La legge svizzera contro gli stipendi dei manager

 I cittadini svizzeri hanno dato il loro pieno appoggio, attraverso un referendum che ha ricevuto il 68% di voti positivi, ad una proposta di legge avanzata dal deputato indipendente Thomas Minder, con la quale viene restituita alle assemblee degli azionisti la facoltà di decidere le retribuzioni dei manager e dei dirigenti delle relative società.

A partire dal 2014, dunque, quando questa proposta di legge verrà ufficialmente inserita come normativa all’interno della Costituzione  elvetica, per i manager svizzeri non sarà più possibile fare affidamento su indennità di entrata, buoneuscite, indennizzi e altri tipi di bonus milionari che ad oggi costituiscono una parte importante delle retribuzioni da favola percepite dai  numeri uno aziendali.

Fino ad oggi, infatti, è stata appannaggio dei soli consigli di amministrazione la facoltà di decidere in merito a questioni inerenti gli stipendi iridati dei supermanager, che, da venti anni a questa parte, hanno di conseguenza scelto di allinearsi al modello americano delle retribuzioni a sei zero e più.

Questa prassi ha permesso a manager come Daniel Vasella, della Novartis, di guadagnare oltre 300 milioni di euro nel corso della sua carriera e a numeri uno come, Brady Dougan del  Credit Suisse, di percepire oltre 50 milioni di euro in un anno. 

Secondo alcuni addetti ai lavori la nuova legge svizzera potrebbe incidere negativamente sulle possibilità di afflusso nel territorio elvetico dei capitali internazionali, o potrebbe comunque generare la proliferazione di escamotage finanziari volti all’aggiramento dei divieti. Per i trasgressori, tuttavia, sono previsti fino a 3 anni di carcere.

Scattato il sequester degli Usa con tagli per 85 miliardi

E’ allarme per gli Stati Uniti. Come preventivato se il Congresso non fosse giunto, come poi è stato, ad un accordo il primo marzo 2013 è scattato il sequester per il paese, un’operazione di taglio della spesa pubblica per 85 miliardi di dollari che porterà ad un risparmio di 1.200 miliardi in dieci anni.

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Il presidente Barack Obama ha immediatamente lanciato l’allarme per le conseguenze che i tagli avranno sul potenziale di crescita del paese e, soprattutto, sull’occupazione.

Tanto che il presidente ha tentato il tutto e per tutto cercando un accordo dell’ultimo minuto, ma il Congresso è rimasto sulle sue posizioni. Barack Obama ha reagito duramente:

Questi tagli sono stupidi e non necessari. E anche se non causeranno una nuova crisi finanziaria si faranno sentire sulla ripresa e sul mercato del lavoro.

Li chiamano tagli lineari e si abbatteranno su tutti i settori senza alcuna discrezionalità: per il primo anno 47 miliardi di dollari saranno tagliati alla Difesa, 10 quelli dell’assistenza Medicare e i restanti riguarderanno le “spese discrezionali” di Washington.

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Obama ha comunque rassicurato il paese: i tagli avranno un impatto limitato sull’economia a condizione che non si prolunghino nel tempo.

Negli Usa scatta la sequestration

 A partire da oggi, 1 marzo, scatta in America la cosiddetta “sequestration“, ovvero una serie di tagli alle spese delle Agenzie federali che incideranno sul budget complessivo del 2013 per 85 miliardi di dollari.

L’attività del sequester, inoltre, non sarà limitata al solo 2013, ma si protrarrà anche negli anni a venire, cioè per i prossimi dieci anni, consentendo così un risparmio complessivo che alla fine delle operazioni ammonterà ad un totale di 1200 miliardi di dollari.

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Questi tagli andranno a colpire i 50 Stati americani più il distretto federale di Washington, così come precisato da un dettagliato report sulla faccenda, diffusa dall’amministrazione di Barack Obama. I tagli sono finalizzati al contenimento delle spese federali e all’abbattimento progressivo del debito, che negli Usa ha raggiunto i 16.400 miliardi di dollari.

