Cala il numero dei senza lavoro, ma la disoccupazione è ancora un’emergenza

 I senza lavoro in Italia sono in lieve calo, ma il loro numero non si discosta molto dai tre milioni registrati a gennaio, quando la percentuale dei disoccupati in Italia era dell’11,7%, contro l’11,6% registrato per questo febbraio 2013.
► Le donne al Sud lavorano menoUn calo, quindi, molto lieve che non deve essere preso come un segnale di un miglioramento, dato che la percentuale dei disoccupati in Italia è aumentata di 1,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012. Scende, comunque, anche il tasso di disoccupazione giovanile, che si attesta a 37,8% a febbraio,-0,8% rispetto al mese precedente ma in aumento del 3,9 punti percentuali rispetto al febbraio 2012, per un totale di 647mila giovani senza occupazione.

Nel mese di febbraio 2013 gli italiani senza lavoro sono 2 milioni 739mila. Il numero è in aumento rispetto dello 0,2% rispetto al mese precedente, e la quasi totalità dei nuovi disoccupati è composto da donne.

► Donne e occupazione, un confronto impari

Anche in Europa la disoccupazione rimane  a livelli di allarme: per il mese di febbraio, infatti, il dato è rimasto invariato rispetto al preoccupante 12%, per un totale di 19,071 milioni di cittadini europei senza lavoro.

 

Inflazione al minimo storico dal 2010

 I dati Istat relativi a marzo 2013 mostrano come la crisi in Italia sia ancora nel vivo. Secondo le analisi fatte dall’Istituto Nazionale di Statistica, infatti, è la crisi la causa principale delle frenata della corsa dei prezzi e del rallentamento dell’inflazione.
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Nel dettaglio, a marzo 2013  la crescita dei prezzi al consumo è stata dell’ 1,7%, contro l’1,9% di febbraio. Con questo nuovo rallentamento, il dato registrato è il più basso dal novembre del 2010, siamo arrivati al sesto calo consecutivo, trainato dalla decelerazione del prezzo dei carburanti.

I prezzi dei prodotti di consumo del tipico carrello della spesa degli italiani sono anch’essi in frenata, anche se c’è da notare che il loro aumento su base annua, pari al 3%, è stato ben più alto del tasso di inflazione, che si è fermato al + 1,7%, comunque in rallentamento rispetto a febbraio 2013 (2,4%).

► Non si cresce se scende soltanto l’inflazione

A far calare i prezzi al consumo le dinamiche dei prezzi del carburante, una delle voci più importanti del paniere, che è salito dell’1,1% su base annua, ma ha fatto segnalare una diminuzione tendenziale pari allo 0,5%, contro il +1,3% registrato a febbraio. In riduzione anche  l‘indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali, che, crescendo dello 0,1% rispetto a gennaio e dello 0,3% su base annua, è il più basso che si sia mai registrato da gennaio del 2010.

Rimborsi Iva, una speranza per le aziende italiane

 Le imprese italiane, non è una novità, stanno soffrendo di una cronica mancanza di liquidità.

Ne sono una testimonianza i tanti inviti che sono arrivati da più parti allo sblocco dei pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni alle aziende, inviti ai quali oggi ha fatto seguito anche l’appello di Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, che ha chiamato a raccolta i direttori regionali dell’Agenzia perché concentrino ogni risorsa utile alla liquidazione dei rimborsi Iva nei prossimi 4 mesi.

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Non si può aspettare oltre: le lungaggini tipiche delle pubbliche amministrazioni italiane, soprattutto quando si tratta di pagamenti, stanno mettendo a rischio la sopravvivenza di una intera economia:

L’attuale congiuntura economica sta determinando una diffusa crisi di liquidità per le imprese. In particolare, il volume dei crediti vantati nei confronti della Pubblica amministrazione, nonché i lunghi tempi di pagamento, rischiano di compromettere il mantenimento dei livelli occupazionali delle aziende e rappresentano un ostacolo alla crescita del Paese.

