L’IMU sarà sospesa a giugno e alleggerita

 Una delle questioni più importanti e scottanti che il nuovo Governo Letta si trova per prima cosa ad affrontare è costituita dalla faccenda IMU, la cui esigibilità e modalità di riscossione sono appunto oggetto di revisione in questi giorni.

> L’agenda di Letta: stop all’Imu e all’Iva, lavoro al primo posto

Il nuovo Ministro degli Affari regionali Graziano Delrio è quindi intervenuto questa mattina sul tema dell’ IMU per fare alcune precisazioni durante l’incontro con i cronisti al Senato.

Soluzioni IMU per il governo Letta

Il Ministro ha affermato dunque che l’IMU sarà sospesa per quanto riguarda la rata di giugno e che il governo si assumerà l’impegno di alleggerirla soprattutto per i meno abbienti. Il Governo lavorerà quindi su questo tema insieme al Parlamento ma al momento non è possibile conoscere quale sarà il punto di approdo dell’ intera vicenda.

Le dichiarazioni di Delrio sono da leggersi come una spiegazione ulteriore a quanto già affermato lunedì dal Presidente del Consiglio Enrico Letta a Montecitorio, ma vogliono anche essere una risposta alle precedenti dichiarazioni rilasciate sull’ IMU da Dario Franceschini, neo Ministro per i rapporti con il Parlamento.

Franceschini aveva infatti affermato che l’ IMU non sarebbe stata tolta e che ci sarebbe stata una proroga per la rata di Giugno, ma i comuni avrebbero avuto un problema di cassa.

Come si blocca un pagamento con carta di credito

 Quando si effettuano acquisti con la carta di credito può succedere di incappare in alcuni sbagli con l’operazione e dunque di essere costretti poi a correre ai ripari cercando di impedire l’invio del denaro, annullando il pagamento medesimo.

Appare dunque opportuno comprendere e memorizzare bene i passaggi necessari al blocco (annullamento) di un pagamento con carta di credito. Si tratta di un’operazione fondamentale, dal momento in cui ci si trova ad aver commesso alcuni errori. Prima di impanicarsi, pensare che non vi siano soluzioni e perdere un’ingente somma di denaro ingiustamente, si pensi che bloccare il pagamento effettuato con una carta di credito è un’operazione tutt’altro che complicata. Si tratta di una prassi che necessita di un minimo di pazienza. Ai meno esperti basterà solo leggere con attenzione le seguenti righe, al fine di saperne di più.

Come si fa?

Si tratta di un’operazione molto semplice. Una procedura che viene indicata e agevolata proprio dalle stesse società o dalle banche, che hanno tutto l’interesse per rendere facile questo procedimento.

Blocco del pagamento via web o per via telefonica

I canali da utilizzare al fine di bloccare l’invio dei soldi sono solitamente due: si può formulare una richiesta su internet, oppure si può utilizzare il numero messo a disposizione dalla società che ha emesso la carta.

Al fine di bloccare un pagamento effettuato con una carta di credito occorrerà per prima cosa individuare l’azienda interessata. L’azienda in questione sarà raggiungibile mediante un proprio sito internet o, in alternativa, presso un numero telefonico. In entrambi i casi, per annullare il pagamento, sarò necessario fornire tutte le informazioni inerenti alla carta di credito e al titolare della stessa. Nel caso in cui si proceda all’operazione sul web, sarà necessario compilare l’apposito form inserendo il numero della carta di credito, il proprio nome e cognome, e ovviamente il numero di fatturazione relativo al pagamento che si intende fermare.

Inseriti tutti i dati richiesti non resta che fare click su “annulla un pagamento”. Nel contempo verrà richiesto al titolare della carta anche il motivo dell’annullamento. L’alternativa al sito internet è quella di telefonare al numero fornito dall’azienda che ha emesso la carta di credito. Molte volte si parlerà con un assistente di un call center o con un servizio assistenza per cui potrebbe capitare di attendere moltissimo tempo prima che la chiamata venga inoltrata a chi di dovere (presa in carico). Per bloccare il pagamento è necessario parlare con un operatore a cui bisognerà fornire tutti i dati che verranno richiesti.

