Cancellati i piccoli arretrati con il Fisco

Di recente si è verificata l’approvazione di una mini sanatoria riguardante i debiti che vanno fino ai 2.000 euro contratti con il fisco entro il 31 dicembre 1999.

Questa è, indubbiamente, una delle novità più importanti contemplate all’interno della legge di stabilità, introdotta con un emendamento presentato dai relatori nei giorni scorsi in Parlamento.

Secondo quanto previsto dai relatori dell’emendamento i piccoli debiti contratti con il fisco (ricordiamo che parliamo dei debito che arrivano sino a 2.000 euro) inseriti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999 sono automaticamente annullati.

Ciò è contemplato da un emendamento presentato dai relatori all’interno della Legge di stabilità. La spiegazione è che si tratta di 2 mila euro inclusi capitale, interessi e sanzioni. Il decreto dovrebbe entrare in vigore tra sei mesi. Un altro intervento fondamentale è quello inerente alle ricongiunzioni previdenziali. Anche questo è previsto da un emendamento firmato in calce dai relatori ed esposto all’interno della Legge di Stabilità all’esame della commissione Bilancio del Senato.

I relatori sottolineano, dunque, l’arrivo delle ricongiunzioni gratuite, che interessano coloro i quali sono passati prima del 20 luglio di due anni fa (30/07/2010) dal Pubblico Impiego all’Inps.  Per quanto concerne i periodi successivi la totalizzazione è auspicabile invece soltanto nel caso in cui il lavoratore non sia già uno degli aventi diritto ad una pensione e, in ogni caso, solo per il trattamento di vecchiaia.

Un’ultima analisi è da fare circa le coperture. In questo caso l’emendamento ‘prende’ dal Fondo del Welfare per una cifra che sarà di 32 milioni nel 2013, di 43 milioni nel 2014 e di 51 milioni tra tre anni, nel 2015.

 

 

Rischio dissesto Province

La caduta del Governo Monti (il ‘Professore’ si dimetterà dopo l’ok alla Legge di Stabilità) ha fatto si che non si verificherà un accorpamento delle Province.

In altri termini, il tanto vituperato decreto che prevedeva l’unione di alcune zone sotto un unica provincia, non si farà. Erano 107 Province e resteranno 107 province.

In definitiva le province rimarranno 107. La questione, tuttavia, è molto più delicata del previsto. I cittadini potrebbero comunque non disporre più di una serie di agevolazioni essenziali.

Ne ha parlato il presidente della Provincia di Savona, Angelo Vaccarezza. Vaccarezza, che è anche vicepresidente dell’Unione Province Italiane, fa risalire l’inizio della vicenda al famoso ‘Decreto Salva Italia’, previsto dall’articolo 23. Il Decreto stabiliva che ogni provincia doveva essere privata dalle sue competenze, trasferite nelle mani delle Regioni e dei Comuni, i quali avrebbero dovuto stabilire entro il 31 dicembre 2012 quali servizi delegare alle province. Una sorta di ‘boomerang burocratico‘.

Nel ‘Tira e molla’ di servizi da spartire tra Regioni, Comuni, e Province, quello che rimane è una consequenziale ricaduta economica. Settori quali viabilità e mobilità sono al momento oggetto di un passaggio di mano da gestore a gestore. La loro gestione prevede una spesa di quasi 1 miliardo e 450 milioni di euro.

Resta da sciogliere, inoltre, il nodo relativo all’edilizia scolastica, e dunque l’amministrazione di più di 5.000 istituti (entrando nel dettaglio si tratta di 120.000 classi, ‘riempite’ da più di 2 milioni e 500.000 allievi. Una spesa, quest’ultima, che come sottolinea Vaccarezza si aggira intorno ai 2 miliardi e 210 milioni di euro. Senza pensare a gestione e tutela ambientale, al problema dello smaltimento dei rifiuti, riguardanti una spesa di circa 3 miliardi e 200 milioni di euro.

Tutti sono in attesa degli sviluppi, così da evitare il problema più grande: il rischio del dissesto delle province.

Auto, calano le immatricolazioni

Per il mercato dell’auto il 2012 si chiuderà con 1,4 milioni di immatricolazioni di nuove vetture. Il calo è evidente, essendo di oltre il 20% sullo scorso anno rispetto allo scorso anno.

E’ quanto affermato da Roberto Vavassori, presidente Anfia, il quale afferma che per il prossimo anno è previsto un cambiamento minimo sui volumi di vendita. Le similitudini con l’anno in corso, negativo dal punto di vista commerciale per il settore, proseguono. Il Nostro Paese è soggetto a contrazioni, con poche possibilità di far registrare una netta inversione di tendenza.

