Assunzioni Kiko Make Up

 Se il vostro sogno è quello di lavorare nel settore della cosmesi, le offerte di lavoro di Kiko Make Up sono quello che fa al caso vostro.

Kiko Make Up è una delle realtà più grandi e capillarmente presenti sul territorio italiano e deve il suo grande successo all’ottimo rapporto tra qualità e prezzo dei suoi prodotti, rigorosamente made in Italy.

Al momento Kiko Make Up è alla ricerca di tantissime figure da inserire nell’organico dei suoi store, sia con contratti di lavoro che come stagisti. Vediamo nel dettaglio le offerte di lavoro di Kiko Make Up.

Offerte di stage Kiko Make Up

Stage Marketing Prodotto Make Up per la sede di Bergamo

Stage Marketing Prodotto Skin Care per la sede di Bergamo

Stage E-Commerce per tutta Italia

Offerte di lavoro Kiko Make Up 

Store Manager per le sedi di Mantova, Treviglio, Milano, Torino, Venezia, Lonato, Roma, Vicenza, Rimini, Forte dei Marmi e Trento

Addetti alle vendite per le sedi di Mantova, Livorno, Treviglio, Milano, Torino, Venezia, Vicenza (Torri di Quartesolo), Rimini, Forte dei Marmi

Web Project Specialist per tutta Italia

Product Trainer Skin  Care Madina per la sede di Bergamo

Sourcing Specialist – Accessori e Pop per la sede di Bergamo

Addetti alle Vendite Fragranze e Accessori Uomo per la sede di Riccione

Multimedia Specialist per la sede di Bergamo

Per tutte le informazioni sui requisiti richiesti e per le modalità di candidatura alle offerte di stage e di lavoro di Kiko Make Up consultare la pagina dedicata alle Carriere del sito dell’azienda.

Record di richieste di cassa integrazione ad aprile

 Un aumento del 3,1% su marzo 2013 e del 16,05% rispetto ad aprile dell’anno scorso. Questo è il nuovo record che hanno segnato le richieste di cassa integrazione per aprile 2013.

Nello specifico, però, i dati sembrano essere discordanti.

 

► Per Bonanni è necessario rifinanziare la CIG entro maggio

Infatti, da un lato c’è la richiesta di ore di cassa integrazione in deroga che hanno subito un importante calo: 6,8 milioni di ore in totale, il 65,7% in meno rispetto a marzo (19,9 milioni) e il 76,5% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (29 milioni).

Secondo Antonio Mastrapasqua, però, il calo non è dovuto solo ad una diminuzione delle richieste ma ai problemi di finanziamento legati a questo strumento.

Per quanto riguarda la cassa integrazione ordinaria, il mese di aprile 2013 ha fatto segnare una richiesta pari a 35,7 milioni di ore, contro i 34 di marzo e i 27,2 milioni di aprile 2012, con particolare concentrazione delle richieste per il settore industriale e il settore edile.

57,5 milioni di ore le richieste di cassa integrazione ordinaria, in aumento del 33,4% rispetto a marzo e del 92,2% rispetto ad aprile 2012.

► Nessun calo della disoccupazione per i prossimi mesi

A completare il quadro di un mercato del lavoro sempre in crisi ci sono le 400mila nuove domande di disoccupazione pervenute all’Inps dall’inizio dell’anno.

Per Bonanni è necessario rifinanziare la CIG entro maggio

 Il punto di vista del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, sull’ emergenza disoccupazione in Italia è a dir poco tassativo: il Governo, infatti, dovrà trovare al più presto – cioè entro la fine del mese di maggio – quel miliardo  e mezzo utile al rifinanziamento della Cig, la Cassa Integrazione in deroga, a meno di non aggiungere una ulteriore emergenza ad una situazione già estremamente precaria.

Disoccupazione in aumento nel 2013 e nel 2014

Secondo Bonanni, infatti, ad essere a rischio è la stessa tenuta sociale del Paese, poiché, qualora la Cig non venisse rifinanziata, oltre 700 mila cassaintegrati andrebbero andare ad aggiungersi al già alto numero dei disoccupati italiani.

> I giovani disoccupati sono il 38,4%

E per quanto riguarda le cifre relative alla disoccupazione italiana, a partire dal 2007 ad oggi, cioè dalle prime avvisaglie della crisi economica, il numero delle persone senza lavoro in Italia è praticamente raddoppiato. Così che, secondo le ultime stime fornite dall’ Istat, il tasso di disoccupazione del nostro Paese raggiunge oggi quasi il 12%, e si tratta di un valore privo prospettive di miglioramento in futuro.