Consigli: controllare in maniera frequente il saldo

Naturalmente, come in ogni cosa, “prevenire è sempre meglio che curare”. Mai come in questo caso sono fondamentali alcuni consigli. Al fine di evitare spiacevoli sorprese e riuscire in caso di inconvenienti a bloccare a tempo un qualsiasi pagamento effettuato con la carta di credito, è importante infatti controllare con una certa frequenza il saldo della carta e soprattutto le operazioni effettuate. Una verifica necessaria che farà stare più sereni i possessori di una carta di credito.

Ma come si controlla il saldo? Ciò lo si può fare tranquillamente su internet (inserendo l’apposito token in dotazione) o presso qualsiasi sportello bancario inserendo la carta di credito.

Bloccare la carta di credito per via telefonica

Il telefono si configura anche come lo strumento principale necessario in caso di furto o di smarrimento della carta di credito. In questi casi, tuttavia, non è sufficiente bloccare un pagamento. Occorre, infatti, bloccare proprio la carta impedendo a chi ne entri in possesso di compiere qualsiasi tipo di operazione con i nostri soldi.

In questo caso sarà necessario chiamare prontamente il numero verde indicato sul contratto.

 

Come si contesta una multa

E’ notorio che la violazione del codice stradale implichi determinate sanzioni. Sanzioni disciplinari che, naturalmente, devono essere pagate. Alcune volte, tuttavia, le multe possono essere considerate ingiuste per via di alcuni vizi presenti all’interno della loro formulazione o per delle condizioni che non corrispondono perfettamente a fatti realmente accaduti.

In questo caso appare opportuno comprendere in che maniera è possibile contestare una multa. Ecco quali sono i passaggi da seguire per avviare una procedura di contestazione.

Una multa, il più delle volte, si configura come una “sorpresa” inaspettata che si trova nella propria buca delle lettere. Appena la si legge, si cerca di ricordare il momento esatto in cui si è commessa l’infrazione. Si prova a far mente locale per comprendere cosa si stava facendo, dove ci si trovava, perché ci si trovava lì. Molte volte capita che in realtà, la multa ricevuta non sia veritiera o non sia giusta.

Informazioni e dati riportati sulla multa

Le prime cose che vanno controllate quando si riceve questa spiacevole sanzione amministrativa, sono le informazioni e i dati riportati su di essa. Questi ultimi devono essere formalmente corretti e precisi, dal momento che un minimo errore potrebbe implicare l’effettivo annullamento della sanzione. Inoltre la multa non deve essere ricevuta oltre i novanta giorni a partre dal giorno della sua emissione, altrimenti anche questa sarebbe una causa lecita per formalizzare l’avvio del ricorso.

Avvio della procedura di ricorso

Quando si decide di avviare la procedura di ricorso, è possibile decidere se rivolgersi al Prefetto o al Giudice di Pace. Il ricorso può essere avviato entro i successivi sessanta giorni dal momento della ricezione della multa ed è opportuno tenere in considerazione questo termine massimo.

Documenti da presentare

Se si decide di operare il ricorso presso il Prefetto, bisognerà presentare la domanda in carta semplice, la copia del verbale di accertamento e tutta la documentazione utile. La documentazione può essere consegnata a mano oppure mediante una raccomandata con ricevuta di ritorno al Comando di Polizia Municipale o alla Prefettura del capoluogo di provincia d’interesse. Quando si inizia tale procedura, dal momento che passerà del tempo per sapere l’esito del ricorso, occorrà chiedere espressamente la sospensione del provvedimento. Se cosi non dovesse essere, le tempistiche delle scadenze per il pagamento non verranno sospese e si potrebbe incorrere in una multa più elevata.

Valutazione del ricorso da parte del prefetto

Nel momento in cui il Prefetto si troverà il ricorso dinanzi ai propri occhi e lo valuterà nei minimi dettagli, esso verrà respinto nel caso in cui sarà emessa un’ordinanza di pagamento che equivale al doppio della multa contestata.

