Il lavoro è la prima preoccupazione degli italiani

 La crisi economica, invece di avviarsi verso la fine, sembra attanagliare oggi più che mai gli italiani. Secondo, infatti, i dati contenuti nell’Outlook Italia 2013, la popolazione del bel paese non ha più speranze per il futuro, dato che è il presente a preoccupare.

► Indagine europea sulla ricchezza delle famiglie: in Italia una su sei è povera

I dati parlano chiaro: sono 11 milioni le famiglie che hanno paura di non poter più portare avanti lo steso tenore di vita e 14 milioni quelle per cui il risparmio è solo un miraggio e 13 milioni di famiglie, ancora, avrebbero molti problemi nel caso si trovassero ad affrontare spese improvvise, quali visite mediche o riparazioni auto.

Ma c’è anche altro nel rapporto. Secondo la Confcommercio, infatti, una famiglia su tre non riesce già più a pagare in tempo tutte le scadenze mensili e il 17% sta già mettendo mano al risparmio o ricorrendo a piccoli prestiti e finanziamenti per affrontare le spese correnti.

Ma ciò che più di tutto il resto spaventa gli italiani è il mercato del lavoro: un mercato duro, ostico, che non dà nessuna garanzia e con il quale circa un quarto della popolazione ha un rapporto molto difficile. Si tratta del 25% della popolazione che teme di perdere il lavoro nei prossimi sei o sette mesi e di un altro 27% che ha paura di vedersi ridurre lo stipendio.

Gli italiani non credono solo che il mercato del lavoro sia fermo, ma anche, ed è un sentimento comune a più della metà della popolazione, che per trovare un lavoro sia necessaria una raccomandazione.

► Non solo scoraggiati, ma anche inattivi, in numero sempre maggiore

Questa è la situazione che hanno fotografato Confcommercio e Censis, una situazione che viene affrontata con il “modello delle tre R”: rinuncia-rinvia-risparmia:

Per i primi sei mesi dell’anno le famiglie che prevedono di effettuare una spesa consistente per voci come la ristrutturazione della casa, o l’acquisto di un elettrodomestico o di mobili o di un mezzo di locomozione risultano ai minimi rispetto a quanto rilevato nei quattro anni precedenti. Cresce la percentuale che per il momento rinvia questo tipo di spese.

Come si diventa agenti di borsa

 Gli agenti di borsa altro non sono che dei consulenti finanziari. In qualità di consulenti finanziari, coloro che lavorano in questo preciso comparto economico acquistano e vendono con una determinata regolarità azioni sui mercati per i loro clienti nonché azioni per loro stessi. Gli agenti di borsa, inoltre, effettuano un ottimo servizio di consulenza specifica inerente agli investimenti. In cambio, naturalmente, gli agenti di borsa chiedendo un compenso fisso o una percentuale relativa ai guadagni. Per svolgere questa professione, e diventare dunque agente di borsa a tutti gli effetti, è necessario in primo luogo seguire consigli su come lavorare nel settore. Quello dell’agente di borsa è infatti un lavoro molto delicato. Non si diventa consulenti finanziari dall’oggi al domani ed è necessario conquistarsi la fiducia dei propri clienti poiché quando si agisce spesso (come detto) si rappresenta qualcun altro. Il danaro che si investe è quello di qualcun altro, nella maggior parte dei casi.

Ecco, dunque, quali sono i passaggi fondamentali (e i consigli) per diventare un agente di borsa/consulente finanziario:

Formazione/Percorso di studi

Per quanto concerne la formazione e il percorso di studi, c’è un iter consigliato: dopo aver conseguito un diploma di scuola media superiore, preferibilmente presso un Liceo scientifico, bisognerà conseguire obbligatoriamente una Laurea di primo livello in matematica, finanza o economia e commercio. Sarebbe altrettanto consigliabile, malgrado non sia tuttavia indispensabile, continuare gli studi in questo settore conseguendo una laurea specialistica in un determinato comparto economico. Ancora più consigliato sarebbe svolgere un master, naturalmente nel medesimo settore. Successivamente, in base a quelle che sono le dinamiche di placement che vigono attualmente nel nostro Paese, inizierà la fase di gavetta. In primo luogo ci si può proporre per uno stage da svolgere presso un’azienda di intermediazione. Sarebbe buono, per ottimizzare i tempi, svolgere lo stage in concomitanza con l’Università, al fine di imparare sul campo le tecniche del brokeraggio, anche su piattaforme web che sfruttano il Forex.

