I possibili effetti dell’aumento dell’Iva ad ottobre 2013

 La CGIA di Mestre ha cercato di fare una proiezione su quello che potrebbe accadere ad ottobre, quando, se non verranno trovate le copertura finanziarie, l’aliquota IVA, ossia l’imposta sul valore aggiunto, potrebbe passare dal 21 al 22%. Lo scenario immaginato dalla CGIA mette in evidenza come questo aumento si ripercuoterà principalmente sulle fasce di reddito più deboli e i nuclei famigliari più numerosi.

 Più sfratti e aumento degli affitti in nero: le conseguenze della Service Tax

La simulazione

Nel realizzare le simulazioni, a CGIA di Mestre ha preso in considerazione tre diverse tipologie famigliari (single, lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico, lavoratore dipendente con moglie e 2 figli a carico), su 7 fasce retributive, per le quali sono stati misurati l’aggravio di imposta in termini assoluti e l’incidenza percentuale sui diversi livelli retributivi.

Propensione al risparmio

Se l’Iva aumenterà di un punto percentuale, la propensione al risparmio delle famiglie nella prima fascia di reddito, la più bassa, arriverà a zero, mentre si ridurrà al 2,05% per il reddito annuo da 20.000 euro, al 4,1% per quella da 25.000 euro e all’ 8,2% per le rimanenti fasce di reddito.

Single

Chi vive da solo sarà molto penalizzato dall’aumento dell’Iva, che avrà un’incidenza dello 0,29% su un reddito annuo di 15.000 euro. Il paradosso è che, per i single, più si guadagna meno forte sarà l’impatto sullo stipendio: per un reddito di 55.000 euro all’anno l’incidenza è dello 0,27%.

L’aggravio oscillerà comunque tra i 37 e i 99 euro.

► Iva: 6 aumenti in 40 anni

Lavoratori dipendenti con famiglia

Se si è lavoratori dipendenti con un solo figlio a carico l’incidenza percentuale dell’aumento è inversamente proporzionale al livello di reddito ( 0,33% per un reddito annuo di 15.000 euro, 0,30% per un reddito di 55.000 euro), con valori che oscillano tra i 51 e i 113 euro.

Se i figlia  carico sono due, l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva è dello 0,34% su un reddito annuo di 15.000 euro, per diminuire fino a 0,31% su un reddito di 55.000 euro, con cifre che vanno da 61 a 120 euro.

Iva: 6 aumenti in 40 anni

 Sul calendario degli italiani è segnata con un cerchio la data del 1° ottobre 2013, giorno in cui potrebbe arrivare il tanto temuto aumento dell’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, che passerebbe così dal 21 al 22%.

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Si tratterebbe del settimo aumento in 40 anni, da quando, cioè, con il D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972, voluto dall’allora ministro delle Finanze Athos Valsecchi durante il secondo Governo Andreotti, quando la vecchia imposta generale sulle entrate (IGE), che colpiva l’intero valore del bene per ogni suo trasferimento, venne sostituita con l’Iva, ossia con una tassa da calcolare solo sul valore aggiunto che il bene acquisisce lungo il ciclo produttivo.

Pur avendo delle aliquote molto basse, l’IGE aveva si ripercuoteva su quelle imprese che si occupano di tutto il ciclo di produzione, una distorsione che è stata corretta dall’Iva, certamente non priva di difetti.

Ma ciò che più pesa di questo tributo è il suo continuo aumento nel corso degli anni. Se, infatti, al momento della sua entrata in vigore il 1° gennaio del 1973, l’aliquota da applicare al valore aggiunto del bene per il calcolo dell’Iva era del 12%, più alta di quella dell’IGE per compensare la perdita del gettito dovuto ai minori importi sui quali si applicava la tassa, è stata portata al 14% già nel 1977.

 I possibili effetti dell’aumento dell’Iva ad ottobre 2013

Da lì in poi una cascata di aumenti: l’aliquota è stata portata al 15% nel 1980, al 18% nel 1982, al 19% nel 1988, al 20% nel 1997 e con D.L. n. 138 del 13 agosto 2011,  l’aliquota è arrivata al 21%.

Se non si troveranno le coperture, ad ottobre potrebbe scattare il settimo aumento, che porterà l’aliquota Iva ordinaria al 22%

Addio al doppio stipendio anche per i non parlamentari

 Doppio stipendio addio per tutti gli incarichi di governo. Con la circolare del 20 luglio 2013 della Ragioneria di Stato e la conversione del decreto legge del 21 maggio 2013, non è più possibile il cumulo degli stipendi.

► Gli stipendi d’oro dei dipendenti della Camera

Fino ad ora, infatti, chi ha incarichi al Governo italiano percepisce due stipendi. Uno è quello previsto dalla legge 212 del 1952, che prevede per i ministri e i sottosegretari lo stipendio e l’indennità integrativa, l’altro è  il trattamento economico per il quale hanno optato come dipendenti pubblici, come sancito dalla legge 1261 del 1965.

Come da Circolare della Ragioneria questo divieto viene esteso anche ai componenti del governo non parlamentari. Per tutti coloro che rientrano in queste categorie, quindi, con decorrenza 22 maggio 2013 per i parlamentari, e a partire dal 20 luglio 2013 (data di entrata in vigore della legge di conversione) anche per non parlamentari.

► Ecco quanto ci costa mantenere gli onorevoli

I membri non parlamentari dell’attuale Governo Letta  – Fabrizio Saccomanni (già direttore generale di Bankitalia), Enrico Giovannini (ex presidente dell’Istat), Flavio Zanonato (sindaco di Padova), Anna Maria Cancellieri (prefetto prima di essere ministro nel governo Monti), Graziano Delrio (ex presidente dell’Anci) e Carlo Trigilia (professore universitario) – perderanno un importo lordo pari a 9.566 euro ciascuno.

Aumento della spesa alimentare: consigli per risparmiare

 La ventiquattresima edizione dell’inchiesta annuale sui supermercati di Altroconsumo ha messo in luce come i prezzi dei prodotti alimentari siano costantemente aumentati negli ultimi anni. L’analisi dei prezzi al dettaglio di un paniere dei consumi composto da 500 prodotti per l’alimentazione, la casa e la cura della persona in quasi 1000 negozi in Italia, ha messo in evidenza un aumento dei prezzi nel 2012 dell’1,6% rispetto al 2011.

Il risparmio, quindi, diviene fondamentale. Ecco i consigli di Altroconsumo per una spesa consapevole e conveniente.

► Aumento della spesa alimentare: i prodotti più economici e le città più convenienti

Promozioni e offerte, occhi aperti

Altroconsumo ha messo in evidenza come le promozioni e le offerte fatte da supermercati e ipermercati permettono di risparmiare solo fino al 22% sul prezzo iniziale del prodotto, in quanto sono più uno specchietto per attrarre nuovi clienti. Inoltre, Altroconsumo ha dimostrato che in una città non viene mai messo in offerta una quota maggiore del 36% del paniere individuato, e questo vuol dire che per fare la spesa a suon di promozioni si dovrebbe girare tutta la città senza peraltro riuscire a comprare tutto ciò che serve a prezzo speciale.

Si otterrebbe al massimo un risparmio di circa 60 euro l’anno (l’1%), risparmio che verrebbe eroso dai costi di spostamento.

► Aumento della spesa alimentare: i negozi più convenienti

Come scoprire se l’offerta è davvero conveniente 

Il marketing è una cosa seria e le promozioni e le offerte dei supermercati sono studiate per stimolare il cliente a fare un acquisto emozionale, non razionale. Non c’è neanche nulla di sbagliato nell’acquistare prodotti in promozione, ma si deve fare attenzione a due particolari:

– data di scadenza: i prodotti in promozione sono solitamente vicini alla data di scadenza, quindi acquistateli solo se realmente necessari;

– prezzo al chilo: non fatevi ingannare dal prezzo a ribasso della confezione, controllate il prezzo al chilo o al litro per capire se l’acquisto è davvero conveniente.

Aumento della spesa alimentare: i negozi più convenienti

 La spesa alimentare aumenta di anno in anno. Secondo la ventiquattresima edizione dell’inchiesta annuale sui supermercati svolta da Altroconsumo quest’anno ogni famiglia italiana ha speso un quarto del suo budget per i prodotti alimentari, con un aumento tendenziale dell’1,6% rispetto allo scorso anno.

Ma non sono solo le spese alimentari ad aumentare, è il costo della vita in generale che sta lievitando e diventa quindi necessario cercare delle vie alternative per risparmiare.

► Aumento della spesa alimentare: i prodotti più economici e le città più convenienti

Il consiglio di Altroconsumo per risparmiare sulla spesa alimentare è quello di fare acquisti nelle zone deove c’è una maggiore presenza di punti vendita delle diverse catene della Grande Distribuzione. Infatti, dove ci sono più punti vendita c’è più concorrenza e le diverse insegne tendono ad abbassare i prezzi o a fare delle interessanti offerte. Altro consiglio è quello di individuare il punto vendita che meglio rispecchia le esigenze alimentari della famiglia e frequentarlo con costanza, invece che seguire lo specchietto per la allodole dell’offerta stagionale o occasionale.

I negozi più convenienti

Altroconsumo ha dato un indice di convenienza a tutte le catene di supermercati considerate nell’inchiesta. Il massimo che una catena può ottenere è 100, e quest’anno il primato di negozio più conveniente è andato a U2 Supermercato.

Seguono gli  ipermercati Iper e Interspar, Leclerc Conad e IperSimply con 101, Alì, Ipercoop, Bennet e Auchan con 102 e  Panorama ed Esselunga con 103.

► Aumento della spesa alimentare: consigli per risparmiare

La maglia nera della catena più cara d’Italia è andata alla Despar, con prezzi superiori anche del 10% rispetto alle concorrenti più convenienti.

Più sfratti e aumento degli affitti in nero: le conseguenze della Service Tax

 La Service Tax – la tassa sui servizi indivisibili che il Governo ha voluto per sostituire l’Imu – sarà pagata sia da chi detiene l’immobile che da chi lo usa (affittuario o occupante), la nuova stangata colpirà tutti i cittadini italiani. Secondo l’Unione Inquilini chi ha o occupa un immobile in Italia potrà arrivare a pagare anche fino a 1000 euro, indipendentemente dal suo reddito.

► Service Tax – Ecco come funzionerà e quanto si pagherà con la nuova tassa sulla casa

La Service Tax distribuisce la maggior parte degli oneri che al momento, con l’introduzione dell’Imu, erano a carico del proprietario. Con l’80% degli affittuari italiani che ha un reddito lordo inferiore ai 30mila euro, la conseguenza prima che avrà l’entrata in vigore della Service Tax dal prossimo anno sarà un’onda anomala di sfratti. L’Unione Inquilini, infatti, ribadisce che già adesso il 90% delle sentenze di sfratto sono per morosità.

Questa nuova tassa – denunciano le principali sigle di rappresentanza degli inquilini – avrà come effetto un ulteriore aumento dei costi sull’abitazione che già devono sostenere le famiglie, inaccettabile in una situazione come quella italiana.

► La cancellazione dell’IMU e l’arrivo della Service Tax

Senza contare che questa tassa potrebbe dare nuovo slancio anche agli affitti in nero per gli studenti fuori sede che si troveranno a dover accettare di pagare l’affitto in nero: se risultassero occupanti di un immobile si troverebbero a pagare una tassa della quale non sanno l’importo, che sarà deciso liberamente (entro i limiti che il Governo dovrà fissare) dai singoli comuni italiani.

Risorse in arrivo per gli esodati e per la CIG

 L’ ultimo Consiglio dei Ministri ha finalmente trovato una soluzione di largo consenso sull’ annosa questione dell’ IMU, della quale ha varato al sua cancellazione definitiva e la sostituzione a partire dal 2014 con la Service Tax. Ma all’ interno dello stessa seduta sono venuti alla luce anche altri due importanti provvedimenti volti alla risoluzione di due problemi altrettanto spinosi che riguardano il mondo del lavoro italiano.

La cancellazione dell’IMU e l’arrivo della Service Tax

 Ha finalmente trovato una soluzione definitiva la spinosa e ormai annosa questione dell’ IMU che per mesi ha riempito le pagine dei giornali italiani. Al termine dell’ ultimo Consiglio dei Ministri il Governo ha infatti annunciato che verrà cancellata la prima rata dell’ IMU, quella che era stata sospesa per decreto nel mese di giugno e che per il futuro si dovrà voltare pagina in merito alla tassazione degli immobili.

Continua ad aumentare la fiducia dei consumatori

 Nonostante le notizie non troppo incoraggianti che arrivano dal mondo del commercio, in cui, nel primo semestre del 2013 è stato possibile registrare un calo delle vendite al dettaglio pari al 3%, il clima di fiducia che investe il mondo dei consumatori continua a crescere. 

Vendite al dettaglio in calo nel primo semestre del 2013

 Ancora nessun risultato positivo per il settore del commercio che faccia pensare ad una ripresa decisiva. I dati relativi al primo semestre 2013, infatti, nell’ ambito delle vendite al dettaglio, restano purtroppo negativi. Dalle ultime statistiche risulta infatti che nei primi sei mesi dell’ anno le vendite al dettaglio in Italia sono calate del 3% rispetto allo stesso periodo del 2012. Tre punti in meno, quindi, su base tendenziale, ma anche a livello congiunturale non si registrano dati positivi.