Per il leader della Cisl, inoltre, le altre emergenze sociali a cui bisogna trovare presto una soluzione sono rappresentate dalla questione degli esodati, dalla necessità di promuovere l’ occupazione e da quella di abbattere la pressione fiscale.

Visite fiscali – La guida per i lavoratori

 Quando un dipendente si assenta dal lavoro per malattia, dietro presentazione del relativo certificato emesso da un medico abilitato, può essere oggetto di controlli da parte dell’Inps che può intervenire spontaneamente o su richiesta del datore di lavoro.

Queste visite da parte dell’Istituto di Previdenza sono previste dallo Statuto dei Lavoratori al fine di verificare il reale stato di malattia del lavoratore. Le regole e gli orari delle visite fiscali variano in base alla tipologia di contratto e in base alle categorie lavorative. Vediamoli nel dettaglio.

► Guida all’Aspi – Come e quando si deve presentare la domanda

Dipendenti statali

Gli orari delle visite fiscali per i dipendenti statali

I dipendenti statali, quelli delle pubbliche amministrazioni, gli insegnanti, i militari, i dipendenti delle ASL e degli Enti Locali in caso di assenza dal lavoro per malattia hanno l’obbligo di reperibilità 7 giorni su 7, anche durante i fine settimana e nei giorni festivi.

L’orario in cui i dipendenti statali possono ricevere visite fiscali, e quindi ha l’obbligo di trovarsi presso la propria residenza o presso l’indirizzo indicato nel certificato consegnato al datore di lavoro, sono dalle 9.00 alle 13.00 e dalla 15.00 alle 18.00.

Dipendenti privati

I dipendenti di aziende private che presentino un certificato di malattia hanno l’obbligo di reperibilità 7 giorni su 7, anche nei giorni festivi, dalle ore 10:00 alle 12:00 e dalle ore 17:00 alle 19:00.

Visite fiscali – Le esenzioni dall’obbligo di reperibilità presso l’indirizzo indicato

I dipendenti che presentano un certificato di malattia al datore di lavoro sono esentati dall’obbligo di presenza all’indirizzo indicato in caso di:

– patologie per le quali sono necessarie terapie salvavita;

– da infortuni sul lavoro;

– da malattie per cui viene riconosciuta la causa di servizio;

– dagli stati patologici relativi alla situazione di invalidità riconosciuta;

– gravidanza a rischio.

► Liquidazione TFR: come si calcola?

Cosa può fare il medico dell’Inps durante la visita fiscale?

Quando il medico dell’Inps si reca presso il datore di lavoro per una visita fiscale, una volta che ha accertato le reali condizioni di salute del lavoratore assente per malattia, può:

– confermare la prognosi indicata sul certificato;

– prolungare il tempo di assenza dal lavoro di ulteriori 48 ore;

– ridurre la prognosi indicata se il lavoratore presenta evidenti miglioramenti del suo stato di salute che permettano il rientro al lavoro;

– richiedere una visita specialistica se accerta la presenza di patologie specifiche o in caso di prognosi dubbia. In questo caso il lavoratore ha l’obbligo di sostenere la visita indicata.

A cosa va incontro il lavoratore che non venga trovato all’indirizzo indicato in caso di visita fiscale?

Nel caso in cui il lavoratore non venga trovato all’indirizzo indicato nel certificato di malattia dal medico preposto alla visita fiscale, riceve comunicazione dall’Inps per presentarsi presso la sede Asl di competenza per giustificare la sua assenza.

Nel caso in cui il lavoratore non possa giustificare la sua assenza con un valido motivo, non percepirà l’indennità di malattia per i primi 10 giorni richiesti e vedrà ridursi la stessa indennità del 50% per eventuali periodi eccedenti i 10 giorni, esclusi i giorni per i quali è stato certificato il ricovero ospedaliero o sono stati documentati da precedenti visite fiscali.

► Guida alla richiesta di tutela per gli esodati all’Inps

Se il lavoratore non giustifica l’assenza durante la visita fiscale entro 15 giorni dalla richiesta incorre in una decurtazione dello stipendio.

Sono considerati motivi validi per l’assenza ragionevoli impedimenti che non sarebbero potuti occorrere in altre fasce orarie. Non sono considerati motivi validi comportamenti giudicabili non diligenti da parte del lavoratore (tutti i comportamenti consapevolmente atti ad evitare la visita fiscale).

