Un’economia unica e un bilancio comune per l’Europa

 La Francia, dal punto di vista della concezione delle istituzioni, della politica e della economia comunitaria si avvia, a quanto pare, ad un importante cambio di rotta. Durante la conferenza stampa semestrale all’Eliseo il presidente francese Francois Hollande ha infatti dichiarato ai giornalisti che ai Paesi dell’ Eurozona servirebbe ora un unico governo economico.

>Un patto europeo contro la disoccupazione

La Francia sarebbe quindi favorevole finalmente ad una iniziativa che portasse ad una unificazione politica dell’ Europa già entro due anni, che potrebbe poi esprimersi anche in una unica economia e in un unico bilancio. Il Presidente francese ha definito questa nuova visione delle cose a ragione di una valutazione del proprio primo anno di governo e della necessità di una svolta per il secondo.

>La crisi della Francia è più preoccupante

E’ tempo, infatti, – ha detto il premier francese – che la Francia contribuisca a far uscire l’ Europa da quello stato di prostrazione in cui è piombata, anche favorendo un rafforzamento delle istituzioni politiche europee. E i mezzi individuati per ottenere un tale risultato potrebbero essere a suo avviso i seguenti:

  1. la creazione di un governo economico e di un bilancio comune
  2. l’ attuazione di politiche a favore dell’ occupazione giovanile
  3. la creazione di una unione politica
  4. la formazione di una comunità europea delle energie rinnovabili.

Anche Moody’s alza il rating della Turchia

 Lo aveva fatto già lo scorso novembre l’agenzia di rating Fitch, anche la Moody’s ha preso visione dei grandi miglioramenti della Turchia e ha alzato il merito di credito di Ankara di un gradino portandolo a “Baa3” dal precedente “Ba1” con outlook stabile.

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Si tratta di un’ottima notizia che giunge per il paese della mezzaluna dopo circa dieci anni di profonde riforme economiche e strutturali del paese che avevano portato il rendimento dei suoi titoli di Stato ai minimi storici. Con questa promozione, i bond turchi diventano degli ottimi investimenti.

Le motivazioni di Moody’s per l’innalzamento del rating del debito del paese sono molto semplici: le riforme portate avanti hanno permesso alla Turchia di stabilizzarsi e di poter, così, essere meno vulnerabile in caso di shock dei mercati esterni.

Altro grande merito del paese è stato quello di aver estinto il debito contratto con il Fondo Monetario Internazionale (FMI): grandi sacrifici per ottenere questo risultato, ma, come aveva annunciato il premier Recep Tayyip Erdogan, il debito è stato estinto nei tempi previsti con il pagamento, dell’ultima rata da 412 milioni di dollari.

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Soddisfazione per il premier che già da tempo si aspettava questo riconoscimento.

Torna a crescere il mercato dell’auto in Europa

 Secondo gli ultimi dati diffusi dall’ Acea, nel mese di aprile scorso il mercato dell’ auto è tornato a crescere nell’ Unione Europea a 27 Paesi comprensiva dei Paesi Efta, dove le nuove immatricolazioni hanno fatto registrare un dato positivo dell’ 1,8% rispetto ai dati che è stato possibile rilevare nel corso dell’ anno precedente e si sono attestate sul 1.081.307 di unità.

>In aumento i veicoli privi di assicurazione RCA

Si tratta di un dato alquanto straordinario per il mercato dell’ auto che negli ultimi tempi aveva vissuto ben 18 cali consecutivi. Ad ogni modo, i problemi del settore non sono ancora completamente risolti, dato che nei primi quattro mesi dell’ anno si è potuto registrare, complessivamente, ancora un altro calo del 7%, con sole 4.176.690 di unità vendute.

