E’ necessario e urgente rivedere i conti pubblici

 Quella di una completa revisione dei conti e degli apparati pubblici italiani è un’ urgenza ormai non più differibile. Lo ha affermato, proprio questa mattina, il Presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, nel corso della sua Relazione sul Rendiconto 2012.

Per Confindustria le misure del Governo sono ancora limitate

 Se dalle ultime dichiarazioni rilasciate questa mattina il Ministro del Lavoro Enrico Giovannini è sembrato essere abbastanza ottimista sulle possibilità di ripresa del mercato del lavoro italiano e dell’ intera economia nella seconda metà del 2013 – in funzione anche delle misure recentemente varate dal Governo, molto più cauto si è rivelato invece il pensiero dell’ Unione degli Industriali italiani, che ha recepito gli ultimi dati elaborati dal Centro studi di Confindustria.

Cose da fare in caso di ritorno alla Lira

 Se è vero che all’Italia converrebbe ritornare alla lira, restano alcune insidie da risolvere. Ci sono dei nodi da sciogliere:

1) Un ritorno alla Lira effettuato dopo la disgregazione dell’Euro, in presenza di una serie di default a catena, non costituirebbe un vantaggo per l’economia reale, dal momento che il contesto complessivo europeo sarebbe di tracollo generalizzato. Questa situazione renderebbe l’Italia orfana di parte dei vantaggi connessi alla svalutazione (in contesti di tracollo, l’export verso il resto d’Europa, che assorbe il 60% delle nostre merci, avrebbe problemi) ed un eventuale default troverebbe reazioni feroci in una serie di nazioni declinanti e desiderose di sopravvivere. Il ritorno alla Lira andrebbe fatto quanto prima, mettendo la Germania di fronte alla scelta definitiva, facendo tale azione in compagnia di altre nazioni.

2) Un ritorno alla Lira andrebbe gestito in maniera lungimirante. Inizialmente la svalutazione produrrebbe forti vantaggi su molti fronti economici, ma esporrebbe il Paese ad attacchi e rappresaglie da parte di nazioni con una maggiore predisposizione all’evoluzione economica. Naturalmente è necessaria na classe dirigente pronta. Successivamente andranno mantenuti i vantaggi competitivi e non scialacquati, facendo riforme serie che permettano all’inflazione di essere tenuta sotto stretto controllo, e facendo politiche di bilancio finalizzate alla diminuzione delle spese e sprechi fornendo vantaggi fiscali ed operativi alle categorie produttive ed alle famiglie. Un ritorno alla Lira deve essere gestito con la consapevolezza di non ripetere gli errori del passato.

 

Disoccupazione giù di due punti grazie al piano lavoro

 Non ha dubbi il Ministro del Lavoro e del Welfare Enrico Giovannini sui possibili effetti benefici che le misure varate ieri attraverso il nuovo piano lavoro approntato dal Governo potranno arrecare all’ occupazione italiana.

Un ritorno alla lira favorirebbe occupazione e Pil

 Perché Pil e occupazione trarrebbero vantaggi da una disgregazione dell’Euro e da un ritorno alla Lira?

In primo luogo bisognerebbe osservare gli andamenti dell’occupazione, della disoccupazione e del PIL dei grandi paesi d’Europa negli ultimi 15 anni.

L’Euro ha permesso alla Germania di riprendere la sua corsa del Pil e dell’occupazione, e ciò è stato fatto ai danni di diversi Stati periferici, tra i quali c’è soprattutto l’Italia, che è il secondo paese manifatturiero europeo.

La Germania non ebbe immediatamente benefici dall’introduzione dell’Euro e dei cambi fissi. Pensare che fino al 2000-2005 si diceva che la Germania fosse il grande malato d’Europa. Era vero, dal momento che aveva un’andamento del PIL asfittico (come l’Italia, che tuttavia era reduce da una corsa per ridurre il deficit dal 10% ed oltre al 3%), peggiore di ogni altro Paese europeo. La Germania ha avuto pazienza, ha anticipato alcune riforme, finalizzate essenzialmente a contenere il costo del lavoro interno (anche favorendo i lavori a bassissimo salario) e l’inflazione; ovviamente ogni anno ha portato a casa un piccolo vantaggio in termini di inflazione sui concorrenti, che col passare degli anni è diventato un grosso vantaggio e proprio dal 2005, ha iniziato a vedere andamenti di PIL ed occupazione estremamente favorevoli (ai danni degli altri, come testimoniato dai grafici allegati negli articoli in premessa).

La dinamica in caso di mantenimento dell’Euro è prevedibilmente la stessa degli ultimi 7 anni (ancora in pieno corso nel 2012). Tra l’altro, se la Germania manterra’ l’atteggiamento che ha tenuto nei confronti della crisi Europea negli ultimi disastrosi 3 anni e mezzo (e non vedo perche’ debba cambiare linea), è palese che domanderà l’adozione a tutti i periferici di misure sempre più restrittive (come la Manovra Monti) che inevitabilmente affosseranno sempre più il Pil ed eleveranno la povertà e la disoccupazione. Nel contempo la Germania sarà condiizionata dal minore export verso i paesi “canaglia”, e compenserà in parte la cosa, grazie a tassi di interesse bassissimi ed afflussi copiosi di capitale.

In caso di uscita dall’Euro, e ritorno alle valute nazionali, naturalmente la Germania rivaluterà fortemente, ed i periferici svaluteranno, con impatti seri su produzione ed export tedeschi (e quindi su Pil ed occupazione), mentre ovviamente chi svaluterà andrà incontro alle conseguenze opposte. Tutto dipende da come andrà l’uscita dall’Euro. Qualora venisse accompagnata da una serie di default di alcune nazioni, l’impatto sarebbe devastante non solo per la Germania ma pure per i paesi sottoposti a default, in tale scenario, nel medio periodo le nazioni sottoposte a default e simultanea svalutazione avrebbero una netta ripresa (come successo sempre nel passato in situazioni similari), mentre il quadro per la Germania rimarrebbe fosco sia nel breve che nel medio periodo (a lungo termine le cose potrebbero cambiare).

 

Un ritorno alla Lira favorirebbe l’industria

 Il nostro Paese ha iniziato a pensare ad un eventuale ritorno alla Lira. Cosa succederebbe se l’Italia uscisse dall’Euro? Si parla di numerosi scenari, che potrebbero profilarsi da qui a breve. Nel tempo si è attivato un ‘partito dei pro’ e un ‘partito dei contro’. C’è chi sostiene con vigore che un ritorno alla Lira sarebbe da scongiurare poiché l’Italia andrebbe incontro a molte difficoltà.

Con ogni probabilità, tuttavia, la produzione industriale italiana sarebbe favorita da un ritorno alla Lira.

Come è noto, l’Euro ha provocato un colossale trasferimento di produzione industriale da tutti i paesi periferici verso la Germania, come conseguenza dell’invariabilità dei cambi, che permette al sistema meno inflattivo (quello tedesco) e più efficiente, di sottrarre ampie quote di produzione. Il contesto complessivo (l’Europa tout-court) non ha da decenni una dinamica in evoluzione nella produzione, a causa della concorrenza asiatica, ed al suo interno c’è un vincitore e tanti sconfitti.

In altri termini, dal 2005 ad oggi l’Italia ha fatto -18% e la Germania +10%. Per fare un esempio, è come se tutte le fabbriche presenti nel Centro Italia avessero chiuso e si fossero trasferite in Germania in blocco negli ultimi sette anni.

La dinamica in caso di mantenimento dell’Euro è prevedibilmente la stessa degli ultimi 10 anni (ed ancora in pieno corso nel 2012), con una Germania che ‘ruberà’ quote a tutti gli altri. Il trend continuerà inevitabilmente invariato, fino a quando la Germania manterrà un’inflazione minore o uguale ai partners, e potrà cambiare solo quando tale tendenza cambierà ed in modo duraturo (considero l’ipotesi fantascienza!). Ovviamente gli aumenti di tassazione indiretta in Italia (IVA, accise) e Spagna (IVA), causa prima di sovra-inflazione, promettono che il differenziale inflattivo tra Germania e Sud Europa permarra’ anche nei prossimi 2 anni.

In caso di disgregazione dell’Euro, e ritorno alle valute nazionali, è ovvio che accadrà qualcosa di analogo a quanto accadde nel 1992-95. L’Italia (e gli altri paesi che svalutarono) all’epoca ebbe un’impennata nella Produzione Industriale e la Germania ebbe una bella batosta. E’ ciò che accade in corrispondenza di ogni riaggiustamento monetario. E’ vero che l’Italia ha minore peso industriale rispetto all’epoca, ma è anche vero che l’incidenza dell’Import-Export rispetto alla produzione è aumentata molto rispetto a 20 anni fa, per cui è auspicabile che vi saranno gli stessi effetti.

 

 

Ritorno alla lira: perché all’Italia converrebbe

Si parla spesso ultimamente di un eventuale ritorno alla Lira. Cosa succederebbe se l’Italia uscisse dall’Euro? Si parla di numerosi scenari, che potrebbero profilarsi da qui a breve. Nel tempo si è attivato un ‘partito dei pro’ e un ‘partito dei contro’. Tra le soluzioni che stanno nel mezzo ce ne è una da non sottovalutare: la disgreazione della moneta unica europea, di comune accordo.

Un’eventuale rottura dell’Euro non gioverebbe di certo al Marco, penalizzando in maniera gravosa la Germania. Nel contempo, l’uscita dall’Euro (e il conseguente ritorno alla moneta nazionale) avvantaggerebbero le economie periferiche, tra le quali quella italiana.

Le conclusioni sono le stesse di altri studi seri. E’ già successo in passato in situazioni similari, e le ragioni sono esattamente quelle opposte a quelle che hanno permesso alla Germania di avvantaggiarsi in questi anni rispetto all’Italia.

A meno che non si verifichi uno scenario distruttivo di default a catena, la rinuncia all’Euro si configurerebbe come un’affare per l’Italia e per altre nazioni in questo momento subordinate.

Naturalmente i paesi periferici dovrebbero essere bravi nell’approfittare degli evidenti vantaggi del ritorno alla moneta nazionale, poiché un simile vantaggio dovrebbe essere poi consolidato in maniera permanente. Ovviamente, tale situazione non risolverebbe tutti i problemi dei paesi periferici, ma certamente aiuterebbe ad affrontarli.

 

L’ AEEG riferisce alla Camera sul prezzo dell’ energia

 Il Presidente dell’ AEEG – l’ Autorità italiana garante per l’ Energia, Guido Bortoni, ha tenuto nel corso della giornata di oggi la sua annuale relazione alla Camera sull’ andamento dei prezzi del mercato dell’ energia in Italia e sulle conseguenze che quest’ ultimo ha sulle bollette che arrivano a casa degli utenti. 

Il Tesoro rassicura sui conti pubblici

 In seguito al grande polverone sollevato in queste ultime ore da una serie di articoli pubblicati su Repubblica e sul britannico Financial Times in cui si metteva in luce la possibilità che lo Stato italiano avesse contratto una perdita di circa 8 miliardi di euro nei conti pubblici attraverso la stipula di contratti derivati, da parte del Ministero dell’ Economia e delle Finanze di via XX Settembre non si è fatta attendere una breve, ma decisa replica.