Cosa fanno gli immigrati in Italia?

 Come gli italiani qualche decennio fa lasciavano la patria in cerca di fortuna altrove, così adesso è il nostro paese ad essere la destinazione di migliaia di persone che, provenienti da paesi dove il lavoro non c’è o paesi che stanno attraversando difficili momenti storici e sociali, lasciano le loro terre per tentare fortuna da noi.

► In aumento le imprese straniere in Italia

Il numero esatto degli immigrati in Italia è difficile da stabilire, a fronte di un grande numero che ha ottenuto regolare permesso di soggiorno, infatti, ce un popolo di immigrati che non entrerà mai in nessun conteggio e in nessuna lista. Ma coloro che sono riusciti ad ottenere un regolare permesso, cosa fanno?

Una larga percentuale sono collaboratori domestici. Lo dice l”Indagine sull’assistenza familiare in Italia: il contributo degli immigrati’, uno studio realizzato con il contributo di Unicredit e pubblicato ieri dal Centro studi e Ricerche Idos. Sono stati intervistati quasi 900mila collaboratori domestici dichiarati all’Inps ed è risultato che il 50% di loro è rappresentato da extracomunitari e il 35% da stranieri comunitari, l’85% del totale.

Quasi tutte donne, però, gli uomini che si dedicano all’assistenza domiciliare sono solo un sesto del totale.

► I dati del rapporto Noi Italia dell’Istat

Il rapporto dà anche un quadro completo di come vivono queste persone nel nostro paese: nove intervistati su 10 sono iscritti al servizio sanitario nazionale e nelle stesse percentuali hanno dichiarato di essere soddisfatti del trattamento ricevuto dalle famiglie presso cui è impiegato e di essere apprezzato dai propri datori di lavoro. Solo il 14% degli immigrati occupati nell’assistenza domestica – nel 50% dei casi per anziani non autosufficienti – ha dichiarato di voler cambiare lavoro.

 

 

Banca Unicredit cerca personale per il periodo estivo

 Banca Unicredit è una realtà molto attiva su tutto il territorio nazionale e anche all’estero. Oltre che in Italia l’Istituto è presente anche in altri 22 paesi europei per un totale di 9.578 sportelli e oltre 162.000 dipendenti.

Baca Unicredit, che offre servizi dedicati sia per le famiglie che per le imprese, è da sempre molto attenta alle richieste e alle esigenze dei clienti che hanno scelto di affidare loro risparmi e affari e, proprio per questo, offre un Servizio Clienti specializzato e molto preparato.

In vista delle ferie estive, infatti, quando ci sarà meno personale, Unicredit Banca vuole comunque essere efficiente al 100% e ha deciso di affidare questo compito a giovani laureati che potranno, nel frattempo, iniziare a sperimentare il lavoro sul campo.

Le sedi di lavoro dove è prevista l’assunzione per il periodo estivo di addetti al Servizio Clienti – operatori di sportello che si occuperanno della gestione del cliente e della vendita dei servizi e dei prodotti della banca – sono: Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Trentino Alto Adige, Veneto, Lazio, Abruzzo, Sardegna, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria.

I requisiti richiesti sono il possesso di titolo universitario con votazione superiore a 99/110 per la laurea specialistica e a 102/110 per quella triennale.

Per tutte le altre informazioni e per l’invio della propria candidatura si rimanda alla pagina dedicata alle carriere del sito di Unicredit Banca.

 

Stage L’Oreal

 L’Oreal in questi ultimi giorni non solo è alla ricerca di nuovo personale da assumere con contratti a tempo indeterminato, ma sta anche cercando dei giovani, anche senza esperienza, da avviare ad una brillante carriera nel settore della cosmesi.

Non vi è alcun dubbio che L’Oreal sia una delle più grandi aziende operanti nella bellezza a livello mondiale e, quindi, uno stage in una delle sue sedi è un importante tappa della propria carriera professionale. Gli stagisti che al momento sta cercando l’azienda verranno impiegati in diversi settori dell’azienda e sono, nella maggior parte dei casi, finalizzati all’assunzione.

