L’Italia è il paese più colpito dalla crisi

 Stando a quanto riportato dall’Unione Europea, l’Italia è stato il paese che di più ha sofferto dello stress economico creato dalla crisi globale iniziata nel 2008. Rispetto alla media di tutti gli altri paesi europei, tra i quali figurano anche Spagna e Cipro, due dei paesi che al momento sono nelle condizioni peggiori, in Italia c’è il 15% in più di persone in difficoltà e la produttività si è abbassata del 2,8% in più.

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Nel rapporto sulla disoccupazione rilasciato da Bruxelles in queste ore, si legge:

Lo stress economico ha avuto ripercussioni in Bulgaria, Cipro, Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna e soprattutto Italia, dove è salita al 15% la popolazione in difficoltà economica. In seguito a crescita debole o negativa, cala la produttività in Ue e l’Italia ha fatto registrare di gran lunga il suo calo più accentuato: -2,8% nell’ultimo trimestre 2012, dopo il calo ancora più forte del 3% del precedente trimestre.

Stesso discorso anche per la disoccupazione, che nel nostro paese ha subito, nell’ultimo trimestre, l’accelerazione più marcata: in Italia il dato si è attestato allo 0,5% in più, facendo così arrivare l’Italia al primo posto, seguita da Polonia (+0,3%), Spagna (+0,1%) e Francia (+0.1%).

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Gli altri dati che emergono dal rapporto trimestrale sull’occupazione dell’Unione Europea riguardano il perdurare delle difficili condizioni lavorative complessive, con la disoccupazione che nel mese di gennaio ha raggiunto quota 26,2 milioni di persone, pari al 10,8% della popolazione economicamente attiva, e il divario che si va sempre più allargando tra l’Europa del nord e l’Europa del sud: 10 punti percentuali nel 2012.

Sempre più pesante il fisco sui salari italiani

 Secondo quanto emerge dal rapporto Taxing Wages del 2012 dell’Ocse, i salari degli italiani sono sempre più sotto la pressione del fisco: il cuneo fiscale, ovvero la differenza tra il salario lordo e quello netto, è arrivata al 47,6% nel caso di un single senza figli e al 38,3% per i lavoratori che hanno a carico una famiglia con due figli.
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La media dei paesi Ocse per il cuneo fiscale è del 35,6% per un single senza figli e del 26,1% per una famiglia con un reddito e due bambini, L’Italia, quindi, si posiziona ben oltre la media, stessa condizione che si rileva anche per quanto riguarda il salario medio netto degli italiani, ma al contrario, in quanto è molto più basso della media dei paesi Ocse: siamo, infatti, al 22° posto.

Il valore medio di un salario in Italia, infatti, è di 25.303 dollari (dato aggiornato al 2012), posizionandosi così al 22esimo posto sui 34 paesi aderenti all’Ocse: anche la Spagna, paese che si trova in una condizione anche più difficile di quella in cui versa il nostro paese, ha un salario medio netto superiore (27.500 dollari).

► Secondo l’Ocse è stato raggiunto un nuovo record del tasso di disoccupazione

Superiori alla media Ocse anche i dati che riguardano la velocità di crescita del cuneo fiscale sui salari: 0,8 punti percentuali dal 2009 al 2012, contro 0,6, per i single, e di 1,4 punti percentuali, contro 1,1, per le famiglie monoreddito con due figli.

Anagrafe dei conti correnti, la nuova arma del fisco

 E’ stato firmato questa mattina da Attilio Befera, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, il provvedimento che vara la nascita, e la prossima operatività, dell’Anagrafe dei rapporti finanziari, un nuovo strumento del quale si avvarrà il Fisco per la lotta contro l’evasione fiscale.
► L’Erario anche sui conti correnti

L’Anagrafe dei rapporti finanziari era stata già prevista nel decreto Salva-Italia del governo Monti, e, a partire dal prossimo ottobre, sarà applicato a conti correnti, depositi, contratti derivati, fondi pensioni, investimenti vari, acquisti di oro e preziosi, utilizzo delle carte di credito e cassette di sicurezza, con i primi dati che arriveranno all’Agenzia a partire da ottobre e relativi al 2011.

L’Anagrafe dei cinti correnti prevede:

1. Sid (sistema per scambio dati) al quale dovranno aderire tutti gli operatori finanziari. Il sistema è necessario per creare una rete di interconnessione  tra sistemi informativi e apposite misure di sicurezza di natura tecnica e organizzativa.

2. Invio dei dati: tutti gli operatori finanziari italiani dovranno, dopo il primo periodo di messa a punto del sistema, inviare i dati annualmente ed entro il 20 dell’anno successivo a quello al quale si riferiscono i dati.

