Al G20 per la crisi del debito europea

Il summit tra  ministri delle finanze e banchieri centrali che afferiscono alle 20 potenze mondiali servirà a fare il punto della situazione. Uno degli argomenti principali sarà senza ombra di dubbio la crisi del debito che attanaglia l’Europa e le politiche monetarie, in particolar modo successivamente al maxi allentamento monetario stabilito dalla Bank of Japan.

Una mossa valutata in maniera positiva dal Fondo Monetario internazionale che, tuttavia, considera debba essere associata ad alcune riforme strutturali e ad una riduzione del debito. Tale mossa, però, non convince gli Stati Uniti per le conseguenze che può avere sullo yen, il quale potrebbe uscirne indebolito e paradossalmente più competitivo.

Jack Lew, segretario al Tesoro americano, ha dichiarato: “Continueremo a monitorare lo yen”. Lew, inoltre, ha aggiunto che gli Usa chiederanno al G20 di evitare che ogni forza politica ragioni in maniera egoistica. Un Paese effettua per se stesso scelte appropriate, ma così facendo non calcola gli eventuali rischi per gli altri paesi.

Nelle bozze del comunicato del G-20 si fa esplicitamente riferimento alla necessità di muoversi rapidamente verso tassi di cambio flessibili e orientati al mercato, senza svalutazioni competitive. La crescita economica globale viene inquadrata come “più debole e incerta”, con un risalire la china squilibrato fra paesi emergenti ed economie avanzate. Lagarde si dice invece “ottimista” sull’economia mondiale: “Dobbiamo rammentare una cosa, dobbiamo muoverci da una ripresa a tre velocità a una ripresa a tutta velocità, con una crescita solida, sostenibile, bilanciata e inclusiva” afferma, sottolineando che in molte aree c’é ancora bisogno di risanamento fiscale. “Molti paesi europei hanno bisogno di risanamento, il nodo è quanto e quanto velocemente. Serve un giusto equilibrio”.

Verso un ulteriore riduzione del costo del denaro

Ridurre ancor di più il costo del denaro? La Banca Centrale Europa ha un ampio margine per farlo. Al momento, la Bce si configura come l’unica tra le banche centrali mondiali a possedere un minimo spazio di manovra e toccherà a lei determinare in modo indipendente quando è il momento giusto per utilizzarlo.

Questa è la considerazione fatta da Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, che poche ore dopo l’inizio dei lavori del G20 farà sentire la sua voce in relazione all’impegno preso per contrastare una svalutazione competitiva dei tassi di cambio.

Trasmissione fluida tra Bce e istituti

Lagarde ha riferito che “tra tutte le banche centrali chiaramente la Bce è quella che ha ancora spazio di manovra. Quello che secondo noi è essenziale è che ci sia una trasmissione fluida fra la banca centrale e le banche e fra gli istituti di credito, così che la politica monetaria possa essere trasmessa in maniera appropriata e i tassi bassi possano tradursi in tassi bassi anche per le piccole e medie imprese”.

Ricreare il credito

In questo modo sarà possibile liberare il credito necessario alle piccole e medie imprese e alle famiglie, che saranno capaci di investirlo nuovamente.

Le banche hanno paura di fare prestiti

Quello che regna è un clima di incertezza politica. Al momento, gli istituti bancari hanno paura di dare l’ok a prestiti. Lo ha riferito il presidente della Bce, Mario Draghi.

Il Ministro Vittorio Grilli, a seguito del clima regnante, afferma che “l’importanza di una soluzione politica veloce in Italia è soprattutto per gli italiani, poiché un’Italia che non decide ed è debole penso che possa giovare ai nostri competitor”. Le parole di Vittorio Grilli arrivano a latere dei lavori del Fmi. La sua è una risposta a chi gli domandava se l’incertezza politica italiana pesasse sull’economia globale.

Così, Grilli ha replicato che i rischi sono per ‘casa nostra’: “Non vedo rischi per economia globale, vedo rischi per Italia”.

Le notizie che arrivano dal fronte europeo, invece, sono le seguenti. La Banca Centrale europea può tagliare i tassi soltanto se i dati economici saranno ancora più negativi. L’attuale livello è dunque appropriato.