Dopo lo stage

Terminato, si spera brillantemente, il periodo di tirocinio è necessario inviare il proprio curriculum vitae all’indirizzo delle società specializzate nel posizionamento di professionisti della borsa. Per farlo si possono utilizzare anche i motori di ricerca on-line per la ricerca del lavoro, iscrivendosi alle newsletter che puntualmente ci informeranno con regolarità via mail sulle posizioni aperte. E’ possibile inoltre proporre la propria candidatura su riviste finanziarie. Tenersi sempre informati e aggiornati sull’andamento del mercato, che è un mercato abbastanza volatile e dunque cambia nel giro di poco tempo, è di vitale importanza. A tal proposito si possono osservare i grafici di trend azionario su siti specializzati e sui giornali economici.

Contatti, clienti e business

Dal tirocinio all’inserimento in una società il passo può essere breve, ma nel frattempo è necessario ‘metterci del proprio’. E’ molto importante, infatti, avere il maggior numero di contatti personali e allargare costantemente la cerchia dei propri clienti.

Si considera importante questa prassi dal momento che il mondo della borsa è un business incentrato sulle relazioni, oltre che sull’investimento personale. Non è consigliato fossilizzarsi su una sola azienda. Sarebbe molto meglio ampliare le proprie prospettive. Il lavoro del borsista, infatti, contempla un’altissima dose di rischio finanziario, e sarà pertanto una scelta ottimale frazionarlo al fine di ridurne l’impatto. Per quanto riguarda i primi tempi, ci si può allenare su siti di settore che danno la possibilità di investire denaro virtuale: in tal modo l’aspirante agente imparerà a destreggiarsi con le principali tecniche del mestiere. Se si decide di lavorare come libero professionista o consulente, bisognerà richiedere la Partita Iva e il codice fiscale associato alla propria attività presso l’Agenzia delle Entrate della propria città, in maniera tale da essere in regola dal punto di vista fiscale.

 

Guida alla Social Card 2013

Il Decreto interministeriale del 10 gennaio 2013 – registrato dalla Corte dei Conti il Decreto Interministeriale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze il 10 aprile 2013 – ha istituito la Social Card 2013.

Un ammortizzatore sociale, che per quest’anno è in via sperimentale, che mette a disposizione un fondo di 50 milioni di euro per 12 mesi ad appannaggio delle famiglie con disagi economici.

Si tratta di una carta acquisti da utilizzare per l’acquisto dei beni di prima necessità per le famiglie con almeno un minore e che si trovano senza lavoro che vivano in 12 delle più grandi città italiane: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona.

Cos’è la Social Card 2013?

La Social Card può essere equiparata ad una carta prepagata, come quelle fornite dalle banche, messa a disposizione delle famiglie con disagi economici in base alla numerosità del nucleo famigliare. La differenza con le tradizionali Social Card – 40 euro al mese destinati ad ultra 65enni e ai nuclei familiari con reddito ISEE inferiore ai 6000 euro e figli con meno di tre anni – è nel contributo che lo Stato versa a queste famiglie, che potrà variare da un minimo di 231 euro fino ad un massimo di 404 euro mensili (231 euro per le famiglie composte da 2 persone, 281 euro per quelle di 3 persone, 331 per quelle di 4 persone e 404 euro per quelle composte da 5 o più persone).

Le due tipologie di Social Card, quella sperimentale del 2013 e quella ordinaria del 2008, non si escludono a vicenda, ma hanno obiettivi e destinatari diversi: la Social Card 2013, infatti, è rivolta alle famiglie escluse dal mondo del lavoro come strumento di lotta alla povertà minorile.

Chi può richiedere la Social Card 2013?

