Europa alla battaglia finale tra austerità e crescita

 L’austerità ha fatto il suo corso? E’ ora di voltare pagina?

Secondo le ultime analisi della Commissione Europea sembrerebbe arrivato il momento che il rigore dei conti lasci spazio a manovre e interventi di più ampio respiro che diano la possibilità all’Europa di ricominciare a crescere.

► Crisi: anche la Slovenia vara il piano lacrime e sangue per evitare di ricorrere alla Troika

Questa battaglia tra rigore e crescita si sta protraendo da troppo tempo e la rigidità sui conti non è certo il miglior modo per far nuovamente girare l’economia. Ma sembra che il momento della svolta sia arrivato e potrebbe concretizzarsi già a giugno, con il prossimo vertice dell’Unione Europea.

I segnali di questa svolta stanno già arrivando: un esempio sono i due anni in più concessi a Francia e Spagna per risanare i conti, un altro potrebbe essere l’uscita dell’Italia dalla procedura di deficit eccessivo (la decisione definitiva arriverà solo a fine maggio).

La parola più importante, come al solito, spetta alla cancelliera Merkel che ha molta voce in capitolo sulle decisioni dell’Unione, ma, visto che ha dato il suo assenso per la Francia e per la Spagna si spera che sarà altrettanto magnanima nei confronti del suo vicino tricolore.

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Oltre questo, anche Olli Rehn ha parlato oggi della necessità di un allentamento di questo rigore che non permette la crescita, ma sempre e solo se i paesi che hanno manifestato i maggiori problemi saranno capaci di mettere in pratica le riforme strutturali richieste.

 

 

Crisi: anche la Slovenia vara il piano lacrime e sangue per evitare di ricorrere alla Troika

 Il piano lacrime e sangue, definizione che ormai è entrata nell’uso comune per tutti i piani di austerity, è stato varato ieri anche in Slovenia dal neo premier Alenka Bratusek. Il governo, in carica da sole sei settimane, sta già lottando contro il rischio di default del paese, che sembra essere sempre più vicino.

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Il piano sarà presentato oggi, o al massimo domani, anche a Bruxelles. Se la Commissione approverà il piano, la Slovenia avrà un po’ di tempo per sistemare la sua situazione economica, altrimenti dovrà immediatamente ricorrere agli aiuti della Troika, come già successo a Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Cipro.

Le misure contenute nel piano di Alenka Bratusek prevedono un aumento delle aliquote Iva di 2 punti percentuali (passerebbe così dal 20% al 22%) a partire da luglio, una tassa sugli immobili, che potrebbe entrare in vigore già a partire dal 2014, prevista anche la vendita di 15 società pubbliche.

Ma il provvedimento che sta facendo discutere di più è la possibilità di una sovrattassa tra lo 0,5% e il 5% su tutti i salari, sulla base della retribuzione lorda, che porterebbe nelle casse dello stato circa 250 milioni di euro. I sindacati, infatti, preferirebbero che queste risorse arrivassero dal taglio degli stipendi pubblici e il blocco delle pensioni.

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L’obiettivo del premier, e anche quello che lo porterebbe a non dover richiedere l’aiuto dell’Europa, sarebbe quello di riuscire ad abbassare il deficit del pil dal 7,8%  di quest’anno al 3,3% già entro il prossimo anno.

Per la BCE il PIL europeo diminuirà dello 0,4% nel 2013

 Non sono troppo lunsinghiere le previsioni relative al PIL dell’ Eurozona contenute all’ interno dell’ ultimo bollettino mensile emesso dalla Banca Centrale Europea. Secondo le stime dell’ Istituto, infatti, il Pil europeo subirà, entro la fine del 2013, una ulteriore contrazione, arrivando a far registrare un calo dello 0,4%, rispetto alle precedenti stime, che avevano previsto invece uno 0%.

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Nell’ ultimo bollettino della Bce, inoltre, sono state modificate anche le stime relative al Pil europeo previsto per il 2014, che è stato ridotto di alcuni punti, passando dal precedente +1,1% all’ attuale +1%. Sono rimasti invece invariate le previsioni passate relative al Pil europeo per l’ anno 2015 (+1,6%) e per l’ anno 2017 (+1,8%).

Far ripartire la crescita in Europa

All’ interno del bollettino la Banca Centrale Europea ha poi spiegato che le revisioni a ribasso del prodotto interno lordo per l’ anno 2013 sono state dovute alla forte debolezza economica che si è potuta avvertire tra la fine del 2012 e l’ inizio del 2013.

La congiuntura attuale infatti è stata caratterizzata da una ulteriore perdita di posti di lavoro e dall’ aumento della disoccupazione, fenomeni che insieme ad una intrinseca debolezza dell’ industria non fanno ben sperare per una ripresa della situazione in tempi rapidi.

Salgono le azioni del Manchester United dopo l’annuncio di Ferguson

Quasi 27 anni al timone di una squadra. Un record, soprattutto di questi tempi. Sir Alex Ferguson dalla prossima stagione non sarà più il manager del Manchester United, pluridecorata squadra di calcio della Premier League inglese. Lascia dopo quasi tre decenni e lo fa dopo aver vinto tutto.

Un annuncio, il suo, che ha fatto piangere molti tifosi ma che in qualche modo ha smosso la situazione finanziaria del club. Un club che negli ultimi anni ha vissuto diverse situazioni, non tutte piacevoli, dal punto di vista finanziario. Ci sono stati momenti bui ma anche momenti di gloria. Tutto dipende, come sempre, dai risultati e dal contesto. Tempo fa, in vista della quotazione in borsa dei Red Devils, lo stesso Ferguson aveva detto: “Dipendiamo strettamente dall’abilità del nostro management, dallo staff di allenatori e dai nostri giocatori. Qualsiasi successore del nostro manager potrebbe non essere tanto vittorioso quanto quello attuale”.

Ora queste parole sono tornate alla mente degli investitori. Dopo l’annuncio del suo addio da parte di Ferguson, inizialmente il club in borsa ha perso alcuni punti percentuali, per poi risalire rapidamente la china.

Vale la pena soffermarsi sulla situazione finanziaria del club, di proprietà della famiglia Glazer.

Dalla scorsa estate, i Glazer hanno messo sul mercato una piccolissima quota pari al 10%, ma sono riusciti a raccogliere 230 milioni di dollari quasi e a diminuire l’indebitamento a 330 milioni di sterline. Stando agli ultimi aggiornamenti da parte degli specialisti sul titolo, nelle persone economiche di Deutsche Bank e Jefferies, ci sono raccomandazioni d’acquisto sul Manchester. I prezzi obiettivo sono di 21 e 23 dollari.

I conti di Sony tornano in attivo dopo un lustro

 Sony torna finalmente a generare profitti dopo un periodo buio durato cinque anni. L’azienda ha risentito particolarmente della crisi globale e della crescente concorrenza da parte di altre società. Il colosso giapponese della tecnologia è tuttavia tornato all’utile nell’esercizio 2012/2013, che si è concluso il 31 marzo scorso, facendo registrare profitti netti per 43 miliardi di yen (410 milioni di euro), a fronte di una perdita di 457 miliardi dell’esercizio precedente.

Lo ha dichiarato il gigante dell’elettronica, che si attende un progresso ulteriore dell’utile per l’esercizio in corso stimato nell’ordine del 16%, soprattutto in virtù dell’indebolimento dello yen in confronto a euro e dollaro, ma anche per il processo di ristrutturazione in corso del gruppo e per la vendita di diversi asset (è stato ceduto – per esempio – il grattaciaelo newyorkese). A supportare i margini sono stati poi i tagli ai posti di lavoro e alcuni successi al botteghino. Ma l’attività core della società – ovvero le televisioni e gli smartphone – restano ancora distanti dai concorrenti: basti pensare che la partita della vendita di telefonini contro l’antagonista Samsung è stata persa con una media di 6 a 1 nel quarto trimestre del 2012. La sottosezione delle tv, invece, è apparsa in rosso per l’ottavo esercizio consecutivo. Si tratta infine – sottolinea Bloomberg – di una stima inferiore alle aspettative.

