionale dei Consulenti Tributari Italiani

Associazioni che rilasciano un attestato di qualità

U.N.C. Unione Nazionale Chinesiologi

M.P.I. Meeting Professionals International

I.W.A. International Webmasters Association

L.A.P.E.T. Libera Ass.ne Periti ed Esperti Tributari

A.I.T.I. Ass.  Italiana Traduttori e Interpreti

A.P.N.E.C. Associazione Profess. Nazion. Educatori Cinofili

La nuova normativa sulle professioni non regolamentate 

La nuova disciplina

Obblighi e sanzioni

Le Associazioni Professionali

Tipologie ed elenco delle  Associazioni Professionali 

La nuova normativa sulle professioni non organizzate – Le Associazioni Professionali

 La legge 4/2013 prevede che nella regolamentazione delle attività non regolamentate abbiano un ruolo di primo piano le associazioni professionali che hanno il compito di promuovere delle forme di garanzia per l’utente che si serve dei servizi di questi professionisti.

Fermo restando che il professionista non ha alcun obbligo di iscrizione alle associazioni Professionali, queste, possono essere considerate come una sorta di marchio di garanzia per il professionista iscritto.

Le Associazioni Professionali – che possono essere costituite dai professionisti interessati anche su base volontaria del professionista stesso – hanno il compito di attivare uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, al quale i committenti delle prestazioni professionali possano rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli professionisti.

Inoltre, queste Associazioni, garantiscono l’osservanza dei principi deontologici della professione, l’adozione di un codice di condotta e la vigilanza sulla condotta professionale  degli stessi stabilendo anche le sanzioni derivanti dalla violazione del codice di condotta.

Si tratta, in sostanza, di Associazioni che si pongono sia a difesa del consumatore garantendo la formazione, la qualità e la professionalità degli iscritti, sia del professionista stesso ad esempio in caso di vertenze con altre categorie o, anche, con i consumatori.

La nuova normativa sulle professioni non regolamentate 

La nuova disciplina

Obblighi e sanzioni

Le Associazioni Professionali

Tipologie ed elenco delle  Associazioni Professionali 

 

La nuova normativa sulle professioni non organizzate – Obblighi e sanzioni

 La finalità della nuova normativa per le professioni non regolamentate ha lo scopo di dare una disciplina comune a queste professioni, che regolamenta i vari aspetti dell’attività professionale, tra i quali i requisiti per l’iscrizione all’albo stesso e per l’esercizio della professione, le incompatibilità, i doveri deontologici, gli aspetti previdenziali, gli oneri fiscali e tutto ciò che serve a tutelare i clienti e il professionista stesso.

Gli obblighi del professionista nei confronti del cliente

Nello specifico, a garanzia del cliente, viene fatto obbligo a chi svolge una delle professioni che rientrano nell’elenco delle non regolamentate di evidenziare in tutti i documenti scritti emessi per i clienti venga espressamente indicato il riferimento alla legge 4/2013.

La legge 4/2013, comunque, non impone nessun obbligo per i professionisti che svolgono questo tipo di attività di iscriversi alle varie Associazioni Professionali.

Le sanzioni previste in caso di irregolarità

Nel caso il professionista non rispetti l’obbligo di riferimento alla normativa vigente, al professionista stesso può essere applicata una sanzione – come prevede il Codice del Consumo per pratica commerciale scorretta nei confronti del consumatore (Dlgs 206/2005) – che va da un minimo di 5mila ad un massimo di 500mila euro, in base alla gravità e alla durata della violazione.

Anche se è alquanto impossibile che venga applicata la sanzione massima, anche la pena pecuniaria minima è di una certa rilevanza.

La nuova normativa sulle professioni non regolamentate 

La nuova disciplina

Obblighi e sanzioni

Le Associazioni Professionali

Tipologie ed elenco delle  Associazioni Professionali 

La nuova normativa sulle professioni non organizzate

 La legge n. 4 del 4 gennaio 2013, pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’11 febbraio 2013, regola, per la prima volta in Italia, le professioni non organizzate, cioè tutte quelle professioni per lo svolgimento delle quali non è prevista l’iscrizione ad un apposito albo o ordine professionale.

A chi si applica la nuova disciplina in materia di professioni non organizzate

La normativa sancita con la legge n. 4 del 4 gennaio 2013 ha la finalità di inquadrare l’attività di quei professionisti che, pur svolgendo delle attività rilevanti in ambito economico, non hanno un albo, un ordine o un collegio al quale iscriversi per la tutela della professione stessa e dei clienti.

Per professioni non organizzate si intendono, inoltre, tutte le professioni che prevedono prestazioni di servizi o opere a favore di terzi, esercitate abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo.

In questa categoria rientrano: tributaristi, consulenti fiscali, amministratori di condominio, urbanisti, consulenti legali in materia stragiudiziale, consulenti aziendali e chi si occupa della tenuta della contabilità, della dichiarazione dei redditi, dell’imposizione fiscale che non siano già iscritti ad un albo professionale.

A chi non si applica la nuova disciplina in materia di professioni non organizzate

La nuova disciplina in materia di professioni non organizzate non si applica a tutte le professioni per l’esercizio delle quali è prevista l’iscrizione all’apposito albo (avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili, consulenti del lavoro, geometri etc) anche nel caso svolgano attività concernenti le professioni non regolamentate, come ad esempio un commercialista o un avvocato che svolgano anche l’attività di amministratore di condominio.

Le nuove regole previste dalla legge n. 4 del 4 gennaio 2013 non riguardano neanche gli esercenti professioni sanitarie e attività e mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio.

La nuova normativa sulle professioni non regolamentate 

La nuova disciplina

Obblighi e sanzioni

Le Associazioni Professionali

Tipologie ed elenco delle  Associazioni Professionali 

 

La Cassazione sulla modifica dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori

 La Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione ha emesso, all’ interno della sentenza n. 10550/2013, alcune precisazioni in merito alle modifiche relative all’ articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori volute dalla Legge Fornero, la legge 92 del 2012.

Vademecum sulla riforma del lavoro – L’interpretazione

Secondo la Cassazione, dunque, in estrema sintesi, la modifica dell’ articolo 18 prevista dalla Legge Fornero, “impone un approccio diverso alla qualificazione giuridica dei fatti, incompatibile con una sua immediata applicazione ai processi in corso”.

La riforma Fornero non piace alle imprese più piccole

Tradotto in altre parole, le aziende che fin da subito volessero appellarsi in Cassazione per vedere applicata una delle possibilità previste dalla nuova legge del lavoro in caso di licenziamento considerato illegittimo (che vanno dal reintegro del dipendente all’indennizzo di un minino di 12 mensilità), sappiano che la legge ha in realtà introdotto una complessa e articolata disciplina che regola i licenziamenti stessi.

Di conseguenza, il nuovo sistema introdotto dalla legge Fornero prevede «distinti regimi di tutela a seconda che si accerti la natura discriminatoria del licenziamento, l’ inesistenza della condotta addebitata o la sua riconducibilità tra quelle punibili solo con una sanzione conservativa”.

Poiché quindi, stando così le cose, la qualificazione giuridica dei fatti risulta particolarmente complessa, per la Cassazione non è possibile una applicazione immediata della legge ai processi in corso.