Possono fare richiesta della Social Card 2013 tutti i cittadini – italiani o comunitari – che risiedano da almeno un anno in una delle dodici città in cui è partita la sperimentazione (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona).

Oltre alla residenza, i cittadini che vogliono fare richiesta della Social Card devono essere in possesso dei seguenti requisiti determinati principalmente sulla base della dichiarazione Isee:

– disagio economico e lavorativo;
– figli minori a carico
– reddito Isee inferiore ai 3000 euro.

Nella compilazione della graduatoria per l’assegnazione della Social Card 2013 verrà data precedenza a

– famiglie con nucleo familiare costituito esclusivamente da genitore solo e figli minorenni,
– famiglie con nucleo famigliare composto da tre o più figli
– famiglie con uno o più figli disabili.

Come si fa la richiesta per la Social Card 2013?

La richiesta deve essere fatta da un componente della famiglia al Comune di residenza, secondo i tempi e i modi stabiliti dal Comune stesso.

La documentazione per la richiesta è disponibile presso i Comuni.

Come viene erogato il contributo della Social Card 2013?

Il contributo della Social Card 2013 viene erogato con cadenza bimestrale dal Comune che ha rilasciato la carta stessa.

 

Il FMI taglia le stime del Pil italiano, ma il paese non ha bisogno di nuove manovre

 La prima affermazione di Mario Monti alla presentazione del DEF è stata che l’Italia, vista la situazione ancora molto difficile dei suoi conti pubblici, avrebbe avuto presto bisogno di una nuova manovra finanziaria, stimata tra i 20 e i 60 miliardi di euro – in base alla variabile Imu – per il biennio 2015/2017.

► Nuova manovra finanziaria per il 2015

Qualche giorno dopo il premier è stato smentito dal Ministro dell’Economia Vittorio Grilli che ha affermato, dal canto suo, l’esistenza delle risorse sia per le spese militari che per gli ammortizzatori sociali.

Sembra aver ragione quest’ultimo, almeno in base a quanto affermato in queste ore dal Fondo Monetario Internazionale, che sostiene che nonostante la situazione dell’Italia sia ancora problematica, saranno necessari solo altri pochi aggiustamenti per mettersi sulla strada del pareggio di bilancio.

C’è solo da aspettare: il fatto che gli aggiustamenti strutturali e fiscali siano stati fatti solo nel corso dell’ultimo anno, infatti, li porterà a compimento solo nel 2014, anno in cui la situazione economica del paese inizierà a stabilizzarsi.

► Grilli smentisce la possibilità di una nuova manovra

Al momento, comunque, il Fondo Monetario Internazionale, ha tagliato le stime di crescita dell’Italia per quest’anno il Pil calerà quest’anno dell’1,5%, per poi tornare a crescere nel 2014 quando registrerà un +0,5%.

Il tasso di disoccupazione, invece, secondo le stime del FMI continuerà a crescere ancora: + 12% nel 2013 (10,6% nel 2012) e +12,4% nel 2014.

 

Unità di crisi per risolvere l’emergenza cassa in deroga

 L’attuale governo, quello tecnico, guidato da Mario Monti, pur essendo ancora in carica non può più fare decreti o occuparsi di questioni urgenti come quelle della mancanza di coperture finanziarie per gli ammortizzatori sociali.

► Susanna Camusso lancia allarme per mancanza fondi cassa integrazione

Ma il problema c’è, come dimostrano le polemiche che si sono levate in questi giorni e che continuano a levarsi, soprattutto per quanto riguarda la possibilità che oltre mezzo milione di italiani si possano trovare a breve senza la cassa integrazione.

I sindacati e le varie associazioni di categoria chiedono però che il problema venga risolto subito, prima che i fondi finiscano, ma il governo non può agire: è stata quindi indetta per la prossima settimana una sorta di unità di crisi composta da Monti, Grilli, le Regioni e le parti sociali per cercare di capire da dove possono essere presi i 2,7 miliardi stimati come necessari per la copertura degli ammortizzatori sociali.

► Anche la Fornero è preoccupata per la cassa integrazione

Una spesa maggiore rispetto a quella dello scorso anno e i sindacati chiedono al governo di mettere nel Def, il Documento economico e finanziario, 1,5 miliardi in più per la Cig in deroga.