Nel compito di salvare le imprese italiane da una fine certa, l’Agenzia delle Entrate può contare anche sul sostegno del Governo, che prevedendo consistenti accelerazioni negli stanziamenti per il pagamento dei rimborsi. Da qui l’invito alle sedi regionali dell’Agenzia di fare il possibile, non solo utilizzando tali risorse, ma anche veicolandone altre che dovrebbero essere usate per altri fini, ma meno urgenti di questo.

► Il governo sblocca 20 miliardi per il debito delle PA

Al momento i rimborsi Iva in conto fiscale già disposti sono pari a 2 miliardi di euro.

Il calo dei consumi colpisce anche la Pasqua

 La stima sui consumi per la spesa pasquale arriva da Fiesa, l’associazione di categoria Confesercenti che riunisce gli esercenti specialisti di alimentazione, e ci lascia con un quadro che riflette pienamente la situazione difficile che continua a perdurare in Italia.

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Infatti, secondo la Fiesa, i consumi per le spesa di Pasqua sono in linea con il calo generalizzato dei consumi in Italia e le stime parlano di un -10% per la spesa, con un pico negativo per le colombe, che potrebbero far segnare un -7%.

Sono delle proiezioni che mettono in allarme gli operatori commerciali del settore, che, dato il calo degli ordinativi ricevuti fino ad ora, hanno ora la certezza che la Pasqua del 2013 sarà molto più magra di quella dell’anno scorso. Le cause principali, secondo Fiesa, sono da un lato il clima poco clemente che ha portato alle stelle i prezzi di alcuni dei prodotti tipici della Pasqua, costringendo le famiglie a rinunciare all’acquisto o a dirottarlo su prodotti non italiani, dall’altro ha contribuito in modo sostanziale la crisi economica, occupazionale e politica che hanno compresso il reddito globale delle famiglie.

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I dati di Fiesa parlano di un calo generalizzato dell’acquisto di dolci, con una diminuzione tra il 5% e il 7% per le colombe e dell’8% per le uova. Ma anche gli altri prodotti tipici subiranno una contrazione simile: 10% per gli agnelli, 5% per i salumi, 3% per il pesce e 8% per crostacei e frutti di mare.

Bollette del gas più leggere da aprile

 L’Autorità per l’Energia lo aveva già annunciato che nel 2013 i costi del gas sarebbero diminuiti entro il 2013 e così sarà: Guido Bortoni, il presidente dell’Autorità, ha annunciato che ci sarà un calo del costo del gas pari al 6/7 % da aprile fino alla fine dell’anno.

► Le bollette italiane di luce e gas sono le più care d’Europa

Questo piccolo regalo che riceveranno gli italiani tra pochi giorni deriva dagli effetti del decreto Crescitalia e dalle liberalizzazioni del settore dell’energia che hanno permesso di allineare i costi all’ingrosso del gas in Italia a quelli europei.

Il processo di allineamento delle bollette avverrà in tre fasi. Le prime due sono previste per il 2013 e la terza per l’anno successivo. La prima fase, prevista tra il primo aprile e il 30 settembre 2013, il prezzo del gas sarà modificato incrementando l’incidenza dei prezzi spot giornalieri e con l’aumento del peso delle quotazioni degli spot degli hub esteri (dal 5 al 20%) e la diminuzione delle quotazioni del take or pay (dal 95% all’80%).

La seconda fase, dal primo ottobre,passerà al 100% a prezzi spot che si formeranno sulla borsa gas.

► Bollette, da gennaio aumenta il gas e diminuisce la luce

La terza fase, prevista per l’ottobre del prossimo anno, prevede l’inserimento di strumenti specifici per proteggere i consumatori da possibili picchi di prezzo o da improvvise carenze di gas.

 

La Tares sarà rinviata o no?

 Lo schema del decreto per il rinvio della Tares, la nuova tassa sui rifiuti che accorpa diverse tasse comunali, è già pronto per essere passato al vaglio del Consiglio dei Ministri ma, nonostante le pressioni arrivate da diverse parti, tra le quali anche l’Anci e la Uil, ancora non è stata presa nessuna decisione.
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La decisione, in effetti, è piuttosto complicata perché andrebbe ad influire sui conti pubblici, in un momento già molto delicato per il Governo. Ma il problema persiste ed è necessario che venga data una definizione alla questione prima che, come detto anche da alcuni deputati del PD, vengano fatte delle azioni eclatanti.