Ricorso accettato: le condizoni

Il ricorso verrà accettato se entro i successivi 210 o 180 giorni non verrà emessa nessuna ordinanza di pagamento.

Avvio della procedura di ricorso presso il Giudice di Pace

Se si decide di operare il ricorso presso il Giudice di Pace ci si dovrà recare presso la Sede territoriale competente in base al luogo in cui è stata commessa la violazione del codice della strada. Anche in questo caso, così come avviene per il Prefetto, dovrà essere presentata la domanda, la copia del verbale e la documentazione attinente a mano, mediante una raccomandata oppure online nella sezione apposita del tribunale.

Diversamente dal Prefetto, qualora il ricorso non dovesse essere accettato, in questo caso potrà essere formulato un ulteriore appello ma sarà necessario rivolgersi ad un avvocato.

Inoltre il ricorso al Giudice di Pace provocherà il pagamento di trentasette euro e sarò richiesta la presenza della persona che presenta la domanda durante l’udienza decisiva per la contestazione della multa.

 

Risoluzione anticipata del contratto di locazione

Nel caso in cui si sia stipulato un contratto di affitto ma si ha la necessità di risolvere questo contratto prima della sua scadenza naturale, e cioè prima della scadenza stabilita nel contratto medesimo, vi sono degli importanti adempimenti che devono essere svolti sia dal locatore che dal conduttore al fine di evitare successivi grattacapi.

In primo luogo è opportuno ricordare che sia il locatore sia il conduttore sono tenuti a comunicare la loro volontà di recedere anticipatamente dal contratto di locazione sei mesi prima, o comunque nel termine stabilito nel contratto stesso, della data in cui si intende lasciare l’appartamento se la risoluzione è chiesta dal conduttore o prima della data in cui si intende riavere l’appartamento, se la risoluzione è chiesta dal locatore. Entrambi, locatore e conduttore, sono tenuti a comunicare la loro decisione attraverso una raccomandata con ricevuta di ritorno.

Per legge il conduttore è tenuto a versare il pigione pattuito fino all’ultimo mese, le eventuali cauzioni che sono state versate all’inizio della locazione non possono essere considerate pigioni da scalare (come invece spesso avviene), dal momento che lo scopo della cauzione è ben diverso. In altri termini, alla scadenza della locazione, il locatore visita l’appartamento locato al fine di verificare se ci sono stati eventuali danni, se riscontra dei danni potrà trattenere la cauzione, altrimenti la restituirà al conduttore.

Infine è opportuno ricordare che deve essere effettuata una pratica burocratica presso l’ufficio delle imposte: bisogna riempire un apposito modello F23, e pagare entro 30 giorni dal termine della locazione un’imposta di importo fisso di 67 Euro. Naturalmente, il pagamento sarà dovuto da chi recede dal contratto. Bisogna presentare all’agenzia delle entrate competente la ricevuta di tale pagamento.

A questo punto occorre anche ricordare che si tratta di passaggi fondamentali al fine di evitare di pagare le imposte di registro per le successive annualità, dal momento che l’appartamento, in mancanza del pagamento di questa imposta fissa e della presentazione all’agenzia delle entrate, proseguirà e continuerà ad essere ritenuto locato, ed è importante per il proprietario che eviterà di pagare le imposte sul mancato reddito derivante dal canone di locazione.

Occorre ricordarsi infine di comunicare la cessazione della locazione, portando copia firmata della cessazione di locazione, anche all’ufficio tarsu, altrimenti anche questa imposta continuerà ad essere inviata al conduttore.

Comunicazione della risoluzione del contratto di locazione

La risoluzione del contratto di locazione può avvenire in maniera naturale, facendo scadere gli anni previsti dal contratto stesso e liberando l’immobile, oppure può essere effettuata in maniera anticipata. Nel primo caso non è necessaria una procedura particolare, dal momento che come abbiamo detto, il contratto si risolve naturalmente nel corso del tempo. Nel secondo caso è opportuno seguire delle istruzioni precise al fine di comunicare la risoluzione del contratto di locazione. Ecco quali sono le istruzioni da comunicare.

Vi sono in primis alcune motivazioni che possono non far rispettare la naturale scadenza del contratto. Motivazioni che possono essere di diverso tipo. La legge prevede che una risoluzione possa essere anticipata in rapporto al termine solo nel caso in cui ricorrano dei gravi motivi, nel caso in cui le motivazioni in questione non siano state previste nel contratto.

Restrizioni e agevolazioni per l’inquilino

L’inquilino ha maggiori possibilità di vedere risolversi il contratto all’occorrenza dal momento che le restrizioni che colpiscono il proprietario dell’immobile sono maggiori. La legge agevola e tutela in particolar modo l’inquilino.

La risoluzione del contratto può essere effettuata soltanto quando si raggiunge un accordo tra le parti, quindi quando c’è consenso da ambo i lati, o quando ricorrano le cause previste dalla legge. Nel momento in cui il conduttore decida di recedere dal contratto, costui deve inviare un preavviso al locatore mediante una raccomandata con ricevuta di ritorno almeno con sei mesi di anticipo o tre mesi nel caso in cui si sia contratto un vincolo transitorio.

La lettera di preavviso deve essere chiara in ogni sua parte mettendo in risalto la volontà e l’intenzione di recedere anticipatamente e di riconsegnare l’immobile nel mese previsto.

Quando il locatore riceve una comunicazione di risoluzione anticipata del contratto o egli stesso, prendendo accordi con il conduttore decide di risolvere il vincolo, deve attenersi ad una procedura prevista per questo caso.

Comunicazione al Fisco

Il proprietario dell’immobile deve comunicare la cessazione del contratto al Fisco attraverso il pagamento dell’imposta di registro con il modello F23. Quest’ultimo deve contenere le generalità del proprietario e del conduttore e il codice di tributo corrispondente al tipo di locazione.

Sia che il contratto venga risolto anticipatamente che naturalmente, la comunicazione di scadenza del contratto deve sempre essere comunicata in anticipo. Dopo aver visto nello specifico cosa fare nei due diversi casi, dunque, se ci si dovesse trovare in una situazione del genere sarà molto più facile capire come fare.

Come si compila un vaglia postale

Un’operazione apparentemente semplice, ma in realtà ricca di passaggi da seguire alla lettera al fine di non commettere errori di nessun tipo. Il vaglia postale è uno strumento che può essere declinato in ben quattro tipologie differenti. In primo luogo è necessario descrivere queste tipologie, in maniera tale da comprendere quale è la più adatta per l’operazione che si intende compiere. Le quattro tipologie di vaglia postale sono le seguenti:

– vaglia postale ordinario: è lo strumento più semplice ed è utilizzato in tutta Italia. Esso permette di inviare denaro pur non essendo titolari di conto corrente o deposito bancario;

vaglia postale circolare: è la seconda tipologia, anche essa molto usata.

vaglia postale veloce: si tratta di una procedura che permette di accelerare i pagamenti;

vaglia postale internazionale: la quarta e ultima tipologia è utile in quanto consente di inviare denaro in tutto il mondo.

Dopo aver descritto brevemente tutte e quattro le tipologie appare opportuno comprendere come si compila a tutti gli effetti un vaglia postale in maniera ottimale e semplice.

Al fine di effettuare un vaglia postale sarà obbligatorio recarsi presso un ufficio postale, oppure avvalarsi del servizio online presente nel sito delle poste italiane.

Il vaglia postale di tipo ordinario ha conservato, in base alle nuove norme in vigore in merito alle normative antiriciclaggio, il limite massimo di valore per operazione a 2.582,28 euro. Non è dunque possibile trasferire una cifra superiore tramite questo strumento.

Servizio online

Il servizio online è fruibile esclusivamente ai possessori di BancoPosta Online o BancoPosta Click.

Recapito del vaglia postale

Successivamente a tre o quattro giorni dalla data di emissione, il vaglia postale ordinario viene recapitato al beneficiario mediante il classico servizio di portalettere; in seguito, potrà essere riscosso dal titolare, o versato su qualsiasi conto corrente bancario o postale, presso qualsiasi ufficio postale. Basterà soltanto esibire un documento valido di riconoscimento. I vaglia postale di tipo veloce, sono recapitati in giornata.

Costi del vaglia postale

I costi del vaglia postale sono variabili: si va dai 2,50 euro per un vaglia emesso attraverso Banco Posta online, fino ai 6,00 euro per un vaglia postale emesso allo sportello anche se in contrassegno. Le commissioni sono a carico del mittente, mentre risultano totalmente gratuite per il beneficiario.

I vaglia postali, sia quello ordinario che quello circolare, sono emessi indicando il nome del destinatario o la ragione sociale del destinatario, con clausola di non trasferibilità. Per questo motivo possono essere riscossi soltanto dall’intestatario del titolo. In alternativa si dovrà barrare la casella specifica che consente la trasferibilità, presente nel modulo e relativa solo ad importi inferiori a 5.000 euro.

Sicurezza

Il vaglia postale è senza ombra di dubbio un metodo di pagamento valido, pratico e sicuro. Basterà dunque inserire le clausole relative al versamento in oggetto, e un testo facoltativo, nel caso in cui sia necessario, di massimo 120 caratteri, utile per comunicazioni di vario tipo. Inserire un testo è una prassi totalmente gratuita.

Procedure

Nel vaglia postale verrà inoltre indicato l’importo, andrà segnata la casella “vaglia postale” barrandola, e verranno aggiunti i dati del mittente e del destinatario (indirizzo e generalità). Bisognerà inoltre esibire un documento di riconoscimento, nonché il proprio codice fiscale.

La stessa procedura potrà essere effettuata online accedendo al sito delle poste italiane e barrando, nell’apposito modulo che vi apparirà nella sezione vaglia online, la crocetta specifica di selezione, inoltre vi verrà chiesto un codice alfanumerico di sicurezza (password personale)

Qualora non ci si senta completamente sicuri o preparati, è assolutamente preferibile non utilizzare il vaglia online bensì recarsi presso un qualsiasi ufficio postale. Il personale presente agli sportelli si opererà per darvi tutte le informazioni utili necessarie.

Liquidazione TFR: come si calcola?

 Il TFR (anche noto come Trattamento di Fine Rapporto o più semplicemente come liquidazione) si configura come un’indennità di carattere assicurativo.

Si tratta di un risparmio forzoso indicizzato, una specie di salario differito corrisposto al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

L’accantonamento annuo del Trattamento di Fine Rapporto, per il datore di lavoro, si configura sempre come un costo di competenza dell’esercizio.

In passato il Trattamento di Fine Rapporto veniva nominato con il termine “indennità di anzianità” dal momento che il suo scopo era quello di funzionare come una buonuscita per i lavoratori che rimanevano per molti anni a lavorare in un’impresa.

In termini materiali, la busta paga TFR si configura come un cedolino riepilogativo delle principali voci della liquidazione del dipendente, con le specifiche delle rivalutazioni ISTAT, le eventuali anticipazioni, le ritenute fiscali , gli acconti e l’importo netto finale che spetta al lavoratore.

Quando un rapporto di lavoro subordinato giunge al termine, al lavoratore spetta il Trattamento di Fine Rapporto. Ma come si calcola questa liquidazione?

Il calcolo del Trattamento di Fine Rapporto si farà sulla base dei mesi lavorati o frazioni di mese (almeno 15 giorni).

Elementi che rientrano nel computo del Trattamento di Fine Rapporto

Nel computo del TFR rientrano:

– gli aumenti periodici di anzianità;

– le provvigioni;

– il minimo contrattuale;

– la maggiorazione turni;

– i superminimi;

– i premi presenza;

– il cottimo;

– l’indennità di maneggio del denaro;

– i valori mensa;

– gli importi forfetari;

– l’indennità per disagiata sede;

– i premi e le partecipazioni.

Ai fini del calcolo sarà necessario tenere in considerazione, al 31 dicembre di ogni anno, la somma complessiva accantonata al 31 dicembre dell’anno precedente, tenendo in considerazione sia il tasso fisso dell’1,50%, sia il tasso a misura variabile pari al 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie accertato dall’ISTAT.

Come calcolare il Trattamento di Fine Rapporto

Al fine di effettuare il calcolo del Trattamento di Fine Rapporto, la retribuzione presa in considerazione è l’insieme delle somme corrisposte dal dipendente: non verranno invece conteggiate le somme da lavoro occasionale nè i rimborsi spese. Per calcolare il TFR sarò possibile utilizzare di solito un modello in Excel che somma per tutti gli anni di servizio una quota che corrisponde alla retribuzione dovuta, e il totale va diviso per 13,5.

Altre voci computate nel calcolo del Trattamento di Fine Rapporto

In modo tale da completare il calcolo del TFR verranno computate anche altre voci. E’ molto importante tenerle in considerazione. Stiamo parlando di casi in cui il calcolo verrà fatto sulla retribuzione giornaliera normale alla quale il lavoratore avrebbe avuto diritto.

Malattia e TFR

La malattia viene considerata come giornata lavorata.

Maternità e TFR

la maternità che viene anch’essa considerata come periodo normale lavorato ai fini del calcolo del TFR;

Permessi e TFR

i permessi verranno computati nel caso in cui, chiaramente, spetta una retribuzione;

Infortunio e TFR

l’infortunio viene considerato come periodo lavorato ai fini del TFR come fosse un periodo di lavoro normale

Calcolo del TFR

Tutti i lavoratori dipendenti, alla fine del loro rapporto di lavoro in un’azienda, hanno diritto al pagamento di una somma di denaro denominata Trattamento di Fine Rapporto (TFR). La somma è conosciuta anche con il termine di liquidazione. L’importo da corrispondere al lavoratore è determinato sulla base di calcoli precisi.

La base per il calcolo del Trattamento di Fine Rapporto si ottiene dalla somma di tutte le retribuzioni corrisposte al dipendente nel corso dell’anno solare. La retribuzione utile al fine del calcolo è data da tutte le voci retributive corrisposte salvo diversa disposizione prevista dal contratto collettivo.

In conclusione, dunque, occorre innanzitutto, prendere tutte le buste paga e sommare le retribuzioni dell’anno.

Una volta che la base imponibile è stata determinata come indicato nelle precedenti righe, la si divide per 13,5 (valore convenzionale che non varia se il dipendente prende tredici o quattordici mensilità) al valore ottenuto dalla divisione va sottratta una percentuale dello 0,5% pari al contributo da versare all’INPS. L’importo che deriva da tali operazioni rappresenta l’importo dell’accantonamento al TFR per l’anno in corso.

Come si compila una ricevuta fiscale

La ricevuta fiscale altro non è che un documento di avvenuto pagamento. Solitamente, il venditore rilascia una ricevuta fiscale all’acquirente nel momento in cui deve essere effettuato pagamento. La ricevuta fiscale viene utilizzata in diverse attività, tra le quali spiccano quelle di parrucchieri, barbieri, toelettature, che rilasciano la ricevuta in sostituzione dello scontrino.

Appare opportuno esaminare passaggio per passaggio la struttura di una ricevuta fiscale, prima di procedere alla sua compilazione, partendo proprio dall’acquisto stesso dei blocchi delle ricevute.

Blocchi di ricevute fiscali: dove si acquistano? Quali requisiti occorre avere per acquistarli?

I blocchi di ricevute fiscali possono essere acquistati dai rivenditori autorizzati. Durante il momento dell’acquisto delle ricevute, occorre presentare al venditore la partita iva e la visura camerale, che deve essere aggiornata al massimo a tre mesi precedenti. Questi documenti sono utili al venditore al fine di registrare l’acquisto, ed intestare il blocco, evitando così di fare vidimare il blocco una volta terminato.

Come compilare tutti i fogli del blocco di ricevute fiscali

Una volta acquistato il blocco più utile al tipo di attività, si passa nel vivo dell’operazione di scrittura. In altri termini, non manca più niente e ciò che c’è da fare è compilare tutti i fogli con numerazione progressiva, fino all’ultimo foglio del blocco di ricevute fiscali. Ogni ricevuta ha una copia al suo retro, la quale viene compilata come con la carta copiativa. In basso nella ricevuta – copia, bisogna mettere il cartoncino che generalmente è possibile trovare sul retro del blocco.

Ricevuta fiscale e ricevuta – copia

Ogni volta che viene compilata una nuova ricevuta, occorre spostare il cartoncino sotto la ricevuta – copia. Ogni ricevuta deve essere intestata. In altri termini, ogni ricevuta deve riportare la nomenclatura dell’attività che l’ha rilasciata. Tale passo può essere fatto con un timbro ogni volta che si effettua una ricevuta, oppure si può fare fare un prestampato delle ricevute.

I dati da compilare in ogni ricevuta

Sopra ogni ricevuta dovranno essere ben leggibili i seguenti dati: il nome, per esteso, dell’attività che l’ha rilasciata, l’indirizzo fiscale e la partita iva. Ogni ricevuta deve essere timbrata sia nella versione originale sia in copia. Quando si paga un oggetto, oppure una prestazione, deve essere rilasciata la ricevuta completa in ogni sua frazione.

I dati da non inserire durante la compilazione di una ricevuta

Quando si effettua una ricevuta fiscale, non si inseriscono i dati del ricevete della ricevuta. Occorre inserire, nella ricevuta fiscale, il tipo di prestazione effettuata, la quantità di prestazioni, e l’importo unitario di ogni prestazione. Nella parte bassa della ricevuta, occorre inoltre inserire l’importo pagato, e il totale della ricevuta.

L’importo della ricevuta fiscale

Nella ricevuta, inoltre, può essere inserito anche l’importo ancora da saldare in seguito. In ogni caso, bisogna indicare nella ricevuta l’importo effettivamente pagato per quella determinata ricevuta. Per farlo bisogna segnare, nella parte sinistra della ricevuta, la dicitura ricevuta fiscale, sbarrando il quadro laterale. Inoltre, va inserita la data in cui viene fatta la ricevuta.

Differenza tra fatture e ricevute fiscali

Solitamente ci si confonde tra fatture e ricevute fiscali. Tra i due strumenti vi sono sicuramente delle affinità ma anche delle differenze. Tuttavia, è opportuno comprendere come si fa a distinguere tra le fatture e le ricevute fiscali prendendo in esame lo strumento sotto la nostra osservazione: i blocchi delle ricevute fiscali. Molti blocchi di ricevute fiscali, solitamente, consentono di fare anche le fatture. La compilazione iniziale del blocco è assolutamente la stessa. Nella fattura, tuttavia, occorre anche indicare chi è il destinatario della fattura, la data, il servizio svolto, e il pagamento, oltre l’iva pagata per quel servizio. Per differenziarla dalla ricevuta, bisogna sbarrare la dicitura “fattura“.

In Italia troppe tasse sul lavoro secondo l’UE

 La Commissione Europea ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla tendenza della tassazione in Europa, rilevando come la situazione dell’ Italia risulti del tutto particolare rispetto alla media degli altri Pesi dell’Unione.

L’agenda di Letta: stop all’Imu e all’Iva, lavoro al primo posto

In Italia, infatti, la pressione fiscale ha raggiunto, nel solo 2011, il 42,5%, diventando la sesta più alta di tutta l’ Unione Europea. A questi dati, inoltre, bisogna aggiungere il fatto che anche nel corso del 2012, periodo non rilevato dal rapporto, l’ introduzione di una nuova serie di imposte, quali l’ IMU, l’ Iva e le altre tasse regionali deve avere modificato ulteriormente la situazione.

Quanto dobbiamo lavorare per pagare le tasse?

Il rapporto della Commissione europea rileva, dunque, che il lavoro in Italia è molto più tassato, in generale, della proprietà privata, e questo porta sicuramente l’ Italia indietro sul piano della competitività rispetto ad altri Paesi europei caratterizzati da una pressione fiscale minore.

Il rapporto della Commissione Europea, tuttavia, mette in luce che l’ Unione è un sistema che si basa su una alta pressione fiscale. In Paesi quali la Svezia, ad esempio, quest’ ultima raggiunge il 50%. Ma le tasse vanno sempre considerate e valutate sulla base dei servizi che si ottengono in cambio.

Quanto dobbiamo lavorare per pagare le tasse?

 Se per il 2012 gli italiani hanno dovuto lavorare fino al 3 luglio per racimolare il denaro per pagare le tasse, il 2013 vede questo termine slittare di una settimana.

► L’agenda di Letta: stop all’Imu e all’Iva, lavoro al primo posto

Secondo il calendario delle tasse elaborato dalla Fondazione per le riforme europee e dall’Istituto Economico Molinari in base a dati della Ernst&Young, infatti, si dovrà lavorare fino al 10 luglio prima di finire di pagare tutte le tasse a carico.

Questo slittamento ha fatto sì, inoltre, che l’Italia scalasse un altro scalino nella classifica dei paesi dove si deve lavorare più a lungo per pagare le tasse: lo scorso anno eravamo in settima posizione, quest’anno siamo in sesta, anche a causa dell’arretramento della Svezia.

Il paese nel quale si deve lavorar di più prima di soddisfare tutte le richieste del fisco è il Belgio (8 agosto), poi c’è la Francia (26 luglio), seguita da Austria (23 luglio), Ungheria (16 luglio) e Germania (13 luglio).

► L’aumento IVA ci sarà o no?

Sempre parlando di tasse, l’Italia si fregia anche di un’altra ottima posizione: è il secondo posto nella classifica dei paesi europei per tassazione implicita sul lavoro. Con il nostro 42,3% siamo dietro solo al Belgio (che ha una tassazione sul lavoro del 42,8%) e davanti all’Austria (40,8%).

 

Governo Letta, ecco il programma del ministro Saccomanni

Dopo il giuramento, il nuovo ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni è già a lavoro. Le idee sono già abbastanza chiare. Saccomanni vuole fare leva sulla crescita, puntando sul coinvolgimento di consumatori, banche ed imprese.

Il suo obiettivo è quello di destituire il Paese da ogni stato di incertezza di natura psicologica. Uno stato particolare che fino a questo momento a costretto tutti i soggetti economici a diventare attendisti. Morale: nessuno investe, crollano i prestiti e di conseguenza i consumi. Nel frattempo la recessione continua senza alcun freno a fare il proprio lavoro ‘sporco’.

Recuperare la fiducia

Per Saccomanni occorre senza dubbio porre riparo a questa situazione. Come? Tramite le linea guida di lavoro elencate nel programma. Il nuovo ministro dell’Economia è più che mai convinto che si ha bisogno di “uno sforzo congiunto e ben organizzato da parte di tutti al fine di ripristinare il bene prezioso della fiducia”.

Saccomanni, dunque, punta a dare manforte alle aziende e alle fasce più deboli della cittadinanza mediante una ricomposizione del bilancio pubblico. Oltre a ciò, il ministro vorrebbe un contenimento della pressione fiscale tramite un taglio della spesa attuale. Se riuscirà in questo scopo, lo spread, che sempre di più è l’indice numero uno dei malesseri nazionali, potrà scendere a quota 100.

Da risolvere c’è inoltre la questione Def, con la quale il governo ha indicato le linee di sviluppo della politica economica e in Parlamento c’è chi spiega che non avrebbe senso approvarlo senza un confronto con il nuovo governo, a partire dalla recente correzione del governo uscente: che ha reso l’Imu permanente mentre nella prima versione aveva un carattere sperimentale fino al 2015.

Vi saranno inoltre altri nodi da sciogliere: tra questi le emergenze sociali, dall’eterna questione esodati al problema del reperimento delle nuove risorse per il finanziamento della cassa integrazione in deroga la quale sta per scadere, al problema Tares al congelamento dell’aumento Iva previsto a luglio.