► Sindacati uniti per chiedere al governo fondi per la cassa integrazione

Dove trovare questi soldi? La Camusso chiede un abbassamento delle spese militari e il rialzo delle tassazioni sulle rendite e sui patrimoni, anche se il Ministro Grilli, ancora in carica, ha già lasciato la patata bollente al Parlamento.

Prepararsi all’esame da promotore finanziario

 Coloro che desiderano diventare promotori finanziari devono obbligatoriamente superare un apposito esame. Il Testo Unico dellaFinanza (TUF) statuisce che il Promotore Finanziario deve essere iscritto ad un apposito Albo. In virtù del Regolamento Ministeriale n. 472/98, i soggetti iscritti devono possedere i requisiti di onorabilità (art. 1) e professionalità (art. 3).

Requisito di professionalità

Il requisito di professionalità contempla in primo luogo il possesso del diploma d’istruzione secondaria superiore, in secondo luogo l’aver maturato delle specifiche esperienze lavorative in ambito finanziario (articolo 4). Per tutti gli altri casi occorre superare una prova scritta finalizzata a verificare le conoscenze specifiche di determinate materie.

L’esame

Al fine di raggiungere l’obiettivo nel migliore dei modi, bisogna partire con un buono studio. Uno studio che, tuttavia, deve essere atto al superamento dell’esame. Appare importante analizzare la prova per comprendere come affrontare al meglio la preparazione. La prova contempla un Test di sessanta domande a risposta multipla. Quaranta di queste domande hanno un valore di due punti; le restanti venti valgono un punto. In caso di risposta sbagliata non ci sono penalizzazioni. Il punteggio minimo per superare la prova è 80/100. I 60 quesiti del test sono estratti da un database di 5.000 domande.

Le materie oggetto di studio non sono ‘una passeggiata’. Gli argomenti sono complicati e approfondirli in maniera eccessiva non servirebbe né per fare meglio il nostro futuro lavoro, né per avere maggiori certezze di superare l’esame. Il testo da scegliere non deve essere troppo specializzato e specifico ma atto esclusivamente al superamento dell’esame. Selezionato il testo, bisogna sviluppare un piano di studi da seguire con precisione.

Una volta concluso il testo che si è scelto di studiare occorre mettere in pratica la propria preparazione. L’Organismo di tenuta dell’albo dei Promotori Finanziari mette a disposizione sul proprio sito un simulatore con tutti i quesiti del database che verranno utilizzati nel corso della prova di esame. Dopo aver effettuato la registrazione è possibile accedere nell’area riservata agli“Aspiranti Promotori”.

Dopo aver eseguito l’accesso si può cliccare su “Preparati alla prova”, e “vai al Workspace”.  Aperta una sessione di simulazione, un grafico riassumerà il numero di risposte esatte, errate e non date per ogni singola materia in base alle simulazioni effettuate. Sulla sinistra abbiamo il menù attraverso il quale si possono scegliere diverse opzioni.

Terminato il test, il simulatore calcolerà il voto ottenuto fornendo la possibilità di controllare le risposte date e gli eventuali errori commessi. Il punteggio minimo per superare l’esame è 80/100. Bisogna prestare attenzione alle domande del test.

Il test è utile anche per verificare su quale materia l’aspirante promotore commesso il più alto numero di errori. Tornando nell’Home del Workspace, il grafico presente è un ausilio per svolgere quest’analisi. Scoperta qual è la materia che necessita di maggiori approfondimenti ci si può concentrare su di essa. Appare utile studiare le domande senza impararle a memoria. Le domande vanno studiate per comprenderne la logica ed evitare errori connessi all’errata interpretazione del quesito. In altri casi occorre studiare non solo la risposta corretta ma anche quelle errate.