Se i Comuni si oppongono al rinvio della tassa sui rifiuti perché potrebbe provocare dei seri problemi di liquidità alle amministrazioni e alla raccolta dei rifiuti stessi, dall’altra parte ci sono le famiglie e i problemi che la tassa creerà a dei bilanci famigliari già pesantemente provati.

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Secondo una stima della Uil, infatti, la Tares sarà ben più salata dell’Imu (305 euro medi contro i 218 euro medi pagati per l’Imu nel 2012 per un appartamento delle stesse dimensioni) e si andrà ad aggiungere anche all‘Imu (la prima rata dovrà essere pagata entro il 18 giugno) e all’aumento di un punto percentuale dell’Iva (previsto per il primo di luglio), tutto nello stesso periodo.

 

Italia caso unico: è l’unico dei G7 a essere ancora in recessione

 Dall’Ocse arriva un’altra brutta notizia per l’Italia, e non ce n’era certo bisogno. L’Italia si aggiudica così un altro record negativo: è l’unico dei paesi del G7 che non si è ancora lasciato alle spalle la crisi economica, anzi, la recessione che ci attanaglia sarà presente almeno fino a giugno 2013.

► Secondo l’OCSE cresce il costo del lavoro

Sono i dati riferiti al Pil del paese analizzati dall’organizzazione parigina a far giungere a questa conclusione: dopo che il Pil è nuovamente calato del 3,7% nel quarto trimestre del 2012, nel primo trimestre del 2013 si dovrebbe vedere ancora una discesa, anche se meno pesante, sarà infatti di circa l’1,6%, situazione che perdurerà anche nel trimestre successivo, quando il Pil avrà un ulteriore calo dell’1%.

Ed è proprio questo ultimo dato che pone l’Italia in una condizione unica di recessione, cosa che non accadde agli altri paesi annoverati fra i Grandi 7. Le stime dell’Ocse sono in linea con quelle dell’Istat, che ha previsto l’inizio della ripresa a partire dalla fine del 2013 o all’inizio del 2014.

Secondo l’Ocse è stato raggiunto un nuovo record della disoccupazione

Secondo Bankitalia, però, le stime fatte sulla crescita del Pli per il 2014, pari all’1,3%, sono piuttosto ottimiste e l’incertezza dei mercati internazionali, alla quale in Italia sdi aggiunge anche l’annoso problema dell’occupazione, potrebbe giocare a sfavore e ridurre la crescita prevista di almeno mezzo punto percentuale.

La liquidazione dei parlamentari non rieletti

 Seppur ancora senza un nuovo esecutivo, la diciasettesima legislatura si è insediata e molti dei deputati e dei senatori che hanno occupato per anni le poltrone di Montecitorio non sono stati rieletti.

A casa, quindi, ma non prima di aver ricevuto il loro TFR, il trattamento di fine rapporto, come accade a qualsiasi altro lavoratore. Nel loro caso questa sorta di indennità viene definita trattamento di fine mandato o buonuscita dal Parlamento, che i parlamentari riceveranno entro trenta giorni dalla proclamazione dei nuovi eletti.

A quanto ammonta questa buonuscita? Il trattamento di fine mandato che spetta ai parlamentari in carica alla fine della legislatura che non vengono eletti nella successiva spetta una somma pari all’80% dell’importo mensile lordo dell’indennità parlamentare per ogni anno di mandato effettivo, o frazione non inferiore ai sei mesi, finanziata attraverso il Fondo di Solidarietà.

► Italia senza governo. A pagarne le spese sono i cittadini

Ancora non sono state rese note le cifre esatte degli assegni che circoleranno per Palazzo Montecitorio nei prossimi giorni, ma il calcolo non è particolarmente difficile: per un mandato di 4 anni (durata normale di una legislatura) il ‘TFR’ sarà pari a circa 41 mila euro.

Ma nel nostro parlamento ci sono dei deputati e senatori che sono lì da ben più tempo di una legislatura, per i quali, quindi, l’assegno sarà molto più sostanzioso. Qualche esempio?

Gianfranco Fini è in Parlamento dal 1983 (29 anni), quindi la sua indennità di fine mandato sarà di circa 300 mila euro. Livia Turco, che ha un’anzianità parlamentare di 26 anni, percepirà circa 216 mila euro. Roberto Maroni avrà un assegno di circa 175mila euro.

Oltre  a questo, per la maggior parte di loro sarà anche possibile continuare ad usufruire dei benefici di essere un parlamentare per altri dieci anni, benefici tra i quali ci sono l’ufficio, i collaboratori e auto blu. Naturalmente, il tutto finanziato con soldi pubblici.

In calo il fatturato industriale italiano

 Non sono solo i consumi degli italiani ad aver avuto una brusca frenata nel mese di gennaio, secondo quanto riportato dall’Istat la stessa sorte tocca anche all’industria, per la quale, nel mese di gennaio 2013, si è registrato un evidente contrazione degli ordinativi e, quindi, del fatturato.

► Consumi ancora in calo: iniziano a soffrire anche i discount

Secondo i dati rilasciati dall’Istat il fatturato industriale italiano è sceso dell’1,3% rispetto a dicembre 2012, distribuito tra mercato interno (-1,7%) e mercato estero (- 0,4%). Raffronta gli ultimi dati mensili con quelli dei mesi precedenti si evince su base trimestrale la flessione del settore industriale italiano è stata complessivamente dell’1,7% rispetto ai tre mesi precedenti.

A trainare verso il basso il dato industriale è stato il calo dalla componente interna dell’energia, con una diminuzione del 17,0% della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati, mentre hanno avuto ottime performance il comparto dedito all’alimentare, alle bevande e al tabacco, con un +5,7%.

Il problema maggiore, come spiega anche Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, si riscontra sul mercato interno, mentre le aziende che si orientano all’esportazione oltre i confini nazionali hanno delle maggiori opportunità di crescere:

► La produzione industriale si riprende ma la crisi continua

la crisi continua soprattutto per le imprese che sono orientate al mercato interno. Mentre il fatturato scende, gli ordinativi, quelli esteri in particolare, continuano ad aumentare. La nostra industria deve riuscire a cogliere sempre di più le opportunità dei mercati emergenti perché purtroppo anche l’Europa è in difficoltà.

Consumi ancora in calo: iniziano a soffrire anche i discount

 Il primo mese del 2013 non ha portato nessun miglioramento per gli italiani: i consumi hanno continuato a scendere, facendo segnare un – 0,5 % rispetto al mese precedente e un – 3 % su base annua, ovvero rispetto al gennaio dello scorso anno.
► La crisi cambia le abitudini alimentari degli italiani

Inoltre, l’analisi dell’Istat mostra anche un altro dato che fa riflettere: per la prima volta sono in netto calo anche i consumi alimentari (- 0,6 % su base mensile e – 2,3% su base annua), che sono andati peggio di quelli non alimentari (- 0,4 %  e – 3,3 % su base annua), e sta cedendo anche l’ultima barricata di resistenza alla crisi: i discount alimentari, che perdono lo 0,2%.

Il calo delle vendite dei prodotti alimentari interessa tutte le diverse forme di distribuzione: per la grande distribuzione il calo è stato del 2,3%, mentre per le imprese operanti su piccole superfici la perdita si attesta al 3,5%.

I nuovi dati dell’Istat sono stati adeguati agli indici di riferimento delle vendite al dettaglio aggiornate al 2010 e tengono anche conto dell’andamento dell’inflazione: le percentuali comunicate dell’Istat, in questo modo, fotografano in maniera molto precisa la drammaticità delle situazione economica degli italiani che, davvero, non possono più permettersi di acquistare cibo.

► Calano consumi e occupazione nel settore alimentare

Infatti, se il crollo delle vendite dei supermercati tradizionali poteva essere anche imputato ad una scelta al risparmio degli italiani, il fatto che le vendite stiano calando anche per i discount mostra che la crisi dei prodotti alimentari è ormai strutturale.