Tutti gli stage aperti da L’Oreal

Stage Clarisonic – Division L’Oreal Luxe

Stage Marketing – Ricerche di Mercato

Stage Ricerche di Mercato – Qualitative

Stage Marketing Divisione L’Oréal Luxe – Lancôme

Stage Trade Marketing YSL – Divisione L’Oréal Luxe

Stage Risorse Umane Formazione

Stage Trade Marketing Lancome – Divisione L’Oréal Luxe

Stage Trade Marketing – Divisione L’Oréal Luxe

Stage Controllo di Gestione Divisione L’Oréal Luxe

Stage Operations – Divisione Prodotti Grande Pubblico

Stage Marketing Cosmetique Active

Stage Business Development Divisione Mass Market

Stage Acquisti – Buyer

Stage Marketing Maybelline New York

Stage L’Oreal Paris Marketing

Stage Finanza e Controllo di Gestione Divisione Prodotti Grande Pubblico

Stage Marketing Divisione Prodotti Grande Pubblico

L’unico requisito richiesto da L’Oreal per poter partecipare alle selezioni, oltre ad aver già conseguito la laurea o essere laureandi, è la perfetta padronanza della lingua inglese. Gradita la presenza di esperienze extra-curriculari.

Agli stagisti sarà offerto un contratto di stage della durata di 6 mesi da svolgersi presso la sede di Milano e prevede rimborso spese, ticket mensa, parcheggio aziendale e possibilità di alloggio in foresteria.

Per tutte le informazioni e per l’invio del proprio curriculum consultare la pagina Job Opportunities del sito della L’Oreal.

Guida al contributo per il licenziamento

 Dal 1° gennaio 2013 è entrato in vigore il contributo di licenziamento. Prevista dalla Riforma del Lavoro voluta dal Ministro Elsa Fornero, va di pari passo con l’ASpI.

► Il dramma del lavoro in Italia: 1 milione di licenziati nel 2012

Si tratta, infatti, di una tassa a carico del datore di lavoro che ha lo scopo di finanziare l’ASpI – Assicurazione Sociale per l’Impiego, ossia il nuovo sussidio di disoccupazione che lo Stato versa a favore di tutti coloro che hanno perso il lavoro per motivi diversi dalle dimissioni volontarie del dipendente.

Per l’anno 2013 il contributo di licenziamento è pari a 483,80 euro per ogni 12 mesi di anzianità accumulati dal lavoratore subordinato. Vediamo nel dettaglio la normativa relativa al contributo di licenziamento.

In quali casi il datore di lavoro deve pagare il contributo di licenziamento?

In linea teorica il contributo di licenziamento deve essere versato in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro rientri nei presupposti di specie che danno diritto al lavoratore di ricevere l’Aspi, il nuovo sussidio di disoccupazione, anche nel caso in cui, poi, il lavoratore non arrivi a percepirla (ad es. se trova un’altra occupazione).

Nello specifico i casi in cui il datore di lavoro deve versare il contributo per il licenziamento sono:

1. licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo;

2. dimissioni per giusta causa (ad esempio mancato pagamento delle retribuzioni, demansionamento, mobbing etc);

3. interruzione del rapporto di apprendistato se non derivate da dimissioni dell’apprendista;

4. risoluzioni consensuali intervenute nell’ambito del tentativo di conciliazione;

5. trasferimento ad altra sede della stessa azienda, nel caso in cui suddetta sede sia distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore o che comporti l’impiego di un tempo superiore agli 80 minuti, calcolati mediamente con l’utilizzo dei mezzi pubblici, per essere raggiunta dal lavoratore.

► Le modifiche alla Riforma Fornero

Quando, invece, il datore di lavoro non ha l’obbligo di versare il contributo di licenziamento?

Il datore di lavoro non ha l’obbligo di versare il contributo di licenziamento nel caso in cui il rapporto di lavoro venga cessato per:

1. dimissioni volontarie e documentate del dipendente;

2. risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (escluse le risoluzioni derivanti da tentativi di conciliazione presso DTL);

3. decesso del lavoratore.

A quanto ammonta il contributo di licenziamento? 

La Riforma del Lavoro prevede che il contributo di licenziamento sia pari al 41% del massimale ASpI.

Per il 2013, questo massimale è di € 1.180,00, quindi l’importo che deve versare il datore di lavoro è di € 483,80 per ogni 12 mesi di anzianità aziendale maturati nell’ultimo triennio (36 mesi), con un massimo di € 1.451,00 per i dipendenti che possono vantare i 36 mesi di anzianità aziendale.