Molte volte un singolo termine pone il limite tra una risposta giusta e una sbagliata. Sottolineare e comprendere la logica secondo la quale quel determinato termine fa la differenza, anche con l’ausilio del testo che abbiamo in precedenza utilizzato, è di vitale importanza al fine di evitare errori. Concluso lo studio di tutte le domande della materia, è possibile verificare la preparazione tornando sul Workspace. Nella colonna a sinistra si può cliccare su “Studia per materia” e “Scegli la materia e inizia”. In questa sessione si ha la possibilità di affrontare il test sul singolo argomento approfondito. Con ogni probabilità il punteggio che si otterrà sarà migliore rispetto al precedente. Naturalmente, è consigliato ripetere la fase di approfondimento della materia riguardante lo studio delle domande fino a quando non si raggiunge un punteggio di almeno 85/100.

 

Mario Draghi chiede tassi ragionevoli per i prestiti alle PMI

 Il numero uno della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha fatto un intervento molto duro questa mattina contro le banche europee che non concedono prestiti alle piccole e medie imprese mettendo in pericolo l’economia stessa dell’Unione.

► La riforma Fornero non piace alle imprese più piccole

Secondo Draghi questa mancanza di credito nei confronti delle piccole e medie imprese è sconcertante e rischia seriamente di danneggiare tutta l’economia dell’Eurozona, perché le PMI costituiscono i tre quarti del tessuto produttivo e, quindi, dell’occupazione dei paesi dell’Unione.

La loro sopravvivenza è una parte determinate del percorso verso l’uscita dalla crisi e sono le banche ad avere una responsabilità in questo perché le piccole e medie imprese dipendono in maniera pesante dalle banche e dalla concessione dei crediti per gli investimenti, diversamente dalle grandi società che hanno un migliore accesso ai mercati del capitale e sono meno dipendenti dal settore bancario.

Allo stesso tempo, però, la dura critica di Draghi rischia di rimanere tale perché lo stesso governatore ha detto di non aver intenzione di sanzionare quegli istituti che non seguiranno le sue indicazioni.

► Soffre anche l’indice PMI del paese

Per capire quanto poco credito le banche sono disposte a dare alle piccole e medie imprese si può esaminare l’esempio italiano, come ha fatto la Cgia di Mestre secondo la quale circa l’81% circa dei prestiti prestiti erogati dalle banche è concesso al 10% degli affidati, la migliore clientela, e solo il rimanente 19% è distribuito alle famiglie, alle piccole imprese ed ai lavoratori autonomi.

Come fare un bilancio di fine anno

 In chiusura di ogni anno amministrativo, le imprese hanno il dovere di redigere il bilancio di esercizio. Mediante tale documento si valuta sia la situazione patrimoniale sia la situazione finanziaria dell’impresa. La sua compilazione è obbligatoria, tanto per le società di capitali, quanto per quelle cooperative. In ogni caso le società di persone e le imprese individuali non sono condizionate dalla sua redazione.

Bilancio di fine anno: come si fa

Al fine di determinate la competenza dei componenti di reddito d’esercizio, al termine del periodo amministrativo, sarà obbligatorio effettuare una serie di scritture di assestamento e di rettifica. In altri termini, si tratta di:

– capitalizzare gli interessi e passivi maturati sul conto corrente e sui vari tipi di depositi;

– svalutare i crediti ed integrare il fondo spese e rischi;

– conteggiare sia l’utile su titoli che su cambi;

calcolare ratei e risconti, passivi ed attivi, tanto sulle operazioni che hanno generato redditi già maturali ma non ancora registrati, quanto su quelli che hanno dato luogo ad un reddito conteggiato in via anticipata;

– rilevare l’ammortamento di competenza dell’esercizio dei beni strumentali e sdoppiare tutti i conti aperti a crediti e debiti.

Quando tutte queste operazioni saranno terminate si potrà procedere al loro riepilogo nel conto economico, con l’obiettivo di determinare il risultato d’esercizio o meglio l’utile o l’eventuale perdita. Occorre tenere presente che questo prospetto può essere redatto tramite la direttiva Cee oppure riclassificato.

