Ocse e fisco, prese di mira Google e Apple

 E’ il quotidiano Le Figaro a riportare la notizia secondo la quale molto presto, già dal 14-15 febbraio quando a Mosca si riunirà il g20 Finanze, l’Ocse -Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico- presenterà le sue prime proposte per cercare di arginare il fenomeno dell’evasione fiscale.

Il dito dell’Ocse è puntato soprattutto contro i grandi colossi americani  (Google, Apple, Amazon, Starbucks) che hanno la possibilità di sfruttare lacune e mezzi legali per aggirare il fisco, soprattutto operando quella che viene chiamata l’ottimizzazione fiscale, attraverso la quale riescono ad eludere quasi completamente il fisco.

Google e i paradisi fiscali

Ciò su cui, inoltre, si punterà l’attenzione dell’Ocse sono i cosiddetti paradisi fiscali, ossia quei paesi che hanno delle condizioni fiscali particolarmente agevolate. Il piano dell’Ocse, secondo le prime notizie riportate, si baserà su due principi cardine: il primo è il divieto dell’utilizzo di quelle che vengono chiamate scatole vuote, cioè le società che non hanno nessuna attività reale ma che sono utilizzate solo per il trasferimento dei fondi, e il secondo, è quello di imporre un divieto alle società ibride (società che hanno diversi domicili).

Pronto il piano d’azione dell’Unione europea contro l’evasione

Si tratta di una grande rivoluzione, un progetto particolarmente ambizioso anche per l’Ocse, soprattutto perché queste pratiche sono legali nella maggior parte dei paesi.

Nuovi aiuti per la Grecia

Secondo quanto comunicato dal Fondo monetario internazionale, il gap dei conti controllabile in Grecia potrebbe costringere Atene ad aver bisogno di un nuovo aiuto dai partner dell’Ue. Il Fmi, a conclusione dell’ultima verifica dei progressi attuati dalla Grecia nell’ottica del programma di aiuti, è pertanto deciso sul fatto che nuovi finanziamenti agevolati, o una remissione del debito a titolo definitivo, potrebbero rendersi urgenti per far diventare sostenibile il peso del debito pubblico.

NUOVE MISURE GRECIA

Appurato che le recenti misure atte a diminuire il portamento del debito ellenico non sono riuscite a sanare completamente la sua sostenibilità, per il Fondo se si dovessero materializzare i rischi al ribasso sul programma di assistenza alla Grecia un nuovo taglio del debito implicherebbe circa 6 miliardi di euro all’anno di trasferimenti fiscali tra il 2013 e il 2020.

 Nuova tranche di aiuti per la Grecia

Ciò potrebbe includere tassi d’interesse vicini allo zero per quel che riguarda i prestiti bilaterali e quelli ricevuti da parte del Fondo salva Stati temporaneo

Il programma di buypack avviato, dunque, non sembra essere sufficiente per far tornare l’economia greca sui giusti binari, dunque. Così il Fondo si mette nuovamente a disposizione, non prima di aver però reso note le cifre destinate dall’ottobre scorso ad Atene.

Bundesbank corregge stime crescita

 La Bundesbank ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita del Prodotto Interno Lordo della Germania.

Il paese, la cui economia è una delle più solide del vecchio continente, secondo la Banca Centrale e l’Ufficio Federale di Statistica che aveva diramato le prospettive, avrebbe risentito nel 2013 della congiuntura economica sfavorevole in cui versano tutti gli altri paesi, in particolare quelli della zona sud del Mediterraneo.

Con la crisi generale rallenta anche la Germania

Oggi, invece, la Banca Centrale Tedesca ha diramato il suo rapporto mensile nel quale si legge chiaramente che l’economia della Germania ha delle prospettive molto più rosse di quanto precedentemente stimato e che, anche se la situazione difficile, potrà essere risolta in brevissimo tempo.

Dalla precedente stima, si legge nel documento, la situazione è cambiata e soprattutto è migliorato l’export, grazie, in modo particolare agli ordini che arrivano dai paesi in via di sviluppo che hanno fatto tirare un respiro di sollievo alla produzione industriale. A dare ancora maggiore fiducia è la ripresa di mercati strategici per l’export come Usa e Cina.

Record di occupati in Germania

Inoltre, la Germania può anche contare su un mercato del lavoro stabile, che, nonostante la crisi e le aziende che hanno richiesto aiuto al Governo, la situazione è stabile e in grado di migliorare nel breve termine.

Piano Cars2020 Fiat per l’Europa

 Sergio Marchionne ha in mente un piano significativo per l’Europa. Prende quota in un momento storico molto importante. Un piano al passo con il modello di business moderno. Fiat vuole lanciare un messaggio di impegno e speranza.

CARS2020

Il piano Cars2020, presentato al Quattroruote Day riguarda il ‘Vecchio Continente’.

► Fiat riassorbirà tutti i dipendenti in quattro anni

Per l’automobile europea dal punto di vista delle vendite il 2013 non sarà molto differente dal 2012. Marchionne, dunque, guarda alle news provenienti da Bruxelles, le quali segnano una discontinuità significativa in confronto ai diversi bocconi amari trangugiati negli ultimi anni, sin dal famoso accordo con la Corea del Sud, conclusosi a favore dei costruttori di Seul.

L’Oriente è l’unica zona uscita vincitrice dal punti di vista delle vendite in Europa al termine di un anno disastroso. Marchionne lo dice con un pizzico di amarezza. Per consolarsi parla di Cars2020, un progetto tutto ancora da scoprire che tuttivia mira ad aumentare dal 16 al 20% il peso dell’auto sul Prodotto Interno lordo europeo.

AUTO ECO

Prima di metterlo in atto, Marchionne vuole fare le opportune valutazioni. Poi sarà la volta degli accordi di libero scambio, così da portare significative innovazioni. Una su tutte? Marchionne e Fiat hanno intenzione di spingere sulle vetture ecologiche con tutti i carburanti alternativi, compreso il metano di cui Fiat è leader.

Fondo Monetario Internazionale chiede taglio tassi BCE

 In cima alla lista dei paesi guardati a vista da Christine Lagarde e dal Fondo Monetario Internazionale c’è il Giappone. Ciò che desta maggiore preoccupazione è il maxi piano di stimolo all’economia messo in piedi dal primo ministro nipponico Shinzo Abe che prevede un pacchetto espansivo da 117 miliardi di dollari con l’intento di sconfiggere la deflazione.

Fmi su Usa Europa e politiche monetarie

Una manna per il paese, ma un grande pericolo per il resto delle economie, soprattutto perché la strategia di immissione di liquidità sta diventando una pratica comune anche negli Stati Uniti -la Fed continua ad immettere denaro nel mercato-  che, però, rischia di scatenare una guerra delle valute che non fa bene a nessuno, anzi.

Il piano di stimolo dell’economia giapponese

I primi segni di questa guerra si sono già manifestati nei mercati valutari. In questi giorni, infatti, yen e dollaro continuano a scendere nei confronti dell’euro. C’è il sospetto, che arriva da più parti, che alcuni paesi coinvolti in questa guerra tengano i loro tassi di cambio artificiosamente bassi, contravvenendo a quanto deciso al G20 per cui le valute e il loro valore devono riflettere l’andamento reale dell’economia.

Per questo la Lagarde chiede alla Banca Centrale Europea di prendere dei provvedimenti mirati, il primo dei quali deve essere il taglio dei tassi e il costo del denaro.

FMI su Usa, Europa e politiche monetarie

 Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), ha rassicurato l’Europa e il mondo intero parlando del superamento del pericolo di un collasso dell’economia, ma avverte anche che è necessario prendere dei provvedimenti mirati al fine di evitare delle ricadute.

In attesa della pubblicazione del prossimo World Economic Outlook, nel quale saranno contenute le stime di crescita per i prossimi periodi, Christine Lagarde, si sofferma sulla necessità di innescare un circolo virtuoso di crescita e occupazione, che deve basarsi sulla sostenibilità dei conti pubblici.

