Le false dichiarazioni dei redditi dei gioiellieri

 Si tratta di un caso grave, soprattutto in tempi in cui si prova con tutti i mezzi necessari a combattere l’evasione fiscale.

Il lavoratore dipendente dichiara in media 20 mila euro lordi l’anno. Il gioielliere, il tassista e il titolare appaiono in media più poveri, al punto da non arrivare a 18 mila.

Il ministero dell‘Economia ha pubblicato le tabelle con le ultime dichiarazioni dei redditi, quelle esposte nel 2012, che inqueadrano gli stipendi e i guadagni del 2011.

Nessuno stravolgimento in confronto al passato, le sorprese ci sono ma sono sempre le stesse. Nel 2012 i propietari di bar hanno dichiarato in media 17.800 euro lordi, i gioiellieri 17.300, i tassisti 15.600. Va un po’ meglio per gli albergatori, che sforano di poco la soglia dei 18 mila ma restano sempre sotto la media del lavoratore dipendente.

Nel contempo, chi se la passa davvero male sono i parrucchieri, intorno ai 13 mila, i titolari di autosalone, di un pelo sopra i 10 mila, e soprattutto i proprietari degli istituti di bellezza, con 7.200 euro l’anno.

Ben più sotto rispetto alla soglia di povertà che nel 2011 era fissata a 1.011 euro netti al mese per una famiglia di due persone. Ma c’è chi sta ancora peggio ed è addirittura in perdita: i gestori di night club e discoteche hanno dichiarato in media una perdita di 1.300 euro, i pescatori di 1.400.

Soldi ai partiti: il passaggio dall’età tolemaica all’età copernicana

 Durante la conferenza stampa in cui ha spiegato l’iter per l‘abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, con una metafora, il ministro Quagliariello ha posto enfasi sulla portata della riforma promossa dal governo: si passa, ha ribadito, dall’età toleimaca all’età copernicana: “Da un finanziamento pubblico fornito a prescindere” si giungerà ad un finanziamento pubblico sottoposto a due condizioni: la volontà della scelta dei cittadini e il fatto che i partiti siano una struttura fondamentale della vita democratica, strumenti del funzionamento delle istituzioni.

Prima dell’accelerazione voluta dall’Esecutivo, come ha detto Quagliarello, c’era una ipocrisia diventata insopportabile. Da oggi in poi i partiti dovranno essere strumento della democrazia, fornire garanzia, adeguando i loro statuti, certificando i loro bilanci e sottoponendosi ad alune norme di trasparenza.

Tra gli aspetti innovativi ricordati da Quagliariello, il fatto che lo Stato «potrà erogare servizi invece che denari, spazi televisivi autogestiti, luoghi per i congressi, esenzioni per le bollette. Su questo punto il governo ha richiesto anche una delega per incentivare la fornitura di servizi ai partiti, ha precisato il ministro.

Boom di contrabbando di sigarette: +300% dall’inizio dell’anno

 Le sigarette contrabbandate che sono circolate in Italia a partire dal’inizio del 2013 sono il 9,6% del totale, il 300% in più rispetto al dato massimo registrato per il 2011.

► 700 milioni di euro in meno a causa delle sigarette elettroniche

Questa massa di sigarette che non provengono dai monopoli di stato sono, ovviamente, una grande perdita per l’Erario: se non 2011 il contrabbando ha portato ad una perdita di 420 milioni di euro, per il 2013 questo ammanco, se il dato del contrabbando non dovesse scendere, arriverebbe a 1,4 miliardi di euro.

A questi, poi, vanno aggiunti altri 400 milioni che si perderebbero lungo l’intera filiera produttiva delle bionde.

Domani, 31 maggio, si celebra la Giornata Mondiale senza Tabacco, una giornata durante la quale si invitano i fumatori a mettere da parte pacchetti e accendini, per capire come potrebbe essere il mondi se tutti smettessero di fumare.

► Le sigarette di contrabbando rubano un miliardo l’anno allo Stato

Il mondo sarebbe sicuramente diverso, sia per le persone che per il mercato in generale. Non esisterebbe il contrabbando delle sigarette, un mercato che ogni anno genera un volume di vendita pari a circa 660 miliardi di sigarette (se fosse legale sarebbe la terza azienda produttrice di derivati del tabacco), con un danno erariale, a livello europeo, si circa 12,5 miliardi di euro.

 

 

Quagliariello spiega il percorso per l’abolizione dei soldi ai partiti

 Ci ha pensato il ministro delle Riforme istituzionali, Gaetano Quagliariello, durante la conferenza stampa del pomeriggio ha spiegare il percorso che porterà all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

Si tratta di un finanziamento pubblico che dovrà essere abrogato, dal momento che sotto il termine dei rimborsi elettorali generava un vero e proprio finanziamento pubblico e quindi si basava su un’insopportabile ipocrisia.

Il secondo principio che ha stimolato il disegno di legge del governo, come dichiara Quagliarello, é che la democrazia ha un costo.

