Consumi alimentari: si torna indietro di venti anni

 Qual è il primo effetto della crisi? L’abbassamento del potere d’acquisto delle famiglie e, di conseguenza, il crollo dei consumi.

► Per Coldiretti l’aumento IVA potrebbe ricadere sui consumi di vino

E’ l’andamento dell’economia e succede ovunque ci sia una situazione come quella che stiamo vivendo in Italia. Prima cadono i consumi non necessari, poi la spesa si riduce per tutte le merci, fino a toccare gli alimentari, il comparto che solitamente resiste più a lungo.

Secondo i dati dell’Istat in Italia siamo in questa fase e la spesa degli italiani per il comparto “alimentare e bevande non alcoliche” si è talmente ridotta da essere inferiore a quella registrata nel 1992. Venti anni fa per questi generi si sono spesi circa 117,6 miliardi, nel 2012 l’ammontare della spesa alimentare italiana è arrivata a 117 miliardi di euro, con una contrazione pari allo -0,5%.

Colpa della crisi. Infatti, nel 2007, l’ultimo anno prima della contrazione mondiale dell’economia, i consumi degli italiani per il settore alimentare sono stati di 129,5 miliardi di euro (+ 10,1% rispetto al 1992).

► Grazie alla Pasqua la ripresa dei consumi

Il settore alimentare è secondo solo a quello di “abitazioni, combustibili ed energia” in quanto a ammontare di spesa. La spesa totale per il 2012 in questi due comparti è stata di 833,7 miliardi di euro, con un incremento del 15,4% rispetto al 1992, dovuto, in larga misura, all’aumento del costo delle tariffe.

Nessun aumento per i ticket sanitari?

 L’aumento dei ticket sanitari è previsto per il 2014. Un incremento di circa 2 miliardi di euro che andrebbe a pesare sulle tasche dei cittadini, che, anche a detta degli stessi interessati, sarebbe insostenibile.

► La crisi mette in ginocchio la Sanità

Per questo il Governo, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e quello dell’Economia Fabrizio Saccomanni si sono messi all’opera per cercare di evitare questo salasso, anche in vista dei risparmi di spesa già effettuati con le prime manovre del Governo Letta.

A quanto si è appreso fino adesso i lavori per evitare l’aumento dei ticket sanitari per il 2014 sarebbe già ad uno stadio avanzato dei lavori e, questo passo indietro, sarebbe compensato con i risparmi di spesa già realizzati nel corso del 2012, indicati nel Documento di programmazione economica.

► Debiti delle Pubbliche Amministrazioni: il Decreto attuativo in 10 punti

Dello stesso accordo anche Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, che ha chiesto, inoltre, al Governo Letta di ripristinare il Patto per la Salute, scaduto da tempo, ma solo a patto che le misure introdotte siano sostenibili per i cittadini. Un proposito, questo, che al momento mette d’accordo tutte le istituzioni.

Operazione trasparenza del Governo: dove sono i redditi dei ministri?

 La politica sta tagliando i suoi costi: un dovere nei confronti dei cittadini che sono ancora preda di una crisi che non sembra voler finire e che sta abbattendo consumi e risparmio.

► La Camera taglia spese per 8,5 milioni di euro

I politici, che da questa crisi dovrebbero tirarci fuori, hanno dalla loro parte degli stipendi di tutto rispetto per il lavoro che fanno che, per effetto della legge anticorruzione (legge n.190 del 2012), del decreto legge n. 33 di marzo scorso (entrato in vigore il 20 aprile scorso con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) e di quanto fatto da Mario Monti – i cui ministri avevano l’obbligo di pubblicare online la situazione patrimoniale del proprio Esecutivo – dovrebbero rendere pubblici l’importo dei loro emolumenti.

Se anche non si volesse seguire l’esempio dato dall’ex premier Monti, c’è il Dlgs 33/2013 a imporlo: secondo il decreto, infatti, tutte le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare online, in una apposita sezione del loro sito, informazioni sulla situazione economica dell’amministrazione stessa e di chi ricopre degli incarichi al suo interno (compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica, dichiarazioni dei redditi e situazione patrimoniale anche per il coniuge e ai parenti entro il secondo grado).