Per Vavassori non si può scendere sotto il milione e quattrocento immatricolazioni. Tuttavia, il Presidente Anfia prevede che presto si tornerà intorno ai 2 milioni. L’unica attenuante, o alibi che dir si voglia, è che anche altri Paesi europei versano in condizioni simili.

Fatta questa breve ma significativa panoramica europea, Vavassori ha detto la sua sul mercato italiano, analizzando i primi nove mesi dell’anno in corso. L’Anfia segnala un calo del 15,4% per quanto concerne la produzione di autovetture. Il calo è enorme se si pensa allo stesso periodo del 2011, ancor più largo (del 46%) se si pensa a come stavano le cose cinque anni fa. Dal 2007 ad oggi, infatti, la produzione è scesa da 910.000 unità a 485.000 unità.

Le conclusioni di Vavassori: “Nel 2012 produrremo poco più di 400.ooo autoveicoli, il 20% della Spagna, il 25% della Francia e un dodicesimo di quelle prodotte in Germania”.

 

Crollo del Mercato Immobiliare

Vi sono alcuni dati in possesso dell’Istat che non lasciano spazio a dubbi per quanto riguarda la prosecuzione della crisi del mercato immobiliare e la crisi dei mutui. Una crisi reiterata per un comparto che qualche anno fa aveva raggiunto dei picchi molto alti. Attualmente parliamo della peggiore crisi per il settore mai capitata dal 2008 in poi .

L’Istat lancia l’allarme. Le compravendite sono diminuite del 23,6% e anche i mutui sono molto più bassi. Si tratta dunque di una diminuzione del 41,2%. Il confronto è tra quest’anno e il medesimo periodo dell’anno precedente.

L’Istat sottolinea che i dati riguardano il secondo trimestre dell’anno in corso e si può (si deve) parlare di crollo delle compravendite immobiliari, nonché di crollo dell’elargizione di mutui. Per quanto concerne il primo elemento (le compravendite), l’Istat ha messo in evidenza in particolar modo che nel periodo preso in considerazione, esse sono state circa 168.000, quasi tutte riguardanti immobili da usare come abitazioni. Si attesta, pertanto, un calo del 23,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Restando a parlare di immobili per i quali è previsto un uso abitativo il calo è dunque del 23,6%, mentre è del 24,8% il calo per quanto riguarda gli immobili ad uso residenziale.

Il Mercato Immobiliare, dunque. è una delle prime vittime della Crisi economica. Il segmento preso in considerazione risente anche dei fenomeni economici e dei fenomeni sociali connessi, quali ad esempio gli ostacoli posti dall’accesso al credito, disoccupazione e precariato. Tutte le zone d’Italia, senza alcuna eccezione, sono interessate alla diminuzione delle compravendite. In particolar modo il calo riguarda le Isole, dove si parla di un calo del 58,3%. Poco meglio il centro Italia, dove si registra un calo del 36%.

 

Bce: “Disoccupazione in aumento”

I dati parlano chiaro. L’Eurozona stenta a riprendersi e se lo farà non accadrà nell’immediato. La disoccupazione aumenta e le proiezione economiche sono nel contempo in calo.

I dati, che come detto parlano chiaro, provengono dal resoconto mensile inserito nel bollettino della Banca Centrale europea:

“Un ulteriore indebolimento dell’attività nell’ultimo trimestre dell’anno dopo il terzo trimestre che ha confermato la recessione nell’Eurozona. Di più. Per il 2013 Francoforte pevede una attività debole, con rischi al ribasso e una ripresa graduale nel corso dell’anno. A gravare sull’economia saranno, in particolare, gli aggiustamenti di bilancio necessari nei settori finanziario e non finanziario, nonchè la persistente incertezza. Per la Bce, inoltre, la dinamica del Pil si tradurrà nel prolungarsi delle difficoltà di accesso al credito per aziende e famiglie”.

Fattori che dipendono dalle condizioni scarse del mercato del lavoro nell’Eurozona:

“Ulteriormente peggiorate negli ultimi trimestri e le previsioni suggeriscono nel breve termine un ulteriore incremento della disoccupazione arrivata a ottobre all’11,7%. La Bce, tuttavia, sottolinea l’attenuarsi delle tensioni sul fronte del debito pubblico dei paesi europeo. Fra la fine di agosto e il 5 dicembre i tassi d’interesse sul debito greco sono scesi di oltre 800 punti base, con pronunciate riduzioni anche per Portogallo, Irlanda nonchè Italia e Spagna (rispettivamente 141 e 148 punti base in meno per queste ultime)”.

Confindustria: ripresa sempre più difficile

 Il nuovo rapporto di Confindustria dipinge una situazione quanto mai allarmante per l’Italia, lontana dalle prospettive di ripresa di cui si sta parlando in questi giorni.