Nel primo caso bisognerà scrivere prima gli importi dei ricavi, dunque i costi, gli oneri di gestione, gli utili o le perdite precedenti, gli oneri straordinari e le imposte. Dalla loro sottrazioni si otterrà l’utile o la perdita. Qualora si preferisca il conto economico riclassificato, il prospetto comprenderà i proventi da impieghi, costi, la somma algebrica dei risultati di negoziazione titoli e cambi, le cifre provenienti da provvigioni e commissioni attive, i costi di gestione, gli accantonamenti relativi ai fondi rischi e le minusvalenze.

Conto Stato Patrimoniale finale

Dalla sottrazione e somma dei vari importi si otterrà il risultato economico lordo. Da questo totale si dovranno estrapolare le imposte per ricavare l’utile netto. Il passo seguente sarà quello di procedere alle scritture di chiusura, cioè riassumere i conti inerenti le passività, le attività ed il capitale netto, ottenendo il Conto Stato Patrimoniale finale.

Occorre considerare che la direttiva CEE per quanto concerne il bilancio stabilisce che lo Stato Patrimoniale deve avere una forma orizzontale, che il conto economico può essere fatto con forma a sezioni divise in modo orizzontale o con quella progressiva.

Occorre, inoltre, ricordarsi che nello Stato Patrimoniale sia le attività che le passività dovranno essere riportate per scadenza. In altri termini dovranno rispettare il criterio della liquidità decrescente.

Compilazione Bilancio d’esercizio di fine anno

Dopo aver redatto sia il conto economico che lo stato patrimoniale finale si passerà alla compilazione del Bilancio d’esercizio di fine anno. Esso è formato dallo Stato Patrimoniale, dal conto economico, dai prospetti dettagliati concernenti la negoziazione di titoli e dei cambi e dalla nota integrativa.

Le attività e le passività verranno riportate sotto forma di elenco nello Stato Patrimoniale:

– nelle attività si bisognerà indicare i valori di cassa, i fondi di liquidità, i prestiti concessi, le perdite, il capitale sottoscritto non versato e le immobilizzazioni;

– nelle passività occorre indicare i debiti, gli accantonamenti, le riserve, gli utili, il capitale sottoscritto ed i sovrapprezzi di emissione. Si dovrà specificare la composizione del capitale proprio dell’azienda, che viene indicato sotto la dicitura di capitale netto. Tale voce, di solito, è composta dal capitale sociale apportato dal proprietario o dai soci, dai fondi di riserva costituiti con parte di utile non pagato ed ricavi o redditi non dati ai soci.

 Schema obbligatorio analitico

All’interno del conto economico, il quale deve essere fatto secondo uno schema obbligatorio analitico, si dovranno indicare componenti positivi e negativi ottenuti dalla differenza tra i valori nominali di finanziamenti concessi e ricevuti, i costi ed i ricavi sostenuti durante l’esercizio, i valori delle rimanenze ed i costi derivanti dalla scritture di assestamento.

Allegati

Nel prospetto dettagliato saranno evidenziate le negoziazioni in titoli ed in cambi. Si configura come un analisi dei risultati economici ottenuti su queste operazioni. Dovranno essere allegate al bilancio di fine anno anche l’elenco di eventuali partecipazioni in società collegate e controllate, copie integrali del precedente bilancio con un riepilogo dei suoi dati essenziali e l’eventuale certificazione di bilancio.

Nota integrativa

Nella nota integrativa saranno fornite le spiegazioni riguardanti tutti i criteri che sono stati utilizzati per redigere il bilancio, allo scopo di permettere la sua lettura in modo chiaro ed attendibile.

Chi deve compilare il bilancio di fine anno?

La compilazione del bilancio di fine anno spetta agli amministratori. Esso dovrà essere presentato al Collegio sindacale, se esiste nell’impresa, almeno un mese prima della data stabilita per la sua approvazione da parte dell’assemblea dei soci. Successivamente alla sua accettazione, il bilancio dovrà essere depositato presso la Camera di Commercio del luogo di ubicazione dell’impresa.

 

Come si estingue un prestito Inpdap

Può succedere che in periodi poco fortunati, sia obbligatoria una piccola o grande cifra in denaro, tanto per qualcosa di prettamente personale, quale ad esempio riparazioni di automobili o manutenzione della casa, quanto anche per dare una mano ad un componente familiare ad avviare un’impresa o a sponsorizzare un progetto. Succede sempre più di frequente, a dire il vero. Sono sempre di più, infatti, i privati che richiedono un prestito per ‘cambiare’ la propria vita o per ‘aiutarsi’ in un momento topico.

Modalità di un prestito Inpdap: la quinta parte dello stipendio o della pensione

Sono molti gli istituti di credito che elargiscono prestiti a tassi più o meno vantaggiosi, fissi o variabili, ma in particolare, anche l’Inpdap permette l’elargizione di piccole o grandi somme di denaro, da riversare con le cessioni della quinta parte dello stipendio o della pensione.

Durata dei prestiti

In casi del genere, tali prestiti si configurano per una durata quinquennale o decennale, ma a volte può anche succedere che ci si trovi con una somma di denaro tale da poter chiudere anticipatamente e quindi cancellare il prestito. Tutto sta nel capire come procedere in questi casi. In altri termini, come si estingue un prestito elargito dall’Inpdap?

Primi anni

In primissimo luogo è necessario fare una premessa di natura economica: la somma versata dall’istituto di credito non viene dilazionata in maniera equa durante tutto il decorso della durata del prestito, per cui durante i primi tempi, quello che viene pagato all’istituto di credito, sono i tassi di interesse. In altri termini paghiamo all’istituto le spettanze per aver avviato la strategia del prestito. Successivamente, negli ultimi anni, viene pagato il capitale richiesto. Appare dunque semplice comprendere come, se si ha la possibilità, è opportuno chiudere il prestito nei primi mesi, in maniera tale da avere un corposo risparmio nell’operazione.

Come richiedere l’estinzione del prestito

Al fine di richiedere l’estinzione del prestito è assolutamente opportuno che esso venga estinto nella sua totalità (non è possibile restituire una parte della somma totale), comprensiva della penale che viene applicata dall’istituto di credito (variabile dallo 0.50% all’1% dell’ammontare del denaro elargito, ma mai superiore all’importo complessivo degli interessi della durata residua del contratto).

Pagamento del debito netto

Al fine di procedere all’estinzione vera e propria, attuabile in qualsiasi momento a partire dal momento in cui avviene la concessione del prestito, è opportuno, in primo luogo, procedere al pagamento del debito netto (somma ottenibile mediante la visura delle cifre versate, direttamente richiedibile all’ente). Successivamente le operazioni da fare sono abbastanza delicate, ma nel contempo molto semplici: bisogna, infatti, scaricare e compilare la relativa modulistica presente sul sito dell’Inpdap in una sezione che contiene l’indirizzo specifico. Fatto ciò si potrà procedere con l’invio dei documenti all’istituto, che, entro due mesi dalla comunicazione, interromperà il prelievo della quinta parte dello stipendio.

Casi particolari: la mancata comunicazione all’ente

Attenzione ai casi particolari e alle modalità con le quali si comunica l’avvenuto invio del pagamento. Non basta solo compilare la modulistica, infatti. E’ assolutamente fondamentale assicurarsi che essa venga inviata in maniera corretta, verificando tutti i passaggi nei minimi dettagli. Qualora non venga avvisato l’Inpdap, l’istituto continuerà la sottrazione della quinta parte dello stipendio fino a diversa comunicazione del cedente.

Cosa spetta al cedente

Al cedente non spetteranno né le spese di bollo, né le spese di istruttoria, ma verranno restituiti le commissioni bancarie in relazione a quel che rimane del periodo di contratto e la quota dei premi assicurativi per infortunio o morte.

Estinzione del prestito: modalità

Una volta terminato, per un anno a partire dalla cessazione del contratto, non sarà possibile aprire ulteriori contratti di finanziamento con l’ente Inpdap.

 

Calendario in 15 tappe per il rimborso dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni

 L’8 aprile 2013, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è entrato in vigore il decreto per lo sblocco del pagamento del debito che le pubbliche amministrazioni hanno accumulato nei confronti delle aziende italiane (Dl n.35/2013). Si è trattato di un processo piuttosto lungo che ha portato, comunque, ad un primo passo per la restituzione dei 90 miliardi di euro, o 100,  in base alle fonti, che le aziende possono vantare nei confronti dello pubbliche amministrazioni.