Lo dichiara il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, durante una conferenza a Washington. Qui si sta svolgendo il G20. Weidmann aggiunge che non sono stati tagliati i tassi all’ultima riunione poiché sono appropriati con le valutazioni effettuate dalla Bundesbank in relazione agli sviluppi economici, alla stabilità dei prezzi e alle analisi monetarie. Mercoledì in un’intervista al Wall Street Journal Weidmann aveva sembrato lasciare aperta l’ipotesi di un nuovo taglio dei tassi.

Per il FMI l’economia mondiale è in ripresa, anche se l’Europa rallenta

 Secondo il Fondo Monetario Internazionale le prospettive economiche globali stanno lentamente migliorando. Persistono ancore dei grandi rischi, che hanno fatto rivedere al ribasso l’output mondiale per l’anno in corso: 3,2% ridimensionato rispetto al 3,5% atteso a gennaio, mentre la previsione rimane invariata al 4% per il 2014.

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Il 2013 è iniziato al rallentatore ma l’attività economica dovrebbe gradualmente accelerare nelle grandi economie avanzate, con gli Stati Uniti nel ruolo di guida.

Questo perché, secondo gli esperti del FMI e della Banca Mondiale sarebbero stati scongiurati i due rischi più grandi: la spaccatura dell’euro e la contrazione fiscale negli Stati Uniti causata dal fiscal cliff. Diversa, la situazione dei paesi emergenti, dove l’attività economica è iniziata con un ottimo slancio fin dall’inizio dell’anno.

Sono proprio queste due realtà troppo differenziate a mettere in pericolo la ripresa, almeno secondo quanto detto da Olivier Blanchard, capoeconomista del Fondo Monetario Internazionale, a costituire il rischio più grande per un ripresa solida e duratura:

la ripresa globale a due velocità, solida nei mercati emergenti e più debole in quelle avanzate, sta diventando a tre velocità, con i mercati emergenti ancora forti e, tra le economie avanzate, una divaricazione tra Stati Uniti ed Eurozona. E una simile ripresa squilibrata è ancora pericolosa.

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Una situazione, questa, che deve essere evitata e lo stesso Blanchard prevede che si potrà evitare il rischio solo con un graduale e sostenuto aggiustamento fiscale per le economie avanzate e politiche monetarie accomodanti, soprattutto nel caso degli Stati Uniti e del Giappone; mentre all’Europa chiede che un rafforzamento dell’Unione monetaria ed economica.

Allarme della BCE sulla disoccupazione nell’Eurozona

 Secondo la BCE il tasso di disoccupazione dei paese dell’Unione Europea ha raggiunto un livello senza precedenti e la situazione non è destinata a migliorare. Secondo gli esperti della Banca Centrale Europea, infatti, nell’ultimo trimestre del 2012 il numero dei disoccupati è aumentato rispetto ai mesi precedenti e continuerà a farlo anche lungo il corso del 2013, mettendo a serio le possibilità di ripresa economica.

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Il numero dei disoccupati, secondo quanto riportato dai dati dell’Eurotower, va oltre i 200 milioni di persone. Secondo Mario Draghi si tratta di un dato inaccettabile, che evidenzia la necessità di interventi immediati e concreti.

La crisi economica e finanziaria – affermano dall’Eurotower – continua a gravare sul mercato del lavoro nell’area dell’euro. Nel quarto trimestre del 2012 l’occupazione è diminuita ancora, mentre il tasso di disoccupazione ha continuato a crescere, raggiungendo livelli senza precedenti. Secondo varie stime, sia il tasso di disoccupazione strutturale sia l’unemployment gap sono aumentati sensibilmente negli ultimi anni. I dati delle indagini segnalano un ulteriore calo dei posti di lavoro nel primo trimestre del 2013.

Della stessa opinione anche il Fondo Monetario Internazionale e l’Ocse. Un fatto che rende ancor più forte il grido dall’allarme che arriva dalla BCE che chiede a gran voce che i governi dei vari paesi intensifichino le riforme strutturali richieste, in modo che la riduzione del disavanzo pubblico rafforzi la crescita economica e viceversa.

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Nello specifico la BCE parla di riforme strutturali che mirino a favorire la ripresa dei mercati dei beni e dei servizi, la modernizzazione della Pubblica amministrazione. Tra i provvedimenti più importanti che dovrebbero essere presi dai governi ci sono quelli mirati a rendere più flessibile il processo di formazione dei salari rendendolo più coerente con la produttività.