► Sfuggire al fisco è sempre più difficile

3. I dati da trasmettere sono tutti quelli identificativi del rapporto finanziario (saldi iniziali e finali del rapporto riferiti all’anno interessato) e gli importi totali delle movimentazioni tra dare e avere.

Quanto sono aumentate le tasse locali?

 Regioni, provincie e comuni hanno rispolverato il vecchio metodo per far quadrare i conti dei loro esercizi: laddove manca qualcosa, viene immediatamente colmato il vuoto con l’aumento delle tasse. Una gioco che in tempo di crisi mette davvero in condizioni molto difficili sia i lavoratori che le imprese.
► Aumento delle tasse, chi ci salverà dalla stangata estiva?

Solo nel corso del 2012, secondo uno studio dell’Istat, le imposte che le amministrazioni locali hanno fatto pagare ai loro contribuenti sono salite del 5% su base annua, pari a un aumento del gettito di 9,2 miliardi, per un totale di 182,9 miliardi.

Come evidenzia l’Istat, c’è stata una inversione di marcia rispetto a qualche anno fa e la colpa, ovviamente, viene fatta ricadere sulla crisi economica: nel 2008/2009, infatti, si è assistito ad un allentamento della pressione fiscale, che si è subito ritrasformato in aumento già a partire dal 2010. Gli incrementi annuali sono stati, mediamente, del 10%, per un aumento complessivo in dieci anni di 44,5 miliardi di euro (+32,2%), così distribuiti: 23,9 miliardi per i comuni (+31,1%); 1,4 miliardi per le provincie (+41,3%) e 19,3 miliardi in più (+33,1%) per le regioni.

► IVA, IMU e Accise le tasse più remunerative

Per le amministrazioni locali le tasse sono diventate una delle fonti di sostentamento più alte:  nel 1991 le entrate fiscali ammontavano al 14,2% del totale per i comuni e al 15,2% per le regioni, mentre al 2011 si è arrivati al 39,7% per i comuni e al 42,3% per le regioni.

Aumento delle tasse, chi ci salverà dalla stangata estiva?

 La situazione è molto preoccupante. L’incertezza politica post elezioni sta portando l’Italia sull’orlo del baratro, con i cittadini che, se non si riuscirà a creare un governo in breve tempo, potrebbero veder funestate le loro vacanze estive da una pioggia di aumenti delle tasse.

► IVA, IMU e Accise le tasse più remunerative

L’appuntamento è per il prossimo giugno: momento in cui i cittadini italiani saranno chiamati a pagare Imu -che si aspetta molto più cara rispetto a quest’anno- Irpef e Tares -molto più alta della precedente imposta sui rifiuti in quanto comprende anche altri servizi comunali.

Nello specifico, secondo quanto riportato dall’Osservatorio sulla fiscalità locale della Uil, l’aumento delle tasse, trainato soprattutto dall’aumento dell’Irpef, potrebbe arrivare fino ad una maggiorazione di 171 medi a contribuente.

La CGIA di Mestre ha fatto lo stesso calcolo per lavoratori autonomi e piccoli imprenditori che, dato che dovranno pagare versamenti Inps, la tassa annuale di iscrizione alla Camera di commercio, la prima rata dell’Imu e della Tares, più l’autoliquidazione Irpef (saldo 2012 e l’acconto 2013), saranno chiamati a versare al Fisco 25.700 euro circa.

► Arriva l’IMU dove non arriva l’IRPEF

Una bella stangata, tanto per i lavoratori quanto per le imprese, che potrebbe essere evitata solo se il nuovo governo riuscirà a formarsi e, come promesso ai tempi della campagna elettorale, avrà cura di prendere provvedimenti mirati per dare respiro ai contribuenti.

 

Sarà una Pasqua di crisi?

 I primi mesi del 2013 sono stati particolarmente difficili per le attività commerciali italiane. Secondo i dati del rapporto stilato dall‘Osservatorio di Confesercenti, infatti, tra gennaio e febbraio del 2013 sono state chiuse più di 7mila attività commerciali tra bar, hotel e ristoranti, per un saldo negativo di 4.723 esercizi.
► Secondo Bankitalia l’instabilità politica minaccia la ripresa economica prevista per il 2013

Nessuna delle regioni italiane si è slavata da questa strage di attività: si sono persi 2.298 ristoranti, 1.933 bar e 492 tra le imprese attive nell’alloggio e nel catering, con una particolare concentrazione di chiusure in Lombardia, dove hanno chiuso 1.029 aziende (per un saldo di -584), poi in Emilia Romagna (-507), Piemonte (-473), Toscana (-408) e Veneto (-398).

Una situazione molto drammatica che, stando a quanto afferma la Confesercenti, non migliorerà neanche in occasione della Pasqua: pochi i turisti in arrivo dall’estero (tra il 10 e il 15% in meno rispetto allo scorso anno) e ancora di meno gli italiani che hanno deciso di spostarsi in questi giorni di vacanza.

