Crisi occupazionale nel settore industriale

 Se negli ultimi cinque anni l’ intero settore dell’ industria italiana ha dovuto affrontare, a causa della crisi economica, la perdita di circa 674 mila posti di lavoro, le ultime previsioni per la conclusione dell’ anno 2013 non sono ugualmente buone. Lo afferma, nello specifico, il X Rapporto Cisl Industria, che prevede una ulteriore crisi occupazionale che potrebbe mettere a rischio il posto di lavoro di oltre 123 mila lavoratori equivalenti.

>Non calo ma crollo della produzione industriale

Aumento disoccupazione in Puglia

 Aumenta il tasso di disoccupazione nazionale, che non cadeva così in basso dal 1977. Adesso anche in Puglia i dati relativi al primo trimestre del 2013 hanno raggiunto picchi elevati.

Facendo un paragone, rispetto ad un anno fa si registra un aumento di quasi quattro punti percentuali.

Peggiora di mese in mese il quadro occupazionale stabilito dall’Istat, secondo il quale nell’aprile del 2013 gli occupati su scala nazionale sono stati 22 milioni e 596mila, in calo dello 0,1% in confronto a marzo e dell’1,6% su base annua. Il tasso di disoccupazione si attesta al 12%, ed è in aumento dello 0,1% rispetto a marzo e di 1,5 punti nell’arco dei dodici mesi.

La situazione è grave in Puglia. La regione costretta a fare i conti con l’aumento della disoccupazione, giovanile e non: nei primi tre mesi del 2012, a risultare in possesso di un lavoro erano un milione e 221mila, un anno dopo si è scesi a un milione e 178mila. Le persone in cerca di un’occupazione salgono così, nel giro di 12 mesi, da 225mila a 280mila. La crisi non fa distinzione nemmeno dal punto di vista anagrafico: il tasso di occupazione – ovvero il rapporto tra gli occupati e la corrispondente popolazione di riferimento – cala in un anno da 44,3% al 43%, mentre quello di disoccupazione – il rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le corrispondenti forze di lavoro – aumenta da 15,6% a 19,2%.

 

Finanziamenti ai partiti, arriva il primo stop

Per molti sarà una buona notizia. Il sistema dei rimborsi diretti ai partiti non è più attivo.

Al termine di una riunione fiume di due ore, il Consiglio dei ministri ha approvato il ddl che introduce un nuovo sistema di finanziamento della politica improntato sulle contribuzioni volontarie.

► Ecco dove lo Stato ha tagliato le spese dello Stato

Al termine della riunione, Enrico Letta non ha perso tempo per comunicare la sua soddisfazione tramite il suo profilo twitter:

Il Cdm ha appena approvato il ddl di abrogazione del finanziamento pubblico partiti e passaggio a incentivazione fiscale contributi cittadini

ha scritto il Premier.

Ora, dice il Premier, “il Parlamento approvi rapidamente”. Nel pomeriggio, nel corso della conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, il premier sottolinea che siamo al capolinea per quanto riguarda il finanziamento pubblico ai partiti come l’avevamo inteso finora.

 

► Operazione trasparenza del Governo: dove sono i redditi dei ministri?

“Abbiamo mantenuto la promessa”, afferma Letta. Suvvessivamente un appello al Parlamento: “Confido che l’approvi rapidamente”, aggiunge, perché questo disegno di legge serve per ridare “credibilità” alla politica. “La coesione politica della maggioranza” ha concluso il Premier, “è stata importante su questo tema. Voglio ringraziare i partiti perché è un passo che i cittadini aspettavano”.

 

Visco e l’arretratezza dell’Italia

Siamo un Paese indietro nel tempo. Abbiamo un ritardo di venticimque anni e un cuneo fiscale che blocca il livello occupazionale. La stretta creditizia è sempre più invasiva.

Per cambiare marcia occorre rivedere le condizioni dei prestiti e rivedere quelli che sono gli effetti negativi sull’economia.