► Abrogati gli stipendi da ministro

Al momento i siti dei Ministeri tacciono. Nessun ministro, segretario, sottosegretario e via dicendo ha pubblicato nulla a riguardo. C’è da sottolineare, comunque, che il tempo previsto dal decreto per l’aggiornamento è di tre mesi, uno dei quali, però, è già passato.

 

La Camera taglia spese per 8,5 milioni di euro

 Ha iniziato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a tagliare i costi del mantenimento della sua sede e di tutto ciò che ne compete: due misure di contenimento che porteranno ad un risparmio di circa 10 milioni di euro per i prossimi tre anni, ai quali si affianca la rinuncia all’adeguamento del fabbisogno di bilancio all’inflazione.

► Napolitano tagli ancora le spese del Quirinale

Ora arriva anche la Camera dei Deputati, con un doppio passo che mira a ristabilire la credibilità dei politici e della struttura amministrativa e gestionale del governo.

In primo luogo, infatti, tutti i cittadini potranno consultare i bilanci della Camera – sezione «Spese e trasparenza» del sito di Montecitorio – e i documenti relativi ai bandi di gara, le spese per i vari lavori, la retribuzione del personale e gli emolumenti corrisposti ai deputati.

Ma non solo. Infatti l’Ufficio di presidenza della Camera ha già approvato tagli ai costi per circa 8,5 milioni di euro. Una cifra piuttosto alta – il 2,6% in più rispetto a quanto previsto dai tagli approvati dalla precedente legislatura – che arriveranno dal taglio di 3 milioni all’anno al fondo attribuito ai gruppi parlamentari e di altri 5,5 milioni di euro che saranno risparmiati sugli appartamenti di servizio per il presidente della Camera, per i vicepresidenti e per i questori, dalla riduzione del 30% delle indennità di carica, dal taglio del 25% della spesa per il personale di segreteria, dalla soppressione dei fondi di rappresentanza singoli e dal dimezzamento del fondo generale di rappresentanza.

► Verso l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti

Tagliate anche le spese per le auto blu. La dotazione monetaria a disposizione della Camera si ridurrà, con questi provvedimenti, di 150 milioni di euro in 3 anni.

 

Per Coldiretti l’aumento IVA potrebbe ricadere sui consumi di vino

 Dovrebbe scattare il prossimo primo luglio l’ incremento dell’ aliquota IVA, la quale passerà, per effetto di una misura del Governo Monti, dall’ attuale 21% al  futuro 22%. A meno che, ovviamente, il Governo Letta non decida di rinunciare in extremis al provvedimento: reperendo, tuttavia, le necessarie coperture.

Servono tre miliardi per evitare l’aumento dell’Iva

Da alcuni giorni a questa parte, quindi, si susseguono gli allarmi lanciati dalle diverse componenti del mondo produttivo italiano, che teme dalla revisione dell’ imposta un ulteriore effetto di depressione dei consumi.

> L’aumento dell’IVA peserà sulle famiglie più numerose

Tra queste voci spicca oggi quella di Coldiretti, che, dalla manifestazione Cantine Aperte, sottolinea i possibili effetti negativi dell’ aumento dell’ aliquota dell’ IVA sui consumi del vino in Italia.  Consumi che, nel primo trimestre del 2013 hanno già subito una drastica riduzione del 7%.

Ma il dato, in realtà, conferma una tendenza di più lungo periodo che ha caratterizzato il mercato interno italiano. Nel giro degli ultimi 10 anni, infatti, il consumo di vino da parte degli italiani si è ridotto di circa il 25%, cosa che ha ridotto gli stessi ad un totale di soli 22,6 milioni di ettolitri.

A fianco a questa riduzione interna, tuttavia, ha tenuto diversamente bene il settore dell’ export, di cui hanno beneficiato Paesi come la Cina e la Germania che hanno incrementato i loro consumi di vino Made in Italy.

Gli otto miliardi della fine della procedure di deficit devono andare alle imprese

 L’Unione Europea ha deciso di chiudere la procedura di infrazione aperta contro l’Italia per deficit eccessivo. Ancora la decisione non è ufficiale – arriverà solo per il 29 maggio – ma, a meno di grandi rivolgimenti in questi due giorni, la procedura sarà chiusa.

► Verso la chiusura della procedura di infrazione per deficit eccessivo

Il beneficio che ne trarrà l’Italia in termini economici è la liberazione di circa otto miliardi di euro che non saranno più bloccati al fine di mantenere stabile il livello del debito pubblico del paese. Cosa ci si può fare con queste nuove risorse?

Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, ha le idee molto chiare e le ha espresse poche ore fa di fronte all’assemblea degli industriali di Varese: questi soldi devono essere dati alle imprese, come rinforzo allo sblocco dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione.

I debiti che la pubblica amministrazione ha accumulato nei confronti delle imprese, infatti, ammontano a circa 130/140 miliardi di euro: tutti soldi che non devono essere considerati come sovvenzioni, ma sono il risultato di servizi, prodotti e forniture fatte allo Stato dalle imprese e dai professionisti italiani che lo Stato ha l’obbligo di restituire.

► Banche tornano in utile, ma non concedono prestiti a imprese e famiglie

E questo passo è fondamentale soprattutto in questo periodo che lo stesso Squinzi definisce di credit crunch: le banche non concedono prestiti e il minimo che lo Stato possa fare per le sue imprese è garantire la liquidità per gli investimenti e la produzione.

Fiat-Chrysler, un affaire da venti miliardi di dollari

 L’operazione con la quale Fiat vuole acquistare il controllo totale di Chrysler ammonterebbe a 20 miliardi di dollari.

Poco meno dei 23 miliardi di dollari con i quali General Motors nel 2010 è sbarcata in Borsa.

L’indiscrezione proviene dal Wall Street Journal, che ha quantificato la “mossa” del Ceo del lingotto Sergio Marchionne per acquistare il controllo del 100% di Chrysler e per quotare in Borsa la società che nascerà dal legame con Fiat.

La richiesta di finanziamento

Senza dubbio, per il giornale, si tratta di un affare “complicato”. Per portarlo a termine Fiat si è rivolta a Goldman Sachs, Bank of America, Deutsche Bank e ad altri istituti per una potenziale richiesta di credito.

Marchionne e Fiat puntano a permettere al Lingotto di possedere “il totale controllo della casa automobilistica americana e a quotare i titoli su un listino americano, una manovra che probabilmente includerà una complicata reazione a catena che potrebbe significare più di 20 miliardi di dollari di accordi”.

Per il Wsj si tratta di una cifra grande quasi quanto i 23 miliardi di dollari dello sbarco in Borsa di General Motors di tre anni fa.

Marchionne vuole puntare ad un’ipo della società Fiat-Chrysler che possa alimentare il bilancio della casa torinese.

L’aumento dell’IVA peserà sulle famiglie più numerose

 Gli effetti della revisione dell’ aliquota dell’ IVA, che a partire dal prossimo primo luglio, come abbiamo più volte anticipato, passerà dal 21 al 22%, tenderanno a ricadere sulle spalle delle famiglie meno abbienti e più numerose.

Servono tre miliardi per evitare l’aumento dell’Iva

Lo affermano, dopo accurati studi, gli analisti dell Cgia di Mestre, che hanno calcolato che l’ incremento dell’ aliquota inciderà sui nuclei familiari che constano di più individui in maniera inversamente proporzionale al reddito.

Confesercenti lancia l’allarme sull’Iva

Insomma, secondo i calcoli della Cgia, che ha preso in considerazione tre nuclei familiari – tipo e sette livelli retributivi,  a soffrire saranno soprattutto le retribuzioni più basse e le famiglie più numerose: ragione per cui l’ innalzamento dell’ aliquota andrebbe a tutti i costi scongiurato, proprio per non creare una ulteriore emergenza sociale.

Andando più nello specifico, invece, per i nuclei familiari composti da single, l’ incremento peserà maggiormente sulle fasce meno abbienti, con un aggravio annuale fino a 99 euro.

Per un nucleo familiare composto da un lavoratore dipendente con moglie e figlio a carico si avranno spese in più per altri 113 euro l’ anno, mentre nella stessa situazione, ma con 2 figli a carico, si arriva fino a 120 euro l’anno in più.

Banche tornano in utile, ma non concedono prestiti a imprese e famiglie

La buona notizia è che le banche sono nuovamente in utile. La cattiva notizia è che il credito alle famiglie e alle imprese si sta riducendo visibilmente.

A sostenere questa tesi è Prometeia, che in uno studio ha registrato un utile di 2,4 miliardi da qui fino a fine anno. Un utile che salirà di ulteriori 21 miliardi entro il 2015.

Nel contempo, è previsto un calo delle emissioni di prestiti connesso all’incremento di partite deteriorate e di rettifiche a bilancio consequenziali.

In altri termini, come spiega il Vicepresidente di Prometeia Giuseppe Lusignani, “Al netto della componente sofferenze il credito alle famiglie e alle imprese diminuirà anche durante quest’anno (del -1,9%) e tornerà a crescere soltantoo nei due anni successivi (+2% nel 2015)”.

In ogni caso, nonostante la parziale ripresa Lusignani sostiene che “Le banche non saranno più nelle condizioni di finanziare completamente il fabbisogno di credito delle imprese, che dovranno dunque rivolgersi al mercato dei capitali e anche a quello del debito”.

Il panorama, tuttavia, secondo a una ricerca condotta su un campione di 1.600 Pmi italiane dall’istituto Gugliemo Tagliacarne per conto dello studio Lexjus Sinacta, non è temuto più di tanto dalle aziende.

Il 58,3% delle Pmi che hanno partecipato al sondaggio di Prometeia nell’ultimo hanno non ha avuto particolari problemi dal punto di vista finanziario con le banche. Gran parte di queste Piccole e Medie imprese sta mantenendo stabile la propria base occupazionale.

Ottimismo o rassegnazione?

Certo è che soltanto una minima parte delle aziende investirà quest’anno, e molte hanno smesso di fare ricorso alle banche per richiesta di prestiti.

Inoltre, certo è che solo il 30/33% delle Pmi ha ottenuto una parziale risposta positiva alla propria richiesta di credito.

Gli istituti, del resto, si trovano secondo Prometeia, a dover fronteggiare le partite deteriorate, che sono salite dal 5,1% dei crediti lordi del 2008 al 13,3% del 2012.

 

Confindustria lancia l’allarme sulla disoccupazione giovanile

 Dopo le parole accorate del presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, anche il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi lancia l’ allarme sulla disoccupazione giovanile e sul problema dell’ occupazione in Italia.

> Draghi parla della disoccupazione giovanile

Al Convegno dell’ Osservatorio permanente giovani – editori, infatti, il presidente di Confindustria ha sottolineato la gravità della situazione italiana, definendola “disperata“, poiché la perdurane mancanza di impiego tra i giovani rischia di far perdere al Paese una o due generazioni.

La Germania lotta contro la disoccupazione giovanile

Per evitare ciò l’ Italia ha quindi bisogno di promuovere politiche che incentivino l’ entrata dei giovani nel mondo del lavoro, che non deve rimanere ancorato all’ idea della sola flessibilità in uscita. Una soluzione potrebbe allora essere l’ apprendistato, che in altre nazioni europee, come la Germania, riesce a dare risultati importanti in termini di occupazione.

Il mondo del lavoro italiano, tuttavia, al momento non ha solo bisogno di  flessibilità, ma anche di posti di lavoro fisso o a tutto campo, che sostituiscano quelli – troppo numerosi – a tempo determinato, in vista di una maggiore competitività delle imprese italiane.

Alla luce di questa competizione globale, di conseguenza, ha aggiunto Squinzi, è necessario che aziende e sindacati dei lavoratori remino nella stessa direzione, così come sotto il Governo Letta si è già iniziato a fare.