>Fiat investirà 7 miliardi in Brasile

Per quanto riguarda infatti il mercato italiano, il nostro Paese rimane ancora ancorato ai numeri negativi. Si è potuto registrare, anche in occasione della ripersa europea un calo del 10%. Una nota del Lingotto ha quindi commentato che il Gruppo Fiat “continua ad essere pesantemente penalizzato dal risultato negativo del mercato italiano”, anche se può vantare una propria quota di mercato in debole crescita, rispetto al mese di marzo 2013, con un +6,3%. Tra i modelli maggiormente competitivi della Fiat è soprattutto la nuova Ypsilon a mietere i migliori risultati.

Combattere la crisi con il Marketing Social Oriented

 Durante l’European Socialing Forum tenutosi a Milano a Palazzo delle Stelline si è parlato della crisi che affligge il sistema economico e che predomina in Italia e in tutto il resto del Vecchio Continente. Sorge, dunque, la necessità di ripensare all’impresa come concetto e di ripensare al rapporto vigente tra ambiente e impresa stessa.

Così, gli esperti durante l’incontro hanno parlato di “Socialing“. Si tratta di una delle nuove forme di bio-economia che possono replicare in maniera efficace alla crisi dei modelli tradizionali che imperversano in un vecchio mondo ormai stantio.

A spiegare cos’è il socialing è il professor Andrea Farinet, docente di Economia e Gestione presso l’Università Cattaneo di Castellanza. Dopo aver condotto per anni ricerche insieme a Giancarlo Roversi, Farinet asserisce che il socialing verte sulla responsabilità sociale delle imprese italiane e sulla crisi del marketing tradizionale.

L’analisi ha dato vita ad un nuovo concetto di marketing socialmente orientato, tale da poter rendere trasparente il rapporto con i cittadini-consumatori. Continua Farinet: “Il frutto di questo lavoro è stato trovato in quattro principi fondamentali: dignità, naturalità, integrità e fertilità. In merito a questi quattro principi è stata scritta la Carta Universale dei Diritti della Terra Coltivata che verrà presentata in sede europea e che proporremo ai Paesi presenti a Expo 2015”.

L’appuntamento, per gli esperti, si configura come una grande occasione non solo per promuovere il sistema imprenditoriale italiano bensì anche per far capire come andrebbero tutelati i consumatori finali. Farinet infatti crede che “I consumatori siano in primis cittadini e come tali hanno diritto ad essere tutelati”. Peranto, all’Expo verrà presentata la Carta di concerto con le altre due proposte denominate ‘Dal Chilometro Zero al Chilometro Verde’ e ‘Dieci filiere per salvare il mondo’, con l’auspicio che si arrivi presto a un primo protocollo firmato dai paesi più importanti in modo tale da dare la più ampia visibilità a questo documento”.

Bill Gates è di nuovo l’uomo più ricco del mondo

 Dopo cinque anni di assenza, Bill Gates torna in vetta alla classifica degli uomini più ricchi del mondo.

Il fondatore di Microsoft e dell’organizzazione non profit Bill&Melinda Gates Foundation riconquista il prestigioso traguardo con un patrimonio di 72,7 miliardi di dollari.

Negli ultimi dodici mesi Bill Gates ha incrementato i suoi averi del 15,9% in virtù dei risultati in Borsa dell’azienda che ha lanciato Windows 8.

Gates non era primo dal 2007. Attualmente supera per 600 milioni di dollari il magnate messicano Carlos Slim che era in prima posizione fino a poco tempo fa e che ora vanta un patrimonio di 72,1 miliardi di dollari, calato del 4,1% in confronto al maggio del 2012.

A fornire i dati e consacrare nuovamente Gates sul trono è il Bloomberg Billionaires Index .

Tra i primi venti posti troviamo altri quattro magnati del settore hi-tech. All’ottavo posto si piazza, con 41,6 miliardi di dollari Larry Ellison, amministratore delegato di Oracle che rispetto a dodici mesi fa ha incrementato la sua fortuna del 5,9%.

Al quindicesimo posto si trova invece Li Ka-shing, presidente di Hutchison Whampoa. Possiede 27,8 miliardi di dollari, ma fa registrare un calo del 2,6 per cento. Tra i primi cento anche gli italiani Ferrero e Del Vecchio.

Evasione fiscale per Amazon

All’orizzonte sembra esserci l’ennesimo scandalo di evasione fiscale legalizzata. Questa volta, a stimolare lo sdegno di tutta la Gran Bretagna, sembra esserci Amazon.

L’azienda finisce nell’occhio del ciclone a seguito di un’inchiesta condotta dal quotidiano Guardian di Londra.

Amazon, libreria online più grande al mondo nonché negozio online più grande del pianeta sul cui sito si vende di tutto, ha pagato soltanto 2 milioni e 400 mila sterline di tasse su 4 miliardi e 200 milioni di sterline di fatturato nel 2012 nel Regno Unito, un’aliquota dello 0,5 per cento.

In sostanza, è come se Amazon non avesse pagato nulla rispetto a ciò che viene pagato dalle persone fisiche, tassate a un’aliquota del 45 per cento da 150 mila sterline di reddito annuo in su.

Ma non è tutto. Il pagamento dei suddetti 2 milioni e 400 mila sterline di tasse è di gran lunga inferiore ai quasi 2 milioni e 500 mila sterline di finanziamenti che Amazon ha ottenuto nello stesso anno dal Governo britannico.

Nello specifico, in altre parole, nel 2012 l’azienda americana ha preso dal contribuente britannico 75 mila sterline in più di quelle che ha dato in imposte allo stato, per non parlare dei suoi giganteschi profitti ed entrate.

L’azienda, dunque, è nel mirino degli inquirenti e della stampa, in attesa di ulteriori sviluppi.

 

Un cartello Apple sul mercato degli ebook?

 Continuano in questi giorni negli Stati Uniti le indagini sulla possibile formazione, nel lontano aprile 2010, di un cartello Apple, guidato e sottoscritto dal Steve Jobs, per tenere alto il mercato degli ebook in occasione del lancio del primo iPad. Sulla questione, venuta a galla già nel 2012, continua infatti ad indagare il Dipartimento di Giustizia statunitense (DoJ).

In Francia una tassa sugli smartphone per finanziare la cultura

Secondo gli inquirenti Jobs avrebbe cercato, ai danni di Amazon, a quel tempo leader di mercato nella vendita dei libri digitali, un accordo con cinque dei maggiori colossi editoriali americani, e cioè Harper Collins, Macmillan, Hachette, Penguin e Pearson, in modo da convincerli ad innalzare il prezzo di 9,99 dollari praticato dall’ Amazon Store.

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A quel tempo, infatti, Amazon riusciva a vendere le novità editoriali in formato digitale e in formato cartaceo, esattamente in contemporanea, oltretutto praticando per le prime un prezzo inferiore alle seconde – quello di 9,99 dollari appunto.

La giustizia americana accusa dunque Apple di aver manipolato ad arte il mercato, convincendo i cinque editori a sbarcare per primi sull’ iBookstore e tenendo alto il prezzo degli ebook. A testimonianza degli accordi con Jobs ci sarebbe anche una email chiarificatrice pubblicata dal New York Times. Ora, ad ogni modo, gli editori hanno già patteggiato, mentre Apple, che sostiene di non aver mai indotto accordi collettivi, si difenderà in tribunale.

Il Giappone torna a crescere

 Mentre nella Vecchia Europa spirano, sempre più insistenti, venti di recessione, dal lato opposto del globo, in estremo oriente la situazione va migliorando a vista d’ occhio. Si trova, infatti, in uno straordinario periodo di ripresa e di crescita economica il Giappone, che dopo anni di numeri negativi, torna a realizzare valori superiori anche a quelli degli Stati Uniti, grazie alle misure sull’ economia reale adottate dal Primo Ministro Shinzo Abe.

> Giapponesi verso i bond esteri

Nel primo trimestre del 2013 il prodotto interno lordo del Giappone è salito del 3,55 su base annuale e dello 0,9% su base congiunturale: due risultati, tanto per cominciare, decisamente superiori alle attese degli analisti. L’ economia giapponese cresce, dunque, ad un tasso superiore di quello che è stato possibile registrare negli Stati Uniti e ha avuto in generale una espansione dello 0,4%.

Tutta l’Eurozona è in recessione

A questi risultati hanno senza dubbio contribuito tutta una serie di misure e di riforme varate negli ultimi mesi, tra cui la politica monetaria ultra – espansiva e la recente manovra fiscale realizzata dal premier che comincia a dare ora i suoi risultati. A ciò si deve aggiungere un clima di maggiore fiducia da parte dei consumatori, con i consumi saliti nell’ ultimo trimestre dello 0,9% e un decisivo aumento delle esportazioni.

La Germania dall’austerity alla competitività

 Si torna a parlare di crescita, in Germania, si torna a parlare di competitività.  Dopo anni dedicati al rigido consolidamento dei conti pubblici e dopo anni investiti nelle politiche di austerity, Berlino cambia ufficialmente rotta e sposa la causa da tempo sottopostale da numerosi capi di governo europei, e dallo stesso governatore della Banca Centrale Europea – BCE, Mario Draghi, che da mesi si affanna a ripetere come da sole, le politiche monetarie non siano sufficienti a promuovere la crescita economica.

Tutta l’Eurozona è in recessione

Così anche la Merkel torna a porre la competitività tra le priorità, competitività che dovrà certo essere espressa attraverso delle riforme strutturali che consentano al Paese di ritrovare la capacità di produrre ricchezza e di creare nuova occupazione. Niente più solo tagli alle spese, dunque, niente più solo risanamento dei conti pubblici. La Germania, infatti, alla luce degli ultimi dati, non può continuare a mantenere la sua crescita economica se attorno a lei la maggior parte delle nazioni vivono in recessione. Urge dunque un cambiamento di marcia, una inversione di tendenza.

Calano le vendite nell’Eurozona

E per dare concretezza alla speculazione teorica un primo passo è costituito dalla lotta alla disoccupazione giovanile europea, con uno stanziamento di fondi comunitari e l’ organizzazione di una conferenza per decidere sul loro migliore utilizzo.

Calano le vendite nell’Eurozona

 Il mese di marzo 2013 ha fatto registrare per il nostro Paese il primo rosso delle esportazioni su base annuale a partire dal lontano 2009. Ma che cosa è successo, invece, in Europa, alla bilancia commerciale delle altre nazioni della zona euro?

A marzo negativo l’export italiano

Nel mese di marzo 2013 a livello di Eurozona si è potuto registrare un aumento delle esportazioni pari al 2,8%, mentre le importazioni hanno subito un calo dell’ 1%. Una situazione abbastanza simile, poi a livello tendenziale si è potuta rilevare anche nella UE, dove le esportazioni sono aumentate del 3,4%, mentre le importazioni sono diminuite dell’ 1,1%.

Tutta l’Eurozona è in recessione

Andando più nello specifico, per quanto riguarda la situazione dei singoli Paesi, il dato sorprendente è che nell’ ultimo periodo, cioè a marzo, anche l’ export della Germania ha subito un forte calo del 10%, calo seguito da quello della Francia, che ha fatto registrare una flessione del 7,1%. Ma le cose non sono andate bene neanche in Spagna, dove i dati attestano un picco negativo addirittura di 20 punti.

La situazione dell’ Europa, dunque, appare quella di un’ area in cui gli acquisti hanno subito in generale un drastico calo, che si è inevitabilmente riversato sulle economie nazionali come la nostra, che perde 2,76 miliardi di acquisti nel primo trimestre 2013.