Per quanto riguarda l’esercizio appena conclusosi, Sony ha anche fatto registrare un risultato operativo di 230 miliardi di yen, a fronte di una perdita operativa di 67,3 miliardi dell’esercizio precedente. Il giro d’affari, invece, è salito del 4,7% a 6.800 miliardi di yen (65 miliardi di euro).

Pubblicato l’ indice mondiale del grado di corruzione dei manager

 Ernst & Young ha recentemente raccolto i dati relativi al grado di corruzione dei manager di tutto il mondo, dati che sono poi stati organizzati all’ interno di un indice pubblicato dal quotidiano tedesco Die Welt.

Le nazioni del Vecchio Continente non hanno però raggiunto, in questa classifica, risultati lusinghieri:  tutta l’ Europa, infatti, è risultata essere più o meno avvezza a pratiche infelicemente note, quali la richiesta di tangenti e la ricezione di bustarelle, per non parlare dei semplici episodi di corruzione e dello scambio di regali e altri preziosi in cambio di favori.

Corruzione crescente in Italia

Andando più nello specifico, poi, si può quindi osservare che l’ Italia, con un indice di corruttibilità dei manager pari al 60%, si è collocata in Europa davanti a paesi come la Turchia e la Polonia, che possono vantare tradizioni democratiche e di crescita economica più recenti di quelle di casa nostra.

L’austerity colpisce anche la corruzione

Tra i Paesi europei meno avvezzi alle pratiche della corruzione vi sono invece la Svizzera, che detiene in Europa una sorta di virtuoso primato per l’ integrità dei suoi manager, seguita a ruota da “conferme di vecchia” data quali FinlandiaSveziaNorvegia, e Olanda. 

E per quanto riguarda lo storico “duetto” Francia – Germania, i manager francesi si sono questa volta dimostrati più virtuosi degli incorruttibili – o quasi – tedeschi.

Dazi UE sui pannelli solari cinesi

 La Commissione europea ha finalmente reso ufficiale l’ introduzione di forti dazi sui pannelli solari di importazione cinese che era stata anticipata durante i mesi scorsi.

Il provvedimento è infatti il risultato di ben 8 mesi di indagini che hanno fatto seguito all’ apertura di uno specifico provvedimento europeo volto a contrastare lo sfrenato dumping esercitato dai produttori orientali.

Le “sirene” cinesi ammaliano Telecom

Il mercato europeo, dunque, d’ ora in avanti sarà riequilibrato, per volontà di Bruxelles, attraverso l’ imposizione di un onere medio aggiuntivo che sarà pari dal 35% al 47%  del prezzo finale dei prodotti, in base al grado di collaborazione che gli stessi produttori cinesi offriranno in sede di controllo.

Il protezionismo sta uccidendo l’export UE

La nuova misura per il momento entrerà in vigore il prossimo 5 giugno in via provvisoria, per poi arrivare ad una risoluzione definitiva nel mese di dicembre 2013, quando anche il  Consiglio europeo sarà chiamato ad esprimersi sulla questione.

Il provvedimento della Commissione europea in realtà viene  incontro ad una specifica richiesta dei produttori dell’ Eurozona, che da tempo accusavano i produttori cinesi di aver imposto un abbassamento dei prezzi tale non riuscire più coprire neanche i costi di produzione.

Sono state comunque immediate anche le reazioni da parte delle lobby che intrattengono interessi nella produzioni dei pannelli.

Per la BCE i tassi rimarranno bassi fin quando necessario

 Arrivano oggi dalla Banca Centrale Europea ulteriori conferme sul proseguimento della politica di tagli al costo del denaro e di riduzione dei tassi di interesse attuata nell’ ultimo periodo.

> La Bce taglia il costo del denaro allo 0,5%

Nell’ ultimo bollettino mensile emesso dall’ Istituto, infatti, i vertici della Bce hanno confermato che il costo del denaro rimarrà basso fino a quando sarà necessario, in modo da contribuire le prospettive di ripresa che potranno verificarsi nel resto dell’ anno.

Draghi pronto a nuovi tagli

Tutto il primo periodo del 2013, invece, è stato caratterizzato da un generale clima di sfiducia nei confronti dei mercati, sfiducia che tuttavia è stata momentaneamente “interrotta” dal recente successo dei Titoli di Stato italiani e spagnoli, che ha avuto conseguenze anche sull’ andamento dei mercati periferici dell’ Eurozona.

Una possibile ripresa sarà forse possibile solo verso fine anno, ma secondo la Banca Centrale si rendono particolarmente necessarie quelle riforme strutturali che mirino ad un definitivo risanamento dei conti e, se necessario, alla ricapitalizzazione delle banche.

E’ inoltre necessario proseguire sulla strada di una sempre maggiore unione economica, monetaria e, si spera presto, anche bancaria.

Anche se bisogna dire, per dovere di cronaca, che l’ ottimismo della Bce si scontra ancora al momento con le stime al ribasso di molti economisti del settore privato.

I miliardari russi alla conquista dell’ovest

Sono trascorsi più di venti anni dalla fine dell’Urss e dalla caduta del comunismo. In questi anni la Russia ha cercato di superare i precetti del capitalismo per rimettere in modo l’economia. Oggi, possiamo dire che gli uomini di affari ci sono riusciti bene.

Si contano numerosi miliardari provenienti dai Paesi che un tempo erano in forza all’Urss e che oggi hanno sviluppato nuove metodologie e nuove ideologie per conquistare il pianeta industria e il pianeta finanza nel terzo millennio.

Le classifiche degli uomini più ricchi, una delle più famose è quella stilata dalla rivista statunitense Forbes, contemplano oggi molti nomi provenienti dai territori russi. Sono ad oggi cento i magnati russi che hanno un patrimonio personale superiore al miliardo di dollari. A costoro devono essere aggiunti dieci magnati ucraini, cinque kazaki e un georgiano. Non male, no?

Oltre a Forbes, anche Bloomberg ha stilato la classifica dei cento conti correnti più ricchi del mondo, contandone undici in Russia e uno in Ucraina.

Parliamo, naturalmente, di numeri indicativi. Ma siamo comunque dinanzi a cifre importanti. I dati confermano che gli ex-capitalisti sono sempre più inseriti nel sistema economico d’occidente. In quali settori? I magnati si riuniscono in holding che oggi possono vantare asset che vanno dagli idrocarburi al settore bancario.

La disoccupazione giovanile è un problema globale

 73,4 milioni di giovani saranno disoccupati nel 2013. Lo dice il Rapporto ILO’s Global Employment Trends for Youth 2013 dell’International Labour Organization, che fotografa una situazione per cui, a parte alcune differenze regionali, i giovani sono la categoria più a rischio.

► Draghi invita a ridurre la disoccupazione e la concentrazione dei redditi

Il tasso di disoccupazione globale nel 2013 raggiungerà il 12,6%, percentuale molto simile a quella che l’Onu ha registrato nel 2009, l’anno più nero della crisi economica. Ed è un trend rialzista che non accenna a fermarsi e, entro il 2018, il dato potrebbe crescere ancora fino a raggiungere il 12,8%.

A questo punto, come spiegano International Labour Organization, non si tratta più di una disoccupazione dettata dalla crisi economica – dopo il 2009 c’erano stati dei segni di ripresa – ma un problema proprio delle economie avanzate che sono caratterizzate da

disoccupazione persistente, una proliferazione di posti di lavoro temporaneo e un aumento di giovani scoraggiati; mentre nei paesi in via di sviluppo predominano posti di lavoro di bassa qualità, informali e al limite della sussistenza.

► La ricetta della Germania per l’occupazione

Per questo motivo diviene sempre più necessario mettere in campo degli interventi mirati che si concentrino sull’istruzione e la formazione dei giovani che portino ad una interazione positiva tra la scuola, i giovani e il mondo del lavoro che, allo stato attuale, sembrano essere treni che corrono su binari paralleli.