Squinzi lancia un appello al nuovo esecutivo

 Nonostante la nomina dei presidenti di Camera e Senato in Italia si è ancora in preda ad una grande confusione politica della quale fanno le spese, come sempre accade, i cittadini e le imprese.

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E’ Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, a chiedere al nuovo governo che si sta insediando in questi giorni di mettere in campo un programma solido e serio per dare un po’ di ossigeno alle imprese, ormai soffocate da fisco e dai pagamenti ancora bloccati delle pubbliche amministrazioni.

Quello che serve in questo momento al paese, secondo il leader degli industriali italiani, è

un governo che sia capace di governare, possibilmente stabile, che metta al centro della sua azione, anche prima di qualsiasi intervento politico o istituzionale l’attenzione all’economia reale.

Così i passi da fare nei primi 100 giorni di governo dovranno essere dettati dal buon senso, al di là delle divergenze politiche, perché, secondo Squinzi che ha un’esperienza imprenditoriale di quasi cinquanta anni, il paese, al momento è in preda al terrore che si manifesta con una spesa minima e nessun investimento.

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Quindi, sbloccare i pagamenti delle PA e far ripartire il credito, passi possibili allentando un po’ il rigore imposto dall’Europa per quanto riguarda il pareggio di bilancio.

 

 

Imprese italiane a corto di liquidità

Nei giorni passati Confesercenti ha diffuso dei dati poco entusiasmanti sul panorama delle imprese commerciali italiane, in base ai quali risulta che un po’ in tutta la penisola il numero delle imprese che chiudono è superiore alle nuove che nascono.

>  In Italia chiudono 167 negozi al giorno

L’inizio del 2013 si è dimostrato particolarmente negativo da questo punto di vista e le regioni più colpite dal fenomeno sembrano essere state la Lombardia e il Lazio.

Oggi l’Osservatorio sul credito di Confcommercio fa sapere che il 70% delle imprese italiane si rivolgono alle banche per mancanza di liquidità o per difficoltà di cassa. Ad essere colpite per la prima volta sono anche molte imprese collocate nel Nord-Est d’Italia. Solo il 20% delle imprese italiane, infine, si rivolge ancora alle banche per la realizzazione di investimenti.

Allarme per la chiusura di molte imprese italiane

Ma vediamo quali sono le reazioni delle banche stesse a queste richieste. Il 40% delle imprese che chiedono liquidità si sono viste rifiutare il credito o ne hanno ottenuto meno rispetto all’ammontare iniziale, mentre solo il 30% di queste ultime riesce ad ottenere la cifra di cui aveva fatto richiesta in origine.

Aumenta così il numero delle imprese che non sono riuscite a far fonte al proprio fabbisogno finanziario (20% circa) e il settore più colpito è quello dei servizi.

La crisi cambia le abitudini alimentari degli italiani

Anche la recessione può contribuire a modificare le abitudini alimentari di una intera popolazione. Lo rileva una ricerca di Federalimentare che descrive come cinque anni di crisi, dal 2008 al 2013, abbiano cambiato le scelte dei consumatori in fatto di alimenti.

Negli ultimi cinque anni, infatti, i consumi alimentari degli italiani si sono ridotti in generale del 10%, con una spesa complessiva che è calata di circa 20 miliardi di euro. A subire delle modifiche, poi, è stato proprio l’intero paniere dei beni di consumo.

Calano consumi e occupazione nel settore alimentare

La recessione ha portato gli italiani a consumare meno carne, che in genere incide  parecchio sul costo complessivo della spesa, ma anche meno latticini, pesce, salumi, olio, frutta fresca e biscotti, prodotti di cui si è riusciti a fare a meno nell’ottica di una riduzione dei consumi. Non hanno invece subito un analogo calo pasta, il cui consumo è invece aumentato, trattandosi di un alimento nutriente ed economico, ma anche cioccolato e gelato, piccoli peccati di gola utili forse per tenere alto il morale anche in tempi di crisi.

In Italia chiudono 167 negozi al giorno

Le nuove abitudini alimentari degli italiani hanno avuto anche delle conseguenze sulla produzione dei rifiuti. Gli scarti alimentari sono infatti passati da un 25-30% degli anni passati ad un odierno 7%, segno che la spesa degli alimenti freschi viene ormai centellinata.

In Italia chiudono 167 negozi al giorno

La crisi economica ha colpito duramente le attività produttive e le famiglie, ma anche il settore del commercio è stato pesantemente investito dal trend negativo della recessione. A confermarlo sono i dati di Confesercenti, che tracciano un bilancio dell’andamento del settore nei primi due mesi del 2013.

Consumi italiani ai livelli del 2004

Tra gennaio e febbraio in Italia si è potuta registrare la chiusura di oltre 10mila attività commerciali, ovvero una media di 167 imprese commerciali in meno ogni giorno. Le nuove aperture, poi, sono diminuite del 50% e se il trend negativo si confermerà come tale fino a fine anno, il commercio italiano perderà in totale qualcosa come 60mila imprese. Per Confesercenti, inoltre, si tratta dei dati più negativi degli ultimi 20 anni.

