La crisi di oltre 23 mila imprese italiane

 Ancora dati negativi per il mondo dell’ imprenditoria italiana. Il primo trimestre del 2013 ha fatto segnare un vero e proprio record nel numero delle imprese protestate, ovvero nel computo di quelle aziende che hanno avuto delle difficoltà nel saldare i debiti con i propri fornitori oppure hanno comunque allungato i tempi per il saldo delle fatture. 

Ritorno alla Lira: a quali difficoltà l’Italia andrebbe incontro per uscire dall’Euro

 Senza dubbio, non sarebbe facile uscire dall’Euro e tornare alla vecchia moneta nazionale. Il passaggio dall’Euro ad una Nuova Lira sarebbe alquanto doloroso.

Cambiare nuovamente moneta comporterebbe numerose conseguenze per lo Stato, nonché per le famiglie e per le aziende.

Ritorno alla Lira: gli ostacoli per lo Stato

Tutti i titoli di debito pubblico (BOT, BTP e affini) sono attualmente denominati in Euro. Un abbandono della moneta unica porterebbe lo Stato di fronte ad alcune scelte. Lo Stato, per dirne una, dovrebbe procedere ad una faticosa ridenominazione di tutti i titoli di debito nella nuova moneta. Una sorta di “default”. La nuova moneta, in altri termini, si svaluterebbe subito dal 30% al 50% rispetto a quella unica europea.

Ritorno alla Lira: gli ostacoli per le aziende

Pensiamo ai debiti contratti in Euro, specialmente con le Banche straniere. La conversione e successiva svalutazione della nuova lira farebbe si che ripagare i debiti in valuta “forte” (Euro) diventerebbe insostenibile. Il ritorno alla lira non favorirebbe la competività delle aziende, e in più provocherebbe fallimenti di massa.

Ritorno alla Lira: gli ostacoli per le famiglie.

In odore di conversione forzata dei depositi da euro in nuove monete nazionali, partirebbe la corsa agli sportelli delle banche per ritirare i propri risparmi in euro, metterli dentro una valigia e precipitarsi verso il più vicino paese ancora dell’area euro per versarli su un conto corrente. Ovviamente questa scelta “razionale” del risparmiatore verrebbe impedita dalle autorità con controlli molto stretti e severi alla frontiere.

Un altro esempio? Il potere di acquisto dell’italiano medio crollerebbe. Si avrebbe un’ingente perdita media del reddito per ogni cittadino dello Stato che abbandona l’Euro nel primo anno della nuovo/vecchio conio.

E se l’Italia uscisse dall’Euro?

 In molti auspicano un ritorno dell’Italia alla lira. Al momento è difficile prevederlo. Quello del ritorno alla lira è, tuttavia, un possibile scenario. A poco a poco si sta formando il partito del ‘bene’ e quello del ‘male’ in relazione a questo ritorno.

Forse, a lungo termine,a lungo termine uscire dall’Euro sarebbe un vantaggio. Non è dato, però, saperlo con certezza sin da ora. TUtto dipende anche dal nuovo panorama economico che va profilandosi e che si profilerà.

Uno dei possibili scenari è un’eventuale frammentazione dell’Ue (tutti i Paesi ritornerebbero alla propria vecchia moneta nazionale). Un altro verte su una prosecuzione in gruppo diversa nelle modalità.

L’Italia fuori dall’Euro cambierebbe in ogni caso il clima economico generale. I rapporti con gli Usa e con il resto d’Europa muterebbero.

Non mancherebbero i problemi: da quelli ‘tecnici’ (aumento delle tempistiche nei prelievi di denaro), a quelli ‘materiali’ (le banche resterebbero chiuse per qualche tempo)

Cambierebbe, inoltre, il nostro rapporto con il consumo:

– raddoppio dei prezzi dei prodotti esteri;

– rincaro dei prezzi dei prodotti interni.

Il rapporto tra euro e nuova lira non sarebbe sin da subito vantaggioso. La nuova lira, se confrontata alla vecchia, sarebbe una sorta di nuovo euro (tutto italiano), per intenderci.

Ritorno alla Lira: un possibile scenario

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Si parla ormai sempre più spesso di un ritorno alla lira da parte dell’Italia. In molti, in particolar modo sul web, si augurano il ripristino della vecchia moneta, mentre altri provano a sottolineare le conseguenze negative che una rivoluzione del genere comporterebbe.

La proposta è partita, tra gli altri, da Silvio Berlusconi: “uscire dall’euro e tornare alla lira”. Una vera e propria presa di posizione o una semplice provocazione? Non è (ancora) dato saperlo. Certo è che si profilano comunque dei nuovi scenari. La situazione creatasi in Grecia fa e deve far riflettere. Se capitasse all’Italia? Cosa succederebbe?

Cosa farebbe l’Italia se uscisse dall’Euro? Come si affronta un eventuale ritorno alla lira?

Da una parte ciò costituirebbe un salto nel passato. Per altri versi sarebbe una sorta di ritorno al futuro. Non sono da ecludere disagi ed evenutali tensioni di natura sociale.

Uscire dall’Euro implicherebbe uscire dall’economia che conta. Con l’attenuante che non sappiamo per quanto ancora possa contare questa economia. Un ritorno alla vecchia moneta? A parole non è difficile. A fatti costituirebbe una uscita dalla moneta unica e un reset dell’economia.

Ciò crea uno scenario ricco di alternative sulle quali ragionare. Ci sarebbero numerosi problemi da risolvere, forse non proprio facilmente. L’idea, però, prende sempre più quota. Prima era una voce di corridoio, ora un’alternativa che potrebbe essere percorribile.

L’austerity, difatti, è alle porte e presto o tardi investirà come un ciclone anche il nostro Paese.

 

Le conseguenze del “rischio derivati” per le tasche degli italiani

 Solo poche ore fa è piombato sull’ Italia il rischio di una grave perdita che potrebbe, se confermata, interessare pesantemente i conti pubblici italiani. Conti pubblici che, in questo periodo, non appaiono decisamente “in rosso”, ma sicuramente stressati dalle ultime vicende che li hanno coinvolti. 

Buco sui derivati: una storia che si ripete

 La notizia sul potenziale buco da 8 miliardi di euro sui derivati italiani che oggi sta facendo il giro del mondo, lungi dall’ avere lo smagliante fascino della novità assoluta, potrebbe essere facilmente ascritta, invece, a quanto sembra, all’ interno di una lunga lista di episodi simili, in cui, nel corso del tempo, si è trovato periodicamente invischiato lo Stato italiano. 

Perché l’ Italia rischia di perdere 8 miliardi

 Solo di poche ore fa è la notizia secondo cui l’ Italia rischierebbe di perdere diversi miliardi di euro dei suoi conti pubblici a causa di una falla originatasi attraverso i derivati originati negli anni ’90. 

Un buco da 8 miliardi nei conti pubblici italiani?

 Sui conti pubblici italiani è piombato, da qualche mese a questa parte – anche se la notizia è stata diffusa da Repubblica e dal Financial Times solo questa mattina, un terribile sospetto. Sembra infatti che i derivati del Tesoro, accesi negli anni ’90, prima che l’ Italia entrasse nella moneta unica, abbiano provocato un buco potenziale da 8 miliardi nei conti dello Stato.

Spese di ristrutturazione: come detrarle

Quando si ristruttura un edificio bisogna mettere in conto che ci saranno delle spese elevate, talvolta difficili da affrontare. In ragione di ciò, il Consiglio dei Ministri ha erogato un Decreto con il quale prevede e rende possibile una detrazione delle spese di ristrutturazione sostenute.

La detrazione d’imposta delle spese sostenute per la manutenzione, il restauro o la ristrutturazione di edifici adibiti a uso abitazione è uguale al 50% del totale dell’importo versato. Con il termine “detrazione” non si indica un rimborso, bensì la possibilità di detrarre dall’imposta delle persone fisiche la metà delle spese sostenute per questi interventi. Le spese detratte vengono dilazionate in quote costanti in 10 anni. Per accedere alla possibilità di richiedere tale agevolazione è necessario documentare tutta l’attività e le spese effettuate facendo riferimento all’effettivo pagamento delle spese sostenute nel loro complesso. La richiesta può essere effettuata solo se le spese sono state sostenute tramite bonifico bancario o bonifico postale. La detrazione del 50% è possibile su una spesa massima di 96 mila euro.

Inoltre, il contribuente dovrà provvedere alla compilazione della richiesta di detrazione che si può scaricare presso il sito dell’Agenzia delle Entrate. Una volta stilata vi deve essere allegata tutta la documentazione necessaria inerente alle spese sostenute e in un secondo momento si può consegnare presso l’autorità territoriale di competenza a cui è assegnato l’ente comunale di residenza.

Utilizzare i benefici di detrazione equivale ad attenersi ad un percorso specifico. Prima di iniziare i lavori si dovrebbe trasmettere una comunicazione a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno che possa fungere da notifica per l’effettiva data di inizio di attiviità.

Il bonifico, mediante il quale si effettua il pagamento della manodopera edile o di parte degli arredi, deve riportare la causale del versamento, i dati personali del pagante e i dati o la partita Iva di colui che effettua il lavoro.

Documenti da presentare

La comunicazione preventiva, il bonifico, la ricevuta di pagamento dell’Ici, le delibere amministrative e la domanda di accatastamento dell’immobile, nel caso in cui ancora debba essere censito, sono i documenti da presentare negli appositi uffici insieme alla richiesta di detrazione.