In modo particolare a destare preoccupazione è il mercato del lavoro, per il quale le stime sono molto simili a quelle prospettate dall’indagine di ManPower sulle assunzioni per i primi mesi del 2013. Secondo quanto riportato da Centro Studi di Confindustria, infatti, la disoccupazione è destinata a crescere: si arriverà all’11,8% di disoccupati nel 2013 e al 12,4% nel 2014. Le unità lavorative perse dal 2007 fino ad ora sono un milione che diventeranno uno e mezzo nel terzo trimestre del 2013.

Ulteriori problematiche, secondo Condfindustria, arrivano dal crollo dei consumi, che è arrivato a toccare le cifre del dopoguerra, e che si stabilizzerà solo nel 2014 e la pressione fiscale che

rimarrà prossima ai massimi storici e insostenibilmente elevata, specie quella effettiva: 53,9% del Pil nel 2014 tolto il sommerso dal denominatore

Le famiglie, quindi, sono messe in ginocchio da questa drammatica situazione economica che, come precisa  il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, non tiene ancora conto di quanto successo nell’ano in corso:

I dati diffusi non tengono conto ancora della difficile situazione del 2012, quindi le cifre sulla situazione della povertà in italia sono destinate a peggiorare nel corso dell’anno. La situazione è molto difficile: avere quasi un terzo di italiani a rischio povertà ed esclusione è un dato molto elevato, che segnala la difficoltà di famiglie che non riescono a far fronte ad una spesa improvvisa oppure non riescono a riscaldare adeguatamente il proprio appartamento, oppure hanno tagliato le spese alimentari.

Squinzi interviene su Conti Pubblici

Giorgio Squinzi, intervenendo al convegno del Centro Studi Confindustria (ente da lui presieduto), ha dichiarato che un’ulteriore manovra correttiva deve essere esclusa e la priorita’ assoluta riguarda solo ed esclusivamente la crescita. Se deve essere esclusa una nuova manovra correttiva perche’ il pareggio bilancio e’ stato raggiunto strutturalmente, ciò non vuol dire che si possa allargare la spesa pubblica o tagliare le tasse senza un’adeguata copertura. Il pareggio va mantenuto.

La crescita è dunque per Squinzi la priorità assoluta. C’era già da prima della crisi e su di essa occorre investire in tempi rapidi, quei tempi che prima non sono stati sfruttati a dovere.

Squinzi sottolinea che per avere piu’ crescita bisogna ripristinare a pieno la competitivita’ del Paese: si possono fare cose che non costano e che sono quelle che alla lunga portano maggiori benefici: piu’ flessibilita’ piu’ concorrenza, meno burocrazia piu’ merito. Riconfigurare lo stato rendendolo piu’ snello fa scendere spesa pubblica e incoraggia iniziative imprenditoriali: e’ questa vera spending review. Ma occorre anche fare altri interventi che costano come quelli sulle infrastrutture e sull’agenda digitale e a sostengo dell’innovazione e della ricerca come quelli sulla promozione all’estero dove l’Italia spende una frazione di quello che fanno Francia e Germania”.

Italia e Spagna fuori dall’accordo sul brevetto unico europeo

Nasce il brevetto unico per l’Unione europea. Ci sono voluti anni di dibattiti, se si pensa che se ne parla già dal 1973, per realizzarlo.

Ora, finalmente, il Parlamento di Bruxelles ha approvato una legislazione che consentirà di solidificare ulteriormente il mercato unico, fornendo alle imprese regole uniformi in un campo fondamentale come quello della registrazione dei brevetti.

Un accordo che, momentaneamente, esclude Italia e Spagna, che non hanno approvato l’aspetto linguistico del provvedimento.

Il nuovo brevetto unico europeo, offrirà la possibilità di registrare licenze a protezione di invenzioni con un solo atto in tutti i Paesi, ma l’atto potrà essere redatto solo in inglese, francese o tedesco. I due Paesi hanno presentato ricorso.

Così gli esperti:

“Nell’approvare la legge, che prevede anche la nascita di una Corte di giustizia specializzata, l’aspetto linguistico è stato il più difficile da superare: l’Ue ha 23 lingue ufficiali e ognuno degli Stati membri, preoccupato per i costi di traduzione delle imprese, ha cercato di includere anche la propria lingua nel provvedimento, ma non è stato possibile”.