► Rapporto Confcommercio sulla povertà in Italia

Al momento la flessione delle prenotazioni, sia tramite agenzia che direttamente alle strutture, hanno subito un calo del 20%, che potrebbe portare, se non ci sarà una ripresa dell’ultimo minuto, ad un calo del fatturato previsto per questo periodo pari al 30/40%, anche perché tra coloro che hanno già prenotato si è assistito ad un calo della spesa pro capite: l spesa media per il viaggio di Pasqua, quest’anno, si aggira intorno alle 300-400 euro per una vacanza di 4-5 giorni e di 200-300 euro per quella di tre giorni.

Secondo Bankitalia l’instabilità politica minaccia la ripresa economica prevista per il 2013

 Fabio Panetta, vice direttore generale della Banca d’Italia, è intervenuto questa mattina al Seminario dell’Associazione per lo sviluppo degli studi di Banca e Borsa in corso a Perugia, esponendo le difficoltà alle quali sta andando incontro il paese per uscire dalla crisi economica.

► Le imprese italiane non hanno fiducia nel futuro

Secondo Panetta, dall’inizio della crisi, il Pil del paese è sceso di 7 punti e sono stati persi, nel complesso, 600.000 posti di lavoro. Tanti anni di crisi durante i quali l’Italia si è trovata a dover gestire, oltre al difficile momento economico globale, anche il riacutizzarsi di questioni di debolezze strutturali tipiche del nostro paese, che, in un momento come questo, si sono manifestate in tutta la loro drammaticità.

Nell’arco di un quinquennio l’Italia ha dovuto far fronte alla crisi finanziaria, all’instabilità del mercato del debito sovrano e a due profonde recessioni.

Ma non è solo questo a preoccupare il vice direttore di Bankitalia, perché al momento la ripresa del paese, che dovrebbe iniziare già a partire dalla seconda metà dell’anno per poi prendere avvio con il nuovo anno, è minacciata dal clima di profonda instabilità politica:

► Consumi italiani ai livelli del 2004

Nelle ultime settimane sono riaffiorate incertezze circa l’evoluzione dell’economia italiana. La ripresa, pur moderata, prevista per la parte finale dell’anno, è minacciata dalla imprevedibilità del quadro politico interno e dal riemergere di turbolenze finanziarie nell’area dell’euro, che potrebbero incidere sulla fiducia degli operatori e sull’attività di investimento.

 

La situazione del reddito degli italiani

 Gli italiano hanno complessivamente 805 miliardi di euro di reddito da lavoro, con uno stipendio medio pro capite di 19.655 euro. Questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto rilasciato ieri dal Ministero del Tesoro, che segue il rapporto della Confcommercio sulla povertà in Italia.
► Rapporto Confcommercio sulla povertà in Italia

La busta paga dell’italiano medio, quindi, ammonta a circa 19mila euro al mese, ma non tutti in Italia riescono a guadagnare questa cifra: il rapporto evidenzia la differenza di reddito tra il Nord e il Sud, con la Lombardia che si aggiudica il primato della regione con il reddito più alto (23.210 euro di stipendio medio pro capite) e la Calabria che si aggiudica la maglia nera con un reddito medio pari a 14.230 euro.

Tra questi due estremi, la metà degli italiani arriva a circa 15.723 euro, con un evidente divario tra i lavoratori autonomi che guadagnano 42.280 euro e i dipendenti che arrivano alla metà di questa cifra con 20.020 euro. Pensionati sotto la media con un reddito da pensione che arriva a 15.520 euro.

► Oltre la metà delle famiglie italiane è in crisi

La situazione del reddito degli italiani fa sì che circa 9,7 milioni di persone si trovino esentate dal pagamento dell’Irpef, l’imposta sulle persone fisiche che rappresenta una delle maggiori fonti di entrata per lo Stato, si tratta, prevalentemente, di contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione, ovvero di contribuenti la cui imposta lorda si azzera con le numerose detrazioni riconosciute dal nostro ordinamento.

 

Imprese ancora nella morsa del credit crunch

 Secondo il rapporto Congiuntura Flash rilasciato dal Centro Studi di Confindustria le imprese italiane continuano ad avere delle grandi difficoltà nel farsi concedere crediti e prestiti per le loro attività dalle banche e dagli istituti di credito: ad oggi, le aziende in difficoltà sono quattro su dieci.

► Le imprese italiane temono di chiudere

Nello specifico, il rapporto evidenzia che a febbraio 2013 il 15,3% delle aziende non è riuscita ad ottenere il credito richiesto (dal 6,9% del primo semestre 2011) e il 25,4% l’ha ottenuto ma condizioni penalizzanti.