 

 

 

Patto anti-evasione di cinque paesi dell’UE

 Lotta all’evasione. E’ questo il motto di diversi paesi dell’Unione Europea che stanno cercando delle soluzioni per combattere questa piaghe che toglie risorse all’economia reale: da una parte c’è il Lussemburgo che si è detto pronto a rinunciare al segreto bancario, dall’altro l’iniziativa di cinque paesi dell’Unione – Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna – per la formulazione di un patto per mettere in comune i dati riguardanti le banche dati fiscali.

Il progetto è stato illustrato in una lettera che i ministri dell’economia dei cinque paesi hanno inviato alla Commissione Europea. L’obiettivo del progetto pilota è quello di combattere l’evasione fiscale grazie al rafforzamento dello scambio automatico delle informazioni.

Nella lettera si spiega che l’esempio da seguire è quello degli Stati Uniti, nello specifico del Facta, la legge, risalente al 2010, che permette al governo Usa di accedere alle informazioni su conti bancari, investimenti e redditi all’estero dei contribuenti americani.

L’Europa in questo è ancora indietro rispetto agli Stati Uniti. Da noi è possibile accedere a questa tipologia di informazioni solo su richiesta: quindi i tempi sono lunghi e non è possibile provvedere ad analisi incrociate dei dati atte a scoprire eventuali evasioni o frodi al fisco.

Come si legge nella lettera, i cinque paesi che stanno lavorando al progetto hanno anche intenzione di estenderlo a tutti gli altri membri dell’UE:

Invitiamo gli altri Stati ad unirsi e auspichiamo che la Ue possa diventare leader nel promuovere un sistema globale di scambio automatico di informazioni, rimuovendo i nascondigli per chi cerca di evadere.

La Commissione Europea non poteva che plaudere a questa iniziativa:

L’iniziativa è un chiaro segnale che lo scambio automatico d’informazioni, da lungo tempo lo standard Ue, è l’unica strada da percorrere.

Lussemburgo pronto a rinunciare al segreto bancario

 Già da qualche giorno la notizia di una possibile eliminazione del segreto bancario in Lussemburgo, paese che da sempre viene considerato un paradiso fiscale, ha iniziato a circolare negli ambienti della finanza, soprattutto dopo che il ministro delle Finanze del Lussemburgo, Luc Frieden, ha dichiarato di non essere contrario a procedere verso uno scambio automatico delle informazioni bancarie.

► Dati evasione fiscale 2012

Una dichiarazione forte, della quale si aspettava un seguito, che è arrivato questa mattina tramite la voce del primo ministro Jean-Claude Juncker. Di fronte al Parlamento del Granducato, infatti, il premier ha annunciato che lo scambio di informazioni interbancarie, voluto dall’Unione Europea e firmato da tutti i paesi nel 2005, non rappresenta alcun pericolo per il paese e per le sue finanze e sarà introdotto a partire dal 2015.

Juncker ha tenuto a precisare che la soppressione del segreto bancario non è un problema, in quanto il settore finanziario del paese non dipende dal denaro sporco o dai proventi dell’evasione fiscale. Si tratta di dichiarazioni importanti, soprattutto in un momento in cui l‘evasione fiscale sembra essere divenuto un fenomeno dilagante (basta pensare allo scandalo riguardante l’ex ministro del Bilancio francese che ha ammesso di essere un evasore fiscale).

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La trasparenza dei conti e delle transazioni bancarie, infatti, è uno dei presupposti delle iniziative dell’Unione Europea per il contrasto dell’evasione.

I timori della Germania per la Francia e i prossimi paesi che chiederanno aiuto

 Dopo la Grecia e Cipro, i due casi più eclatanti di fallimento di un paese da quando è iniziata la crisi, potrebbero ancora essere tanti i paesi che, in tempi più o meno brevi, potrebbero rivolgersi all’Unione Europea per chiedere aiuto.

