In scadenza il 730

 E’ prevista proprio per la giornata di oggi la scadenza del termine ultimo di presentazione della dichiarazione dei redditi 2013, attraverso il modello 730,  che deve essere consegnato ai Caf o ai professionisti abilitati. 

Energia elettrica più cara del 75% rispetto al 2000

 Il caro bollette torna a colpire pesantemente le tasche e i consumi degli italiani. Anzi, sulla base degli ultimi rilevamenti effettuati dalle associazioni dei consumatori, nel giro di addirittura dieci anni i rincari non hanno mai abbandonato la presa sui costi finali dell’ energia elettrica, del gas, dell’ acqua e dello smaltimento dei rifiuti

La crisi occupazionale del turismo italiano

 Che il turismo italiano fosse in crisi era fatto noto, nonostante questo settore sia stato sempre uno dei più produttivi in Italia. Ma adesso la situazione è divenuta drammatica, come emerge dai dati dell’Osservatorio turistico-alberghiero di Federalberghi che ha registrato un calo del 4,7% del numero degli occupati del settore tra gennaio e maggio di questo anno rispetto allo stesso periodo del 2012.

► Niente vacanze per gli italiani

Diminuiscono sia gli occupati a tempo determinato, – 4,9%, sia quelli a tempo indeterminato, – 4,6%. Meno lavoro, meno reddito per le famiglie che lavorano nel settore che avrà un effetto devastante sui consumi degli italiani, già ridotti all’osso.

La causa di questo aumento della disoccupazione nel comparto turistico va rintracciata in quello che il presidente della Federazione Bernabò Bocca chiama il turismo a due velocità: pur mantenendosi alta la presenza dei turisti stranieri, nei primi cinque mesi dell’anno le presenze negli alberghi sono aumentate del 3,1%, c’è la pesante riduzione delle presenze italiane, che si sono abbassate di un ulteriore 4,7%, percentuale impossibile da bilanciare con le presenze di stranieri.

► Disoccupazione: i giovani emigrano dal Nord

Una percentuale alta, troppo alta, che ha spinto Federalberghi a richiedere al Governo il riconoscimento dello stato di crisi occupazione del settore.

 

Burocrazia lenta e costosa, un peso troppo grande per le aziende

 La burocrazia italiana è un costo troppo pesante per le aziende italiane. Se non si predispongono interventi mirati non ci sarà nessuna possibilità di ripresa per le aziende italiane.

► L’allarme di Rete Imprese per le imprese italiane

A dirlo è Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza, che chiede al Governo di iniziare il percorso di sviluppo proprio dalla semplificazione normativa. La burocrazia attuale, infatti, non solo è un costo troppo pesante, ma impedisce alle aziende di essere efficienti a causa dei troppi attori coinvolti che allungano i tempi di tutti i processi decisionali.

Se si vuole tornare ad essere competitivi non si può pensare, continua Pitruzzella, solo alla liberalizzazione se poi mancano delle infrastrutture a sostegno delle attività economiche, sia per le aziende italiane che per quelle straniere che vorrebbero operare nel territorio.

Servono tempi e regole chiare e, soprattutto, semplificare realmente e non continuare, come accade ormai da 20 anni, a togliere oneri da una parte per poi aggiungere da un’altra. Si può fare, spiega Pitruzzella, senza nessun costo, ad esempio prevedendo sanzioni per i ritardi delle risposte delle amministrazioni.

► Le misure del nuovo piano anti – burocrazia

Nota positiva i progressi fatti nella concorrenza, anche se sarebbe necessario intensificare soprattutto su comunicazioni, ai trasporti, e all’energia, che sono i volani per la creazione di ricchezza e quindi per la crescita del Pil.

 

Finiti i fondi per il fotovoltaico

 Lo ha annunciato l’Autorità per l’energia: il 6 luglio si esauriranno i 6,7 miliardi che il governo Monti aveva predisposto per incentivare l’installazione e la manutenzione degli impianti fotovoltaici.

► I costi nascosti della bolletta della luce

Gli addetti ai lavori erano già preparati all’arrivo di questa notizia dato che dopo il boom iniziale gli investimenti per il fotovoltaico si stavano già ridimensionando: si era partiti con grandi investimenti per gli impianti più vecchi per passare poi a lavori più piccoli, per lo più interventi di manutenzione.