Le agevolazioni che sono previste dal Ddl, e soprattutto il meccanismo del due per mille, come ha spiegato il ministro, inizierà ad essere attivo dal 2016, quando i partiti potranno percepire quello che deriva da questo nuovo meccanismo.

Per tale motivo abbiamo previsto che dall’anno prossimo il finanziamento sarà ridotto del 40 per cento, il successivo del 50, l’anno dopo del 60. Non solo. I partiti, spiega ai giornalisti i ministri, devono avere uno statuto che garantisce alcuni criteri di democraticità». Tra le condizioni fissate dal ddl per l’accesso al nuovo sistema di finanzimento quella che «i bilanci dei partiti siano certificati.

L’abolizione dei soldi ai partiti sarà graduale

 L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti sarà progressivamente spalmata nell’arco temporale di tre anni: le risorse saranno diminuite al 60% il primo anno, al 50% il secondo anno e al 40% al terzo anno.

Successivamente, saranno abolite completamente. Sono queste le novità contemplate dal ddl varato oggi dal Consiglio dei ministri.

Dopo aver commentato il provvedimento al termine dell’incontro con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, il presidente del Consiglio Enrico Letta ha dichiarato di confidare “nel fatto che il Parlamento lo approvi rapidamente perché ne va della credibilità del sistema politico italiano di essere in grado di essere visto dai cittadini come un sistema che è in grado di convincerli a finanziarlo”.

Il ministro De Girolamo, intanto, ha fatto presente che c’è riserva su tutto

Che il percorso in Parlamento del provvedimento approvato dall’esecutivo possa essere complicato ne è convinta anche il ministro delle Politiche agricole che afferma che ancora nulla è deciso e tutto è da vedere. Il riferimento è ai tempi dell’abolizione dei fondi pubblici. In altri termini, sarà il Parlamento europeo a decidere.

Le finalità del bonus sulla casa

 A partire dalla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro per gli affari europei, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro della giustizia e con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è stato emanato il Decreto Legge che di fatto modifica decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192.

Finalità del ddl

Il nuovo decreto contempla la promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici tenendo in considerazione le condizioni locali e climatiche esterne, insieme alle prescrizioni inerenti al clima degli ambienti interni e all’efficacia sotto il profilo dei costi.

In secondo luogo, il nuovo decreto stabilisce e integra criteri, condizioni e modalità per:

1) migliorare le prestazioni energetiche degli edifici; 2) agevolare lo sviluppo, la valorizzazione e l’integrazione delle fonti rinnovabili negli

edifici;

3) sostenere la diversificazione energetica; d) promuovere la competitività dell’industria nazionale attraverso lo sviluppo

tecnologico;

4) coniugare le opportunità offerte dagli obiettivi di efficienza energetica con lo

sviluppo del settore delle costruzioni e dell’occupazione;

5) conseguire gli obiettivi nazionali in materia energetica e ambientale;

6) razionalizzare le procedure nazionali e territoriali per l’attuazione delle normative

energetiche al fine di ridurre i costi complessivi, per la pubblica amministrazione e per i

cittadini e per le imprese;

7) applicare in modo omogeneo e integrato la normativa su tutto il territorio

nazionale.

Italia in pole per il consolidamento dei conti pubblici

 Qualcosa di buon è stato fatto fino ad oggi. Altrimenti l’Ocse non avrebbe considerato l’Italia uno degli Stati europei piu’ virtuosi per quanto concerne il consolidamento dei conti pubblici.

In particolar modo se i conti si fanno sul lungo periodo. In virtù di una simulazione al 2030 riportata dall’Outlook semestrale dell’organizzazione, per raggiungere l’obiettivo di un debito al 60% del Pil a quella data il nostro Paese dovrebbe fare uno sforzo dello 0,4% del Pil medio annuo in confronto al sovraccarico primario segnato nel 2014.

La Spagna, volendo fare un paragone quantomai calzante, dovrebbe fare uno sforzo del 2,5%; la Francia del 2,4%, l’area euro dell’1,1% in media e gli Usa del 4%.

In altri termini, come commenta il il capo-economista dell’Ocse Pier Carlo Padoan, “l’Italia e’ tra i Paesi che hanno fatto piu’ progressi nell’aggiustamento fiscale. Ha fatto cose che permettono di raggiungere la stabilizzazione del debito molto presto e poi di iniziare a ridurlo”.

Ma c’è di più: il rapporto dell‘Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico contempla anche che l’Italia, malgrado abbia uno dei debiti pubblici più alti dell’area vanta livelli di debito privati tra i più bassi, pari al 75% del reddito disponibile lordo contro il 121,3% della media Ocse.

Un dato, quest’ultimo, che risente tra le altre cose dell’impatto della crisi, come mostra il netto aumento rispetto al 41,7% del 2000.

Nello scenario di lungo termine l’Outlook segnala d’altro canto che a politiche invariate la crescita della Penisola è destinata a rimanere di poco conto nei prossimi anni (+0,3% nel 2012-2017 in media, uno dei dati minori dell’Ocse).

L’accelerazione avverrà in seguito, con un +2% nel 2018-2030.