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Il prossimo, fino a qualche tempo fa anche insospettabile, potrebbe essere la Francia. Questo perlomeno è quanto trapela dal Welt am Sonntag, dalle cui colonne si leva una sorta di grido di allarme da parte di Thomas Mayer, ex capo economista della Deutsche Bank, che parla di un pericolo molto reale per la Francia, paese che, nonostante il Ministro delle Finanza abbia parlato di una revisione al ribasso delle stime di crescita del paese, non ha ancora intrapreso nessuna riforma.

Stupisce che sia la Francia al primo posto dei paesi a rischio fallimento. Meyer la posizione anche prima della Spagna e dell’Italia. L’ultimo dei paesi che potrebbe chiedere il ricorso al fondo Salva Stati dovrebbe essere il Belgio.

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Secondo Meyer il rischio più grande per l’Italia, in questo momento, sono i soldi che lo Stato dovrà garantire a copertura del decreto per il pagamento dei debiti alle imprese. Infatti, anche se il decreto ha ricevuto il benestare di Olly Rehn, comporterà un sostanzioso esborso per le casse italiane che potrebbe avere infauste conseguenze su conti pubblici già molto provati.

L’austerity colpisce anche la corruzione

 La situazione dell’Europa è critica. La crisi, e la conseguente recessione, stanno mettendo a dura prova tutti i paesi, anche quelli, come la Germania, che ancora stanno vivendo una situazione piuttosto tranquilla. Sono state tante le misure proposte, meno quelle realmente attuate, per cercare di risollevare le sorti di un continente in serio pericolo, e spesso sono state misure che hanno toccato i cittadini.
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Quindi le misure di austerity hanno portato più malcontento che reali benefici, almeno a breve termine, ma, come rivela uno studio effettuato dalla Hertie School of Governance l’austerity ha anche un lato positivo: la riduzione della corruzione. Com’è possibile?

Secondo quanto riportato dal Die Welt queste misure, infatti, hanno tolto molto spazio alla corruzione, riducendo al minimo i fondi disponibili per la corruzione. In effetti il ragionamento è molto semplice: i soldi sono pochi e, in un momento di particolare tensione e controllo come questo, non sono utilizzati per chiedere e ottenere favori.

La crisi della corruzione è più evidente nella zona meridionale dell’Europa, in coincidenza di quei paesi che, appunto, stanno vivendo le situazioni più difficili.

La mancanza di fondi per il finanziamento della corruzione riguarda tanto il settore privato che quello pubblico.

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Interessante, poi,  la classifica dei paesi più corrotti secondo la Hertie School of Governance: al primo posto c’è la Romania, seguita Grecia e Cipro. L’Italia è fuori da questo triste podio, ma si aggiudica comunque un settimo posto, dopo paesi come la Repubblica Ceca, la Polonia, l’Ungheria, la Lettonia e la Slovenia. Tra i paesi meno corrotti ci sono Finlandia, Belgio, Germania, Francia, Svezia, Olanda, Lussemburgo e Danimarca.

Abbattere le barriere economiche europee per far crescere l’Europa

 Il danno causato dai dazi doganali e dai vari altri ostacoli che impediscono la libera circolazione delle merci ammonta, secondo quanto riportato dal Rapporto 2013 sulle barriere al commercio e agli investimenti della Commissione europea ad una cifra che oscilla tra i 90 e i 130 miliardi di euro.Sono tanti gli ostacoli che frenano lo sviluppo economico: si va dai classici dazi doganali ai controlli eccessivi, passando per le assicurazioni obbligatorie e i divieti che ogni paese mette alle merci in entrata come a quelle in ufficio. Secondo gli esperti della Commissione Europea l’eliminazione di queste barriere porterebbe ad evidenti ed immediati benefici, il primo fra tutti la crescita del pil di circa 2 punti percentuali, pari a circa 25o miliardi di euro.

Più merci che si muovono liberamente tra i 27 paesi che fanno parte dell’Unione Europea, il che sarebbe possibile se tutti gli accordi e i trattati per il libero scambio venissero ratificati, vuol dire più ricchezza e, quindi, anche più lavoro: la Commissione Europea stima che i nuovi posti di lavoro potrebbero essere circa 2 milioni.

Tra i trattati in via di ratificazione presi in considerazione dal rapporto ci sono quello con l’India, con il Canada, e infine,anche se le trattative sono iniziate da poco tempo, quelli con gli Stati Uniti e il Giappone.