La causa di questa ulteriore stretta del credito, secondo l’analisi della Confindustria,è da rintracciarsi, da un lato, nella difficile condizione delle famiglie il cui reddito non basta più a sostenere i consumi e, dall’altro, nel clima di incertezza del paese che spaventa gli eventuali investitori.

A peggiorare ulteriormente le condizioni di un’Italia alle prese, di già, con questa situazione ci sono anche le funeste previsioni per il futuro: i dati della Confindustria, infatti, evidenziano il perdurare dello stallo del mondo del lavoro – a gennaio si sono persi altri 97 mila posti di lavoro rispetto al dicembre del 2012 – facendo balzare il tasso di disoccupazione al 11,7%, contro l’11,3% in dicembre.

► Confindustria: Italia in piena emergenza credito

Il nodo da sciogliere nell’immediato, secondo Confindustria, è il Governo:

In assenza di una politica che indichi le priorità e la rotta, il rischio è che tutti gli attori stiano sulla difensiva e che il gioco per il Paese sia a somma negativa.

Rapporto Confcommercio sulla povertà in Italia

 Non solo in Italia nel 2013 ci saranno 4 milioni di nuovi poveri, ma la crescita del Pil si attesterà al -1,7% e i consumi scenderanno ancora del 2,4%. Un quadro allarmante, che mostra come l’Italia non sia ancora riuscita ad uscire dalla crisi e come, anche per quest’anno, le condizioni delle famiglie italiane siano destinate a peggiorare.

► Oltre la metà delle famiglie italiane è in crisi

Continua a crescere la povertà

La condizione economica delle famiglie italiane continua a peggiorare. Il rapporto di Confcommercio evidenzia che nel corso di quest’anno la quota delle persone che possono essere definite ‘assolutamente povere’ salirà a 4 milioni, pari ad oltre il 6% della popolazione. In cinque anni in Italia sono stati prodotti ben 615 nuovi poveri al giorno, un dato che, secondo l’analisi di Confcommercio, è destinato a salire.

I dati sui nuovi poveri in Italia è stato ottenuto con l’utilizzo del MiC (Misery index Confcommercio) un indicatore macroeconomico aggregato per la misurazione del disagio sociale.

Taglio del Pil e dei consumi

Nel 2013, secondo i dati analizzati dalla Confcommercio, i consumi delle famiglie scenderanno ancora del 2,4%, con una leggera ripresa nel 2014 (+0,3%). Una stima al ribasso rispetto a quanto l’Associazione dei Commercianti aveva dichiarato (-0,9%).

Il calcolo complessivo della contrazione dei consumi dall’inizio della crisi nel 2007 ad oggi mostra che gli italiani hanno perso circa 1700 euro a testa del budget disponibile per le spese personali.

Anche per il Pil le stime della Confcommercio non dicono nulla di buono: per il 2013 si prevede un calo dell’1,7%, in ribasso rispetto al –0,8% indicato cinque mesi fa. Poco meglio le previsioni per il 2014, anno per il quale la Confcommercio indica un rialzo dell’1%.

► Giovani europei a rischio povertà, soprattutto gli italiani

Lavoro e produttività

Il rapporto di Confcommercioha messo in evidenza un’anomalia tutta italiana: i lavoratori del nostro paese, pur lavorando più dei loro colleghi tedeschi e francesi, producono di meno.

Lavoratori dipendenti e autonomi hanno lavorato circa 1.774 ore ciascuno (20% in più dei francesi e il 26% in più dei tedeschi) ma producono di meno: la ricchezza prodotta da un lavoratore italiano per ogni ora lavorativa è di circa 36 euro, mentre  i tedeschi producono il 25% in più e i francesi quasi il 40% in più.

Inoltre, mentre in altri paesi la produttività ha avuto un andamento positivo, aumentando progressivamente ogni anno -fino al 20% in più in Germania e all’11% in più in Francia, ma lo stesso fenomeno si è verificato anche in altri paesi- in Italia la crescita della produttività si è fermata al +4%.

Secondo il Codacons, che ha commentato i dati presentati dalla Confcommercio, non solo i poveri italiani arriveranno a 4 milioni, ma esiste una larga fetta della popolazione, non considerata in questa stima, per la quale il reddito mensile non basta più e che è stata costretta a ridurre i consumi, e aggiunge:

Difficilmente si potrà tornare ai livelli del Pil precrisi prima del 2019 se non si interverrà finalmente per aumentare la capacità di spesa delle famiglie italiane e del ceto medio. Il prossimo Governo, sempre che ci sia, dovrebbe come primo provvedimento rinviare l’aumento dell’Iva di luglio che colpirebbe proporzionalmente ricchi e poveri, strangolando definitivamente quelle famiglie che non riescono più a risparmiare.