I 5 punti di Van Rompuy per l’occupazione

 In un incontro avuto a Palazzo Chigi con il Presidente del Consiglio italiano Enrico Letta, il presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy ha affrontato il tema della disoccupazione, emergenza che oggi accomuna tutte le nazioni europee, ribadendo che quella della disoccupazione giovanile è oggi una sfida impellente che tutti i governi dell’ Unione Europea sono chiamati ad affrontare, una grande sfida politica, economica e sociale.

Il piano europeo contro la disoccupazione

Il piano europeo contro la disoccupazione

 Non solo Italia. La disoccupazione è un’emergenza che riguarda tutta l’Europa. Così, durante un incontro a Palazzo Chigi con il Premier Letta, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ha ribadito che nel ‘Vecchio Continente’ sono più di sette milioni i giovani che non seguono un percorso lavorativo o di istruzione. E’ questa una sfida economica, politica e sociale per le nostre società, una sfida impellente che dobbiamo affrontare.

Piano di lavoro dell’Unione europea

La sfida è dunque quella di combattere la disoccupazione, in nome della crescita e di un futuro che sembra sempre più cupo. In virtù di ciò Herman Van Rompuy ha annunciato un Piano europeo contro la disoccupazione in 5 punti. Quali sono?

1 anticipo del cofinanziamento dei progetti regionali al fine di contrastare la disoccupazione ai primi mesi del 2014;

2 accelerazione dell’introduzione della “Garanzia Giovani” in tutti i Paesi UE;

3 valutazione della possibilità di risorse che arrivano dalla Banca di Investimenti Europea e dal Fondo di Globalizzazione europeo;

4 sensibilizzazione dei partner sociali (datori di lavoro, sindacati) nella messa a punto di “best practice”;

5 aumento della mobilità transfrontaliera. In questo senso Van Rompuy ha rammentato che il portale EURES ha più di 1,3 milioni di posti vacanti e ha incluso nella possibilità di mobilità transfrontaliera anche il programma Erasmus, nonostante il rischio inerente ai finanziamenti, per via di un buco miliardario nella casse UE.

Per le banche centrali l’uscita dalla crisi è un’illusione

Per capire i movimenti della finanza di tutto il pianeta occorre dare un’occhiata a Tokyo e Washington, alla Banca del Giappone e alla Federal reserve. Sono questi i due punti nevralgici per un’analisi più chiara e approfondita.

Intanto, l’Europa dell’euro ha fatto le sue azioni, con la Banca centrale europea nel ruolo di garante della stabilità del sistema, ed aspetta che le elezioni tedesche di settembre permettano alla cancelliera Angela Merkel un ruolo più attivo.

Ma l’uscita definitiva dalla crisi resta un’illusione.

Da Washington, infatti, fanno sapere che dopo la politica di iperespansione monetaria, tassi a zero più quantitative easing – acquisto di titoli sul mercato per immettere liquidità – occorre attendere l’inizio della fase declinante. Wall Street ha reagito male, confermando quanto in molti hanno sempre dichiarato, e cioè che la serie recentissima di record degli indici Dow Jones e S&P è stata più un risultato della grande liquidità fornita dalla Banca centrale che non un segnale di forte ripresa. Come a dire che si tratta di un fatto di natura finanziaria e non di un andamento positivo dell’economia reale.

Piedi per terra, dunque. Dalla crisi, dicono alla Fed, si potrà effettivamente uscire ma i tempi sono lunghi. Molto lunghi. Una dichiarazione, quest’ultima, fatta più per placare gli animi che per una convinzione interna.

 

Accordo fiscale tra Svizzera e Usa

 Sta per arrivare l’accordo che metterà fine al contenzioso fiscale tra Svizzera e Stati Uniti. I due paesi potrebbero firmare un accordo che prevede che le banche svizzere siano tenute a rivelare i loro rapporti con i clienti americani potendo mantenere, però, il segreto sui nominativi dei clienti.

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Ma questa apertura non è bastata per agli Stati Uniti che, per mettere definitivamente la parola fine al contenzioso, hanno deciso di far pagare una multa piuttosto salata alla Svizzera – 20 miliardi di dollari  secondo il quotidiano di Zurigo, Blick, 10, invece, secondo il New York Times – che è comunque ancora in via di negoziazione.

La proposta è stata fatta dal ministro delle finanze svizzero, Eveline Widmer-Schlumpf, che ha presentato questa mattina un progetto di legge in tre articoli, chiedendo al Parlamento di approvarlo entro giugno.

Il disegno di legge prevede sì lo scambio di maggiori informazioni, ma una sorta di segreto potrebbe essere mantenuto dato che il fisco americano potrebbe accedere ai nomi dei clienti statunitensi solo con l’apertura di una apposita procedura di assistenza giudiziaria.

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Ad essere rivelati, però, sarebbero i nomi dei consulenti bancari svizzeri, che finiranno così di essere più a rischio dei clienti americani.

Il piano di Francia e Germania per i giovani

 Fermare per sempre la disoccupazione giovanile è possibile. Germania e Francia hanno in mente di unire le loro forze per sconfiggere questa annosa piaga.