In aumento le imprese straniere in Italia

Ad essere maggiormente interessati dal fenomeno sono state le aree del Centro-Nord, ma la città che sembra aver sofferto del maggior numero di chiusure è la capitale, dove già si può parlare di una bolla dei negozi sfitti. Le conseguenze di questo stato di cose sono infatti di un certo rilievo sia per il settore immobiliare, sia per quello occupazionale. Se il trend negativo continuerà fino alla fine del 2013 si stima una perdita complessiva di circa 200mila addetti del settore e di miliardi di euro in affitti non percepiti.

Debito pubblico italiano cresce ancora e tocca quota record

La Banca D’Italia ha diffuso i nuovi dati relativi alla situazione del debito pubblico italiano. Anche nel mese di gennaio 2013 si è potuto registrare un incremento di quest’ultimo, che ha guadagnato, per così dire, altri 34 miliardi. Grazie a questo ultimo incremento il debito pubblico del nostro paese ha potuto così raggiungere la quota record di 2.022,7 miliardi di euro, una cifra che segna contemporaneamente anche il suo massimo storico.

Ritardi nella crescita secondo la BCE

Sembra che ad incidere in modo particolare sul debito siano state, nell’ultimo periodo, le spese dell’amministrazione centrale, che hanno influito per 34,5 miliardi, mentre è diminuita la spesa delle amministrazioni locali ed è rimasto invariato il contributo degli enti di previdenza.

> Morgan Stanley abbassa stime del Pil italiano

L’aumento del debito pubblico italiano avviene tra l’altro in un momento in cui la stessa BCE, come scritto nell’ultimo bollettino mensile pubblicato, ha invitato i paesi europei con forti debiti pubblici a risolvere al più presto il problema del rapporto debito/PIL in modo da agevolare meccanismi positivi di ripresa. Da questo punto di vista l’Italia si trovava a dicembre 2012 a quota 127% nel rapporto debito-PIL, molto più della media europea, che si attestava invece suui 90%. Ma livelli particolarmente alti del debito pubblico hanno sicuri effetti negativi sulla crescita di lungo periodo, cosìcché sarà necessità dell’Italia invertire al più presto il trend negativo del debito.

Nuovo crollo per il mattone

 Il mattone è in piena crisi. A dirlo gli ultimi dati rilasciati dall’Agenzia delle Entrate che evidenziano un ulteriore calo di circa il 30% di contratti di compravendita immobiliare nell’ultimo trimestre del 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011, che riportano il mercato ai livelli del 1985.
► Molti gli immobili invenduti

Effetto della crisi economica, che ha fatto scendere il numero delle compravendite immobiliari a 993.339, circa 330mila in meno rispetto al 2011, con un calo del -24,8% su base annua (2012 su 2011).

Non scende solo il numero delle unità vendute, a calare anche il valore di scambio delle abitazioni stimato a 74,6 miliardi, in calo rispetto al 2011 di circa il 26%, una percentuale che corrisponde a una perdita di oltre 26 miliardi di euro.

Una casa sul mercato italiano ha un valore medio di 167 mila euro, con picchi di 220 mila euro al centro e di 120 mila euro nelle Isole, tutti valori, questi, in calo rispetto al precedente semestre. Le grandi città  (Roma, Milano, Torino, Genova, Napoli, Palermo, Bologna e Firenze) hanno subito un calo delle compravendite immobiliari pari al 22,4% su base annua. Un trend comune, dal quale si salva solo Napoli, per cui la diminuzione delle trattative si è attestata al solo -0,8%.

► Gli immobili di lusso ci sono ma non si comprano

Crolla il numero delle case vendute e crollano anche i mutui erogati: -38,6% rispetto al 2011, con un corrispondente calo del capitale complessivamente erogato del 42,8%, Aumenta, però, la rata mensile che si attesta intorno a 700 euro, circa il 3% in più rispetto al 2011.

Bulgari evade per 3 miliardi di euro

Gli ufficiali della Guardia di Finanza del comando provinciale di Roma hanno sequestrato, questa mattina, beni e altre disponibilità per un totale di 46 milioni di euro di proprietà della nota holding del lusso “Bvlgari“.

Lavorare da Bulgari

L’accusa è quella di aver evaso, a partire dal 2006 in poi, circa tre miliardi di euro di ricavi, attraverso la creazione di società in Olanda e in Irlanda, il cui scopo era appunto quello di aggirare le restrittive norme del fisco italiano. Personaggi ai vertici della direzione aziendale, quali Paolo e Nicola Bulgari, azionisti e soci storici dell’azienda, Francesco Trapani e Maurizio Valentini sono stati quindi tutti indagati dalla procura di Roma per dichiarazione fraudolenta.