Oltre al raggiungimento del tetto massimo imposto per il Quinto Conto Energia il settore delle rinnovabili potrebbe ulteriormente contrarsi se il governo deciderà di inserire nelle bollette di chi ha un impianto fotovoltaico la voce ‘onere di sistema‘, che sarebbe una sorta di contributo per gli investimenti fatti per l’adeguamento della rete di distribuzione di energia.

► Energia: come funzionano gli sconti sulle ristrutturazioni

Le aziende del settore chiedono al governo di fare chiarezza sulla normativa e sugli incentivi per le energie rinnovabili, in quanto rappresentano una grande risorsa per il paese. Solo nel 2012, infatti, grazie alle energie rinnovabili si è prodotta in casa il 7% dell’energia necessaria la fabbisogno italiano, riducendo di 2 miliardi di euro le spese per l’acquisto di gas dall’estero.

 

Pochi falsi malati, l’Inps taglia le visite fiscali

 Lo scopo delle visite fiscali è quello di scovare i dipendi pubblici e privati che mandano certificati di malattia all’azienda pur non essendo malati. Ma sembra che in Italia, a dispetto di quanto si dice, i malati immaginari sono molto pochi: lo scorso anno le solo il 9% delle visite fiscali disposte ed effettuate dall’Inps hanno portato ad una riduzione della prognosi.
► L’Inps revoca la sospensione delle visite fiscali d’ufficio

Percentuale doppia di ‘successo’ per le visite richieste dalle aziende private, ma comunque sempre troppo bassa per giustificare i 50 milioni di euro del costo di questa prassi.

Così l’Inps, anche per effetto della spending review che impone all’Istituto di Previdenza di tagliare le spese di gestione, ha deciso che nel 2013 si effettueranno solo le visite richieste dalle aziende che non si fidano del certificato inviato dai loro dipendenti, e saranno le aziende a doverle pagare. Si stima, così, che non saranno più di 100 mila.

► Visite fiscali – La guida per i lavoratori

Le visite fiscali dell’Inps, inasprite sopratutto nel settore pubbliche da Brunetta, hanno evidenziato che le ore perse ogni mese causa malattia sono state costanti dopo lo shock iniziale della nuova normativa: i giorni persi sono scesi dagli 1,32 di ottobre 2007 agli 0,91 di ottobre 2010, dato rimasto costante fino a ottobre 2012.

Niente vacanze per la metà degli italiani

 Niente vacanze per quasi la metà degli italiani. La crisi, il caro vita, la disoccupazione e le tasse impediscono agli italiani di concedersi qualche giorno di vacanza questa estate: saranno solo in 25.700.000 a partire per qualche giorno di villeggiatura.
► Meno 500 euro nelle buste paga degli italiani

A dirlo il sondaggio della Confesercenti-Swg che evidenzia il crollo della percentuale degli italiani che si possono concedere un periodo di vacanza: erano quasi l’80% nel 2010, nel 2013 sono appena il 58%.

Le famiglie italiane hanno visto ridursi sensibilmente il loro reddito, fattore determinante per il 44% degli intervistati per decidere se programmare o meno una vacanza, e il 53% degli intervistati ha dichiarato che non è più sufficiente per coprire le spese, pagare le tasse e permettersi una vacanza.

► Come si usa lo stipendio degli italiani

Altro dato che emerge dal sondaggio della Confesercenti-Swg è che la percentuale delle persone che non andranno in vacanza perché non possono lasciare il posto di lavoro è aumentata dal 4 al 7%, come è aumentata anche la percentuale delle persone che sono state costrette a prendere ferie in altri periodi dell’anno perché le aziende hanno meno lavoro e sono costrette a chiudere per periodi più lunghi.

Unico dato stabile è quello sulla durata delle vacanze, che rimane di 12 giorni dal 2009.

Il Tax Freedom Day si allontana sempre di più

 Gli italiani hanno perso in media 500 euro del loro stipendio nel corso del 2012, con una perdita concentrata maggiormente nelle retribuzioni reali dei dipendenti della pubblica amministrazione e del settore del credito.

► Meno 500 euro nelle buste paga degli italiani

A questa emorragia di denaro si aggiunge il fatto che la pressione fiscale in Italia è sempre più alta – per il 2013 la CGIA di Mestre, che ogni anno fa il calcolo dei giorni di lavoro necessari per poter essere in regola con il fisco, ha calcolato che arriverà al 44,4% – e quindi gli italiani hanno dovuto lavorare quasi sei mesi per pagare le tasse.