Lagarde: priorità all’unione bancaria

Da qui introduce le sue preoccupazioni per quanto riguarda la questione del tetto del debito americano e sul ritardo nel raggiungimento di un accordo che mette in difficoltà mercati e popolazione. Ma non è solo la questione americana a preoccupare la numero uno del Fondo Monetario Internazionale, ma anche quella europea, in cui i provvedimenti prioritari devono essere quelli per una maggiore unione bancaria.

FMI: Accordo su Fiscal Cliff insufficiente

Ciò che deve essere evitato, inoltre, è uno scontro valutario tra Europa e Stati Uniti, che non porterebbe a nessun risultato ma che, invece, si profila sempre di più all’orizzonte se verranno ancora perseguite le politiche monetarie espansive.

Isole Cayman non più paradiso fiscale

 Pressioni politiche ed economiche stanno spingendo le Isole Cayman ad abbandonare lo status di paradiso fiscale, che detengono fin dalla fine del Settecento. Quindi, in queste isole vige l’esenzione dalle imposte e, dal 2003, anche un mercato deregolamentato per i fondi comuni di investimento.

Gli accordi fiscali con la Svizzera

Secondo il Financial Times questi territori sarebbero pronti ad una maggiore trasparenza per quanto riguarda le migliaia di società e le hedge fund con domicilio nell’isola. Il territorio inglese di oltremare, infatti, non gode di una buona reputazione presso gli altri stati e, nell’intento di non apparire più sulle Liste Nere – le Cayman sono inserite nella lista nera del governo italiano dal 1999 – le autorità delle Isole stanno cercando delle vie per rendere agevole la raccolta di informazioni su società e relativi manager che qui hanno sede.

Ancora nulla di fatto sul patto Italia Svizzera

La prima proposta è stata quella di creare un database in cui siano elencati tutti gli hedge fund con domicilio alle Cayman. Una proposta che raccoglie le critiche, sia di Europa che di America, nei confronti dei requisiti minimi di comunicazione imposti dalle Isole Cayman alle società registrate.

Indagato per frode Ministro Francese Fisco

Ma, come anticipato, le pressioni non sono solo politiche, ma anche di natura economica. Alle Isole Cayman, infatti, hanno sede un grande numero di fondi pensione al mondo che non hanno la possibilità di verificare i dettagli dei fondi delle Cayman in cui investono nè dei loro manager.

Recessione europea 2013

 Diciamolo senza girarci troppo intorno. Il Vecchio Continente nel 2013 cadrà nel baratro della recessione. Anche l’anno in corso non sarà semplice per l’Eurozona.

Un anno complicato, da trascorrere nel disperato tentativo di rafforzare l’economia, riportandola in salute e fornendo a tutti certezze e prospettive di occupazione.

► 10 cose da sapere sulla riforma del lavoro

Oggi che la crisi del debito sovrano preoccupa di meno, pur non essendo stata del tutto risolta, sono ancora molti i nodi da sciogliere per quanto riguarda l’economia reale La via dell’Austerity e del rigore, forse, è stata di aiuto per diminuire i problemi, anche se Austerity e rigore hanno reso più fragile la zona dell’Euro. Il problema, entrando nel gergo tecnico, è che la Banca Mondiale presenta cifre preoccupanti su tutti i fronti

RECESSIONE

Nell’anno in corso il Prodotto Interno Lordo è destinato a contrarsi dello 0,1%.

La diminuzione è minuscola e la recessione dovrebbe durare non più di 12 mesi. Ma saranno altri 12 mesi con l’acqua alla gola. Intorno alla fine del 2014 dovrebbe verificarsi una crescita del +0,9%.

PARALISI FISCALE

Conta poco fare previsioni per il biennio che verrà, poiché bisogna tenere in considerazione una variabile importante, la quale potrebbe condizionare l’economia globale: ci stiamo riferendo alla paralisi fiscale che coinvolge gli Stati Uniti, provocata dal braccio di ferro tra democratici e repubblicani sul budget.