Otto motivi per investire nelle azioni Tod’s

Le indagine delle Fiamme Gialle hanno portato alla luce il fatto che a partire dal 2006 la multinazionale si era servita di una cosiddetta Escape Strategy volta alla riallocazione dei margini mondiali di guadagno (cioè il differenziale tra i ricavi e i costi delle vendite) attraverso la creazione di controllate estere, situate in stati diversi dall’Italia, con lo scopo di fuggire il sistema di imposizione italiano. Nel caso specifico le società si trovavano in Svizzera, in Olanda e in Irlanda, paese con la pressione fiscale più bassa d’Europa, nel quale era stata creata appositamente la Bvlgari Ireland LTD, o Beire.

Morgan Stanley abbassa stime del Pil italiano

 Dopo che Fitch ha abbassato il rating del debito italiano da A- a BBB+ con outlook negativo, anche l’altra banca americana che si occupa molto di rating, la Morgan Stanley, ha deciso di ridurre la fiducia riposta fino ad ora nel paese e rivede al ribasso le stime di crescita.

Secondo Morgan Stanley, infatti, il Pil dell’Italia nel 2013 si abbasserà fino a toccare il -1,7%, contro un dato atteso dell’1,2%.

► Chiude male Milano dopo la bomba Fitch

Le motivazioni addotte dalle due banche sono pressoché uguali: lo stallo politico che si è creato nel paese dopo l’esito inconcludente delle elezioni potrebbe portare ad un ulteriore aggravarsi della recessione attualmente in corso.

L’instabilità politica probabilmente rimarrà, anche se la formazione di un governo dovesse avere successo. Questo potrebbe complicare la richiesta di un Omt, cioè un’eventuale assistenza finanziaria messa a disposizione da Ue e Bc.

Ma non basta. Infatti, secondo gli economisti della banca d’affari americana, c’è un buon 30% di probabilità che si verifichi una “paralisi politica durevole” che provocherebbe un calo del Pil previsto per il 2013 di quasi il 3%, una forte contrazione che perdurerà anche nel 2014.

► Il rating italiano in bilico

Una situazione dalla quale si può uscire solo nel caso in cui il governo che verrà formato, se verrà formato, sarà in grado di trovare un accordo su un pacchetto di riforme istituzionali, anche se le riforme economiche probabilmente saranno rinviate ulteriormente.

Ignazio Visco chiede alle banche di non distribuire dividendi

 Ignazio Visco, dopo che a febbraio, nel suo intervento al Forex di Bergamo, aveva chiesto che alla Banca D’Italia venissero concessi maggiori poteri per rimuovere i vertici delle banche e impedire agli istituti in perdita di distribuire i bonus, interviene nuovamente per chiedere un ulteriore giro di vite per le banche.
► L’Ue approva il tetto per gli stipendi dei dirigenti di banca

Il governatore, infatti, si scaglia nuovamente contro i superbonus dei manager bancari chiedendo che le banche che per il 2012 hanno i conti in rosso o che hanno l’indice patrimoniale inferiore al livello comunicato dalla Vigilanza di non distribuire i dividendi.

Consapevole che le banche e i loro amministratori potrebbero trovare l’escamotage per aggirare la norma, Visco precisa anche che gli stipendi dei manager, fissi o meno che siano, non dovranno subire alcun aumento per il prossimo anno.

Per ora, quello di Via Nazionale è solo un invito a mantenere un adeguato livello di moralità alle banche, nel senso che gli istituti hanno il dovere di adeguarsi alle difficili condizioni del paese  e prendersi, in questo modo, carico della loro responsabilità per il presente e il futuro del paese.

► Ignazio Visco interviene sul ruolo delle banche centrali

Un invito, comunque, che potrebbe trasformarsi in una ondata di controlli e nuove norme se le banche continueranno a non seguirlo.

 

 

Calano consumi e occupazione nel settore alimentare

Anche il settore alimentare comincia a pagare gli effetti di una crisi che perdura ormai da troppo tempo. I consumi alimentari risultano infatti diminuiti di molto. Sono 20 i miliardi di euro persi in 5 anni, mentre l’occupazione configura una perdita di circa 5000 posti di lavoro durante lo scorso anno. Ciò si evince dai dati di Federalimentare inerenti all’andamento dell’industria alimentare nel 2012.

Dati

I dati parlano di tagli alla spesa alimentare relativi agli ultimi 12 mesi. Tagli del -3%, e dunque di circa 7 miliardi di euro.

I tagli arrivano al -10% se si prende in considerazione l’ultimo cinquennio.

Pagata la crisi

L’ultimo anno, per l’industria alimentare, è stato quello in cui la crisi si è fatta sentire maggiormente. Quello è che il secondo settore più produttivo, dopo il manifatturiero, paga la recessione dei consumi italiani.

Export

Le sfide sul mercato estero sono sempre più impegnative, anche se l’export tiene duro ed è ancora al + 8%. Senza dubbio, il Made in Italy continua ad avere il suo fascino in tutto il mondo, ma i problemi relativi all’intero sistema economico hanno colpito l’alimentare.

Di conseguenza, è stato inevitabile anche il crollo occupazionale. Il 2013, con ogni probabilità, non sarà foriero di cambiamenti in meglio. Non resta che stringere la cinghia e sperare che il settore alimentare regga l’urto.