Per l’esattezza i giorni di lavoro necessari per pagare le tasse sono stati 162 e il Tax Freedom Day – il giorno di ‘liberazione fiscale’, quello in cui si smette di lavorare per il fisco – arriverà il prossimo mercoledì 12 giugno.

Il problema del carico fiscale sui contribuenti italiani si sta facendo sempre più grave: non si era mai registrato prima di ora un tempo così lungo per il pagamento delle tasse nella storia recente del paese. La CGIA di Mestre ha valutato che la pressione fiscale sugli italiani è aumentata di 13 punti in poco più di 30 anni, dal 1980 ad oggi.

► Perché così tanta differenza tra pressione fiscale reale e pressione fiscale ufficiale?

La causa di questo altissimo prelievo fiscale in Italia è l’economia sommersa, quella sulla quale non si pagano le tasse e che, quindi, contribuisce ad aumentare la pressione fiscale reale, per il 2013 arriverà al 53,8%, ossia il contributo che devono versare allo stato coloro che le tasse le pagano sempre: facendo il calcolo con questa percentuale il Tax Freedom Day si sposta al 16 luglio.

Meno 500 euro nelle buste paga degli italiani

 Nel corso degli ultimi due anni le buste paga dei lavoratori italiani, soprattutto i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e i lavoratori del settore del credito, hanno perso circa 500 euro.

► Ecco quali aziende retribuiscono bene il lavoro

A dirlo è una ricerca della CGIA di Mestre e della Banca d’Italia, che ha evidenziato l’abbassamento dello stipendio medio degli italiani di circa due punti percentuali: da una media di guadagno annuo di 25.130 euro per lavoratore all’inizio del 2011 si è passati ai 24.644 del 2012.

I dipendenti della pubblica amministrazione sono stati i più colpiti a causa del blocco dei contratti che interessa il settore e che, quindi, impedisce l’aumento degli stipendi in proporzione all’inflazione: in tre anni i dipendenti della pubblica amministrazione hanno perso quasi 2.000 euro (da 32.654 a 30.765).

Il secondo comparto più colpito, stando ai dati della Banca d’Italia, è quello del credito, dove la retribuzione media annuale ha perso si è ridotta di circa 1.200. Meno colpito il settore industriale, con ‘solo’ 240 euro in meno.

Calo consistente ma più contenuto per l’agricoltura, settore nel quale gli stipendi medi hanno perso 400 euro e nei servizi oltre (600 euro in meno).

► Aggiornamenti sullo stipendio italiano

Calo di circa 230 euro per le retribuzioni delle attività a gestione familiare che dal 2011 al 2012 sono passate da una media annua di 13.320 euro a 13.086.

Tassa licenziamento per finanziare l’Aspi: chi paga e chi no

 Attiva dal primo giorno di quest’anno (1 gennaio 2013) la tassa sul licenziamento è stata creata al fine di indennizzare i nuovi ammortizzatori sociali, l’Aspi e la mini Aspi che rimpiazzano i precedenti sussidi di disoccupazione. Quando il datore di lavoro desidera licenziare un dipendente deve pagare questa tassa. Nello specifico, il contributo Aspi è obbligatorio in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, escludendo però le ipotesi di perdita del lavoro per dimissioni e risoluzione consensuale.Scadenza

Per ciò che concerne il pagamento del ticket della tassa, la disciplina a regime contempla come scadenza il mese successivo al mese del licenziamento. In ogni caso per quanto concerne le risoluzioni dei rapporti di lavoro avvenute durante il primo trimestre del 2013 viene stabilita come data ultima per il versamento della tassa che finanzia la nuova indennità di disoccupazione, l’Aspi, un rinvio al 16 giugno che, ‘capitando’ di domenica, viene posticipato a lunedì 17.

Il pagamento della tassa sul licenziamento deve avvenire in una sola soluzione e per ciò che concerne il calcolo dell’imposto, il datore di lavoro è obbligato a versare 483,80 euro per ogni 12 mesi di anzianità aziendale, con un importo che non può superare i 1451 euro.

Contributo Aspi: chi non paga

Occorre infine tenere presente che in alcuni casi la tassa non è dovuta. Nello specifico non è dovuto il contributo di licenziamento, per il periodo 2013–2015, per ciò che riguara i casi di licenziamenti perfezionati successivamente a dei cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) ovvero nei casi di interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere, così come restano escluse dal ticket sul licenziamento le cessazioni intervenute successivamente ad accordi sindacali nell’ambito di processi di riduzione di personale dirigente, conclusi con accordo firmato dall’associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria.