IMU, arriva la stangata dei Comuni

 Manca poco ai Comuni per decidere quali maggiorazioni apportare alle aliquote base per la prima casa e per la seconda casa. Nel primo frangente il 4 per mille può salire o scendere del 2 per mille.

Nel caso del secondo appartamento l’aliquota base è del 7,6 per mille e può salire o scendere del 3 per mille.

Il pagamento del saldo è previsto per il 17 dicembre. La stangata dei Comuni sull’IMU è dunque in arrivo.

Questa tassa permetterà al governo Monti di incassare 23,2 miliardi.

SECONDA CASA: Intanto, sono già 4.146 i Comuni che hanno reso note al ministero delle Economia le delibere-Imu. Parliamo dunque della metà del numero totale. I comuni che hanno già aderito hanno infierito molto. Sono 3.230 quelli che hanno già scelto di aumentare l’aliquota base per quanto concerne la seconda casa.

833 sono invece i sindaci che hanno mantenuto invariata l’aliquota. Una sorta di decisione salomonica che giova sicuramente ai cittadini. Ancora meglio hanno fatto 83 comuni su 4,146, che hanno diminuito l’aliquota base.

PRIMA CASA: Meno grave del previsto la manovra per la Prima Casa. Su 4.146 Comuni che hanno comunicato al Ministero dell’Economia la propria decisione, 1.526 centri hanno scelto il rincaro; 2.313 Comuni hanno, invece, confermato l’aliquota. Stoica la decisione di 307 Municipi, che viceversa hanno scelto di ridurre sotto l’aliquota base.

Contrazione del reddito delle famiglie italiane

 A mettere in evidenza la situazione critica delle famiglie italiane è uno studio condotto dal Centro Europa Ricerche (Cer) in convenzione con l’Ires Cgil, nel quale è stato analizzato l’andamento del reddito disponibile per le famiglie nel periodo compreso tra il 2008 e il 2014.

Il 2008 è l’anno incriminato, quello in cui è iniziata la contrazione economia che, secondo lo studio, in questo 2012 raggiungerà il suo tetto massimo: gli analisti hanno stimato un -4,3%, quasi il doppio del dato riferito al 2009, anno che, fino ad ora, è stato considerato come quello più difficile di tutti.

Secondo Danilo Barbi, segretario confederale della CGIL, non si può più parlare di semplice recessione, ma, dati alla mano, il termine adatto a questa situazione è depressione economica, con scenari che possono essere paragonati a quelli del dopoguerra.

La contrazione del reddito ammonta a quasi 90 miliardi di euro. E le decisioni che l’esecutivo sta prendendo non potranno che portare ad un peggioramento ulteriore delle stime.

I dati dello studio descrivono la violenta emergenza dei redditi che incide radicalmente sulla crescita e sull’occupazione. Il tutto infatti si registra in un Paese come il nostro in cui l’80% del Pil e’ fatto dalla domanda interna. Le dichiarazioni del ministro Fornero sono sciagurate quanto incredibili, vista la drammatica situazione dei salari.

Questo il commento di Bardi in merito alla proposta di rinuncia all’indicizzazione degli aumenti salariali all’inflazione in via automatica.

Accordo raggiunto su produttività, ora il confronto con i sindacati

 E’ arrivato ieri in tarda serata l’accordo sulla produttività per il rilancio dell’economia italiana dopo un lungo dibattito tre le principali associazioni di imprese italiane. Al tavolo della discussione erano presenti Confindustria, Abi, Ania, Rete Imprese Italia e Alleanza delle Cooperative che hanno stilato un primo documento che appiana le divergenze dei giorni scorsi.

Il documento condiviso sarà il punto di partenza per aprire il confronto con i sindacati, incontro che Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, chiede con urgenza.

Dal canto loro i sindacati hanno già iniziato a mettere importanti paletti sulle trattative: nessun confronto sarà possibile se si mettono in discussione le attuali condizioni salariali dei lavoratori e i loro diritti. Susanna Camusso, leader della CGIL, teme che a difendere le posizioni delle aziende arrivi anche il Governo: fatto, questo, che porterebbe ad una ulteriore riduzione del potere di contrattazione dei lavoratori e delle associazioni che li rappresentano, riferendosi alle ipotesi proposte da Elsa Fornero  circa il depotenziamento degli automatismi contrattuali e la rinuncia all’indicizzazione automatica dei salari all’aumento dei prezzi.

Sulla stessa linea della Fornero anche Corrado Passera, Ministro dello Sviluppo, che ribadisce:

Gli automatismi salariali che non tengono conto delle differenze di settore e di azienda, non sono utili per rendere più competitivo il Paese.

 

Arrivano i tagli per la Sanità

 Entro la fine dell’anno le regole applicate decise dal Ministro Balduzzi si potrebbero trasformare in provvedimenti, ma i governatori sono già sul piede di guerra.

I tagli previsti dal Ministero – 18/20 mila posti letto, reparti poco funzionali e, cosa che più di tutte potrebbe essere causa di scontro, il taglio di alcune poltrone importanti – hanno lo scopo di riorganizzare la sanità pubblica e privata italiana, sia per garantire assistenza adeguata a tutti i pazienti del territorio italiano sia per una più fruttuosa gestione delle risorse disponibili.

«Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell’assistenza ospedaliera». E’ questo il titolo del programma di revisione proposto dal ministero, che prevede la divisione degli ospedali italiani in tre categorie in base al bacino di utenza, attraverso il quale si dovranno decidere gli standard minimi delle prestazioni.

Dall’analisi delle prestazioni effettuate da ogni ospedale, arriverà poi il programma di dieta per ogni centro – un programma che si baserà su tre punti principali: volume delle prestazioni effettuate, soglie di rischio degli outcome e, ancora, il bacino di utenza – sul quale le regioni avranno comunque la possibilità di intervenire in relazione alle specificità territoriali e di utenza e, come già previsto e successo in diverse parti di Italia, anche in raccordo con la popolazione che sicuramente si mobiliterà per il mantenimento delle strutture che potrebbero essere eliminate.

Comuni in difficoltà economiche, Governo e maggioranza si scontrano

 Governo e maggioranza ancora contro sul decreto per ridurre gli stipendi dei politici negli enti locali.

La Camera propone il cancellamento di alcuni emendamenti che la Commissione Bilancio aveva approvato in assenza di adeguate coperture finanziarie.

Di contro l’assemblea ha optato per il rinvio del decreto. In commissione, però, non vi è stato alcun accordo. Oggi si ritorna in Aula per riparlarne.

Ordine del giorno: la contesa riprenderà con la richiesta della maggioranza all’indirizzo del Governo di giustificare il suo rifiuto con le relazioni della Ragioneria sugli emendamenti in discussione.

Il Governo è pronto a chiedere la fiducia.

Intanto, magra consolazione, Governo e maggioranza sono in sintonia per quanto concerne il salvataggio dei Comuni le cui sorti finanziarie sono fortemente in bilico. Molti sono i sindaci che hanno chiesto e ottenuto tale norma. Uno su tutti? Il “napoletano” Luigi De Magistris. Il capoluogo campano registra un buco di 850 milioni e il suo primo cittadino non sa dove trovarci. Messina, Catania e Parma versano nelle stesse condizioni di difficoltà.

Governo e maggioranza, pertanto, hanno cancellato le normative appena introdotte con i provvedimenti attuativi del federalismo fiscale che prospettavano, per fronteggiare il disagio, l’arrivo di un commissario, incaricato di agevolare il pagamento dei creditori e, in casi estremi, l’arrivo di nuove tasse per i cittadini, nonché l’ineleggibilità degli amministratori ritenuti responsabili.

Esodati, dietrofront Fornero: fondi cancellati

 La Commissione Bilancio della Camera  ha bocciato l’emendamento in favore degli esodati, votato all’unanimità dalla Commissione Lavoro. Il Ministro Fornero, nella giornata di ieri, aveva promesso una copertura finanziaria. Oggi le cose sono cambiate.

Tale copertura avrebbe posto fine in maniera positiva al periodo di disagio vissuto da circa 10.000 lavoratori privati di reddito e pensione. La copertura, in verità, era stata trovata pensando a prelevare il 3% dei redditi su oltre i 150mila euro. Pdl e Udc, tuttavia, hanno risposto con un secco “No”.

Di nuovo punto e a capo: la decisione torna in mano al Parlamento. I relatori della Legge di Stabilità chiedono al Governo numeri ufficiali. Così Renato Brunetta:

“Non possiamo fare miracoli. Fornero ci deve dare dati esatti sulla platea. Solo così infatti si possono poi valutare le risorse necessarie”

Torna dunque in auge la diatriba inerente ai lavoratori che si sono licenziati o che avevano accettato di perdere il posto di lavoro facendo affidamento sulle possibilità di andare in pensione offerte dal Governo. Speravano nella riforma della Fornero, la quale non ha però mantenuto le promesse.

La situazione al momento: il Ministro Fornero è tra l’incudine e il martello. Governo e Parlamento sono al centro di un’accesa discussione. Ne viene fuori che Esecutivo e Ministero del Lavoro non hanno intenzione di accettare la proposta parlamentare di restaurare, riproponendole, le vecchie regole pensionistiche. Con tali norme 130.000 esodati erano stati “sistemati”. Di contro, però, il Parlamento non sa come trovare le risorse. L’emendamento, dunque, è attualmente fermo al palo.

 

Tributi erariali: +3,8%

 E’ il Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia ad annunciare l’aumento delle entrate erariali del periodo gennaio-settembre del 2012, rispetto alle cifre che sono state registrate lo scorso anno, con una percentuale del 3,8%.

In pratica, le entrate da tributi sono passate da 281.899 milioni di euro a 292.526 milioni.

Ad aumentare le imposte dirette (+6.359 milioni di euro), le ritenute dei lavoratori dipendenti pubblici (+0,6%) e dei dipendenti privati (+1,4). Il gettito IRES rimane sostanzialmente invariato (-0,3%).

Anche per le imposte indirette si rileva un sostanziale aumento (+4.268 milioni di euro), a parte per il gettito derivante dall’IVA per il quale si registra una lieve flessione, dovuta in modo particolare al calo delle importazioni e degli scambi nazionali.

Aumentata anche l’imposta di bollo, che registra un incremento record rispetto allo stesso periodo del 2011: un più 136,9%, che si deve alle imposte di bollo introdotte per conti correnti, strumenti di pagamento, titoli e prodotti finanziari a partire dalla seconda metà del 2011 e, soprattutto, all’anticipo dell’acconto sull’imposta, che si è sentito particolarmente sulle attività finanziarie scudate.

A fronte di questi aumenti, va registrata la flessione del gettito sul gas metano (-21,8%), dovuto al calcolo del conguaglio dell’anno precedente, riequilibrato, però, dall’aumento del gettito dell’imposta di fabbricazione sugli oli minerali (+23,5%) e sulle accise, aumenti decisi soprattutto per far fronte all’emergenza terremoto in Emilia Romagna.

Il Made in Italy non conosce crisi

 Le aziende del lusso e della moda italiano continuano ad avanzare e non risentono della crisi che ha colpito tutti gli altri settori.

E’ la PPR (Pinault-Printemps-Redoute), la multinazionale fondata dall’imprenditore François Pinaul, che sta cercando nuove acquisizioni da fare in Italia per allargare il suo giro di affari. La PPR, che, dopo l’acquisizione del marchio Bottega Veneta, che è riuscita a portare il suo fatturato da 30 milioni a 1 miliardo di euro stimati entro la fine del 2012, vuole acquisire nuove società italiane attraverso azioni mirate sul mercato dei titoli.
L’intenzione è quella di allargare il portafogli di griffe con marchi complementari, che saranno i portabandiera, nel mondo, dell’artigianalità delle produzioni che esiste solo in Italia e non si trova in altri Paesi a cominciare dalla Francia. 
Proprio per questo sono state annunciate delle nuove Ipo previste per il 2013, sicuramente tra i marchi ci saranno Yamamay e Carpisa. Ma anche altre firme importanti del Made in Italy vedono delle ottime prospettive per il futuro.
Per primo il gruppo Peuterey, che intravede grosse prospettive di internazionalizzazione soprattutto verso la Cina, e Moncler che, dopo aver rinunciato alla quotazione in borsa nel 2011, sta intraprendendo la strada della separazione dei marchi interni in altrettante società.

Bankitalia: prospettive nere per le imprese italiane

 I dati del sondaggio congiunturale condotto dalla Banca d’Italia sulle imprese industriali e dei servizi  in questi ultimi mesi ha rilevato una situazione molto pesante per il mondo delle imprese italiane: il 2012 vedrà una impresa su tre chiudere l’anno con i conti in rosso e con notevoli tagli della forza lavoro.

Oltre a questo, il sondaggio ha evidenziato anche una forte contrazione della domanda di credito, data la riduzione del saldo (confrontando i dati con quelli della scorsa primavera), tra le aziende che hanno richiesto un prestito e quelle che, invece, non lo hanno fatto.

Nello specifico il 30,2% delle imprese hanno già annunciato una chiusura in rosso per la fine del 2012, una percentuale nettamente maggiore delle stime dello stesso periodo dello scorso anno, quando le aziende in questa situazione erano il 23,6% del totale. Le aziende che hanno riscontrato maggiori difficoltà negli utili sono quelle del terziario e dei servizi, con un picco per i settori della ristorazione e alberghiero.

Stessa situazione anche per i dati che riguardano l’occupazione: anche in questo caso un terzo delle aziende italiane ha fatto registrare un calo, aziende che si concentrano nella classe dimensionale tra i 20 e 49 addetti.

Questi dati mettono in evidenza una perdita di competitività delle aziende italiane rispetto a quelle straniere e, secondo le voci che arrivano dagli imprenditori stessi, le motivazioni principali di questa situazione risiedono nel costo del lavoro e nella pressione fiscale.

 

Sindacati minacciano ricorsi per le decisioni della Fiat a Pomigliano

 Ha parlato prima Susanna Camusso, ospite da Fabio Fazio, della decisione presa dal Lingotto di licenziare 19 operai della Fiat di Pomigliano per far rientrare i lavoratori iscritti alla Fiom precedentemente tagliati.

Dopo di lei sono Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione Quadri a chiedere che l’apertura di un tavolo di discussione per rivedere la direzione della strada che la Fiat di Pomigliano ha intrapreso per rispettare la sentenza della corte di roma.

“In apertura dell’incontro, abbiamo formulato la nostra contrarietà sulla decisione dell’azienda di mettere in mobilità 19 operai a Pomigliano, per rispettare la sentenza del tribunale di Roma. Per noi è una decisione profondamente sbagliata, anche alla luce degli accordi che abbiamo preso nel luglio 2011 con l’azienda, che prevedono la riassunzione di tutti gli operai entro luglio 2013” ha sottolineato Ferdinando Uliano, responsabile auto della Fim, a Torino.

Dello stesso avviso anche Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, che ha minacciato di fare ricorso se la Fiat non ritirerà i licenziamenti messi in atto. Secondo il segretario, infatti:

 Le sentenze si rispettano e non si discutono. O l’azienda ci rassicura o faremo ricorso anche noi.

Puntando il dito soprattutto sulle istituzioni che dovrebbero fare un’opera di mediazione più produttiva e proficua per i lavoratori e per le aziende.