La Commissione europea ha spiegato che le nuove regole potranno ridurre i costi per le aziende sui singoli brevetti di circa 30 mila euro. Se almeno 13 Paesi avranno ratificato l’accordo entro novembre 2013, il primo brevetto europeo potrebbe vedere la luce nell’aprile 2014

Nel frattempo, il presidente di Confindustria Squinzi ha dichiarato:

“L’Europa fa un deciso passo in avanti verso un sistema più semplice, più efficiente e meno costoso. Finalmente i paesi dell’Unione europea colmano la distanza con gli Usa e il Giappone, dove brevettare costa dieci volte meno, e si dotano di meccanismi, sicuramente perfettibili ma che consentiranno di ottenere un brevetto valido in 25 Paesi con un’unica procedura, a costi molto più ridotti degli attuali e, soprattutto, di avere una giurisdizione unica in caso di controversie, senza doversi rivolgere a un tribunale diverso per ogni Paese. Se la Corte di Giustizia Ue seguirà le conclusioni odierne dell’avvocato generale, che raccomanda di bocciare i ricorsi presentati da Italia e Spagna, è importante e urgente che in tempi brevi il nostro Paese aderisca pienamente al nuovo brevetto unico europeo, come le imprese chiedono da tempo”.

In calo i prestiti alle famiglie

Calano i prestiti bancari. Questi i dati resi noti da Bankitalia:

“Ad ottobre, gli impeghi all’intero settore privato sono scesi dell’1% rispetto a settembre, registrando il terzo calo consecutivo. I prestiti alle sole famiglie sono scesi dello 0,1% registrando il primo calo da 13 mesi a questa parte, mentre i finanziamenti alle imprese hanno segnato il sesto calo consecutivo scendendo del 2,9% rispetto al mese precedente dopo il -3,2% registrato a settembre. Sul versante della raccolta, a ottobre si segnala un aumento del 4,7% sul mese precedente, quando l’incremento su base mensile era stato del 5,7 per cento. In lieve aumento le obbligazioni (+11,8% mensile). Per quanto riguarda i tassi sui depositi si segnala un lieve aumento, dall’1,27 all’1,28 per cento, a cui si associa un incremento della remunerazione dei tassi sui conti correnti (dallo 0,54 allo 0,55 per cento)”.

Bankitalia ha anche fornito le ultime rilevazioni sui tassi dei mutui, nonché sul credito al consumo:

“Scendono, intanto, i tassi sui mutui e sul credito al consumo. A ottobre i tassi applicati sui prestiti per l’acquisto di abitazioni sono scesi al 4,06% dal 4,10% del precedente mese di settembre (e ai minimi dal novembre 2011). Più sensibile la flessione registrata per il credito al consumo: in questo caso il calo è stato dal 9,73% di settembre al 9,65% di ottobre”.

La Spending Review delle famiglie

Le famiglie fanno la loro personalissima Spending Review. Come? Risparmiando su telefono, benzina, gasoli per le automobili, casa, bar. Ad un anno di distanza dalla partenza dell’operazione i conti domestici iniziano a tornare e la pressione fiscale (salita di quasi due punti percentuali negli ultimi dodici mesi) è stata tenuta a bada. Il potere d’acquisto crolla e per risalire la china occorre fare un lavoro certosino. Tagliare le entrate e cambiare tutto nel proprio lifestyle. Ciò ha regalato agli italiani un taglio (mancata spesa) di 33 miliardi.

Unione Petrolifera sottolinea il taglio alle auto:

“L’auto è la vittima eccellente dell’austerity casalinga. Una scelta quasi obbligata: la raffica di aumenti delle accise (sulla verde sono salite del 22% tra gennaio e agosto 2012, sul diesel del 33%) ha fatto decollare i prezzi del carburante. E noi, difficile fare diversamente, ne compriamo sempre meno. Nei primi 10 mesi dell’anno abbiamo tagliato del 9,9% la spesa per il pieno. Nei nostri serbatoi sono entrati 3,4 miliardi di litri in meno, quanto basta per fare un milione di volte il giro della Terra – pari (in teoria) a un risparmio secco di 6 miliardi”.

Econometrica vede così le spese della famiglia:

“Peccato che l’aumento delle tasse si sia mangiato con gli interessi i sacrifici. Secondo Econometrica la spesa delle famiglie tricolori alla voce “benzina e gasolio” salirà quest’anno di 4 miliardi a 71,8 miliardi. Solo tra gennaio e ottobre le entrate dello Stato grazie alle tasse sui carburanti sono cresciute di 3,5 miliardi malgrado il crollo dei volumi. Nessuno si stupisce, visti i costi di gestione, se in tantissimi hanno rimandato l’acquisto dell’auto. Le vendite sono crollate del 20% rispetto a un anno fa e quest’anno gli italiani investiranno “solo” 28,7 miliardi per sostituire la loro quattroruote, 7 miliardi in meno del 2011″.