Il rischio “sequestrer” per gli Stati Uniti

I settori interessati dalla maxi manovra decennale saranno in primis quello difesa e poi a rotazione tutti gli altri. Si inizierà, infatti, proprio nel 2013 con 47 miliardi in meno ai programmi attuati per scopi difensivi, per poi passare alla importante fetta rappresentata dalla sanità, cioè l’assistenza Medicare, che verrà privata di 10 miliardi.

Altri settori interessati dai tagli saranno poi quelli del lavoro, dell’educazione, della disabilità e dell’ambiente, settori che già danno molto da discutere: solo per il 2013 si stimano 750 mila occupati in meno.

Apple paga 100 milioni di dollari per i Puffi

 Si è conclusa con un patteggiamento la causa intentata contro la Apple nel 2011 da cinque genitori californiani. I genitori in questione hanno portato in tribunale la casa di Cupertino a causa delle applicazioni freemium, ossia delle applicazioni scaricabili gratuitamente sull’iPhone e che non richiedono alcun inserimento di codici o pin per upgrade a pagamento.

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La colpa di Apple è stata di non aver adeguatamente informato i consumatori i quali, in alcuni casi, si sono trovati addebitate anche alcune migliaia di dollari sui loro conto correnti. L’app che ha creato maggiori problemi è una delle più diffuse anche da noi, il gioco Smurfs’ Village (i Puffi). Questo gioco, infatti, è scaricabile gratuitamente ma gli ulteriori upgrade, come l’acquisto delle “puffbacche“, sono a pagamento.

I ragazzi le hanno comprate senza dover inserire il codice della carta di credito di mamma o papà che poi si sono trovate addebitate le operazioni.

La proposta di patteggiamento fatta da Cupertino -un rimborso delle spese in buoni da spendere nei negozi Apple, ma solo per importi superiori ai trenta dollari– ha convinto gli accusanti che hanno accettato le condizioni. Si è stimato che gli utenti coinvolti nell’affare siano oltre venti milioni e la chiusura della causa potrebbe costare ad Apple la bellezza di 100 milioni di dollari.

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Ma on è così semplice ricevere il rimborso: Apple contatterà gli utenti coinvolti che dovranno dimostrare che l’acquisto è avvenuto incautamente ad opera di minori.

Mario Draghi su occupazione e euro

 Nel suo discorso tenuto all‘Accademia Cattolica di Monaco di Baviera il presidente della BCE Mario Draghi ha voluto lanciare un chiaro segnale ai paesi dell’Unione Europea, in un momento politico particolare come quello del post elezioni in Italia che ha riaperto delle questioni mai risolte in seno alla Banca Centrale e all’Unione.Draghi si è schierato in difesa della moneta unica come solo mezzo di stabilità per l’economia dei paesi dell’Unione Europea. Ma è necessario che i paesi che hanno deciso di aderirvi si prendano le giuste responsabilità per far sì che l’euro possa davvero assolvere al suo compito non lasciando alla Banca Centrale il compito, che non potrà mai essere di sua competenza, di portare avanti le riforme strutturali dei singoli paesi.

Quello che la BCE può fare, ora che i paesi con i maggiori problemi hanno ricevuto gli aiuti, è impegnarsi a mantenere stabili i prezzi, come prevede il suo mandato, ma poi l’iniziativa di risanamento deve partire dall’interno dei singoli paesi, che non possono fermarsi agli obiettivi raggiunti fino ad ora.

Anche se i costi sociali delle riforme di questo periodo sono stati molto alti, non ci si può fermare adesso: la disoccupazione è ancora molto alta in molti paesi dell’Eurozona e il presidente ha invitato i paesi ad

attuare riforme fondamentali che spingano il potenziale delle loro economie. La disoccupazione è una tragedia che spreca la vitalità dei lavoratori, impedisce alle persone di avere un ruolo attivo nella società e crea una sensazione di senza speranze, che è frustrante per i giovani.