Il contributo viene ricalcolato sulla base dei mesi di effettivo servizio del lavoratore se non si raggiungono i 12 mesi di anzianità, mentre la percentuale da versare non cambia se il lavoratore era impiegato con contratto part-time.

► Vademecum sulla Riforma del Lavoro

Quali sono i termini per il pagamento del contributo di licenziamento?

Il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare il versamento del contributo di licenziamento entro il giorno 16 del mese successivo all’interruzione del rapporto di lavoro. Il contributo deve essere versato in un’unica soluzione.

Specifiche per le risoluzioni di rapporti di lavoro avvenuti nel primo trimestre del 2013

Questa scadenza non si applica alle risoluzioni di rapporti di lavoro intercorse nei primi tre mesi del 2013. In questo caso i datori di lavoro che, come specificato sopra, hanno l’obbligo del versamento del contributo, hanno tempo per farlo fino al 16 giugno 2013 senza rischio di incorrere in sanzioni o oneri accessori per il ritardo nella contribuzione.

Per le interruzioni di rapporti di lavoro intercorse nei primi tre mesi l’importo del contributo da versare sarà inserito nel modello F 24 del mese di maggio, che potrà essere pagato entro il 17 giugno 2013.

L’occupazione è la priorità del Ministro del Lavoro

 Per il neo Ministro del Welfare Enrico Giovannini le priorità a cui il nuovo Governo governo dovrà dare risposta in tempi brevi sono essenzialmente due: la creazione di nuovi posti di lavoro e il blocco della crescente disoccupazione.

Solo il lavoro potrà trascinare con sé, infatti, una nuova crescita economica. E per fare questo, l’ esecutivo del Governo Letta prevede innanzitutto di apportare alcune modifiche alla precedente riforma Fornero, che ha regolamentato il mercato del lavoro secondo canoni  un po’ troppo rigidi per l’ economia di crisi che il Paese sta invece vivendo.

Per Giovannini la riforma Fornero va cambiata

Per prima cosa, dunque, bisognerà mettere nuovamente mano alla contrattualistica dei contratti a tempo determinato, per garantire a tutto il mondo dell’ imprenditoria italiana una maggiore flessibilità attualmente non assicurata dalla Riforma.

> Le modifiche alla riforma Fornero

Altre priorità – o meglio emergenze – della situazione italiana contemporanea per il Ministro Giovannini sono poi quelle rappresentate dal rifinanziamento  della Cassa Integrazione in deroga e dagli esodati.

Per quanto riguarda la Cig, infatti, i sindacati –  che hanno ritrovato una nuova intesa all’ indomani del 1 Maggio – e le Regioni hanno già fatto richiesta di un nuovo finanziamento per il 2013 che, secondo i calcoli delle stesse sigle sindacali, dovrebbe ammontare a circa 1,5 miliardi di euro.

Guida all’Aspi – Come e quando si deve presentare la domanda

 Come si presenta la domanda per la contribuzione Aspi?

Il lavoratore che ha perso involontariamente il suo impiego deve presentare la domanda per l’indennità di disoccupazione in uno dei seguenti modi:

– Attraverso il sito internet dell’Inps dopo aver richiesto il Pin all’Istituto di Previdenza;

– Attraverso il Contact Center multicanale raggiungibile con il numero verde dedicato 803164 o 06164164 se si utilizza la rete mobile;

– Con l’intermediazione di un patronato.

Quando si deve presentare la domanda per l’Aspi?

In linea generale la domanda per ottenere l’indennità di disoccupazione Aspi si deve presentare entro e non oltre 60 giorni dal raggiungimento dei requisiti che danno diritto alla contribuzione. Nello specifico le domande vanno presentate all’Inps:

– l’ottavo giorno dalla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro;

– la data di definizione della vertenza sindacale o data di notifica della sentenza giudiziaria;

– la data di riacquisto della capacità lavorativa nel caso di un evento patologico (malattia comune, infortunio) iniziato entro gli otto giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro;

– l’ ottavo giorno dalla fine del periodo di maternità in corso al momento della cessazione del rapporto di lavoro;

– l’ ottavo giorno dalla data di fine del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate;

– il trentottesimo giorno successivo alla data di cessazione per licenziamento per giusta causa.

Guida all’Aspi

Chi può accedere e i requisiti per ottenerla

Quanto dura e a quanto ammonta la contribuzione

Quando non si ha più diritto alla contribuzione

Come e quando si deve presentare la domanda