Italia fuori dalla procedura Ue per i disavanzi

 Un primo, buon, risultato del lavoro svolto negli ultimi anni. La Commissione dell’Unione europea ha chiesto al Consiglio di depennare la procedura riguardante i disavanzi eccessivi con effetto immediato per cinque Stati membri. Si tratta di Lettonia, Ungheria, Romania, Lituania e Italia. Ci siamo anche noi.

A dare la conferma ufficiale è una nota diffusa in Parlamento europeo che ha preceduto la conferenza stampa del Presidente José Manuel Barroso.

La prassi riguardante i disavanzi eccessivi nei confronti del nostro Paese era iniziata quattro anni fa. ‘Colpa’ di un Prodotto interno lordo al 5,5%. Mai così eccessivo.

Anno dopo anno, giorno dopo giorno, il gap è stato ridotto sempre di più fino ad essere portato al 3,0%. Un risultato, quest’ultimo, raggiunto nel 2012 entro i tempi fissati dal Consiglio.

La nota comunica che “Secondo il programma di stabilità 2013-2017, adottato dal governo italiano il 10 aprile 2013 e approvato dal Parlamento italiano il 7 maggio, nel 2013 il disavanzo registrerà una leggera diminuzione al 2,9% del Pil, per poi scendere all’1,8% del Pil nel 2014”.

Nel caso in cui le politiche rimarranno le stesse, le previsioni di primavera 2013 dei servizi europei segnalano un disavanzo del 2,9% del Pil nel 2013 e del 2,5% del Pil nel 2014.

Si tratta, pertanto, di un valore inferiore al valore di riferimento contemplato nel trattato (che è pari al 3% del Pil).

Da oggi in poi

Naturalmente, per la Penisola la strada da seguire è ancora lunga. I cinque Paesi promossi, a detta di Barroso, devono continuare a consolidare il bilancio dopo l’uscita dalla procedura. Nel contempo, è necessario che intensifichino gli sforzi sulle riforme strutturali per la competitività.

All’Italia, in particolar modo, è richiesto da Bruxelles di ‘aggiustare’ i conti per centrare il pareggio di bilancio strutturale dal 2014.

Bonus Case: i dettagli dell’operazione

Il Consiglio dei ministri ha dato l’ok alla proroga dei bonus fiscali per le ristrutturazioni (50%) e gli interventi per il risparmio energetico. Ecco tutti i dettagli dell’operazione.

Gli interventi riguardanti ristrutturazioni con sconti al 50% attivati negli ultimi sei mesi sono stati 481.500 per un valore totale di 8,2 miliardi. Così il Ministro Lupi “Stimiamo che l’impatto sulla filiera del mobile» derivante dall’estensione del bonus all’arredamento possa «essere di due miliardi nei prossimi sei mesi”.

La proroga degli incentivi ha un valore di 200 milioni all’anno per dieci anni. Lo ha dichiarato Fabrizio Saccomanni.

Il Ministro dell’Economia ha spiegato anche il modo in cui verranno coperte le spese. Una parte dei fondi verrà trovata innalzando l’Iva dal 4% al 21% sui prodotti non editoriali veicolati insieme ai prodotti editoriali, a partire dal 2014. Da qui arriverranno circa 125 milioni all’anno, mentre altri 104 milioni all’anno giungeranno dall’aumento dell’Iva, dal 4% al 10%, sulla vendita di cibi e bevande tramite distributori automatici. Non sono contemplati tra gli incentivi alcuni interventi di sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza ed impianti geotermici a bassa entalpia nonché delle spese per la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria».

Nel perimetro del bonus rimangono invece i soli interventi riferiti all’«involucro edilizio, interpretato come l’insieme e di «elementi e componenti integrati di un edificio che ne separano gli ambienti interni dall’ambiente esterno».

Energia: come funzionano gli sconti sulle ristrutturazioni

 Nell’ambito dell’aumento degli sconti fiscali per il risparmio energetico si parla di sconti sulle ristrutturazioni. Ma come funzionano?

Per quanto riguarda questo preciso frangente, la misura del bonus rimane al 50% con una proroga sino al 31 dicembre 2013. In altri termini si tratta di altri sei mesi di interventi agevolati con tetto massimo di 96mila euro.

Non siamo dunque davanti ad una semplice proroga. A sottolinearlo è il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi. La novità principale concerne l’estensione degli sgravi anche all’arredamento. Chi ristrutturerà casa disporrà di un bonus aggiuntivo di 10mila euro (in confronto agli ordinari di 96mila euro) da spendere per l’acquisto di mobili riguardanti l’appartamento da ristrutturare.

La somma di diecimila euro si configura come “l’imponibile” complessivo sul quale si calcola la detrazione del 50%. In pratica, in altri termini, viene concesso uno sgravio massimo di 5.000 euro, da dilazionare poi in dieci quote annuali.

Lupi ha poi messo in evidenza anche la conferma della possibilità di usare gli incentivi del 50% anche per l’adeguamento antisismico degli edifici (“una priorità del Governo”), estesi dal Dl 174/2012 anche ai soggetti colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, compresi gli stabilimenti produttivi.