A pensarla così è Ignazio Visco, governatore di Bankitalia. Il nostro paese non è stato in grado di replicare agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici degli ultimi 25 anni. Per Ignazio Visco, secondo cui “l’aggiustamento richiesto e così a lungo rinviato ha una portata storica» e che necessita di un contributo decisivo della politica, della società e di tutte le forze produttive”, siamo indietro dunque di un quarto di secolo sui tempi rispetto al resto d’Europa.

I problemi, dunque, sono molti. A cominciare dal cuneo fiscale, che grava sul lavoro frenando l’occupazione e l’attività aziendali. Sono necessarie alcune riduzioni di imposte. Secondo Visco “non possono che essere selettive, privilegiando il lavoro e la produzione”. Parole che arrivano da Visco durante le Considerazioni finali all’Assemblea Ordinaria dei partecipanti a palazzo Koch. Assolutamente da combattere è poi l’evasione , anche nella dimensione sovranazionale. “L’evasione – come ha detto più volte il Governatore – distorce l’allocazione dei fattori produttivi, causa concorrenza sleale, è di ostacolo alla crescita della dimensione delle imprese”.

Abolizione finanziamento pubblico ai partiti: le norme per la trasparenza

 Il ddl che contempla l‘abolizione spalmata in tre anni del finanziamento pubblico ai partiti porta con sé una serie di regole di trasparenza, di democrazia interna ai partiti, chiamati a dotarsi di uno statuto, ma anche di bilanci certificati, come condizioni per usufruire delle agevolazioni e degli incentivi fiscali.

Detrazioni erogazioni liberali

Per ciò che concerne le detrazioni, le erogazioni liberali in denaro, effettuate dalle persone fisiche in favore dei partiti politici, avranno dall’imposta lorda una detrazione pari: al 52 per cento per importi compresi fra 50 euro e 5.000 euro annui; al 26 per cento (stessa percentuale di detrazione riservata per erogazioni alle Onlus) per importi tra i 5.001 e i 20.000 euro.

Fondi

Il provvedimento contempla che i partiti politici che hanno avuto nell’ultima consultazione elettorale almeno un rappresentante eletto alla Camera o al Senato potranno avere accesso alla ripartizione annuale del 2 x 1000 della propria imposta sul reddito (Ire). Una decisione che assumerà il contribuente, sempre a decorrere dall’anno finanziario 2014, in fase di dichiarazione dei redditi mediante la compilazione di una scheda recante l’elenco dei soggetti aventi diritto.

Modalità contributi cittadini

I contributi dei privati sono una misura compensativa: sono fissati entro un determinato stanziamento, i fondi non espressamente attribuiti dai privati mediante l’opzione del due per mille, saranno distribuiti ai partiti proporzionalmente alle somme stanziate in via esplicita. Fonti ministeriali spiegano anche che il finanziamento pubblico sarà sostituito da tre fonti di aiuto: detrazioni, libera scelta dei cittadini con il 2 per mille e servizi, come sedi, bollette telefoniche, spazi televisivi.

Versamento individuale ai partiti: previsto un tetto massimo

 Abolito il finanziamento pubblico ai partiti, chi stanzierà i fondi? I privati, ma attenzione alle nuove regole. Il ministro Quagliarello ha parlato di un tetto massimo dei versamenti individuali che andranno ai partiti. Il tetto sarà di 61 milioni di euro, dunque un terzo in meno rispetto al finanziamento attuale.

Ciò avverrà soltanto se tutti decideranno di dare soldi ai partiti: “Non vogliamo far rientrare dalla finestra quello che esce dalla porta”, ha spiegato il ministro, specifcando in particolare che ogni finanziamento deve essere traciato e certificato. Ci sarà il massimo della trasparenza», assicura Quagliariello. Non vi potranno essere contributi anonimi, inoltre.

Quagliariello specifica che non si tratta di una legge contro i partiti, é un finanziamento indiretto.

I partiti sono parte della democrazia. La democrazia ha un costo e per questo» per esempio sono previsti «sgravi sulle sedi» dei partiti.

“Presentiamo questa legge con orgoglio”, ha concluso il ministro.

A regime dal 2016

Il sistema di regolamentazione della contribuzione volontaria ai partiti politici inizierà pertanto 2014, ma andrà a regime soltanto due anni dopo.

Solo a giugno 2015 gli italiani saranno infatti chiamati a dichiarare i propri redditi relativi al 2014. A quel punto saranno necessari altri mesi per permettere all’Erario di stabilire l’ammontare esatto della quota del 2 x 1000 da destinare a ciascun partito politico. Fino a questo momento, e quindi in via transitoria, a tutti i partiti è riconosciuto il taglio: del 40% nel primo esercizio successivo a quello dell’entrata in vigore del disegno di legge; del 50% nel secondo esercizio successivo a quello dell’entrata in vigore del disegno di legge; del 60% nel terzo esercizio successivo a quello dell’entrata in vigore del disegno di legge. Con il quarto esercizio finanziario successivo a quello dell’entrata in vigore del disegno di legge il finanziamento termina.

Le novità del decreto legge sui debiti delle pubbliche amministrazioni

 La commissione Bilancio del Senato ha dato il via libera al Dl sui pagamenti dei debiti della Pa che sarà votato, poi, esaminato e votato dalla Camera mercoledì 5 giugno per l’ufficializzazione definitiva del testo e dei vari emendamenti.

► 250 emendamenti al decreto sui debiti della Pubblica amministrazione

Il decreto legge sui pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni è stato, fin dall’inizio, un testo molto discusso, che però, finalmente, sta giungendo alla sua versione definitiva. Di seguito riportiamo le principali novità al testo che dovranno passare all’esame della Camera.

Il nuovo testo prevede che le Pubbliche amministrazioni inizino il pagamento dei loro debiti non solo alle imprese ma anche ai professionisti e la concessione entro il 2014 della garanzia dello Stato per l’agevolazione della cessione dei crediti maturati nei confronti della Pubblica amministrazione entro il 2012 a banche e ad altri intermediari finanziari.

Sul fronte delle pubbliche amministrazioni, la nuova versione del decreto legge sullo sblocco dei debiti, prevede che per i comuni sei mesi di tempo (fino al 1 gennaio 2014) in più per organizzare la riscossione in proprio dei tributi, anche ricorrendo ad Equitalia.

► Le conseguenze dell’uscita di Equitalia dai Comuni

Inoltre, il decreto prevede un ammorbidimento della legge di stabilità per le amministrazioni locali che si dimostrano particolarmente virtuose.

 

L’Ue vuole creare un unico mercato per l’energia

Il Ministro per gli Affari europei Enzo Moavero ha confermato che L’Unione europea ha ribadito il desiderio di creare un solo mercato dell’energia.

La decisione è stata presa durante l’ultimo Consiglio europeo dello scorso 22 maggio.

Si tratta di una scelta molto importante per i 27 Paesi membri dell’Ue. Una scelta che naturalmente riguarda da vicino anche le società italiane del settore elettrico.

Queste ultime si trovano in crisi di risultati per via del calo della domanda di energia.

Il mercato unico, dunque, potrebbe rappresentare un vantaggio per le imprese del nostro Paese? La risposta è si. L’idea, infatti, è quella di integrare mercato elettrico entro il 2020.

Bruxelles desidera generare una rete unica e un mercato unico dell’energia. A ciò si aggiungerebbe una Borsa elettrica in cui è possibile scambiare il “prodotto” da ciascun paese.

In tal modo, l’Europa potrebbe sfruttare l’enorme potenziale delle sue centrali, con un mix tra fonti tradizionali e rinnovabili unico tra le macro-regioni mondiali.

L’obiettivo finale, come ha dichiarato Moavero nel corso di un’audizione davanti alle commissioni riunite Esteri, Bilancio e Politiche Ue sugli esiti del Consiglio europeo è quello di “ridurre la dipendenza crescente da forniture di importazione, lo sviluppo di fonti indigene e di nuove tecnologie”. Nello specifico, con una rete che colleghi effettivamente tutti i paesi sarebbe possibile, per esempio, utilizzare a pieno regime il parco delle centrali a gas italiane quando venisse a mancare l’apporto dei grandi impianti eolici dell’Atlantico e del mare del Nord. Non dimenticando l’apporto delle centrali nucleari francesi e dei paesi dell’est europeo – che consentirebbero di tenere a prezzi convenienti l’energia – e lo sviluppo del fotovoltaico.