Non si può sottovalutare il problema della disoccupazione che in Europa colpisce circa 19 milioni di persone, l’equivalente della popolazione dell’Olanda.

 

 

Ryanair fa ricorso contro l’Antitrust dell’Unione Europea

 Questa mattina l’Antitrus dell’Unione Europea ha deciso porre il divieto all’acquisizione da parte della Ryan Air dell’altra compagnia aerea irlandese, la Aer Lingus.

La motivazione è molto semplice: le due compagnie interessate alla transazione hanno entrambe base l’Irlanda e sono le principali a servire il paese. La loro unione, quindi, potrebbe portare ad una situazione di monopolio da parte della Ryan Air o di una sua posizione dominante.

Niente più concorrenza sui 46 collegamenti aerei del paese a tutto discapito dei consumatori (circa 11 milioni all’anno che si servono di queste tratte) che vedrebbero lievitare le tariffe. Ma la Ryan Air non ci sta alla decisione dell’Unione Europe e ha deciso che farà ricorso alla Corte di giustizia europea, perché questa decisione non sarebbe stata dettata da motivi economici ma da motivi politici: è intento dell’Ue, secondo la compagnia low cost, quello di bloccare l’acquisizione di una connazionale.

Oltre a ciò, fanno sapere dalla Ryan Air, l’Ue starebbe tutelando il governo irlandese che detiene il 25% di Air Lingus. Queste le parole di Robin Kiely, responsabile comunicazione della società:

Ci dispiace che questo divieto sia chiaramente motivato da interessi politici piuttosto piccoli dalle preoccupazioni circa la concorrenza e crediamo di avere forti motivi di ricorso per annullare il divieto di politica.

Inizia la class action contro la Budweiser

 La birra è una delle bevande maggiormente consumate in tutto il mondo. In America una delle marche più famose, molto conosciuta anche da questa parte dell’oceano, è la Budweiser, una birra bionda e leggera. Forse troppo leggera. Tanto da far sospettare il contenuto di acqua sia maggiore di quello riportato in etichetta.

Per questo i consumatori hanno intentato una class action contro Anheuser-Busch, produttore della birra incriminata, accusandolo di violazione delle norme a tutela del consumatore in vigore in California e Missouri tramite la falsificazione dei dati sul contenuto alcolico del prodotto.

► Possibile class action per lo scandalo Libor

La denuncia collettiva è stata depositata venerdì scorso al tribunale a San Francisco, dando avvio ad altre due class action in Pennsylvania e in New Jersey, con la richiesta di rimborso a tutti coloro che hanno acquistato un prodotto Budweiser negli ultimi cinque anni.

L’accusa è sostenuta anche dalle testimonianze di alcuni ex dipendenti di Anheuser-Busch che hanno dichiarato che in molti stabilimenti è prassi consolidata aggiungere acqua alla birra appena prima dell’imbottigliamento. Una percentuale minima sul totale del prodotto, ma che consente un risparmio in termini di alcol dal 3% all’8%.

Dalla Anheuser-Busch per ora solo una secca smentita. Così ha commentato il vicepresidente Peter Kraemer

Le nostre birre rispettano completamente le direttive sulle bevande alcoliche il che le rende tra le più vendute negli Usa e nel mondo. Siamo orgogliosi di aderire agli standard più alti.

Possibile class action per lo scandalo Libor

 Il Wall Street Journal riporta la situazione dello scandalo Libor con le banche che temono una class action. Le banche in questione, come Barclays, Royal Bank of Scotland, UBS e le altre, sono accusate di avere manipolato i tassi di interesse, tra cui l’indice Libor. Contro di loro ci sono 30 azioni legali da parte di diversi soggetti con l’accusa di raggiro e inganno. Le banche temono una class action e cercheranno di arrivare al rigetto delle cause da parte del giudice federale.

Rbs patteggiamento dopo scandalo

Le azioni legali dello scandalo Libor sono state avviate a New York e in California e l’obiettivo e quello di chiedere un risarcimento alla banche di miliardi di dollari. Una richiesta che sarà quindi molto alta.

Un altro miliardo di rimborsi da parte di Barclays

L’accusa e la difesa al momento si contrattaccano rispetto alla valenza legale della questione e alla interpretazione della situazione per cercare o evitare di individuare comportamenti illegali. Per l’accusa il reato c’è, mentre la difesa non trova elementi legali e quindi vuole chiedere il rigetto.

In questa situazione, Bloomberg dice che Rabobank potrebbe avere una multa di 440 milioni di Dollari o più proprio per avere manipolato il tasso Libor.  Questa sanzione dovrebbe arrivare comunque non prima di Maggio con la banca che potrebbe sistemare la sua posizione.

Giovani europei a rischio povertà, soprattutto gli italiani

 Se in Europa è stato calcolato che il 24,2% dei giovani è a rischio povertà, in Italia questa percentuale sale al 32,3%. Questi sono i dati che emergono dall’indagine dell’Eurostat sulla popolazione dell’Unione europea.
► In Grecia è sempre crisi con 1000 disoccupati in più al giorno

In tutti e ventisette i paesi dell’Unione Europa emerge un dato comune e molto allarmante: la categoria più a rischio di povertà ed esclusione sociale è quella dei bambini. Ma lo studio evidenzia anche come il rischio di povertà sia cresciuto per tutte le fasce di età rispetto agli ultimi dati risalenti al 2011.

Come anticipato è l’Italia ad essersi aggiudicata il primo posto di questa classifica, con una media superiore per tutte le fasce di età: 32,3% di minori, 28,4% degli adulti e il 24,2% delle persone anziane. In media siamo al 28,2% di rischio, contro il 24,2% del resto dell’Europa.

► Previsioni di assunzione per i giovani

Tra i fattori che più concorrono a determinare il rischio di povertà c’è il livello di istruzione dei genitori e l’essere figli di migranti. Avere anche solo uno dei due genitori straniero aumenta notevolmente le possibilità di trovarsi in una condizione di disagio, come dimostrato dal fatto che, e questo è un dato comune  tutta l’Europa, il 32% dei bambini poveri è figlio di uno o due migranti, mentre solo il 18% dei bambini in condizioni di povertà è figlio di genitori nativi del luogo di residenza.

 

Ben Bernake difende la FED e la sua politica monetaria

 Ben Bernake, chief della Banca Centrale americana, è intervenuto di fronte al Senato degli Stati Uniti per difendere le sue posizioni e la sua linea di azione, in primo luogo per quanto riguarda l‘operazione di acquisto dei titoli di stati americani in quanto i benefici di tale operazione sono di molto superiori ai costi.La sua è una politica che andrà avanti fino a che il mercato del lavoro americano non avrà ripreso i ritmi naturali e il programma è sostenibile a livello di costi, così come ha dichiarato che la Fed potrà cambiare rotta al momento che riterrà più opportuno.

Il suo intervento si è poi spostato al suo pubblico, i componenti del Senato degli Stati Uniti, e a tutti i parlamentari in genere, chiedendo che si prendano immediatamente delle misure atte a non far entrare in vigore i tagli alla spesa pubblica previsti dall’inizio del prossimo mese.

Sono i sequester, ossia i tagli automatici alla spesa pubblica, che rischiano di mettere in serio pericolo l’occupazione e l’economia in genere del paese, soprattutto perché queste misure si andrebbero ad aggiungere a quelle già messe in atto come l’aumento delle tasse e potrebbero portare ad una brusca inversione di marcia per un’economia, quella americana, che solo da poco sta manifestando i primi segnali di ripresa.

La politica monetaria accomodante può aumentare alcuni tipi di presa di rischio, ma nelle circostanze attuali aiuta a ridurre il rischio nel sistema in generale, e soprattutto rafforza l’economia nel suo complesso. Al momento non riteniamo che i potenziali costi di un aumento delle prese di rischio in alcuni mercati finanziari possano superare i benefici del promuovere una più forte ripresa economica

ha concluso Bernake.