Lo faranno dimenticandosi la loro storica inimicizia, a favore del lavoro e dei giovani.

Si è tenuto infatti a Parigi un summit con i ministri dell’Economia Pierre Moscovici e Wolfgang Schaeuble e con quelli del Lavoro Michel Sapin e Ursula Von der Leyen. Durante l’incontro il presidente francese Francois Hollande ha annunciato l’avvio dell'”offensiva per l’impiego dei giovani”.

Non solo. Holland ha anche detto che occorre agire immediatamente. Perché? Perché sei milioni di giovani in Europa sono disoccupati.

Se non lo si farà la generazione del dopo crisi chiederà i conti, per tutta la sua vita, all’Europa.

Il progetto franco-tedesco dovrebbe contemplare la valorizzazione della formazione e in particolare lo sviluppo dell’alternanza scuola-lavoro insieme all’accesso al credito per le piccole e medie imprese.

Nessun giovane deve rimanere per più dei sei mesi senza avere un lavoro o uno stage: è l’obiettivo dei ministri del lavoro, i quali hanno invocato anche la mobilitazione delle risorse disponibili a livello europeo.

E che possono fare affidamento su una proposta della Commissione già approvata a Bruxelles

Il grido d’allarme di Giovannini

All’incontro franco-tedesco ha partecipato anche il ministro del Lavoro italiano Enrico Giovannini. Questi ha lanciato un grido d’allerta per la disperazione sociale giovanile: “Oggi bisogna salvare un’intera generazione di giovani che sono sconfortati, spaventati, non hanno prospettive”.

Per tale motivo, come ha detto l’ex presidente dell’Istat, già intervenuto sullo stesso tema sul Corriere della Sera del 25 maggio – a fine giugno è previsto “un insieme di proposte”, con misure su apprendistato, incentivi fiscali alle assunzioni e facilitazione dei contratti a tempo determinato.

 

La Cina si allinea alle regole del WTO

 L’ Organizzazione Mondiale del Commercio – WTO – ora non avrà più scuse per giustificare una disparità di trattamento, nelle controversie, nei confronti della Cina. Dopo anni trascorsi in una posizione un po’ marginale e deficitaria a causa del suo mancato allineamento con le regole fissate dall’ organizzazione, adesso, infatti, anche il colosso orientale risponderà alle norme del WTO.

14 Stati Ue contro la Cina per i dazi sui pannelli solari

Con grande soddisfazione del Mofcom e di Pechino, che ora potranno competere ad armi pari, durante le liti, con i concorrenti dell’ Occidente.  Il Mofcom ha infatti pubblicato ieri, sul suo sito istituzionale, una lista di dieci linee guida sul WTO in merito alle quali il governo attende anche consigli e suggerimenti.

La Cina contro i dazi europei sui pannelli solari

Sembra, tuttavia che, ad accelerare questa decisione normativa siano state la recente diatriba sorta a proposito della tassazione europea dei pannelli solari e la questione delle telecomunicazioni cinesi. Nei casi conclamati di dumping, infatti, la Cina, finora, aveva sempre avuto la parte peggiore a causa della indefinitezza dei suoi protocolli.

Ma ora la partita sembra prendere una piega totalmente differente e scommettiamo che, dopo questo recente allineamento alle regole del gioco internazionale, la palla tornerà di nuovo al centro.

Moody’s avverte: criteri più severi per le banche

 L’Europa continua a versare in condizioni di grossa crisi del debito. Parola di Moody’s. Parole che arrivano il giorno seguente a quello in cui i leader europei si sono messi d’accordo per la stretta sul budget e per la creazione di un’autorità fiscale centrale.

24 ore dopo Moody‘s ha dichiarato che la crisi in Europa è ancora in una fase critica e volatile. Il rating di diversi stati membri è a rischio.

Il summit tra i leader europei che si è concluso venerdì ha convenuto di dare altri 268 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale per essere d’ausilio al debito degli Stati in crisi ed evitare una ulteriore diffusione del contagio. Alti livelli di debito, rischio crescente di una recessione e la stretta del credito sono ancora in Europa anche dopo il vertice.

Moody’s ha abbassato, venerdì, il rating a lungo termine per tre grandi banche francesi, che sono Societe Generale, BNP Paribas e Credit Agricole, nonostante le prove sugli stress test siano stati passati da queste tre banche. Moody ha usato dei criteri più severi per le banche, portando il rating per Societe Generale ad A1, mentre ha deciso di portare il rating di BNP Paribas e di Credit Agricole a Aa3. Ogni banca è stata praticamente declassata di una tacca.

L’agenzia, inoltre, ha fatto sapere che la crisi è in una fase critica e volatile, con i mercati del debito sovrano e bancario che sono inclini alla dislocazione acuta, cosa che i politici troveranno sempre più difficile contenere. Inoltre, più l’approccio incrementale alla politica persiste, maggiore è la probabilità di avere degli scenari più gravi, compresi quelli relativi a default multipli da parte di paesi dell’area dell’euro e quelli che coinvolgono alcune possibilità uscite dalla zona euro.

C’è dunque ancora il rischio per la zona euro e osservando i grafici delle coppie di valute ci si accorge di come sia effettivamente così, l’euro sta perdendo colpi.

 

 

14 Stati Ue contro la Cina per i dazi sui pannelli solari

 A guidare la ‘battaglia’ è la Germania. Ma i Paesi membri dell’Unione europea che si ribellano alla proposta della Commissione di imporre dazi sui pannelli solari importati dalla Cina sono quattordici.

C’è chi sostiene siano addirittura diciassette.

Lo ha riferito il Financial Times, al termine del meeting tenutosi ieri al Parlamento europeo tra Karel de Gucht, Commissario per il Commercio, e Zhong Shan, viceministro per il Commercio cinese.

Il portavoce del Commissario ha riferito che “De Gucht ha comunicato con chiarezza al viceministro di essere consapevole delle pressioni esercitate dalla Cina su diversi Stati membri. Il portavoce ha poi aggiunto che il Commissario prenderà in cosiderazione quelle che sono le posizioni a riguardo di tutti i Paesi membri.

D’altro canto, con ogni probabilità, i dazi potrebbero anche apparire come necessari. A tal proposito, il portavoce ha rammentato che attualmente i posti di lavoro a rischio in questo contesto lungo tutta l’Unione europea sono circa venticinquemila.

Per tale ragione, la Commissione è vincolata alla valutazione dello scenario più ampio al fine di prendere le proprie decisioni soltanto in base ai fatti”.

Tuttavia, il Commissario è anche disponibile a un eventuale accordo con Pechino, come ha riferito il portavoce: “Il Commissario De Gucht ha anche espresso la suia intenzione di valutare la possibilità di un accordo negoziato in partnership con gli Stati Uniti, se questo dovesse essere necessario”.

I Paesi membri dovranno pronunciarsi entro il prossimo 5 giugno in relazione proposta della Commissione di imporre una tassa del 47% sui pannelli solari importati dalla Cina.

Nuove tasse in Usa per le vendite on line

 Al momento è solo una proposta di legge, ma sembra che la Marketplace Fairness Act non avrà problemi a divenire effettiva.

► Social shopping

Dopo che il Senato degli Stati Uniti ha votato a favore dell’introduzione della Marketplace Fairness Act con 69 voti – i contrari sono stati solo 27 – ora la proposta di legge è in attesa di passare al setaccio della Camera. Non dovrebbero esserci grandi problemi anche in questa sede, dove le grandi lobbies dell’e-commerce non dovrebbero disdegnare la possibilità di guadagnare di più.

La Marketplace Fairness Act, infatti, è una tassa che si dovrebbe applicare sulle compravendite online, ma non si tratta di una nuova tassa, bensì di un cambiamento nell’applicazione della tassazione stessa.

Negli Stati Uniti le tasse sulle transazioni on line, infatti, dovrebbero essere pagate dagli compratori finali che, però, spesso non pagano quanto dovuto e il gettito potenziale – circa 23 miliardi di dollari – che dovrebbe arrivare allo Stato è solitamente molto inferiore alle attese.

Per ovviare a questo problema il Governo degli stati Uniti ha proposto che la tassa sia pagata dai commercianti e non più dai compratori finali, accollandosi l’onere di far pagare la tassa direttamente sul prezzo del prodotto.

► Google Italia deve pagare 96 milioni di euro di tasse

Ma, se da un lato questo nuovo metodo di tassazione porterebbe a delle entrate certe, dall’altro, come prevedono Ebay ed Amazon che sono già sul piede di guerra, potrebbe anche essere un deterrente alle vendite e un rallentamento delle attività produttive di tutti coloro che vendono solo su Internet.

La Germania accusa Draghi di favorire Italia e Spagna

 Nel corso di questi ultimi giorni il Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi è stato oggetto di una duplice accusa da parte di alcuni esponenti di primo piano del mondo della politica e della stampa tedesche.

Lo scenario finanziario europeo va migliorando

Un lungo articolo pubblicato sul quotidiano Die Welt allude oggi infatti alla possibilità che la Banca Centrale Europea utilizzi lo spauracchio dell’ introduzione di tassi negativi sui depositi giacenti presso la BCE, per incoraggiare, o meglio costringere, le banche  tedesche a concedere più credito ai Paesi dell’ Europa meridionale in difficoltà economiche, come l’ Italia o la Spagna.

Il mercato si fida delle banche centrali

Una settimana fa, invece, il presidente Draghi era stato accusato di aver danneggiato, con la sua politica di estrema riduzione dei tassi di interesse, gli interessi dei risparmiatori tedeschi, che nel giro di poco tempo hanno visto drasticamente ridursi il valore dei loro risparmi.

E altre fonti, sempre in Germania, già danno quasi per certa la discesa dei tassi di deposito della BCE sotto lo zero, che saranno rivisti senza neanche aspettare una richiesta di intervento da parte delle nazioni in difficoltà. Nel frattempo, però, dai vertici della BCE, i governi dell’ Eurozona vengono ammoniti a non allentare le politiche del rigore. Chi avrà ragione?