Scongiurato il pericolo – fiscal cliff, al momento il duello concerne il tetto del debito, ormai a un passo dal limite deciso per legge di 16.394 miliardi. Se questo problema non sarà risolto, anche gli Usa saranno risucchiati dal vortice della recessione, con un -0,4% per quest’anno.

 

Legge Obama su armi favorisce i costruttori

 Dopo la terribile strage di Newton, Barack Obama ha iniziato la sua battaglia contro la vendita delle armi negli Stati Uniti al fine di evitare che possano ripetersi altri episodi del genere che non sono rari nella storia contemporanea del paese.

In un commovente discorso il presidente americano ha chiamato il suo popolo alla riflessione e a non ostacolarlo nella sua battaglia, dato che a farlo ci penserà la ricca e potente lobby dei costruttori di armi, che ha già iniziato a sorridere, almeno per ora, del fatto che le restrizioni proposte dal presidente hanno portato i fedeli del proiettile ad accodarsi davanti ai negozi per poter comprare il più possibile prima che la vendita venga limitata, se non addirittura, vietata.

La paura del debito americano influenza le borse mondiali

Obama ha firmato 23 ordini esecutivi, tra i quali figurano controlli sul passato di chiunque voglia acquistare un’arma, il bando alla vendita pubblica delle armi semiautomatiche d’assalto e il limite al numero di cartucce che possono essere inserite nei caricatori e al tipo di proiettili.

Ma, il risultato che è stato ottenuto ha del paradossale. Come anticipato prima, il popolo americano si è messo in coda davanti alle armerie, causando un’impennata alla vendita di armi e la felicità dei costruttori che hanno le loro aziende quotate in borsa: ieri, alla fine della giornata di contrattazioni, i titoli relativi hanno chiuso tutti in rialzo: Smith & Wesson e Sturm Ruger +3% e Cabela, uno dei principali rivenditori, ha fatto segnare un rialzo di quasi il 6%.

Banca Mondiale chiede riforme e certezze

 Il generalizzato stato di incertezza in cui versano la maggior parte delle economie sviluppate ha messo in allarme la Banca Mondiale, che vede nei problemi fiscali degli Stati Uniti un reale pericolo per tutte le altre economie.

A dirlo è Kaushik Basu, capo economista della Banca Mondiale, che parla di un anno molto rischioso, durante il quale una crisi degli Stati Uniti – in questo momento particolarmente a rischio a causa delle polemiche e degli slittamenti dell’accordo sul tetto del debito che influenza anche le borse mondiali – potrebbe portare a conseguenze ben più gravi di quanto possa fare quello che accade, ad oggi, ad Eurolandia.

Banca Mondiale taglia stime di crescita PIL

Gli Stati Uniti sono la prima economia al mondo e per quest’anno la crescita del paese sarà dell’1,9%, ma la recessione è dietro l’angolo e tutto dipenderà dallo sviluppo della situazione politica, mentre per l’Eurozona è stata prevista una contrazione dell’economia dello 0,1%.

A risentirne maggiormente i paesi in via di sviluppo, i quali, nel frattempo, hanno già evidenziato un rallentamento nella crescita come non succedeva da almeno dieci anni.

Obama preoccupato per il rischio default

La Banca Mondiale parla di un critical divide, ossia una situazione per cui anche se il sentiment degli investitori va migliorando grazie ai provvedimenti che sono stati presi soprattutto nell’Eurozona, le economie sottostanti manifestano evidenti segni di debolezza, che potrebbero venire a galla se la situazione di incertezza attuale non migliora, dando vita ad un’altra serie di rischi finanziari. Basu sottolinea che per le economie emergenti è necessaria la stabilità dell’economia USA, e chiede, quindi, che la situazione di paralisi fiscale attuale venga risolta prontamente con provvedimenti mirati ed efficaci.