Pubblicato in GU il decreto che sblocca il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni

Quindici scadenze che vanno dalla fine di aprile fino al febbraio del prossimo anno. Tempi, adempimenti e sanzioni per chi non rispetta le scadenze variano a seconda del debitore (ente locale, Regione – con specifiche a parte per la sanità – e ministero), tranne la prima scadenza, quella del 29 aprile 2013, entro la quale tutte le pubbliche amministrazioni avranno dovuto effettuare l’iscrizione alla piattaforma elettronica delle certificazioni.

Il calendario delle scadenze per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione

29 aprile 2013

1. Tutti gli enti locali si devono iscrivere alla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni predisposta dal Dipartimento della ragioneria generale dello Stato (http://certificazionecrediti.mef.gov.it/CertificazioneCredito).

2. Scadenza per la richiesta di anticipo alla Cassa Depositi e Prestiti per gli enti locali che non hanno la liquidità necessaria per il pagamento dei debiti accumulati. A disposizione ci sono 2 miliardi di euro il 2014 e altrettanti per il 2014.

Il finanziamento della Cassa Depositi e Prestiti può essere restituito in 30 anni con interessi.

30 aprile 2013

Comuni e provincie devono comunicare alla Ragioneria generale dello Stato i debiti di parte capitale per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento, compresi i pagamenti delle provincie a favore dei comuni. Questi spazi, come previsto dal decreto, sono esclusi dal patto di stabilità interno per un importo complessivo di 5 miliardi di euro per l’anno 2013.

Per la richiesta consultare il sito del Ministero del Tesoro alla pagina: http://pattostabilitainterno.tesoro.it.

10 maggio 2013

Termine ultimo per la Conferenza Stato-città e per le autonomie locali per individuare le modalità di ripartizione degli importi da escludere dal patto di stabilità per ciascun ente e per l’anticipazione di liquidità da parte della Cassa Depositi e Prestiti ove richiesta.

In caso di mancata comunicazione la ripartizione sarà effettuata su base proporzionale.

► Nessun anticipo dell’addizionale Irpef nel decreto per il pagamento dei debiti delle Pubbliche Amministrazione

15 maggio 2013

Data entro la quale il Mef, tramite decreto, comunicherà agli enti locali l’importo dei pagamenti che saranno esclusi dal patto di stabilità interno. Sempre entro il 15 maggio anche la Cassa Depositi e Prestiti provvederà all’anticipazione di liquidità richiesta dagli enti in difficoltà.

Dal 9 aprile al 15 maggio 2013

Giorni in cui ciascun ente può effettuare i primi pagamenti (relativi ai debiti scaduti nel 2012). Il limite è del 13% delle disponibilità liquide delle tesorerie dell’ente al 31 marzo.

30 giugno

Termine ultimo per le pubbliche amministrazioni per la comunicazione della date e dell’importo del pagamento del proprio debito.

 15 luglio

Giorni in cui il Mef procederà alla ripartizione della quota residuale del 10% dei 5 miliardi stanziati.

31 luglio

Data prevista per la pubblicazione delprovvedimento del Direttore generale del tesoro del MEF con il quale verranno stabilite le modalità attraverso le quali la piattaforma elettronica potrà utilizzata anche per la stipula e la notifica degli atti di cessione dei crediti.

► Le nuove regole di trasparenze per le Pubbliche Ammnistrazioni

Dal 1 giugno al 15 settembre

Periodo nel quale verrà effettuato il censimento completo dei debiti. Gli enti locali che hanno debiti dovranno comunicare in questi giorni l’elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2012.

Dal 1 giugno al 15 settembre 

L’ABI comunica al MEF l’elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili nei confronti di pubbliche amministrazioni maturati alla data del 31 dicembre 2012 che sono stati oggetto di cessione in favore di banche o intermediari finanziari autorizzati.

30 settembre

Data prevista per l’incrementato da 3 a 5 dodicesimi del limite massimo di ricorso da parte degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria.