Il reddito delle famiglie cala per il quinto anno consecutivo

 Secondo le stime della Banca d’Italia il reddito reale delle famiglie italiane diminuirà di qualche punto percentuale in più rispetto al 2,5% del 2009. A dirlo è il vicedirettore della Banca d’Italia, Salvatore Rossi.

Si tratta del quinto anno consecutivo in cui gli stipendi degli italiani continuano a perdere il reale potere d’acquisto e, dal momento che ci sono sempre meno soldi disponibili, le banche non concedono più prestiti o mutui e le famiglie si trovano, quindi, in maggiore difficoltà.

Da gennaio allo scorso settembre sono stati erogati mutui immobiliari per poco più di 21 miliardi. Riportando il dato ad anno, si ottiene un ammontare di circa 30 miliardi, molto minore di quello registrato nei due anni precedenti, minore anche di quello del 2009, l’altro anno recente di forte recessione, in cui comunque furono erogati mutui per oltre 40 miliardi, al netto di surroghe e sostituzioni, quest’anno praticamente non utilizzate dalle famiglie

Le famiglie italiane non si trovano in difficoltà solo perché le banche applicano rigidi criteri di selezione delle clientela a cui erogare prestiti e mutui, ma anche perché esiste una situazione di vulnerabilità finanziaria, laddove le famiglie che hanno dei prestiti già in essere vedono gravare il servizio del prestito per circa il 30% del reddito complessivo

Nel biennio 2011-2012 sono circa 600mila le famiglie italiane  ‘vulnerabili’, ossia quelle per cui può diventare molto difficile far fronte ai pagamenti dovuti. Il numero delle famiglie in difficoltà è sostanzialmente invariato rispetto ai livelli di fine 2010.

 

La Grecia respira, arriva accordo su debito e aiuti

Manca l’ufficialità, che dovrebbe arrivare il 13 dicembre, ma un’ottima notizia c’è: i Ministri delle Finanze dell’Eurozona e l’Fmi hanno raggiunto un’intesa sul debito di Atene. L’accordo ontempla una serie di misure per aiutare la Grecia a ricondurre il debito verso livelli più accettabili e rivede totalmente le tappe secondo cui dovrà avvenire l’abbattimento: il debito pubblico dovrà essere al 124% (e non più al 120%) del prodotto interno lordo per il 2020, per poi diminuire, entro il 2022, drasticamente al 110%.

Un risultato fortemente auspicato, con il vertice che è durato oltre 13 ore: il negoziato, per il quale l’accordo sul debito rappresenta la prima parte, dovrebbe condurre, previa approvazione da parte di alcuni Parlamenti nazionali a cominciare da quello tedesco, all’esborso dei 31,5 miliardi che la Grecia attende dalla scorsa estate, che aumentano a 43,7 se si considerano gli altri finanziamenti previsti entro la fine dell’anno.

Ecco alcune delle reazioni all’accordo:

Esso è stato accolto con soddisfazione dal presidente del Consiglio greco Antonis Samaras:

“Tutto è andato bene. Tutti i greci insieme hanno lottato per questa decisione, e domani comincia un nuovo giorno per tutti noi”.

Mario Draghi, presidente Bce, descrive così il compromesso. Secondo il presidente questo accordo

“Rafforzerà la fiducia nella Grecia e nell’euro”.

Alquanto positiva anche la reazione del Fondo monetario internazionale (Fmi), espressa per bocca del direttore generale del Fmi, Christine Lagarde:

“Le misure contribuiscono in modo sostanziale alla sostenibilità del debito greco aiuteranno a portare il rapporto debito-pil della Grecia su una traiettoria sostenibile e a facilitarne il graduale ritorno sul mercato”.

 

Ancora incertezze per l’accordo con la Svizzera

 C’è un totale disaccordo tra il Ministro dell’Economia Grilli e il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani per quanto riguarda le tempistiche e le modalità di un accordo con la Svizzera  per la tassazione dei capitali italiani depositati nelle banche elvetiche.

Il primo parla di un accordo ormai in fase conclusiva, mentre il secondo, che segue molto da vicino il dossier della trattativa, afferma che

La trattativa non è in fase conclusiva: il governo deve essere sicuro che l’accordo non sia un condono e non favorisca il riciclaggio.

Anche il premier Monti è dello stesso avviso del sottosegretario:

Stiamo negoziando con la Svizzera ma ci stiamo ponendo dei paletti perché vogliamo ben vedere che non ci siano, o siano in modi ben delimitati, forme di condono.

La situazione si è fatta più complicata dal momento che in Germania l’accordo sulla tassazione dei fondi in Svizzera è saltato a causa dell’opposizione di Spd e Verdi alla proposta di un’imposta liberatoria ai capitali tedeschi in Svizzera garantendo però l’anonimato dei titolari dei conti.

Ceriani conferma che anche la questione dell’anonimato è parte integrante delle trattative, e ha garantito che la Svizzera, almeno per ora, non si è opposta al libero scambio di informazioni, come previsto in una una recente riunione ministeriale a livello Ocse. Oltre all’anonimato, comunque, ci sono ancora da sciogliere diversi nodi, quali la garanzia iniziale che le banche elvetiche devono versare al Fisco italiano, il periodo di durata per il calcolo dell’imposta “tombale”  e l’aliquota periodica per i rendimenti futuri.

Per Goldman Sachs l’Italia è un’ottima opportunità di investimento

 Da un lato c’è Morgan Stanley che rivede al ribasso le prospettive di crescita italiana, dall’altro c’è Goldam Sachs che, invece, parla di una ripresa dell’Italia che, grazie alle misure di emergenza prese in questo ultimo periodo, potrebbe diventare uno dei paesi in cui sarà più conveniente investire.

Dall’ultimo report della Goldman Sachs Asset Management, infatti, in Italia il restringimento del differenziale tra i Bund e i Btp è stato solo il primo segnale della ripresa, che ora viene supportato anche da altri fattori. A parlare è Jim O’Neill, presidente della Goldman Sachs, che, dopo aver analizzato i i principali trend macro e di investimento, parla di una economia italiana che ha toccato il fondo e che quindi ora sarebbe pronta a risalire.

In Italia, in questa nuova prospettiva, per quanto rimangano ancora dei pesanti fardelli che il sistema si porta appresso (uno fra tutti è la rigidità del mercato del lavoro) per il prossimo anno il mercato azionario italiano mostrerà una buona performance, grazie ad una rinnovata propensione al rischio da parte degli investitori istituzionali e privati, tanto da essere considerata alla stregua di economie emergenti e molto interessanti come Cina, Russia e Brasile.

Morgan Stanley rivede al ribasso la crescita italiana

Morgan Stanley, la più famosa banca d’investimento americana, ha rivisto al ribasso le stime di crescita dell’Italia, che, nei prossimi mesi, sarà coinvolta in un periodo di incertezza politicaper il cambio di esecutivo.Previsioni pessimistiche, quindi, per Morgan Stanley che, nel suo rapporto dedicato all’Eurozona, dichiara apertamente che i prossimi mesi, quelli in cui, cioè, è previsto un cambio radicale dello scenario politico italiano, con il passaggio dal governo tecnico del prof. Monti ad un nuovo esecutivo di cui ancora non si conoscono i dettagli, potrebbe comportare un passo indietro nelle riforme che, fin qui, sono state attuate.

Gli analisti della banca di investimenti parlano di un political cliff italiano che potrebbe avere un grosso impatto anche sulle decisioni italiane in merito al rifinanziamento del debito pubblico attraverso la richiesta di aiuti all’Europa.

Quindi, per Morgan Stanley, la crescita italiana per il 2013 passerà dal precedente -1% al -1,2%, un parziale miglioramento rispetto alle previsioni per l’anno in corso (-2,1%), preludio, comunque, di un miglioramento dello 0,5% del Pil previsto nel 2014. Nel complesso la recessione in Italia sta rallentando, ma rimane il problema di una crescita bassa.

Costi della politica, 370 nuovi emendamenti

Sono in arrivo 370 nuovi emendamenti per quanto riguarda i costi della politica. Ognuno di loro ha buone possibilità di essere approvato.

In primo luogo balzano agli occhi le parole di Gianfranco Fini, il quale sottolinea che

“La Camera approverà un regolamento obbligatorio per la gestione del finanziamento ai gruppi. E sarà «una società esterna a certificarne il bilancio. Torna sul tema dei costi della politica, occorre sottolineare la necessità di ridurre l’entità del rimborso pubblico ai partiti”.

Gianfranco Fini ne ha parlato incontrando gli studenti dell’istituto Tecnico Commerciale Casagrande-Cesi di Terni. Ecco dunque quali saranno alcuni tra i principali emendamenti in arrivo:

Fondo per regioni in rosso

Occorre stituire un Fondo presso il Tesoro per essere d’ausilio alle Regioni in rosso, così che colmino il loro buco di bilancio.

Posticipo dei tagli per le nuove regioni

Procrastinare i tagli all’assegno di fine mandato dei consiglieri alla legislatura successiva a quella in corso per le Regioni che siano in vita da almeno 4 anni. Regioni che però non esistono in Italia.

IMU

Sono diverse le modifiche dei senatori che puntano a modificare il volto dell’Imu. Si inizia anche ad affrontare il nodo sicurezza che, come detto più volte, sarà affrontato più compiutamente nella Legge di Stabilità. Fra le molte proposte spicca quella dell’On. Anna Rita Fioroni del Pd che punta a risolvere via Imu parte dei problemi dei territori colpiti da calamità: stop al pagamento dell’imposta relativamente alla quota dello Stato per i fabbricati inagibili.

Ocse, Pil in calo e consumi al minimo

Ci sono già diversi esperti che sottolineano che il prossimo anno sarà necessaria una nuova manovra per scongiurare un altro rischio per l’economia italiana. A giudicare dai dati sulla situazione attuale e conoscendo le previsioni per un futuro che non sembra roseo, la manovra sembrerebbe necessaria.

E’ l’Ocse a fornire le previsioni, le quali sono negative, con la stima del rapporto tra deficit e Pil che si attesta intorno al 3% del Pil per il 2012 e del 2,9% per il 2013. Per arrivare al raggiungimento dell’obiettivo della riduzione del debito al 119,9% del Pil nel 2015 è quindi auspicabile una nuova manovra economica.

I dati dellOcse sono tutt’altro che positivi anche per quanto concerne le previsioni del Pil. Nel 2013 ci dovrebbe essere una riduzione dell1% che è superiore alla previsione precedente dello 0,4%.

Un problema dell’Italia è, come tutti sanno, la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione è dato in costante aumento per i prossimi anni, dalla stima del 10,6% del 2012 a quella dell’11,4% del 2013 e dell’11,8% del 2014.

La situazione in Italia fa emergere inoltre un particolare calo dei consumi, il più alto degli ultimi cinquanta anni. Le manovre del governo Monti hanno provveduto alla formazione di questa riduzione dei consumi anche se hanno concesso all’Italia di sperare in un futuro migliore.

Inflazione e salari crescono di pari passo

Aumentate dell’1,5 % le retribuzioni orarie nel mese di ottobre. Un’ottima notizia, confermata dall’Istat che ha messo a confronto il mese scorso con lo stesso periodo del 2011. In totale è una crescita (su base mensile) dello 0,2%.

Al crescere dei salari, tuttavia, corrisponde purtroppo la crescita dell’inflazione.

Il dato della retribuzione resta sotto il livello dell’inflazione, cresciuto del 2,6%.

Il dato rimane comunque sotto il livello dell’inflazione. Infatti, anche se c’è stato un rallentamento dei prezzi, il livello di inflazione nel confronto annuo è aumentato del +2,6%. Cio implica che l’aumento delle retribuzioni orarie non è ancora in sintonia con l’incremento dell’inflazione e quindi dei prezzi. Un aspetto che conduce alla diminuzione dei consumi e a maggiori problematiche di natura economica per le famiglie.

Per quanto concerne i settori, l’aumento delle retribuzioni orarie si attesta intorno al 2,1% nel settore privato, mentre nel settore pubblico non si registrano particolari variazioni.

Sempre l’Istat ha messo in evidenza che nel mese di Ottobre gli accordi contrattuali in attesa di rinnovo sono 36. 16 sono inerenti alla pubblica amministrazione e circa quattro milioni di dipendenti. In particolar modo, i dipendenti in attesa di rinnovo sono il 30,7% nel totale dell’economia. L’attesa media del rinnovo del contratto è di 32,2 mesi in generale, mentre nel settore privato è di 26,7 mesi.

A ottobre è stato raggiunto l’accordo per i dipendenti dell’industria chimica. Tra i contratti monitorati, quelli dell’industria alimentare e olearia sono invece scaduti.

Sostenibilità del servizio nazionale a rischio

Nel Nostro Paese il servizio sanitario nazionale è uno dei più efficienti e più evoluti del mondo. Non mancano, tuttavia, i casi di malasanità. Questi ultimi sono destinati a fare sempre notizia. Se li escludiamo il sistema italiano è uno dei migliori poiché si configura come universalistico. In altri termini è aperto a tutti e offre visite specialistiche.

La brutta notizia è che il sistema è a rischio. Lo ha dichiarato oggi il Premier Mario Monti, durante un intervento in videoconferenza alla presentazione del progetto del nuovo Centro per le biotecnologie e la ricerca biomedica della Fondazione Rimed.

Monti si è soffermato sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale che potrebbe non essere garantita in futuro. Ecco cosa ha detto:

“La crisi ha colpito tutti e ha impartito lezioni a tutti. È importante riflettere sulle lezioni impartite dalla crisi. Il campo medico non è un’eccezione, le proiezioni di crescita economica e quelle di invecchiamento della popolazione mostrano che la sostenibilità dei sistemi sanitari, incluso il nostro servizio sanitario nazionale, di cui andiamo fieri, potrebbe non essere garantita se non ci saranno nuove modalità di finanziamento e di organizzazione dei servizi e delle prestazioni”.

Un servizio sanitario nazionale in ogni caso nasce per rispondere di tutto punto alle esigenze della cittadinanza. Non sarebbe giusto che in caso contrario gli italiani pagassero le tasse per un sistema al quale non possono accedere.

Monti riconosce:

“La posta in palio è chiaramente altissima l’innovazione medico-scientifica, soprattutto nella fase di industrializzazione, deve partecipare attivamente alla sfida considerando il parametro costo-efficacia un parametro non più residuale”.

Nel 2013 prezzi degli appartamenti in discesa

Il mercato immobiliare sta attraversando un periodo di grossa crisi. Le numerose indagini portate a termine dagli addetti ai lavoro sottolineano che la maggior parte degli italiani considera quello attuale non di certo il miglior momento per acquistare e vendere casa. Nello specifico soltanto il 45% considera questo momento adatto per comprare casa. Lo dice un’indagine di Gruppo Immobiliare.it. l’Ad Carlo Giordano, a tal proposito, conferma:

“Lo scenario particolarmente critico in cui gli operatori del settore sono costretti a muoversi, tra contrazione dei volumi delle compravendite immobiliari e difficoltà conclamate per l’ottenimento di un mutuo condiziona anche la percezione dei cittadini, che reagiscono con l’attendismo.

Effettivamente, il dato che raccoglie la crescita più elevata è la percentuale di chi pensa che nel prossimo anno ci saranno tempi migliori per acquistare casa: in tre mesi la percentuale passa dal 21% al 35%. Cala solo di un punto percentuale, infine, la percentuale dei pessimisti, che ritengono questo sia un brutto momento per investire nel mattone: passiamo dal 16% di luglio ad un 15%, che conferma un trend in discesa da diverse rilevazioni”.

Ma allora perché nel 2013 la situazione potrebbe cambiare e i prezzi potrebbero essere nuovamente in discesa? Lo spiega ancora Giordano:

“Analizzando più nel dettaglio le ragioni per cui si valuta sia un buon momento per comprare è emerso in maniera chiara come questa opinione sia legata alla consapevolezza che, data la difficoltà del momento, sia possibile trovare occasioni dettate dalla necessità del venditore di realizzare”.