Casa, arriva la proroga dei bonus sull’edilizia

 L’argomento è serio ed è ora che si inizi a parlarne meglio. Il Consiglio dei Ministri, nella giornata di domani, varerà un decreto legge che procrastina l’eco-bonus del 50% riguardante le ristrutturazioni edilizie.

Il provvedimento dovrebbe contemplare anche un mini-pacchetto di misure ad hoc al fine di favorire la riqualificazione e la ristrutturazione di immobili, inclusi gli immobili industriali.

Il tutto in virtù degli standard anti-sismici che regolano le zone territoriali considerate ‘a rischio’.

Intanto, entro oggi, si parlerà anche dello scioglimento del nodo sulle coperture.

Non è detto che non si tenga un altro vertice tra i ministri di Economia, Sviluppo economico e Infrastrutture (Saccomanni, Zanonato, Lupi) per parlarne ancora meglio.

Incontro sull’Imu

Intanto, oggi nel pomeriggio presso il Ministero dell’Economia è partito il tavolo, con il summit tra Saccomanni e i rappresentanti delle autonomie locali, circa riforma dell’Imu e di tutta la tassazione per gli immobili. Che sulla base delle raccomandazioni con cui Bruxelles ha accompagnato l’ok alla chiusura della procedura d’infrazione dovrebbe essere innescata dalla riforma del catasto. E il cui costo, in ogni caso, dovrà essere neutrale sui conti 2013: dovrà cioè autocompensarsi.

Ocse: “Italia eviti riduzioni fiscali premature”

Senza ombra di dubbio, sono molti i tentativi per risanare i conti pubblici. E anche l’Ocse se ne è accorta. Il Governo, però, è invitato dall’Organizzazione a evitare riduzioni fiscali “premature”.

La valutazione contemplata nell’Outlook di primavera è arrivata. E in sintesi c’è scritto che la principale causa della prolungata recessione è la stretta creditizia.

L’organizzazione francese rivede ancora al ribasso le prospettive economiche italiane.

Stando alle previsioni dell’Ocse, la frenata del 2013 (-1,8%) sarà infatti superiore a quella contenuta nel rapporto di novembre (-1%) ma anche a quella stimata nel survey presentato a inizio maggio (-1,5%).

Solo Portogallo, Grecia e Slovenia hanno fatto e faranno peggio del nostro Paese. Ci ha surclassati anche la Spagna, che dovrebbe chiudere il 2013 con un calo del Prodotto Interno Lordo meno forte (attestandosi al -1,7%). Così, attenzione anche a considerare forte la ripresa del prossimo anno. Sarà più timida del previsto.

Pier Carlo Padoan, vice-segretario e capo economista dell’Organizzazione francese ha dichiarato: “Sul peggioramento delle prospettive le condizioni del credito hanno influito più della stretta fiscale. Ciò è accaduto dal momento che le banche, impegnate nell’aggiustamento dei bilanci e nella ricapitalizzazione, impediscono che la politica monetaria molto espansiva della Bce di traduca pienamente in uno stimolo all’economia reale”.

Padoan ha messo in evidenza che l’Italia è seconda solo alla Grecia quanto a costo medio del credito alle imprese, mentre è al terzo posto, dopo Grecia e Irlanda, per la quota di prestiti non produttivi (non performing) sul totale. L’Ocse insiste quindi sull’urgenza di realizzare al più presto l’unione bancaria europea, che dovrebbe contribuire a risolvere, almeno in parte, il problema.

Il prolungarsi della recessione ha ovviamente un impatto sulla disoccupazione, che dovrebbe passare dall’11,9% del 2013 al 12,5% del 2014, e sul ratio debito/Pil, che dovrebbe salire ancora, dal 131,7% di quest’anno al 134,3% del prossimo. Mentre arrivano buone notizie dal fronte del deficit, previsto al 3% quest’anno e al 2,3% nel 2014.

Prudenti invece le valutazioni sull’impatto del rimborso di parte dei debiti della Pa accumulati negli anni, che «non dovrebbe essere superiore allo 0,5% del Pil nel biennio 2013-2014».